IL
TREDICESIMO GUERRIERO
Trasposizione
cinematografica del romanzo di Crichton "Mangiatori di morte", il film
è ben più che una scialba operazione commerciale legata alla
popolarità dello scrittore (che per l'occasione è anche produttore
del film). Se è sicuramente vero che diversi degli ultimi film tratti
da romanzi di Cricthon si sono rivelati quantomeno deludenti è altrettanto
vero che questo film è riuscito dove gli altri hanno fallito: cogliere
appieno lo spirito e le atmosfere del romanzo. Ahmad Ibn Fadlan (Antonio
Banderas) è un poeta arabo che, inimicatosi il califfo, è
costretto a svolgere compiti di ambasciata oltre i confini della sua terra
natia. Lungo il suo viaggio viene a contatto con una tribù "normanna"
(le virgolette sono d'obbligo dato che è lo steso Crichton, nell'introduzione
al romanzo, ad indicare 'normanno' come un termine generico) proprio nel
momento in cui viene velocemente e violentemente risolta una contesa riguardante
la successione al potere (momento, questo, non troppo chiaro per chi non
ha letto il romanzo) ed, al contempo, il momento in cui il figlio di Rothgar,
re di una tribù delle terre del nord, viene a chiedere aiuto per
combattere contro un'antica minaccia tornata a colpire con ferocia: le
creature delle brume. Viene deciso che a partire siano in tredici guerrieri,
uno per ogni mese del calendario normanno, e che l'ultimo mese debba essere
incarnato (contro la sua volontà) da Ahmad Ibn Fadlan. Il maggior
pregio del film è sicuramente quello di mostrarci, attraverso gli
occhi di un arabo colto ed appartenente ad una civiltà per molti
versi moderna (quindi personaggio in cui è facile identificarsi),
una cultura solo all'apparenza crudele e rozza. Sopratutto colpisce la
"chiave di lettura" della realtà delle popolazioni normanne, capaci
di "trovare" la magia nella realtà circostante, tradendo non tanto
superstiziose paure, quanto un forte senso del divino oltre ad una profondità
di sentimenti ed una sensibilità inattese in questi omaccioni possenti
e di poche parole. Il tutto legato ad un pragmatismo ed una sorta di fatalismo
(attenzione però: combinato con combattività e non con rassegnazione)
indispensabile per chi deve vivere rischiando ogni giorno di morire. Una
combinazione che ai nostri occhi pare inconciliabile, ma che trova la sua
gloriosa coronazione nella valorosa e possente figura di Buliwylf, il maestoso
guerriero a capo della spedizione e della tribù. La morte può
colpire da un momento all'altro anche il più valoroso dei guerrieri,
magari sotto forma di freccia o come gli zoccoli di un cavallo imbizzarrito,
ma questo pensiero non deve tormentare il guerriero. Ciò che conta
non è la morte, ma come si è vissuto. Sottile, così,
si manifesta il vero ruolo di Amhed Ibn Fadlan, attraverso la paura comune
sia a Rothgar (che è stato grande re ma che, per non essere dimenticato
dai suoi sudditi, ha fatto costruire enormi case, più belle che
sicure, sottovalutando la minaccia della bruma e portando alla rovina il
suo popolo) che a Buliwylf: essere dimenticati. Legato in qualche maniera
al tempo anche il significato simbolico dello scontro tra i normanni ed
i "mangiatori di morte": metafora del cambiamento dei tempi e dell'ineluttabile
avanzata della storia. Il fatto che Antonio Banderas (spagnolo, peraltro,
e non arabo ma comunque convincente nella parte) sia stato scelto per la
parte di Ibn non deve far pensare che il film si limiti ad essere una consacrazione
della star Hollywoodiana. Banderas ricopre un ruolo importante, e senz'altro
il suo personaggio è molto riuscito ed interessante (colto rappresentante
di una civiltà magnifica e raffinata costretto a combattere al fianco
di rozzi guerrieri, ogni giorno più familiari e, Allah lo protegga,
ogni giorno più "vicini" al suo cuore) ma a troneggiare indiscusso
padrone della scena è Buliwylf, interpretato da Vladimir Kulich,
che con una faccia da cantante epic metal e le naturali movenze di un leggendario
guerriero nordico, è perfettamente calato nella parte. La sceneggiatura
ricalca piuttosto fedelmente il romanzo, anche se ad alcune sequenze (la
navigazione e la discesa dal dirupo e l'immersione nelle acque gelide)
è stata data assegnazione temporale diversa da quella originale
ed alcune situazioni -fatalmente- sono state modificate o sono del tutto
scomparse (l'incontro con la balena ed il colloquio con il nano). Il regista,
dal canto suo, ha fatto un ottimo lavoro: è riuscito a rendere in
maniera efficace taluni episodi del romanzo molto suggestivi su carta ma
che nonostante i notevoli mezzi di cui dispone il cinema oggigiorno, erano
di difficile trasposizione cinematografica. La sequenza del "serpente di
fuoco", una delle sequenze più rivelatorie e suggestive del romanzo,
è resa perfettamente dal capace John McTiern (già distintosi
per la sua capacità nel dirigere efficacemente sequenze sia suggestive
che dettagliate - quasi puntigliose- nella loro ricostruzione storica ed
ambientale; si ricordano ad esempio Nomads, Predator, Die Hard e The Last
Action Hero). Un bel film, diverso dal solito: appassionante e coinvolgente
ad un tempo. Tanto un divertente ed appassionante action movie dall'insolita
ambientazione, quanto un film sulla paura della morte e sulla reale "consistenza"
della magia, presente nella realtà nella misura in cui i nostri
occhi sono capaci di vederla.

|