Teatro Garage

 

"L'uomo di Arimatea"

 di Mario Bagnara

con Kitia Benedetti, Livia Carmignani, Andrea Carretti, Fabrizio Giacomazzi, Luigi Marangoni, Mario Mesiano, Giuseppe Ronco

musiche originali Roberto Leoncino

scenografia Tiziano Baradel

costumi Neva Viale

regia Lorenzo Costa

Secondo alcuni vangeli apocrifi, Giuseppe di Arimatea non è solo colui che va a reclamare il corpo del Cristo morto per dargli sepoltura, ma è, prima di tutto, un discepolo che ha lottato fino in fondo per salvarlo, sperando nell'appoggio di Claudia Procula e del marito Pilato, scontrandosi con l'ostilità di Caifa e l'ambiguità di Erode Antipa. Qui troviamo Giuseppe nel suo esilio, a molti anni di distanza dai fatti, impegnato a rievocare quei tragici giorni, su richiesta dei suoi ospiti: dai frenetici tentativi di salvare Gesù, alla condanna, al controverso mistero della resurrezione: il racconto prende vita. La storia è quella più nota del mondo: il Figlio di Dio fatto uomo affida agli altri uomini il suo dono di fede. I seguaci lo amano, lo ammirano, a volte lo temono, ma che egli sia davvero il Figlio di Dio non lo credono fino in fondo. Ci sperano, ma, arrivati alla resa dei conti, credono ad una cosa sola: la sua morte che è l'aspetto più plateale della vicenda, al contrario della resurrezione, il miracolo che avviene in sordina

 

La resurrezione è un dono lasciato al nostro cuore più che alla ragione: non stabilisce nessun obbligo, ma lascia la libertà di avere fede. Il nodo spirituale, che è al centro del testo, sta nella domanda fondamentale: di chi è la colpa della morte di Gesù? I responsabili storici sono stati perdonati da Cristo sulla croce e, quindi, l'autore si domanda chi rimanga in gioco. La sua risposta individua e mette in primo piano i Cristiani di allora e di oggi, nella loro fragile fede. Per questo Giuseppe è così rappresentativo dell'umanità, perché la Verità lo mette in crisi: è un uomo onesto e capisce bene che proprio lui e tutti quelli come lui sono i principali responsabili del sacrificio di Cristo.

 

Da qui l'interesse per una messa in scena che mette al centro la memoria dell'uomo che provò a cambiare la storia, la sua umanità fatta di dubbi, il rimpianto per non essere riuscito a salvare Gesù, il suo controverso rapporto con la fede. L'altro punto focale della storia, il protagonista che non appare mai ma che è ugualmente sempre presente, è proprio Gesù, motore della riviviscenza dei ricordi di Giuseppe e presenza costante nella vita di questo come di tanti uomini di tutti i tempi. I personaggi si svelano nella loro complessità, ma soprattutto nella loro qualità di esseri umani, con tutte le debolezze che questo comporta. Lo spettatore è chiamato a partecipare di un mistero, ad aderire con il cuore e con la mente a questo ricordo che si fa parola, in una alternanza fra presente e passato che diventa dialogo, immagini, musica. Il testo è stato insignito del Terzo Premio Vallecrosi 2002 ed è stato finalista al Premio Teatrale Enrico M. Salerno 2001

 

 

Gli evangelisti dicono che Giuseppe di Arimatea chiese a Pilato il corpo di Gesù e provvide alla sua sepoltura; soltanto Marco fa un accenno al suo coraggio, che fu straordinario, perché la richiesta era una sfida rischiosissima ai principali esponenti del potere che invece avevano voluto ed ottenuto la crocifissione. Secondo un'ipotesi che ritengo assai plausibile - anche se, beninteso, storicamente non provata - dietro le quinte del processo a Gesù, Giuseppe fece del suo meglio per salvarlo; cercò in tutti i modi di ottenere un compromesso da chi ne aveva potestà (Caifa, Pilato, Erode Antipa) e fu poi personaggio di rilievo anche durante le ore strane, ambigue e piene di mistero che precedettero la risurrezione. Il testo deriva prevalentemente da un lavoro di ricerca e da alcuni risvolti inaspettati ed avvincenti. Giuseppe mi sembra rappresentativo, oltre che dei cristiani di quei giorni, di ogni uomo di ogni tempo: al centro di un dramma collettivo, ci si propone con la sua umanità fatta di dubbi, col suo generoso - o presuntuoso? - tentativo di salvare il Salvatore e nel difficile confronto, che prima o poi tocca a noi tutti, con la fede.

Mario Bagnara

 

Un uomo che l'ha vissuta da dentro racconta la storia più conosciuta al mondo. Tutto è già accaduto da molto tempo. Il volere divino è compiuto. Come in un sogno tornano alla mente i fatti. La storia si snoda in tutta la sua drammaticità . I ricordi di Giuseppe rivivono, le emozioni si susseguono, fatti e personaggi sono ancora, per lui, un fardello troppo pesante. Al centro della messa in scena gli uomini, con i loro pregi e difetti, ma soprattutto la rievocazione di un sacrificio, di un grande mistero.

Lorenzo Costa

 

Teatro Garage


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