Il sassofono è uno strumento cosiddetto ad ancia in quanto deve
l'emissione del suono alla vibrazione di una linguetta recante tale
nome posta sull'imboccatura.
L'ancia, vibrando, mette in movimento la colonna d'aria presente nello
strumento la quale viene variata in lunghezza e portata dal musicista che
agisce sui tasti e sulle chiavi.
Questa si comporta come una corda di chitarra, ovvero se la colonna
d'aria sarà corta (quindi molti fori aperti) la nota risultante
sarà acuta, viceversa se sarà lunga (quindi molti fori chiusi)
la nota risultante sarà grave.
Il sassofono è composto da più componenti assemblati come in figura:
La famiglia dei sassofoni era composta originariamente da due gruppi
di sette strumenti ognuno di dimensioni diverse.
Uno di questi, ovvero quello che fu concepito da Adolphe Sax per l'uso
in orchestra era composto da strumenti tagliati nelle tonalità di
FA e DO ed è ormai caduto in disuso.
L'altro gruppo fu creato dall'inventore per l'utilizzo nelle bande
ed è quello che si è affermato fino ai giorni nostri.
I sette sassofoni che lo compongono sono tagliati in MIb e SIb secondo
lo schema sottostante:
Sopranino | MIb |
Soprano | SIb |
Alto | MIb |
Tenore | SIb |
Baritono | MIb |
Basso | SIb |
Contrabbasso | MIb |
Volendo semplificare il discorso possiamo dire che, prescindendo
dall’altezza dei suoni, i saxofoni tagliati in Mib per suonare la stessa
nota del pianoforte debbono suonare una sesta sopra o una terza minore
sotto (1 tono e ½) (se prescindiamo dall’altezza la nota risultante
è la stessa).
I saxofoni tagliati in Sib debbono invece suonare una seconda maggiore
sopra.
La forma è quella classica, per così dire, "a pipa",
con delle varianti per quanto riguarda il collo, la campana e, ovviamente,
le dimensioni a seconda del taglio di intonazione.
Solamente il sopranino ed il soprano hanno forma diritta, anche se
quest'ultimo viene prodotto da alcune ditte con la forma ricurva dei fratelli
maggiori.
Tutti gli appartenenti alla famiglia hanno però in comune la
concezione costruttiva di base ed i materiali.
La forma è conica, ovvero il tubo aumenta di diametro man mano
che progredisce verso la campana, mentre il materiale costituente è
una lamina, di spessore variabile tra i vari produttori, composta da una
lega di ottone (quindi rame e zinco) con l’aggiunta di piccole parti, nell'ordine
dell' 1-2%, di alluminio, stagno o nichel allo scopo di prevenire l’insorgenza
di crepe.
Il tipo di lega, comunque, non riveste grande importanza nella determinazione
del timbro; a testimonianza di questo è il sax alto "Grafton Plastic",
costruito nel 1953 in Inghilterra ed il cui corpo è costituito interamente
di resina plastica; utilizzato da C.Parker ed O.Coleman il suo suono è
perfettamente allineato con quello dei saxofoni tradizionali.
Evidentemente ha ragione A.Sax quando afferma, sulla base delle sue
sperimentazioni, che il timbro di uno strumento è determinato dalle
proporzioni della colonna d'aria in esso contenuta e che quindi materiale
e forma sono poco determinanti.
Nonostante ciò tutte le ditte produttrici hanno svolto ricerche
sui materiali , in particolare la statunitense King la quale introduce
sul modello Super 20, prodotto agli inizi degli anni '40, parti in argento
massiccio ( il collo e a volte la campana ), nel tentativo di migliorarne
il suono ( peraltro già notevole ).
A proposito del collo questo è oggetto di particolare
attenzione da parte dei progettisti.
Infatti una sua errata costruzione può influenzare pesantemente
le prestazioni dello strumento in termini di qualità del suono
o pregiudicare la facilità di emissione di alcune note.
La qualità della lega riveste invece un certa importanza sotto
l'aspetto costruttivo per cui l'ottone sembra essere il giusto compromesso
tra leggerezza, resistenza, facilità di lavorazione e costo di produzione.
La finitura esterna varia di molto ma comunque non influenza il timbro
dello strumento.
Abbiamo quindi saxofoni laccati in oro o color oro, argentati, nichelati,
opachi, lucidi,in ottone grezzo (brass), laccati neri, rossi o bianchi.
Quello che può alterare, seppur impercettibilmente il suono,
è il lucido che viene applicato per proteggere la laccatura, il
quale, se troppo spesso, frena le vibrazioni dello strumento ( ma su questo
argomento le opinioni sono abbastanza controverse).
Un aspetto che invece sembra avere una certa influenza è lo
spessore della lamina, questo perché il metallo, in un certo senso,
entra in vibrazione con l'aria in esso contenuta, influenzando così
il contenuto in armoniche del suono prodotto, per cui uno strumento pesante
ha, in linea di massima, un suono più scuro e caldo di uno leggero,
che quindi suonerà più brillante.
Un altro aspetto, questo si veramente determinante, è la costruzione
interna dello strumento.
Parliamo, per esempio, della concezione dei fori : è un
particolare questo sul quale i produttori hanno lavorato molto.
Originariamente, infatti, l’anello sul quale va a chiudere il tampone
era saldato al corpo.
Questo sistema poteva generare imperfezioni o residui di saldatura
in presenza dei quali l’aria in deflusso dava vita a delle microturbolenze
(fig.3a) negative per il timbro e l’intonazione.
In seguito, grazie anche allo sviluppo di appositi utensili meccanici,
venne sviluppata una nuova tecnica per cui oggi i fori vengono costruiti
piegando verso l’esterno la lamina del corpo stesso (fig.3b), eliminando
così ogni ostacolo e rendendo più agevole il calcolo del
cubaggio interno dello strumento ( particolare fondamentale riguardo all’intonazione).
Parliamo poi dei tamponi : oltre ad avere la funzione ovvia di chiudere
i fori sono molto importanti perché la loro distanza dai fori stessi,
quando sono aperti, regola il flusso dell’aria in uscita dallo strumento,
influenzando così intonazione e timbro in maniera molto decisa.
Proprio per questo motivo su di essi la Selmer, prima fra tutte, appose
dei dischi di metallo ( in seguito di plastica ) detti risonatori che hanno
il compito di riflettere il suono in uscita dal foro, diffondendolo più
efficacemente all'esterno.
In generale poi molto importante è il calcolo interno dello
strumento, ovvero il cubaggio e le proporzioni interne
Tutti questi fattori concorrono nel determinare la qualità,
le prestazioni ed il colore di un sassofono (ricordate le armoniche ?).
Sul mercato esistono ormai decine di marche e modelli che coprono un
po’ tutte le esigenze stilistiche ed economiche.
Chiariamo subito che lo strumento perfetto non esiste.
Esistono strumenti che, a partire da prestazioni fondamentali che tutti
i musicisti ricercano quali l’intonazione, una certa fluidità meccanica,
l’omogeneità di emissione, offrono un timbro particolare ovvero
il suono ideale alla ricerca del quale tutti dedichiamo il nostro tempo
ed il nostro portafoglio.
Un suono però può essere ideale per me, non per altri
: dipende dal mio gusto, dal tipo di musica che faccio, da cosa voglio
esprimere sullo strumento.
E’ evidente quindi (facendo una classificazione necessariamente grossolana)
che un musicista classico preferirà, ad esempio, un Buffett
o un Buescher rispetto ad altre marche perché questi gli offrono
un suono più rotondo, secondo lo stile classico, mentre un musicista
di Jazz o Rock probabilmente preferirà un Selmer o un King per i
motivi opposti.
Questo non è, ovviamente un dato assoluto, perché, come
vedremo in seguito, il timbro viene definito in buona parte dall’esecutore
in virtù del tipo di imboccatura, dell’ancia usata, del modo di
imboccare per cui non e impossibile ottenere un suono tondo da un Conn,
per esempio, usando l’imboccatura appropriata.
A tal proposito però c’è da considerare che è
più facile rendere scuro uno strumento brillante che il contrario.
Lo strumento che sembra essere più versatile da questo punto
di vista è il Selmer , in particolare il modello Mark VI, prodotto
dal 1954 al 1973, tant’è vero che è il più diffuso
tra i professionisti di tutto il mondo per le sue qualità e, nonostante
sia uscito evidentemente fuori produzione, è tuttora molto ricercato
e commercializzato sul mercato dell’usato a cifre che spesso superano i
6.000.000 di lire.
Per quel che riguarda i modelli ancora in produzione ottimo il Selmer
Superaction, con notevoli pregi di elasticità e facilità
di emissione.
Notevole anche Yamaha che nel suo modello top ha raggiunto un livello
notevole di prestazioni mentre sui modelli da studio spicca un buon rapporto
qualità-prezzo.
Per il principiante ovviamente vi sono meno problemi.
Intorno al 1.500.000-1.700.000 si trovano strumenti semiprofessionali
con i quali si può studiare per lungo tempo prima che si senta l’esigenza
di qualcosa di veramente professionale.
Le marche principali sono la già citata Yamaha, Grassi, Borgani
(italiane queste due), Jupiter (Coreana).
Nel caso ci si rivolga all’usato attenzione : a prescindere dal suono
e dalla meccanica una cosa è fondamentale, e cioè che
lo strumento chiuda bene.
Se ciò non accade creerà grossi problemi all’allievo
(e al suo insegnante) per l’emissione, soprattutto delle note basse.
Adesso : considerando che questa parte dello strumento è già
problematica per chi comincia, appare evidente come il sommarsi dei due
problemi possa creare nello studente sfiducia nei propri mezzi e nelle
proprie possibilità.
Aggiornato il 05/01/2000