Segue documento dell’agosto 2000-stessi autori,già inviato al Comune di S.Severo come ad altri destinatari,senza alcun riscontro in termini di consultazione,ad oggetto”Note preliminari relative al progetto di una centrale termoelettrica da 370 Mwe proposta dalla Southern Company ..“;in prima istanza era stato  realizzato per il progetto della Southern in Torremaggiore,indi viene qui ri-presentato anche per il Progetto della Mirant Italia in S.Severo,stante la sovrapposizione progettuale,salvo in alcuni punti,in cui il documento viene di conseguenza adattato al luglio2001.

 

 

Presidente Nazionale.Dr. d’Angelo Fernando

Via Cantatore 32 71016 S.Severo

 

Documento curato da

 -Centro per Salute "Giulio A. Maccacaro" -per Medicina Democratica della Provincia di Varese-

autori: dr.Luigi Mara e Marco Caldiroli

Agosto 2000-luglio 2001

 

 

Oggetto: “Note preliminari relative al progetto di una centrale termoelettrica da 370 Mwe proposta

                   dalla Southern Company ..“.

 

Questo documento in prima istanza era stato  realizzato per il progetto della Southern in Torremaggiore,

indi viene qui ri-presentato anche per il Progetto della Mirant Italia in S.Severo,stante la sovrapposizione progettuale,salvo in alcuni punti,in cui il documento viene di conseguenza adattato al luglio2001.Per altri aspetti riferirsi al documento sopra riportato del 26-7-2001-stessi autori.

 

Il progetto di impianto in oggetto supera la capacità di 300 MW termici (impianto da 386 Mwe ovvero corrispondenti a circa 681 MWt) ed è pertanto da sottoporre a procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (L. 349/1986 e DPCM 377/1988). Le norme prevedono che i progetti “sono comunicati, prima della loro approvazione, al Ministero dell’Ambiente, al Ministero dei beni culturali e ambientali e alla regione territorialmente interessata, ai fini della valutazione dell’impatto ambientale. La comunicazione contiene l’indicazione della localizzazione dell’intervento, la specificazione dei rifiuti liquidi e solidi ….”.

Inoltre il DPCM 377/88 specifica che i progetti vanno “comunicati” (con relativo studio di impatto ambientale) “prima che i medesimi vengano inoltrati per i pareri, le autorizzazioni, i nulla osta e gli altri atti previsti dalla normativa vigente”.

Nel caso delle centrali termoelettriche la comunicazione va inviata prima dei provvedimenti del Ministero dell’Industria ai sensi dell’art. 17 del DPR 203/88 (che riguarda le emissioni in atmosfera).

 

Va quindi sottolineato che non vi possono essere pareri o autorizzazioni di qualunque tipo prima della comunicazione del proponente al Ministero dell’Ambiente, l’invio dello “Studio di impatto ambientale” , la pubblicizzazione e il deposito dello stesso e l’esaurimento della “procedura di compatibilità ambientale” comprensiva degli aspetti di partecipazione delle popolazioni a rischio. Ogni parere espresso dall’ente locale o da altri enti se non nell’ambito della procedura di V.I.A. non ha, di conseguenza, alcun valore oltre ad essere – a dir poco – scorretto in quanto basato su una conoscenza inadeguata del progetto stesso.

 

Per chiarezza si evidenzia che i documenti della società Mirant Italia (progetto di massima,Rapporto finale-sintesi non tecnica)non solo non hanno le caratteristiche e i contenuti previsti dalla normativa nazionale vigente in materia di V.I.A. come “Studio di impatto ambientale” ma sono carenti in particolare negli aspetti relativi agli impatti sull’atmosfera delle emissioni e sulla salute pubblica.

 

Nelle note che seguono si intendono presentare alcune considerazioni in proposito.

 

 

1. L’impianto progettato e la politica energetica

 

Un primo aspetto da evidenziare è il rapporto tra l’impianto proposto e “il contesto” ovvero la politica energetica nazionale e la produzione di energia elettrica regionale.

 

A tale proposito la società proponente individua le motivazioni della proposta nella liberalizzazione del mercato elettrico ovvero nelle nuove opportunità di profitto connesse a tale scelta. Opportunità che come tutte le iniziative economiche sono soggette ai limiti posti, in primis, dalla Carta costituzionale, ovvero sono subordinate al rispetto della sicurezza, della salute pubblica e dell’ambiente salubre.

 

Un altro aspetto che deve essere considerato è il rapporto tra l’impianto proposto, la realtà produttiva energetica e le prospettive nazionali e locali.

In sintesi, come è noto, esiste un deficit energetico nazionale, quantificato, nel 1998, nel settore dell’energia elettrica, pari a 40.732 GWh. Se questa è la situazione nazionale, quella regionale della Puglia è ben diversa: nel 1998 a fronte di una richiesta della rete regionale valutata in 15.852 GWh, la produzione degli impianti esistenti (Enel, autoproduttori, altri) è stata pari a 21.451 GWh, con un surplus produttivo pari a 5.599 GWh (vedi allegato 1)[1].

 

In particolare, per quanto concerne i produttori industriali di energia elettrica [2]con impianti termoelettrici, al 1998, risultavano installati in Regione Puglia 9 impianti con 34 gruppi, con una potenza efficiente lorda pari a 1.683 GWh[3] (circa 1/10 della potenza efficiente lorda installata da produttori industriali in Italia), la produzione effettiva di energia elettrica da tali impianti è stata, sempre nel 1998, pari a 10.953 GWh (su 50.668 GWh totali prodotti in Italia da centrali termoelettriche di produttori industriali).

La produzione netta, nel 1998, degli autoproduttori pugliesi (10.323 GWh) è stata di poco inferiore alla produzione delle centrali ex ENEL della regione (10.940 GWh).

Se questa è la situazione produttiva della regione ovvero una situazione complessiva di surplus, sotto il profilo ambientale la produzione di energia elettrica in regione evidenza, in sintesi :

a)        per quanto concerne, in particolare, gli impianti ex ENEL vi è un elevato utilizzo di combustibili a elevato impatto ambientale[4] (il consumo di carbone, nel 1998, è stato pari a 1.051.000 tep, l’olio combustibile e l’orimulsion  è stato pari a 1.570.000 tep, mentre il gas metano si è attestato a 77.000 tep); l’esteso utilizzo di carbone viene superato in Italia, solo dalla regione Liguria (con circa il doppio del consumo della Puglia);

b)        questa realtà produttiva comporta elevate emissioni, in particolare, di ossidi di zolfo (21.560 t/anno nel 1998 per i soli impianti ex ENEL) anche se in diminuzione[5] .

Si vuole dire, in altri termini, che la realtà produttiva dell’energia elettrica in Puglia (e non solo di questa regione) ha la necessità primaria di procedere alla bonifica degli impianti esistenti al fine di ridurre l’impatto ambientale attuale e non certo di nuove produzioni di energia e di nuovi impatti ambientali (anche se ridotti in termini di produzione di emissioni per kWh prodotto).

 

Va evidenziato che iniziative come quella della Mirant Italia s.r.l. si stanno moltiplicando in diverse parti d’Italia : a titolo d’esempio, la Società Southern Company,indi Southern Energy,indi Mirant Italia ha proposto nel medesimo arco temporale (marzo 2000) un impianto identico (sia sotto il profilo tecnologico che come capacità produttiva) a Crevalcore o a Finale Emilia (Bologna), come è possibile verificare dall’allegato 2 [6] (in tale zona sono state proposte altre centrali termoelettriche a gas, come d’altronde anche nella zona di Foggia sono stati proposti impianti di produzione di energia elettrica utilizzando rifiuti).

Quello proposto è, dunque, un “impianto standard” la cui taglia e le cui caratteristiche sono fondate principalmente su una valutazione di carattere finanziario, senza alcuna considerazione del territorio e del ruolo – in particolare rispetto alla “politica energetica” regionale – che avrebbe l’impianto stesso.

 

In relazione alla politica energetica nazionale, sotto il profilo ambientale, la società proponente cita gli obiettivi di riduzione dei “gas serra” in relazione ai quali l’impianto sarebbe “conforme” in quanto “immette nell’atmosfera, per ogni kWh prodotto la metà della CO2 mediamente immessa per kWh dal sistema termoelettrico esistente. Il proponente non documenta l’affermazione relativa al dimezzamento dell’emissione di CO2 e, comunque, la realizzazione dell’impianto rappresenterebbe un incremento assoluto nella produzione di gas serra, rimanendo all’ambito regionale, in quanto lo stesso non viene proposto in sostituzione di impianti esistenti. Viceversa lo stesso proponente già Southern Energy, nel suo sito sul web [7], dichiara che progetta di abbattere le emissioni di CO2 per MW/h del 17 % entro il 2010 (da 1.600 g/CO2/MWh a circa 1.200 g/CO2/MWh). Nel caso si assuma il valore di 1.200 g/CO2/MWh, nel nostro caso, in cui si prevede di produrre 3.010 GWh di energia elettrica avremmo una emissione aggiuntiva pari a circa 4.000.000 t/a di CO2 (a fronte delle complessive emissioni di CO2 relativa agli impianti della “Direzione produzione termoelettrica sud” dell’ENEL pari a 12.600.000 t/a nel 1998 – in relazione alla produzione di energia elettrica – pari a 19.221 GWh delle centrali di Bari, Brindisi, Brindisi Sud, Rossano Calabro).

 

Le modalità di raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei “gas serra” in Italia (l’obiettivo è la riduzione del 6,5 % delle emissioni rispetto al  1990 corrispondenti ad una riduzione pari a 100.000.000 di tonn/anno di CO2) sono stati, tra l’altro, illustrate nel “Libro bianco per la valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili” (aprile 1999) che ha l’obiettivo di individuare gli strumenti e le iniziative atte alla realizzazione degli obiettivi fissati dalla delibera del CIPE 137/98 che per comodità si trascrivono.


 

Tabella 1 - Azioni nazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra (delibera Cipe 137/98)

 

Azioni

Mt CO2

2002

Mt CO2

2006

Mt CO2

2008-2012

Aumento di efficienza del parco elettrico

4/5

10/12

20/23

Riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti

4/6

9/11

18/21

Produzione di energia da fonti rinnovabili

4/5

7/9

18/20

Riduzione dei consumi energetici nei settori  industriale/abitativo/terziario

6/7

12/14

24/29

Riduzione delle emissioni nei settori non energetici

2

7/9

15/19

Assorbimento delle emissioni di CO2 dalle foreste

-

-

(0,7)

TOTALE

20/25

45/55

95/112

 

Come si può vedere nella tabella viene attribuito un importante ruolo, per la riduzione delle emissioni di “gas serra”, all’aumento di efficienza del parco elettrico ovvero ad interventi di riduzione delle emissioni sugli impianti esistenti. In questa prospettiva sicuramente il ruolo del gas naturale quale sostituto di altri combustibili fossili è sicuramente positivo sotto il profilo della riduzione delle emissioni nell’ambito di una “fase intermedia” verso l’applicazione estesa di “fonti rinnovabili” e a basso impatto ambientale (oltrechè delle imprescindibili attuazione delle misure di riduzione dei consumi energetici in tutti i settori). Da tale osservazioni non si può però definire il gas naturale come un combustibile “pulito” grazie al quale qualunque nuovo impianto che utilizzi tale combustibile sia da considerarsi di per sé un contributo alla riduzione dei “gas serra”. Infatti, la tabella sopra riporta evidenzia un ruolo a ciò finalizzato riferito alla produzione di energia con fonti rinnovabili tra le quali non è annoverato il gas metano.

Studi effettuati per un utilizzo più efficiente del gas naturale nell’industria italiana introducendo tecnologie avanzate di cogenerazione [8] hanno individuato i seguenti “scenari” volti anche a ridurre l’impatto ambientale della produzione energetica:

 

a)     ripotenziamento con turbine a gas avanzate delle centrali a vapore cogenerative già operanti a gas naturale;

b)    ripotenziamento con turbine a gas avanzate anche delle centrali cogenerative alimentate a olio combustibile;

c)     sostituzione e applicazione degli utilizzi elettrici a metano nelle centrali termoelettriche esistenti, a basso rendimento.

 

La stima degli effetti di questi scenari ipotizzati sono i seguenti, sia in termini di maggiore produzione di energia elettrica, di riduzione di consumo di combustibili tradizionali, di effetto sulle emissioni di gas serra e di altri inquinanti. 

 

Tabella 2. Effetti degli scenari di intervento sugli impianti termoelettrici esistenti

 

Effetti

Scenario A

Scenario B

Scenario C

Maggior consumo di gas, GWh

45.100

154.200

0

Minor consumo di olio combustibile, GWh

0

54.300

12.200

Maggior produzione elettrica, GWh

28.300

64.800

11.300

Minor consumo di olio combustibile per evitata produzione elettrica, GWh

74.500

170.600

29.700

Minor fabbisogno energetico, Mtep

2,53

6,06

3,60

Minori emissioni di anidride carbonica, Mton

11,5

31,6

11,60

Minori emissioni di ossidi di zolfo, Mton

0,128

0,387

0,072

Minori emissioni di ossidi di azoto, Mton

0,041

0,118

0,048

 

Nota: Per la stima delle emissioni si sono adottate le seguenti ipotesi :

per l'anidride carbonica, da composizioni medie di gas naturale e olio combustibile;

per gli ossidi di zolfo, olio BTZ con 1 % di zolfo, zolfo assente nel gas;

per gli ossidi di azoto, turbine a gas 25 ppm vd 15 % di ossigeno, caldaie a gas 3 % di ossigeno, caldaie a olio 300 ppmvd al 3 % di ossigeno.

Fonte: G. Lozza, Politecnico di Milano, "Scenari tecnologicamente avanzati per un utilizzo più efficiente del gas naturale nell'industria italiana", vedi nota 8)

 

L'autore dello studio e della tabella riportata conclude che:

 

- in relazione allo scenario a) si otterrebbe di "svincolarci da gran parte delle importazioni di elettricità o di rinunciare alla costruzione di nuove centrali termoelettriche per un ammontare indicativo di oltre 6.000 MW" (in Italia, negli ultimi anni era stata richiesta la realizzazione di centrali con una produzione di energia elettrica pari a 8.000 MW di cui 3.100 MW basata sulla cogenerazione a gas naturale);

- in relazione allo scenario b)  si avrebbe un raddoppio della energia elettrica generata dagli impianti cogenerativi potenziati, "gli impianti di cogenerazione industriale produrrebbero circa 8.000 GWh, quasi la metà dell'energia globalmente generata oggi per via termoelettrica in Italia, ENEL compresa";

 

- in relazione allo scenario c) i rendimenti aggiuntivi "libererebbero circa 7.874 Mmc/a" di gas metano "oltre all'intero consumo ipotizzato nello scenario" a) (5.864 Mmc/a); si avrebbe "una generazione elettrica aggiuntiva di circa 11.290 GWh/a ottenuta a parità di consumo globale di gas naturale e con una riduzione significativa dei consumi di olio".

 

In altri termini la via della riduzione del deficit produttivo energetico nazionale non è esclusivamente basata sulla realizzazione di nuove centrali termoelettriche ancorchè basate su cicli cogenerativi a metano a minore impatto ambientale, ma ha nella riconversione, e miglioramento, dell'efficienza delle centrali esistenti una strada concreta, rispettosa degli obiettivi di riduzione dell'emissione di gas serra.

 

Nel caso di specie interventi di ricondizionamento verso la cogenerazione a metano delle centrali di maggiori dimensioni  nella zona (Bari e Brindisi) potrebbero avere il medesimo effetto di incremento della produzione di energia elettrica - con contemporanea riduzione delle emissioni di gas serra - rispetto alla realizzazione della centrale di S.Severo. Centrale che, ancorchè realizzata con un ciclo cogenerativo a basse emissioni, rappresenta allo stato attuale un incremento delle emissioni di gas serra in quanto è aggiuntiva rispetto alla realtà esistente.

Se tale ipotesi può apparire difficile da realizzare per i diversi attori coinvolti tale aspetto va certamente presa in considerazione nell’ambito di una Valutazione di Impatto Ambientale.

 

La cogenerazione, di cui è in fase di revisione la definizione [9], è indicata quale condizione di “assimilazione” alle fonti di energia rinnovabile ai fini del riconoscimento degli incentivi previsti (in passato dal CIP ed ora dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas). La definizione corrente indica come cogenerazione la produzione combinata di energia elettrica e di calore con un indice IEN superiore a 0,51 [10] (tale valore dell’indice è oggi sottoposto a modifica – vedi documento citato in nota 6 - in quanto superato dai progressi tecnologici per i quali i cicli combinati dell’ultima generazione hanno superato valori di rendimento elettrico nominale superiori al 55 % mentre, all’epoca del provvedimento CIP citato, i rendimenti non superavano il 45 %; infatti la proposta dell’Autorità per l’elettricità e il gas è di portare l’indice IEN a superare il 0,6 ).

In altri termini, nell’ambito delle politiche per la riduzione delle emissioni di “gas serra”, l’utilizzo di un combustibile come il gas metano “conforme” a tali direttive è strettamente correlato alla cogenerazione, alle condizioni effettive di quest’ultima, ovvero alla garanzia di un significativo risparmio di energia rispetto alle produzioni separate di energia elettrica e di energia termica. Tale riconoscimento ai produttori di energia avrà importanti effetti sulle condizioni di prezzo di cessione alle quali l’energia verrà ritirata.

La cogenerazione come produzione combinata di energia elettrica e termica, sotto il profilo tecnico, significa la conversione della frazione di energia a temperatura maggiore in energia elettrica (considerata energia “pregiata”) e quella a temperatura più bassa , invece di venire dissipata nell’ambiente come calore di scarto, viene resa disponibile per applicazioni termiche appropriate. Tale, provvisoria, definizione individua come le “macchine” più efficienti quelle di impianti in ambito industriale (autoproduzione) e civile di piccola taglia in cui l’energia termica trova un utilizzo (es. riscaldamento urbano – teleriscaldamento -, raffreddamento con sistemi ad assorbimento, processi industriali di essiccamento etc). Sotto questo profilo nel ciclo combinato – proposto in impianti come quello della Mirant - (ciclo Brayton con turbina a gas e, a cascata, ciclo Rankine), risulta predominante la produzione di energia elettrica.

Queste sintetiche osservazioni circa la cogenerazione sono presentate per evidenziare l’assenza di ogni indicazione in tal senso da parte della società proponente nel caso dell’impianto proposto a S.Severo.

 

Il “Libro Bianco sulle energie rinnovabili”, già citato, evidenzia in diversi passaggi, sia sotto il profilo delle caratteristiche territoriali che sotto il profilo occupazionale, le zone che appaiono come le più significativamente capaci di apportare un contributo significativo alla produzione di energia con fonti rinnovabili e identificabili per lo più nel sud Italia.

Si vuole affermare con ciò che scelte indirizzate diversamente, come nel nostro caso, costituiranno un oggettivo ostacolo all’indirizzo della produzione di energia con fonti rinnovabili in quanto tenderanno ad assorbire le risorse disponibili – private e pubbliche – e a saturare il mercato energetico almeno a livello regionale.

L’aspetto occupazionale va letto, in tale prospettiva, tra quello offerto dalla società proponente e la prospettiva – offerta ad esempio dalla produzione di biomasse anche per utilizzi energetici – di sviluppo e/o recupero di zone agricole (e di attività forestali) in particolare di quelle in declino, in termini di apporto occupazionale nella produzione del “combustibile”. Tale apporto non presente nella iniziativa industriale in oggetto in quanto basata sull’utilizzo di una fonte in buona parte di importazione e comunque non avente alcuna ricaduta a livello locale (oltre ai problemi connessi per la realizzazione e gestione di un nuovo “ramo” di metanodotto di lunghezza pari a 7 km).

Non va inoltre dimenticato che la Puglia si caratterizza come la seconda regione, dopo la Campania, in termini di potenza installata di impianti di produzione di energia eolica e fotovoltaica (54.800 kWh) con una produzione, nel 1998, di energia elettrica da tali fonti pari a 130 GWh (su un totale nazionale di 237 GWh nello stesso anno). Tale “vocazione” va sicuramente e significativamente incrementata ma può venir rallentata (sia in termini di impianti produttivi che di ricerca) da un inserimento degli impianti termoelettrici a gas tra quelli definiti “a fonti assimilate rinnovabili”, in quanto questi ultimi comportano attualmente costi decisamente inferiori rispetto all’utilizzo dell’eolico e del solare.

Sotto il profilo dei “costi ambientali” si stima che la produzione di energia elettrica da olio combustibile sia pari a 65-106 lire 97/kWh, da gas naturale sia pari a 28-51 lire 97/kWh, da idraulica (quale rappresentante delle fonti rinnovabili) sia pari a 6,46 lire 97/kWh.

In altri termini la discussione sull’impianto in oggetto concerne, nei fatti, una consistente parte della politica energetica della Puglia, ovvero non può essere limitata ad una questione di autorizzazione ad una attività industriale qualsiasi.

In tal senso le stesse normative che si sono succedute per il riassetto elettrico hanno previsto diverse forme di incentivazione diretta per l’uso di fonti rinnovabili, amministrate dalle Regioni che sono tenute a garantire il coinvolgimento delle comunità locali.

 

2. L’impatto ambientale dell’impianto

 

Oltre a quanto già detto relativamente alle emissioni di CO2, in relazione ai dati di funzionamento dichiarati dal proponente, alle emissioni “garantite” e alla quantità totale di fumi emessi all’atmosfera, possiamo stimare che la quantità totale dei principali inquinanti con effetti sulle caratteristiche ambientali della zona, ovvero gli ossidi di azoto e il monossido di carbonio, è pari a circa 600 tonn/anno per ognuno dei contaminanti anzidetti.

 

Per dare una idea dello “stress” a cui verrebbe sottoposto l’ambiente circostante possiamo dire che la quantità di aria occorrente per “diluire” la massa inquinante di tali fumi, nel caso, per esempio, degli ossidi di azoto al fine di non superare il limite normativo di qualità dell’aria vigente (200 microg/Nmc come 98° percentile delle concentrazioni medie di un’ora rilevate in un anno) con una concentrazione dell’emissione pari a 50 mg/Nmc e una emissione complessiva di 1.600.000 Nmc/h è pari a [(50.000 microg/Nmc / 200 microgr/Nmc) * 1.600.000 Nmc/h) ] 400.000.000 mc di aria non contaminata.

 

A tale proposito la società proponente, senza nulla documentare in proposito, afferma non solo che “l’unico inquinante di interesse è il biossido di azoto” (dimenticando l’altrettanto importante contaminante, il monossido di carbonio) ma che “sulla base delle esperienze di impianti analoghi, in aree con situazioni metereologiche e orografiche confrontabili … si può ritenere che il contributo dell’impianto alle concentrazioni al suolo di NO2 sia di modesta entità”, ovvero stimabile a qualche microg/mc “mentre soltanto in ristrette zone può raggiungere qualche decina di microg/mc”.

Le simulazioni di ricaduta degli inquinanti “per impianti analoghi”, realizzate con l’applicazione di appositi programmi di calcolo,  hanno dato risultati comparabili con quelli dichiarati a fronte di situazioni in cui si ipotizzavano camini di altezza significativa (nel nostro caso pari a 60 metri) ovvero con una estensione della ricaduta dei contaminanti a concentrazioni considerate come “non preoccupanti” in una area estremamente vasta, almeno intorno ai 40 km intorno al punto di emissione. Non solo, in stime valutate da chi scrive [11] vi era la esplicita sottovalutazione delle ricadute sotto forma di mancata o inadeguata considerazione delle effettive condizioni meteoclimatiche “peggiori” (in termini di ridotte velocità del vento e di effetti di situazioni di inversione termica) ovvero quelle che rappresentano, nonostante il punto di emissione posto ad una altezza presentata come idonea a “disperdere” gli inquinanti, dei casi sfavorevoli alla dispersione ovvero a più elevata esposizione delle popolazioni ai contaminanti.

Non solo va evidenziato che l’effetto di dispersione degli inquinanti ricercato con l’altezza del camino ha il solo effetto di “distribuire” ad un’area più vasta gli effetti degli inquinanti ma qui si rileva che le considerazioni sbrigative presentate dalla società proponente l’impianto non trovano alcuna documentata valutazione che sostenga le conclusioni presentate dal proponente.

 

Un aspetto non considerato dal proponente nel documento citato, è quello relativo all’inquinamento termico connesso alle emissioni di vapore acqueo con i fumi (che approssimativamente può essere stimato in almeno 350 t/h); non va dimenticato, infatti, che un prodotto della combustione di sostanze organiche, ed in particolare del metano, è l’acqua sotto forma di vapore presente nei fumi (il proponente indica una emissione al camino alla temperatura di 90 ° C). .

 

Va altresì segnalato che la scelta della Mirant di adottare un sistema di raffreddamento ad aria anziché ad acqua se riduce il prelievo di acqua necessario al funzionamento dell’impianto (stando a quanto dice l’azienda si passerebbe da un prelievo di 400 mc/h a 15 mc/h di acque ad usi industriali), implica, oltre a maggiori costi di investimento, una riduzione del rendimento di produzione di energia elettrica che non potrà più essere, sempre prendendo le dichiarazioni del proponente, pari al 55,2 % e, ovviamente, la produzione di energia elettrica – a parità di megawatt termici introdotti – non potrà essere di 3.010 GWh/anno ma un valore inferiore (la differenza di rendimento, per impianti analoghi, tra quelle con raffreddamento ad acqua con torri convenzionali e con raffreddamento ad aria è di circa il 3-4 % in meno) . Quanto sopra a meno di incrementare la capacità termica dell’impianto ovvero di calibrare i sistemi di combustione per utilizzare maggiori quantità di metano e, quindi, produrre maggiori emissioni nell’ambiente per MWh prodotto.

 

Da ultimo vorremmo sottolineare che l’impatto visivo costituito in particolare da un camino di altezza 60 metri non è per nulla trascurabile o “non necessariamente di carattere negativo” grazie alla sua posizione in una “area scarsamente popolata”. Anche a proposito di tale aspetto il suo “peso” andrebbe valutato da tutte le parti interessate nell’ambito di una preventiva e rigorosa Valutazione di Impatto Ambientale, come pure vanno valutati gli aspetti relativi alla produzione di reflui solidi e liquidi da smaltire da parte dell’impianto.

 

Non va poi sottovalutato il fatto che una azienda che disponga anche della sola autorizzazione ad utilizzare gas metano per la produzione di energia sia elettrica che termica, una volta ottenuta questa autorizzazione che gli consente di realizzare gli impianti di termocombustione, strada facendo può sempre ampliare tale autorizzazione ovvero acquisire una autorizzazione globale che gli consenta di produrre l’energia attraverso un sistema policombustibile ovvero a gas naturale, ad olio combustibile, a carbone, a lignina, e, da ultimo, ma non per importanza, a rifiuti.

Circa l’esistenza di centrali termoelettriche ENEL che funzionano con combustibili diversi si danno qui per richiamati tutti i dati riportati nel documento di cui all’allegato 3 (tratto dal “Rapporto Ambiente 1999” della società ENEL).

A quest’ultimo riguardo, qui ci si limita a segnalare, per esempio, che la centrale ENEL di Fusina (Venezia) funziona a gas naturale, ad olio combustibile, a carbone e nella stessa sono già state condotte campagne di incenerimento di rifiuti e di CDR da parte dell’ENEL. Questi fatti debbono indurre la popolazione e le componenti istituzionali competenti,ad opporsi alla realizzazione dell’impianto di S.Severo (che attualmente in versioni analoghe si vuol realizzare anche in altri comuni della stessa Provincia e Regione) e ad estrema cautela ovvero a non accontentarsi delle dichiarazioni tranquillizzanti propalate dalle aziende,tese a minimizzare i possibili impatti ambientali derivanti dalla messa in attività di questi impianti di termocombustione.

 

-Centro per Salute "Giulio A. Maccacaro" -per Medicina Democratica della Provincia di Varese-

autori: dr.Luigi Mara e Marco Caldiroli

 

Seguono allegati citati nel documento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                       ULTERIORI VALUTAZIONI sulla SINTESI non tecnica

                                    a firma dell’arc. Paolo Picozzi-Giugno 2001

 

 A supporto e rinforzo di quanto già riportato in altre parti del documento:

 

-          A pag. 5 si legge :“ L’elevata efficienza del processo di conversione energetica che caratterizza la centrale a ciclo combinato di San Severo permette una significativa riduzione,a parità di produzione energetica,delle emissioni globali di gas ad effetto serra”.Invero,trattandosi di nuovo impianto e non di riconversione dei due impianti di Brindisi,a più alto impatto ambientale,si tratta di aumento in assoluto dei gas serra,non potendosi fare una mera comparazione con altro impianto a parità di produzione energetica.

-          Non solo non risulta coerente la motivazione del progetto riportata a pag.2 ove si legge “ La potenza prescelta per la centrale a ciclo combinato(400 Mwe)…permette di seguire gli attuali indirizzi della politica energetica nazionale e comunitaria,che prevedono la sostituzione dei grandi impianti alimentati ad olio combustibile e a carbone con impianti,pure ad elevata potenzialità,ma alimentati a gas naturale”.Invero non risulta alcun piano energetico regionale che abbia deciso di sostituire gli impianti a carbone e olio combustibile di Brindisi con impianti come quello di S.Severo ed altri progettati a Serracapriola,a Rignano etc.Solo in tal caso si potrebbe parlare di riduzione di emissioni di gas serra,in presenza di dismissione di impianti come quelli di Brindisi.Se pertanto si deve metter mano ad una riconversione questa va fatta per Brindisi,certamente non per S.Severo,ove grazie a Dio,ancora non vi è alcun impianto.

-          Al punto 4.1.5.2 “Consumo e produzione di energia elettrica” della sintesi non tecni-

     ca,lo stesso estensore deve invece ammettere che “..la Puglia abbia un surplus annua-

     le di oltre 4.000 GWh..” di produzione energetica.Invero come risulta dal documento

    di Medicina Demoratica  del 17-8-2001 il surplus energetico Pugliese è pari a 5.599

     GWh (vedi ENEL “ dati statistici sull’energia elettrica in Italia 1998”),non risultando

     corrispondere pertanto al vero quello che lo stesso estensore afferma a pag.6 circa il

     fatto che “ le Regioni Puglia… sono complessivamente fortememte deficitarie da un

        punto di vista energetico..”.

Né si comprende da dove tragga informazioni certe l’estensore quando afferma a pag. 6 che “ la realizzazione della Centrale di San Severo dà la possibilità alle imprese locali di accedere a fonti energetiche..a prezzi concorrenziali…”

-          Circa poi l’affermazione riportata a pag.7 in ordine al “Programma di interventi urgenti per fronteggiare l’Emergenza in materia di rifiuti..” ovvero che “ non è prevista nell’area vasta attorno alla Centrale  la realizzazione di impianti di termovalorizzazione dei rifiuti selezionati o di discariche..2,si fa presente che sono stati acquisiti dal Comune di S.Severo progetti come quello di “produzione di energia elettrica rinnovabile alimentato a CDR(Combustibili derivati da rifiuti) in area industriale di S.Severo “(vedi allegato progetto della Ecoenergia,che sicuramente evidenziano che,in assenza di Piani regionali,sta succedendo di tutto nel Comune di S.Severo,come in quelli limitrofi,anch’essi attraversati da progetti similari e senza alcuna “regia” né provinciale né regionale,con pareri favorevoli dati ai diversi livelli fuori da una visione pianificata e complessiva su una materia vincolata in tal senso.

 

 

 

  -  Nella sintesi non tecnica a firma dell’Arc.Paolo Picozzi si dice laconicamente a pag. 9

     che “sono stati analizzati i PRG dei Comuni di Torremaggiore,Lucera e Pietramonte-

     corvino”,mentre non risulta che gli stessi siano stati coinvolti in Conferenza di Servizio

     o Accordi di programma.

 

 

-          A proposito ancora  dell’ELETTRODOTTO di connessione-Pag. 9 della sintesi non tecnica,non risulta alcun riferimento alla regolamentazione deliberata dal Comune di S.Severo,né alla L.nr.36/2001,né alla legge regionale in materia di tutela dall’inquinamento elettromagnetico.

 

 

-          Al punto 2.5.2.2 di pagg.9-10 dal titolo “Rapporti tra il Progetto e gli strumenti di

    Piano e Programma si legge in “Pianificazione Energetica” che il “Gasdotto,così

    come l’elettrodotto,costituisce un’opera essenziale al funzionamento della CCC.Le

    motivazioni e quindi la congruenza dell’opera con gli strumenti di pianificazione

    energetica dipendono strettamente da quelli della CCC stessa”.Non si comprende di

    quale congruenza si parla,visto che la Pianificazione energetica Regionale  e il Piano

     di Coordinamento Provinciale sono inesistenti.

 

Così alla voce “Pianificazione paesaggistica e territoriale” e “pianificazione locale”,risulta una totale assenza di coinvolgimento istituzionale,oltre che delle associazioni interessate,altro che congruenza con strumenti di pianificazione.

 

 

-          Al punto 3.1 di pag.11 si legge che “ l’abitazione posta a minor distanza dal sito è

    ubicata a una distanza di circa 1,5 Km in direzione est nord est da esso.”,cosa a dir

     poco allarmante per la vicinanza.

  Ancora si legge che “ la SS nr. 16 Foggia-S.Severo è collegata al sito mediante una strada comunale di circa 1,5 Km”,che pertanto sarà oggetto di grandi problemi viari,stante il flusso derivante dalla costruzione e esercizio della CCC.

 

 

  -Al punto 1.4 a pag.3 si legge che l’Area vasta,oggetto dello studio di Impatto ambientale,interessa,oltre al Comune di S.Severo,parte dei territori comunali di Torremaggiore,Lucera e Pietramontecorvino,che non risultano essere stati consultati in alcun modo né coinvolti in Conferenze di servizio o accordi di Programma.

 

 

- Nel documento si legge a pag.4 al punto 2.1 che “la programmazione energetica regionale…..è completa,ma non recepita”,che “è in corso di preparazione il Piano territoriale di coordinamento provinciale (di Foggia)”,strumenti invero preliminari e obbligatori per valutare la compatibilità multifunzionale del progetto in questione.

 

 



[1] Vedi ENEL “Dati statistici sull’energia elettrica in Italia 1998”.

[2] “Un "autoproduttore"  o “produttore industriale” è definito come un’impresa che, sussidiariamente alla propria attività principale, produce, individualmente o in partecipazione, energia elettrica destinata in tutto o in parte ai propri fabbisogni.” UNAPACE, “I produttori industriali di energia elettrica in Italia – edizione 1998”.

 

 

[3] V. Unapace “ I produttori industriali di energia elettrica in Italia – edizione 1998”.“ , la produzione di energia elettrica da parte di produttori industriali pone la regione Puglia al primo posto tra le regioni italiane come potenza efficiente lorda installata, seguita dalla Sicilia e dal Piemonte.

[4] Le centrali ex ENEL in Puglia hanno avuto una produzione lorda di energia termoelettrica per 4.247 GWh con l’utilizzo di carbone, 7.424 GWh con l’utilizzo di olio combustibile e altri prodotti petroliferi e solo 342 GWh con l’utilizzo di gas metano

[5] Tali emissioni sono arrivate alla quantità di 54.880 t nel 1995 (v. “Rapporto Ambiente 1999”, ENEL)

[6] Ulteriori informazioni su tale impianto e le iniziative della popolazione interessata possono essere ricavate dal sito http://www.digilander.iol.it/benicomunali.

[7] http://www.southernco.com.

[8] Si veda ad esempio “Cogenerazione industriale e ambientale”, atti degli incontri presso Expo 2000, Torino, 6 dicembre 1996, Quaderno Comitato Termotecnico Italiano n. 6.

[9] V. Autorità per l’energia elettrica e il gas “Criteri e proposte per la definizione di cogenerazione e per la modifica delle condizioni tecniche di assimilabilità degli impianti che utilizzano fonti energetiche assimilate a quelle rinnovabili”, 3 agosto 2000. Tale documento costituisce la proposta in discussione per l’applicazione del mandato contenuto nel Dlgs 78/99. In tale campo esistono anche specifiche norme UNI.

[10] L’indice IEN, a norma del provvedimento CIP 6/92 è sostanzialmente il risultato del rapporto tra energia elettrica prodotta e l’energia termica prodotta, da un lato, e l’energia immessa annualmente con combustibili fossili commericali.

[11] Si fa riferimento in particolare alle stime presentate dalla società EPI per la realizzazione di un impianto simile sia sotto il profilo tecnologico che di grandezza di produzione di energia elettrica, proposto a Bedizzole (BS).