I
FANTASMI DELL'ENICHEM
Giulio Di Luzio, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2003, pp 175,
Euro 13,40
Un
libro di storia contemporanea con tanti spunti per discutere della
industrializzazione del Sud, della sua economia "eterodiretta",
dei rapporti
dei rappresentanti della scienza e della medicina col potere economico
locale, del ruolo dell'informazione, della medicina curativa e di
quella
preventiva. "I fantasmi dell'Enichem" (Giulio Di Luzio,
Baldini Castoldi
Dalai Editore, 2003, pp 175, Euro 13,40) è il lavoro di un
giornalista
biscegliese al suo debutto in libreria che aveva conosciuto Nicola
Lovecchio, il capoturno Anic-Enichem di Manfredonia, protagonista
principale
di questa vicenda, negli anni della sua battaglia per la verità
sulla
situazione sanitaria degli operai esposti nel 1976 e , secondo la
Procura di
Foggia, per i sei anni successivi al cancerogeno anidride arseniosa.
Allora
Di Luzio scriveva per "il Manifesto". La storia inizia
con l'insediamento
dell'Anic alla fine degli anni '60 sulle rive del magnifico Golfo
di
Manfredonia ad un chilometro dalla città. Domenica 26 settembre
1976 esplode
la colonna di decarbonatazione dell'urea e l'arsenico in essa contenuto
si
spande sullo stabilimento e sulla città contaminando circa
duemila
lavoratori e non si sa quanti abitanti. Segue una bonifica lunga
che non
riesce a far rientrare l'arsenico urinario al di sotto dei valori
normali
tanto che alla fine gli scienziati decretano che si tratta di arsenico
inorganico e gli operai possono tornare nello stabilimento. La causa
delle
analisi alterate sta nei troppi crostacei mangiati dai lavoratori!
Ma alcuni
anni dopo spuntano i tumori perchè l'arsenico è un
cancerogeno e questa
volta (il pensiero va alla sentenza assolutoria di Venezia sul petrolchimico
di Porto Marghera) tale micidiale caratteristica era nota con certezza
almeno dall'ottocento. Ma tutto tace finchè uno di questi
lavoratori,
colpito a 47 anni da un tumore al polmone senza aver mai fumato,
decide di
svolgere un'indagine tra i suoi compagni di lavoro, aiutato da Medicina
democratica - Movimento di lotta per la salute. Scoprirà
di non essere da
solo nella drammatica malattia, ne scoverà tante e ne farà
oggetto di un
esposto alla magistratura foggiana che avvierà un'indagine
lunga e complessa
sfociata nel rinvio a giudizio per 12 tra dirigenti e medici, due
professori
universitari di medicina del lavoro consulenti Enichem all'epoca
dei fatti.
Il processo è tuttora in corso.
La
"Seveso del Sud" è stato anche chiamato l'incidente
del 1976, il più
grave di una lunga serie nello stesso stabilimento, due mesi dopo
la fuga
di diossine dall'impianto dell'ICMESA della cittadina lombarda.
"L'incidente
prevedibile" lo definiva la rivista "Sapere" qualche
mese dopo. L'eco della
tragedia pugliese non ebbe la stessa forza mediatica di quella di
Seveso.
Anche oggi i tumori che continuano a comparire negli operai esposti
ventisei
anni fa all'arsenico non conquistano l'attenzione di nessuna autorità
se non
di quella giudiziaria. Nulla si sa ad esempio sulla popolazione
del
quartiere Monticchio situato proprio di fronte allo stabilimento.
Anzi,
sulle scorie interrate nel sottosuolo di Macchia di Monte Sant'
Angelo (già,
perchè l'ANIC era a un chilometro da Manfredonia ma nel Comune
di Monte
Sant'Angelo) si è avviata una reindustrializzazione, quella
del Contratto
d'Area, che non ha nulla a che spartire con la vocazione del territorio,
non
prevede valutazioni d'impatto ambientale nè una seria bonifica
del sito
industriale.
Ma
questo è anche un libro di testimonianze dirette, di chi
nell'ANIC ha
lavorato e si è ammalato ma è ancora vivo e di chi
non c'è più ma di lui
raccontano i superstiti, come Anna Maria Lovecchio, impegnati a
continuare
la battaglia per la verità nell'opinione pubblica e nelle
aule dei
tribunali.
Apre
il libro una prefazione di Gianfranco Bettin, prosindaco di Mestre,
che
attribuisce all'autore il merito di aver sottratto all'oblio le
storie di
questi fantasmi restituendoli alla scena pubblica. In chiusura due
piccoli
contributi, uno del medico che aiutò Nicola Lovecchio nella
ricerca dei
tumori tra i suoi compagni e che annota le reazioni dell'ambiente
medico
locale per un uso ritenuto partigiano della scienza medica; l'altro
di
Tonino d'Angelo, presidente nazionale di Medicina democratica, che
rivolgendosi a Nicola ritiene che la sua lotta nel petrolchimico
debba
essere continuata anche oggi nei confronti del Contratto d'Area,
1500
miliardi di vecchie lire che avrebbero fruttato di più se
offerti ai 10.000
disoccupati di Manfredonia (150 milioni a testa) come "dote"
per aiutare una
nuova e duratura imprenditoria.
Maurizio
Portaluri
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