CINEMA

Eccovi qui un breve commento sul film "Il meraviglioso mondo di Amelie".

 Amélie Poulain rappresenta il desiderio di candore del nostro quotidiano, magicamente coreografato sullo schermo dalla sapiente mano dell’artigiano del cinema Jeunet, che ad ogni suo film ci ricorda (insieme ad una folta schiera di colleghi, in cui purtroppo si contano ben pochi italiani) che il cinema europeo non ha bisogno di mimare quello americano per essere grande. Pur giocando ripetutamente con fast forward, colori saturi e zuccherosi, animazioni digitali, Jeunet ci racconta con tono fumettistico venato di humor nero una semplice storia d’amore fra outsiders, a loro volta circondati da outsiders, in una Parigi fatta di esterni soleggiati ma mai afosi e di interni sereni ed accoglienti.

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Impossibile contrastare il sorriso che ci si stampa sulla faccia fin dalle prime battute del film, che emblematicamente echeggia quelli che Amélie stessa ci mostra quando racconta a noi della sua passione per il cinema: invece di guardare uno schermo, per un attimo ci ritroviamo a specchiarci. Jeunet gioca con lo sguardo e la confessione in macchina, con commenti a latere che dipingono la realtà psicologico-emotiva del suo personaggio, che contemporaneamente ci viene raccontato da una sardonica voce off, apparentemente imparziale ma molto Bon Chic Bon Genre, ammiccante e sapientemente misurata. L’affezionato fruitore di sala cinematografica riconosce nel film tutti i prestiti, le influenze, le strizzate d’occhio ai suoi predecessori; tuttavia Jeunet rinnova il repertorio coniugandolo ad uno stile fresco (ma non innovativo) e leggero, con movimenti di macchina lunghi e ipnotici, volutamente visibili e indubbiamente affascinanti. Una su tutti, la scena dell’inseguimento del ‘fantasma’ dalla stazione del metrò, alla scalinata, alla strada, con lo smarrimento dell’album da cui scaturisce gran parte della vicenda.
Nonostante la tendenza a simpatizzare quasi immediatamente con la sapientemente dosata naiveté di Amélie, resta vano il tentativo del battage pubblicitario che accompagna il film ad erigerlo a fenomeno di costume: indubbiamente accattivante e ben confezionato, il film è un saggio di artigianato cinematografico, aggiornato e intelligente, ma non controcorrente o particolarmente coraggioso. Un film gradevole e molto cinematografico, diretto con talento e misuratezza, che contribuisce ad infonderci nuova fiducia nelle possibilità dei “giovani” autori europei quando adeguatamente finanziati.