VAN GOGH - 30 FALSI STORICI NEI PRINCIPALI MUSEI DEL MONDO
UNA SCOPERTA RECENTE DELLO STUDIOSO ITALIANO
"ANTONIO DE ROBERTIS"

L'AFFARE "14 GIRASOLI YASUDA"
I FALSI "VAN GOGH" DI AMEDEE SCHUFFENECKER"


Nel 1930 scoppiò lo scandalo dei "falsi Van Gogh", culminato in un processo conclusosi con la condanna di un mercante d'arte di Berlino, Otto Wacker, accusato di aver immesso sul mercato trentatrè opere contraffatte. Ma ormai con grande leggerezza, questi quadri erano stati inseriti come autentici nel primo catalogo ragionato delle opere di Van Gogh, apparso nel 1928 a cura di Jacoob Baart De La Faille. Difatti per porvi rimedio nel 1930 venne approntato un nuovo catalogo dopo una prima appendice al primo,intitolato" LES FAUX VAN GOGH", segnato anch'esso purtroppo da limiti vistosi e da miopie inconcepibili. Clamoroso ad esempio il fatto che il DE LA FAILLE collochi nel "periodo parigino" (1886-1887) tre falsi catalogati ai numeri 77-88-90 platealmente derivati dalle due versioni dei 12 e 14 Girasoli, che VAN GOGH aveva fatto nel 1888-1889 (e che, guarda caso, appartenevano entrambi alla fine dell'800 ai fratelli SCHUFFENECKER di cui parleremo più avanti). Il DE LA FAILLE poi espunse dal catalogo dell'opera di VAN GOGH i falsi più pacchiani, ma non ebbe il coraggio di ascoltare e di verificare le voci insistenti che già circolavano in quegli anni su riviste d'arte tedesche e olandesi, che davano per sicuri falsari i fratelli SCHUFFENECKER di Parigi, uno pittore CLAUDE EMILE, l'altro, AMEDEE, mercante di vini e di quadri,collezionisti della prima ora e già possessori nei primi anni '900 di ben circa 60 quadri di VAN GOGH, tutti di eccellente fattura, ma molti di essi reiterati e risultanti, sia gli originali che i doppioni, di loro proprietà in un medesimo tempo. Arrivò così il DE LA FAILLE, sì a porsi la domanda se vi fosse una stretta connessione tra i "FALSI WACKER" e i "FALSI DEL PERIODO DI PARIGI", come risulta a pagina 25 del suo catalogo di falsi del 1930, ma a questo quesito inquietante non seppe o non volle dare risposta, anche perchè già allora annotava: "In dispetto delle prove incontestabili che avevo nelle mani, ho picchiato la testa contro un muro invalicabile, formato di persone ricche e potenti, le quali hanno tutto l'interesse a che questi misteri non vengano svelati" ("Les faux Van Gogh" pagina 25). Ebbene l'anello di congiunzione tra i due "SCANDALI" è rappresentato sicuramente da A. SCHUFFENECKER.
Ma si sa, tutti i nodi vengono al pettine. E con molta probabilità oggi sta per scoppiare un nuovo scandalo,perchè uno studioso italiano, ANTONIO DE ROBERTIS è riuscito dopo acute ricerche, a indagare sulle 60 opere possedute dai fratelli SCHUFFENECKER all'inizio del secolo,giungendo alla conclusione alla quale si sarebbe dovuti arrivare già nel 1930. E cioè che di queste 60 opere circa la metà risultano essere dei falsi. Ed è inutile dire che il DE ROBERTIS si sta scontrando nelle sue attuali ricerche con la stessa omertà di istituzioni, critici e collezionisti, denunciata già nel 1930 dal DE LA FAILLE. Emblematica al riguardo è la storia di 4 quadri famosi,a coppie legati da una vicenda oscura, che ne segna i destini: due versioni dei "14 GIRASOLI su fondo giallo" (YASUDA e AMSTERDAM) e 2 versioni del "JARDIN DE DAUBIGNY" con e senza gatto nero (musei di Basilea e Hiroshima).
Tutto inizia con la prima mostra importante di Van Gogh a Parigi, organizzata nella Galleria dei fratelli Bernheim Jeune in rue Laffitte dal 15 al 31 marzo 1901, da un giovane critico rampante di 31 anni Julien Leclercq, socio in affari di Amedèe Schuffenecker, e divenuto mandatario di Jo Bonger Van Gogh, vedova di Theo Van Gogh, per la vendita dei quadri di Vincent alla fine dell'ottocento. Questa mostra paradossalmente (su 65 opere esposte almeno 10 erano false e molte altre, indicate di proprietá di collezionisti parigini, erano invece della vedova Van Gogh esposte senza autorizzazione), consolida definitivamente la fama di Van Gogh nel milieu artistico parigino, ma nasconde una sequenza di raggiri truffaldini organizzati e tentati dai due soci Leclercq e A. Schuffenecker ai danni della vedova Van Gogh e di alcuni collezionisti parigini, di cui nessuno finora si era accorto in 100 anni. Perchè ? Ecco le prove.
Alla fine dell'anno 1900 la vedova Van Gogh invia a Leclercq i "14 GIRASOLI SU FONDO GIALLO" (versione ora ad Amsterdam) probabilmente per un restauro.
Subito il Leclercq, il quale sa che di questo quadro la vedova ne possiede due versioni, cerca con l'inganno di impossessarsi di quello mandatogli a Parigi. Come ? Offrendo in cambio alla vedova (come risulta da due lettere del 5 e 15 aprile 1901) probabilmente la versione originale del "Jardin de Daubigny", (con gatto nero in primo piano), di proprietà di A. Schuffenecker, dopo averne fatta fare una copia quasi identica (senza gatto nero). Perchè ? Perchè il "quattordici girasoli su fondo giallo" interessava ad un collezionista parigino, il Conte Antoine de La Rochefoucauld che era disposto a pagarlo molto bene; tant'è che nella mostra del 1901 questo quadro viene già presentato al n.6 di catalogo come di proprietà del conte, nonostante la vedova Van Gogh non solo non volesse cederlo, ma non voleva neppure che venisse esposto; una copia di questo catalogo (oggi depositata negli archivi del museo Van Gogh) e inviata il 15 marzo 1901, giorno dell'inaugurazione, alla vedova Van Gogh, porta alcune annotazioni autografe del Leclercq; innanzitutto i quadri ai numeri 56 e 57 di catalogo, dal titolo rispettivamente "PAYSAGE DE PROVENCE" e "PAYSAGE", indicati come appartenenti a Theodore Duret, famoso critico amico degli Impressionisti, sono cassati a penna e più sotto con l'annotazione autografa del Leclercq: "Tolti dalla mostra perchè non di mano di Vincent". Questa annotazione, precisata solo alla vedova, suona oggi veramente strana.
Come faceva il Leclercq a sapere con certezza che nel 1901 quei due quadri erano falsi ? E che motivo c'era nel 1901 di falsificare opere di un pittore che non aveva allora nessun mercato e che quindi non valevano nulla ?
Sono domande inquietanti, ma almeno una cosa è certa, che già nel 1901 circolavano falsi "Van Gogh".
Poi una vistosa cancellazione a penna proprio al numero 6 del catalogo, dove il Leclercq corregge: "Tournesols sur fond jaune" in "Veronèse", sicuramente coll'intento di non far capire alla vedova di aver esposto il "14 Girasoli Amsterdam" senza il suo consenso e facendo percò intendere che si trattava di un altro quadro, il "12 Girasoli Philadelphia".
Il Leclercq uomo incline alle bugie e ai raggiri (se ne era già accorto Paul Gauguin, come risulta da molte lettere indirizzate all'amico Daniel de Monfreid) come del resto lo era il suo socio in affari Amedèe Schuffenecker, aveva probabilmente già venduto il quadro non ancora suo, ma ancora della vedova, in attesa dello scambio con il "Jardin de Daubigny" del conte de La Rochefoucauld.
All'ultimo momento la vedova rifiutò lo scambio col "JARDIN DE DAUBIGNY" con gatto nero, spiazzando il Leclercq, che però non voleva perdere l'affare già concluso con il Conte. Che fare ?
I due soci manigoldi non si persero d'animo. A mostra conclusa sostituirono nella stessa cornice barocca al posto del "14 girasoli Amsterdam", una copia quasi identica, ma un pò più grande (fatta forse da Paul Gauguin anni prima o dal fratello pittore di Amedèe Schuffenecker), ripiegandone le eccedenze sul telaio tolto dal quadro vero per poterne utilizzare la stessa cornice e forse l'etichetta di spedizione della mostra dei "XX" 1890 a Bruxelles a cui il quadro aveva partecipato (con il numero 4 o 5 ) apposta sulla parte orrizontale superiore del telaio.
Il quadro vero ( 14 Girasoli Amsterdam ) venne poi allungato nella parte superiore di cm 3 presentando l'operazione come effetto di un restauro in maniera che la vedova non dubitasse del fatto che il suo quadro ritornava a lei montato su un'altro telaio più grande e di conseguenza su un'altra cornice più grande). D'altro canto il conte così non avrebbe notato alcuna differenza tra le due versioni prendendosi la copia falsa al posto dell'originale! Ma qualcosa andò storto, forse perchè la copia non era firmata sul vaso "Vincent" come l'originale e il conte forse collegò la cosa con lo strano ripiegamento dei bordi del quadro sul telaio.
A questo punto avrebbe potuto scoppiare lo scandalo. Ma il conte forse preferì scegliere la strada del tacito compromesso, chiedendo ai due imbroglioni di riprendersi il falso "14 girasoli" (ora Yasuda) e di sostituirlo con il "12 girasoli" su fondo verde veronese (ora nel museo di Philadelphia) che Schuffenecker aveva comprato direttamente dalla vedova nel marzo del 1894 e quindi autentico. Siccome questo quadro aveva le stesse dimensioni dell'altro falso e "ridotto", il conte lo alloggiò nella stessa cornice, senza preoccuparsi della targhetta in ottone che era divenuta quantomeno incongrua (portava la scritta: "soleils sur fond jaune").
Il quadro "14 Girasoli" falso (Yasuda) restituito dal conte a Schuffenecker, venne riciclato come autentico con opportuni accorgimenti, dallo stesso 3 anni dopo. Infatti Schuffenecker, lo riportò alle dimensioni originali 100x96 dalle dimensioni ridotte 92x73 precedenti, e lo presentò in vendita, come offerente anonimo alla mostra della "Libre Esthetique" tenutasi a Bruxelles nel 1904.
Anche stavolta siamo in presenza di un raggiro, ai danni del curatore della mostra Octave Maus. Difatti Amedèe Schuffenecker, prima di mandare il quadro alla mostra vi appone nella parte orizzontale superiore del telaio un'etichetta, togliendola da un'altro piccolo quadro, che aveva già partecipato col n. 2 di catalogo alla esposizione tenutasi sempre a Bruxelles presso l'Associazione dei "XX" nel 1891, con il titolo "Jardin d'oliviers".
Perchè? Perchè così confonde le idee al Maus che, ricordando che un identico quadro di "girasoli" aveva partecipato nel 1890 alla 7^ esposizione dei "XX", non tralascia di annotare sotto il n. 173 del catalogo col titolo "Tournesols" l'annotazione "Exposition des XX 1890" prendendo un grosso abbaglio e legittimando, vittima inconsapevole, un quadro falso come autentico con tanto di pedigree.
Della certezza di questo raggiro oggi, a distanza di quasi 100 anni, è rimasta, unica testimone, la famosa etichetta della Ditta Pottier spedizionieri di Parigi, (immortalata nel catalogo della vendita Christie's del 30 marzo 1987 del quadro falso per 60 miliardi, allora la cifra più alta di tutti i tempi pagata per un quadro). Su di essa c'è scritto:
"Exposition de Bruxelles - Van Gogh 154 M. Schuffenecker".
Questa etichetta potrebbe essere stata dietro uno dei 2 quadri di girasoli presenti alla mostra dei XX del 1890 a Bruxelles insieme ad altri 4 quadri.
Ma avrebbe dovuto avere il n. 4 o 5 e non 154, a meno che non siano state aggiunte dopo 2 cifre (su una bolla intestata del negozio del Perè Tanguy dell'aprile 1894, Andries Bonger annota che il quadro "LES PEUPLIERS" aveva partecipato ai "XX" nel 1890 con il numero 9).
Quasi certamente era invece dietro il piccolo quadro "Jardin d'Oliviers" che era stato presentato con il numero 2 di catalogo alla mostra del 1891, a Bruxelles.
Ebbene in quel numero 154 sta tutta la chiave della vicenda:
Esso altro non è che un numero segreto di catalogazione dei quadri di Van Gogh, apposto sull'etichetta nel 1891 da Andries Bonger, fratello della vedova Van Gogh al ritorno del quadretto da Bruxelles; numero che A. Schuffenecker assolutamente non poteva conoscere ma semmai solo copiare; difatti l'etichetta preesisteva alla mostra del 1904 essendo del 1891, e quindi la firma Schuffenecker è posticcia (difatti è in coda alla frase).
Altro dato sconcertante è che sopra questa etichetta ce n'è incollata un'altra posta sopra una firma in gessetto azzurro "Schuffenecker", imbrigliata fra le due etichette a mò di sandwich.
Questo era un avvertimento a Maus per fargli capire che l'etichetta sotto era di una precedente mostra a Bruxelles; difatti il Maus cadde nel trabocchetto. Il prezzo di vendita del quadro alla mostra era già altissimo per quei tempi: 5000 franchi pari al cambio attuale a 25.000.000 di lire. Nessuno però abboccò e Schuffenecker riuscì a vendere questo falso solo nel dicembre 1907 al mercante d'arte di Parigi Druet, dopo che lo aveva presentato in vendita in una fiera d'arte al museo di Mannheim nel 1907, al prezzo di 15.000 franchi circa (75.000.000 di lire attuali), come risulta dal catalogo e da una fotografia della stanza 29 di quella mostra; lì Schuffenecker presentò 14 quadri di" Van Gogh" e lo scrivo tra virgolette, perchè di quei 14 quadri una buona metà erano falsi, come risulta dal quadro in fotografia sotto i "Girasoli" rappresentante un covone di grano e che è scomparso dalla circolazione, sebbene venisse offerto già allora al prezzo di 8.000 franchi (circa 40.000.000 di lire attuali).



 

LA VICENDA DEL "GATTO NERO" NELLE DUE VERSIONI DEL "JARDIN DE DAUBIGNY"


Emblematica dei raggiri e dei comportamenti truffaldini dell'accoppiata Le Clercq - Schuffenecker è la vicenda delle due versioni del "Jardin de Daubigny". Premetto che uno di questi 2 quadri è sicuramente un falso, già sottoposto da alcuni ricercatori a accurate analisi, senza che però il museo di Amsterdam e gli studiosi ufficiali si siano mai pronunciati.
Recentemente mettendo in connessione questa vicenda con quella dei "Girasoli Yasuda" ho trovato una chiave di lettura molto interessante.
Una di queste 2 versioni, l'originale, fu comprata da Amedèe Schuffenecker prelevandola direttamente dal negozio del Père Tanguy dove era in deposito ed aveva in primo piano un gatto nero. Veniamo a conoscenza dell'esistenza di una 2^ versione, perchè è presentata nella mostra organizzata da Leclercq presso la Galleria Bernheim Jeune nel marzo 1901 in catalogo al numero 18 come di proprietà degli stessi fratelli Bernheim Jeune. Il Leclercq scrive alla vedova Van Gogh il 05.e il 15 aprile 1901 (lettere depositate presso la Fondazione del Museo Van Gogh):
"Ho comprato "il Jardin de Daubigny" di Bernheim, con l'intento di scambiarlo con i vostri "girasoli"; Vincent ha regalato una tela a Auvers alla famiglia Daubigny. la seconda è stata acquistata da Schuffenecker presso Tanguy. E' la prima che io ho, che apparteneva alla famiglia e che passò a Vollard, poi in una collezione privata venduta dopo la morte del collezionista, poi da Bernheim."
Ebbene ho scoperto che Leclercq mentiva alla vedova Van Gogh. Perchè questi passaggi di proprietà erano fasulli e dietro l'anonimo collezionista dopo la cui morte i parenti avevano venduto il quadro il 24 marzo 1900 all'asta all'Hotel Drouot di Parigi con il numero 22 di catalogo, si nascondeva Amedèe Schuffenecker vivo e vegeto! (vedi libro di Alain Mothe "Vincent Van Gogh a Auvers sur Oise" a pagina 118).
Quindi da Amedèe Schuffenecker passarono entrambe le versioni di questi quadri alla fine dell' 800 come si ripeterà altre volte per altri quadri; sconcertante è il fatto che la versione "acquistata" dal Leclercq era sicuramente quella originale: difatti questo quadro, nel catalogo di quella vendita da Drouot al numero 22 è descritto con un "gatto nero in primo piano" cosa suffragata da una fotografia, sempre sul catalogo.
Perchè mai dopo qualche tempo venne cancellato il gatto nero da questo quadro, come risulta da una macchia visibilissima a occhio nudo e dai raggi x?
E come mai invece nell'altra versione che per me è "falsa", dopo molto tempo dalla prima stesura vennero aggiunti contemporaneamente un gatto nero e la scritta a destra "Jardin de Daubigny" con lo stesso blu? Non fu certo Van Gogh ad aggiungere il gatto qui come non fu Van Gogh a toglierlo là! Perchè? Perchè Van Gogh nell'ultima lettera a Theo dice di aver fatto questo quadro circa a metà luglio 1890, cioè 10 giorni prima di suicidarsi. Come avrebbe potuto fare queste aggiunte e detrazioni a secco, su un quadro molto materico e pastoso, che avrebbe impiegato settimane ad asciugare? D'altro canto il "gatto nero" c'era sicuramente sull'originale, come dimostrato dalla descrizione che Vincent ne fa nell'ultima lettera spedita al fratello prima di morire, con tanto di schizzo fedele allegato!
Qui c'è ancora lo zampino di Amedèe Schuffenecker. A seguito del rifiuto allo scambio coi "girasoli" da parte della vedova Van Gogh, alla quale aveva offerto insieme a Leclercq la versione originale, dopo essersi fatto la copia, toglie il gatto dall'originale, per legittimare come autentica la sua copia falsa, (che aveva eseguito senza gatto), aggiungendolo in un secondo tempo.
Questo anche perchè il Leclercq nella descrizione sulla lettera del 15 aprile 1901 alla vedova Van Gogh aveva confuso un quadro per l'altro e Schffenecker dovette ricorrere ai ripari, addirittura ritoccando il cielo e altri dettagli dei 2 quadri.
Per confondere le idee può anche darsi che alla vedova mandarono la versione falsa, senza gatto e con colori diversi dalla accurata descrizione che Vincent ne faceva nella sua ultima lettera.
E lei forse si insospettì tant'è che rinunciò allo scambio.

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Voglio concludere questa storia, già paradossale, con uno strascico che ci porta fino ai giorni nostri, che ha il sapore di una diabolica beffa:
Nel 1992 la Fondazione del Museo Van Gogh di Amsterdam acquistò un quadro di C.E. Schuffenecker "Ritratto del Conte A. de La Rochefoucauld".
Questo quadro era esposto nel novembre del 1993 al piano terra del museo Van Gogh, entrando nella sala della collezione di Theo, proprio sulla parete di fronte.
Ebbene faccio un appello affinchè questo quadro venga tolto dalla collezione, perchè è indegno di essere esposto nel museo di Vincent!
Mi batterò anche per questo!

Milano, 06 luglio 1995

                                   


 

                        

 

 

Didascalie in corso di traduzione

VAN GOGH-RISOLTO L'ENIGMA DELL'UNICO AUTORITRATTO CON SFONDO FLOREALE.
UN'ALTRA DETERMINANTE PROVA CHE AMEDEE SCHUFFENECKER
ERA UN FALSARIO,INDIVIDUATA DALLO STUDIOSO ITALIANO
ANTONIO DE ROBERTIS.


Nel 1904 JULIUS MEIER-GRAEFE in un saggio intitolato:
"ENTWICKELUNGSGESCHICHTE DER MODERNEN KUNST",riportato a pag.328 del volume"VAN GOGH-A RETROSPECTIVE",citando l'opera di VAN GOGH,dice:"Nei suoi ritratti dipinti la durezza legnosa dei disegni a volte diventa come una miscela con un barlume di metallo.
Il capolavoro dei suoi autoritratti è da SCHUFFENECKER.
Nessuno mai dimenticherà questo enorme viso dalla fronte squadrata,gli occhi che guardano fissi,e la mascella contratta.Uno scintillante pezzo di gioielleria dorata adorna la linea del collo profondamente incisa,come un simbolo eterno.Sotto,il tono di una oscurità rosso-blu affonda dentro la giacca e vicino alla carta da parati
dello sfondo produce un effetto come di bruco vellutato sulla nuda roccia.E'tale il terribile splendore di linea, di colore,di psicologia,che ti lascia senza fiato,se non lo hai lungamente conosciuto,per essere scioccato da una sua bellezza esageratamente grossolana o da una minaccia di di di pazzia nel viso da lui creato."

Quindi il quadro di cui si parla ha uno sfondo floreale e si si trova nel 1904 in casa di SCHUFFENECKER,per ammissione di JULIUS MEIER GRAEFE.
QUESTA E' LA PROVA CHE AMEDEE SCHUFFENECKER ERA UN FALSARIO.PERCHE'?
Questo quadro fu catalogato nel 1928 dal DE LA FAILLE al n.F.530,riconfermato nel 1938 al n.H.508,con il dubbio che fosse una copia,eseguita dalla pittrice JUDITH GERARD,figliastra di WILLIAM MOLLARD,l'amico di GAUGUIN, al quale il pittore aveva lasciato in consegna alcune opere nel 1893 e oltre.Nel catalogo del 1970 però questo quadro viene definitivamente espunto col n.M.530 RF.
JUDITH GERARD effettivamente dichiarò in un'intervista rilasciata a G.POULAIN il 10 dicembre 1931 sulla rivista "COMOEDIA"col titolo"DANS LES MAQUIS DES FAUX",di essere l'esecutrice di una copia identica all'autoritratto,che VINCENT aveva donato a GAUGUIN nel settembre del 1888, dichiarando di avere anche aggiunto davanti alla firma "VINCENT"la parola "d'après"e dopo la sua firma "JUDITH".
Poi vendette questa copia nel 1902ad AMEDEE SCHUFFENECKER.
Nel 1908,visitando una mostra di opere di VAN GOGH, allestita presso la galleria E. DRUET di PARIGI,JUDITH GERARD si accorse con grande stupore che era esposta anche la sua copia dell'autoritratto,ma qui veniva presentata come un autentico  VAN GOGH.
Si accorse però che il dipinto era stato nel frattempo rimaneggiato in più punti,e soprattutto era stato aggiunto un nuovo sfondo floreale,su quello verde che lei aveva fatto.Il "d'après"e la firma "JUDITH" erano spariti ed era rimasta solo la firma"VINCENT".Tutte manipolazioni eseguite da AMEDEE SCHUFFENECKER.
Inoltre lo sfondo floreale di questo autoritratto è identico a quello del ritratto del postino ROULIN,attual mente mente nel museo KROLLER MULLER di OTTERLO,di proprietà SCHUFFENECKER ai primi del 1900,e copiato da un'altro .Questo dipinto con sfondo diverso.Questo ritratto del postino ROULIN è catalogato dal DE LA FAILLE al n.F.439 ma RONALD PICKVANCE in una conferenza tenuta a NEW YORK il 17 novembre 1984 ne contestava l'autenticità.Se è un falso l'autoritratto,allora è sicuramente falso anche anche il "ROULIN",perché solo chi ha concepito lo sfondo floreale dell'uno poteva fare anche l'altro e questa persona non poteva che essere AMEDEE SCHUFFENECKER, proprietario oramai accertato dei 2 quadri falsi nello stesso tempo,nonchè possessore per un certo periodo anche degli degli originali di VAN GOGH.

Ora viene da chiedersi: come è stato possibile che il DE LA DE LA FAILLE,sempre ritenuto uno studioso integerrimo,non si sia accorto in questo come in altri clamorosi casi che AMEDEE SCHUFFENECKER era un abile falsario?
E perché studiosi del calibro di RONALD PICKVANCE,dopo aver fatto delle gravi dichiarazioni non sentono il dovere di andare fino in fondo alle questioni?




CRONOLOGIA DELLA PROVENIENZA DELL'AUTORITRATTO"BONZO"
ORIGINALE E SUE CONNESSIONI CON LA COPIA FALSIFICATA.



1888,settembre:viene donato da VINCENT a GAUGUIN;

1892,aprile:CECILIA WAERN,giornalista americana di: "ATLANTIC MONTHLY"lo segnala in un articolo nello studio di GAUGUIN-SCHUFFENECKER a MONPARNASSE.


1893 :E' in deposito da WILLIAM MOLLARD,dove la figliastra JUDITH GERARD,appena adolescente,a cui pare, GAUGUIN avesse insegnato a dipingere,ne fa una copia identica,che poi vende nel 1902 ad AMEDEE SCHUFFENECKER.
Ella dice anche di aver venduto l'originale a persona mandatale da GAUGUIN per la somma di 300 franchi;

1899 :Viene segnalato nelle memorie di un allievo di CLAUDE EMILE SCHUFFENECKER,come facente parte della
sua collezione;

1901, marzo :E' forse il quadro col n.1 di catalogo presente alla mostra da BERNHEIM JEUNE a PARIGI, indicato di proprietà di AMBROISE VOLLARD;

1904 : JULIUS MEIER GRAEFE segnala in casa di AMEDEE SCHUFFENECKER la presenza della copia con sfondo floreale,per la prima volta;

1905,marzo :21 EXPOSITION"ARTISTES INDEPENDANTS",
a PARIGI compare per la prima volta al n. 40 di catalogo il quadro:"LE POSTIER HOLLANDAIS" con sfondo floreale identico a quello dell'"AUTORITRATTO BONZO",indicato di proprietà di AMEDEE SCHUFFENECKER.


Marzo 1996


ANTONIO DE ROBERTIS


 

 

VAN GOGH -LA VERA STORIA DELLE 3 VERSIONI DEL RITRATTO DEL "POSTINO ROULIN"CON SFONDO FLOREALE.
UN NUOVO TASSELLO AL MOSAICO DEI FALSI COSTRUITI DA AMEDEE SCHUFFENECKER, UN VIRUS CHE HA INQUINATO L'OPERA DI VINCENT,      SCOPERTO DALLO STUDIOSO ITALIANO ANTONIO DE ROBERTIS.



Alla morte di VAN GOGH nel 1890 esistevano quasi sicuramente 5 versioni della
"BERCEUSE"e 4 versioni del "POSTINO ROULIN".Ma sappiamo che fin dalla prima prima catalogazione del 1928 a cura del DE LA FAILLE risultano in circolazione 6 "BERCEUSE",di cui una poi espunta(e DIO non voglia che il DE LA FAILLE per errore abbia espunto una valida per far posto ad una falsa,poiché ho forti dubbi sulla versione di BOSTON,venduta al conte A.DE LA ROCHEFOU CAULD,insieme all' "AUTORITRATTO CON L'ORECCHIO BENDATO" e ai "GIRASOLI"quasi sicuramente da uno dei fratelli SCHUFFENECKER,quadri tuttie 3 falsi,se è vero che il conte nel 1928,sul nascere dello scandalo dei falsi di OTTO WACKER si premura di venderli tutti e 3 in blocco alla galleria PAUL ROSEMBERG di Parigi),e 6 " POSTINO ROULIN".
Sembra quasi che l'astuto falsario(leggi SCHUFFENECKER)abbia voluto pareggiare il conto a bella posta.
Delle 6 versioni del "POSTINO ROULIN" quali sono allora le 4 originali e quali le 2 false?Cerchiamo di capirlo insieme con un metodo logico.
Devo subito dire che il catalogo DE LA FAILLE del 1970 non ci aiuta affatto,anzi ci confonde le idee,poiché i 2 quadri catalogati ai n.F.434 e F.435,che hannole identiche provenienze,sembrano i 2 binari che partono insieme da una stessa stazione e che fanno tutte le stesse fermate intermedie!Cosa strana per dei quadri!
Poi il n.F.434,per il suo sfondo giallo,è stato confuso con l'F.435,mentre andava messo al posto dell'F.436, che a sua volta andava messo al posto dell'F.435.

Ma procediamo con ordine,perché questa storia è molto complessa,come sempre purtroppo quando c'è di mezzo AMEDEE SCHUFFENECKER,che, come un virus malefico, ha inquinato l'opera di VAN GOGH.
Nel 1905 ,2 delle 4 versioni del"POSTINO ROULIN"sono in mano alla famiglia VAN GOGH,che li espone nella mostra di AMSTERDAM,luglio/agosto,allo STEDELIK come risulta dal catalogo:

415 . Portet van Roulin,postbeambte te Arles (dovrebbe essere F.434 )
443. Portret van den brievenbesteller Roulin (dovrebbe essere F.433)

una è di proprietà del collezionista/mercante olandese HOOGENDIJK;(F.432)

una è esposta al"SALON DES ARTISTES INDEPENDANTS"21 EXPOSITION
24 marzo/30 aprile 1905,come risulta dal catalogo:

Collection Maurice Fabre
n.13 Le facteur (sur fond jaune) (peinture) (dovrebbe essere F.435 e non F.434!)

Questo quadro viene segnalato nelle memorie di un allievo di CLAUDE EMILE SCHUFFENECKER al liceo MICHELET di Parigi come facente parte della sua collezione nel 1899,ma senza alcun cenno allo strano sfondo floreale,un pasticcio,che deve essere stato aggiunto da SCHUFFENECKER prima di decidersi a venderlo a MAURICE FABRE. Perché?
Se andiamo a verificare,ci accorgiamo subito che di questo ritratto ne esistono altre due versioni quasi identiche: F.436, F.439, caratterizzate però da uno sfondo floreale diverso,e dal fatto di non avere una provenienza certa;poiché però sembra abbastanza logico che per fare delle copie identiche ci vuole l'originale,io penso che gli ultimi 2 siano dei falsi costruiti e commercializzati da AMEDEE SCHUFFENECKER,il quale diabolicamente aggiunse uno sfondo floreale anche all'originale,per aumentare la credibilità dei 2 falsi derivati;difatti VAN GOGH non fece mai versioni del "POSTINO ROULIN"con sfondo floreale,come pure di suoi autoritratti;eppure SCHUFFENECKER ,non conoscendone le abitudini, cadde nell'errore di inventarsi sia l'uno che gli altri!


DIFATTI, NEL 1905 NON DOVREBBE ESISTERE UNA 5 VERSIONE!

Come mai invece nella stessa mostra a Parigi,sul catalogo leggiamo:

Collection Amedee Schuffenecker
n.40 Le postier hollandais (peinture) (dovrebbe essere F.439)

un quadro con uno strano sfondo floreale,che compare anche su una versione dell'"AUTORITRATTO BONZO",visto in casa di SCHUFFENECKER nel 1904 da JULIUS MEIER GRAEFE e risultato poi falsificato dallo stesso AMEDEE
SCHUFFENECKER manipolando una regolare copia eseguita prima del 1902 da JUDITH GERARD,che gliela aveva venduta in buona fede?

QUESTA E' UNA ULTERIORE PROVA DELL'ATTIVITA' DI FALSARIO
AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO,ESERCITATA DA AMEDEE
SCHUFFENECKER A CAVALLO TRA L'800 E IL 900.

LA PROVA DEGLI ERRORI DEL CATALOGO DE LA FAILLE 1970 STA NEL
FATTO CHE IL QUADRO: "F.434 " NON POTEVA ESSERE NEL 1905
CONTEMPORANEAMENTE IN MOSTRA AD AMSTERDAM E A PARIGI!
DIFATTI SE AD AMSTERDAM C'ERA L'F.434 ORA A WINTERTHUR , A
PARIGI NON POTEVA CHE ESSERCI L'F.435,ORA NELLA COLLEZIONE
BARNES A MERION, PERCHE' SOLO QUESTI 2 HANNO UNO SFONDO
GIALLO!


IL QUADRO INDICATO SUL CATALOGO DE LA FAILLE COME F.435 E'IN REALTA'L'F.436,CHE NON HA UNA STORIA ANTERIORE AL 1923, E CHE NON E' MAI APPARTENUTO ALLA FAMIGLIA VAN GOGH,COME ERRONEAMENTE INDICATO IN CATALOGO.
E' VERO CHE LO SFONDO FLOREALE DI QUESTO QUADRO E' IDENTICO
ALLA VERSIONE DI BOSTON DELLA "BERCEUSE",UNA DELLE 3 DI CUI FU PROPRIETARIO AMEDEE SCHUFFENECKER.!ED E' PROPRIO DA QUESTA
CHE POTE' COPIARLO!

ALTRA CONSIDERAZIONE INTERESSANTE:
DOPO LA CRISI SEGUITA AL LITIGIO CON GAUGUIN NEL DICEMBRE 1888
VAN GOGH POTE' LAVORARE POCHISSIMI GIORNI DALL'INIZIO DI
GENNAIO FINO ALL'INIZIO DI APRILE 1889,COME RISULTA ANCHE DALLE
LETTERE AL FRATELLO THEO.
IN UN MIO STUDIO RECENTE AVEVO FOCALIZZATO IL FATTO CHE LA
PRODUZIONE ARTISTICA DI VAN GOGH IN QUEI GIORNI RISULTAVA
SUPERIORE ALLE SUE FORZE FISICHE: 20 QUADRI REALIZZATI IN
MENO DI 20 GIORNI.
EBBENE ORA FINALMENTE HO SCOPERTO CHE DI QUESTE 20
OPERE BEN 5 NON SONO DI SUA MANO,MA ASCRIVIBILI AD
AMEDEE SCHUFFENECKER.


Marzo 1996                                                ANTONIO DE ROBERTIS

         

          F436                                 F435                               F439           

  Autentico                           Autentico,  manipolato                Probabile falso
 

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