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LA COGENERAZIONE
ARTICOLO TRATTO DA http://www.bias.it/termotecnica/detalle.asp?id=20020413003&ricerca=12

Le vecchie motrici a vapore alternative non suscitano solo ricordi del passato, ma si ripropongono con rinnovato interesse. Infatti consentono di realizzare soluzioni a basso costo nel campo della cogenerazione
Il recente scritto di Carmelo Caputo sulle motrici a vapore alternative, apparso su questa rivista nel n.9 dello scorso anno, ha suscitato in me molti pensieri e molti ricordi. Bisogna ammettere che erano belli i diagrammi di Zeuner e riconoscere che i nostri vecchi, anche con queste macchine, ci sapevano fare. Ma quello che mi spinge a scrivere, non è solo un ricordo dell’anziano che trova belle tante cose della giovinezza semplicemente perché bella è la giovinezza, ma è anche il convincimento che la motrice a vapore alternativa abbia ancora possibilità di utilizzazione in vari campi ed in particolare in quello della cogenerazione.
Specialmente nel settore alimentare sono numerosissime le piccole aziende che utilizzano il vapore a scopo di riscaldamento tecnologico (per concentrare succhi, per pastorizzare latte, per produrre formaggi, per manipolare mangimi, per essiccare polveri ecc.) e che sarebbero interessate all’adozione della cogenerazione con motrici a vapore, se trovassero sul mercato dispositivi semplici, di modesta potenza, di basso costo e di agevole manutenzione. Trovano invece turbine a vapore che, rivolte per natura alle velocità ed alle potenze elevate, richiedono riduttori di velocità e se forzate alle potenze modeste non presentano sufficiente riduzione del costo. Inoltre incutono ancora un certo rispetto in sede di manutenzione, mentre le motrici a vapore alternative possono mutuare, non soltanto la struttura ed i componenti, ma anche la manutenzione più semplice dalle motrici alternative a combustione interna, ormai scese … alla strada. Di conseguenza è da prendere in serio esame l’utilizzazione della motrice a vapore alternativa nell’importante campo della cogenerazione.
LA COGENERAZIONE
Cogenerazione è un termine piuttosto recente che sta ad indicare una applicazione abbastanza antica, l'abbinamento di un impianto motore e di un impianto di riscaldamento. Poiché è venuto di moda quando anche nel nostro Paese hanno preso sviluppo applicazioni del genere rivolte al riscaldamento di insediamenti abitativi, ho più volte auspicato che venisse riservato alle applicazioni civili e che si usassero ancora le vecchie denominazioni per gli impianti votati al riscaldamento industriale. Non ho avuto ascolto ma me ne sono consolato presto, mentre continuo a raccomandare di non confondere la cogenerazione col teleriscaldamento che può essere utilizzato anche senza la cogenerazione, sia pure con modeste soddisfazioni economiche.
Come noto un impianto motore, che utilizza calore per fornire lavoro meccanico di solito immediatamente convertito in energia elettrica, dissipa una parte del calore introdotto nel fluido motore, sicuramente superiore a quella che verrebbe dissipata se potesse essere realizzato il ben noto ciclo di Carnot, a danno quindi della gestione economica dell'impianto e spesso anche dell'ambiente. Un impianto di riscaldamento, civile o industriale, dissipa completamente il calore utilizzato senza che ci sia alcun modello termodinamico da imitare. Ma ci dobbiamo rassegnare a fronte delle esigenze degli ambienti civili da rendere abitabili o dei processi tecnologici delle applicazioni industriali. L'abbinamento di un impianto motore e di un impianto di riscaldamento consente di dissipare utilmente con il secondo quel calore che comunque andrebbe dissipato dal primo. In questo modo il calore introdotto nel fluido motore viene completamente utilizzato, in un modello ideale, fornendo energia meccanica (e quindi elettrica) ed energia termica da fornire agli ambienti civili o alle tecnologie industriali.
In pratica le perdite meccaniche ed elettriche delle macchine e le dispersioni termiche dei vari componenti riducono l'energia complessivamente utilizzata nei confronti di quella introdotta nel fluido motore. Senza contare che anche quest'ultima ha già subito una riduzione nei confronti di quella fornita dal combustibile utilizzato, specialmente se l'impianto motore è del tipo a vapore, ove il generatore di vapore è anche generatore di fumi caldi da disperdere al camino. In ogni caso il coefficiente di utilizzazione di un impianto di cogenerazione, rapporto tra la somma delle energie utilizzate nelle due forme e quella corrispondente al combustibile consumato, risulta piuttosto elevato (0,70-0,85) rispetto al rendimento di un impianto motore (rapporto tra l'energia utilizzata e quella corrispondente al combustibile consumato) che ricorrendo ad ogni espediente non riesce a superare valori ben più modesti (0,41- 0,42). Senza contare che tra gli espedienti va segnalata la stessa cogenerazione, perché un impianto a vapore "di potenza", complesso e costoso, a sette, otto spillamenti, è da considerare costituito da sette, otto impianti di cogenerazione in simbiosi con un impianto a condensazione. Va poi sottolineato che l'impianto motore cogenerativo è un impianto "di testa" sicché alcune sue perdite energetiche possono essere utilizzate dall'impianto sottostante volto al riscaldamento. Le perdite energetiche delle motrici rispetto alla espansione isoentropica, suscitano così minore apprensione ed un peggioramento del ciclo motore, dovuto spesso alla necessità di fornire energia ai processi industriali a temperatura piuttosto elevata, mentre riduce il rendimento dell'impianto motore, può avere scarsa influenza sul coefficiente di utilizzazione. L'importante è che l'indice cogenerativo (rapporto tra l'energia meccanica od elettrica utilizzata e l'energia termica di processo) si addica alla applicazione considerata. Prendendo in esame gli impianti di cogenerazione con turbine a vapore, se detto indice è basso (come nel classico esempio dato dallo zuccherificio) l'impianto motore non presenta esigenze notevoli e può risultare piuttosto economico.
La turbina può essere del tipo ad azione, con pochi stadi e a contropressione. Vale a dire l'espansione può essere interrotta appena il vapore ha raggiunto la temperatura richiesta dal processo termico. Come mostra lo schema di Figura 1, tutto il vapore G che attraversa la turbina viene utilizzato per cedere il calore Q ai processi termici mediante scambiatori di diverso tipo, muniti di scaricatori di condensa Sc. Lo schema mostra anche il degasatore D e il reparto di trattamento T del reintegro, la pompa di alimento P ed il generatore di vapore Gv. Se l'indice cogenerativo è alto (e qui l'esempio classico è fornito dalla cartiera) l'impianto motore presenta esigenze più elevate. La turbina diviene mista, con qualche stadio ad azione ed un tamburo a reazione. L'espansione va prolungata il più possibile adottando un ciclo a condensazione. Il vapore tecnologico viene derivato (o spillato) dalla turbina, detta pertanto " a derivazione".
Come mostra lo schema di Figura 2, il vapore G che cede calore Q ai processi termici, è solo una parte di quello che viene immesso in turbina. È evidente che l'impianto "a derivazione" presenta un coefficiente di utilizzazione inferiore a quello dell'impianto "a contropressione". Infatti è munito di un dispositivo prettamente dissipativo come il condensatore (indicato con C e supposto ad acqua in Figura 2) che manca nell'altro impianto. Si comprende anche perché in certe applicazioni civili si preferisca adottare un impianto a derivazione (D) che, nella stagione invernale, presenta un coefficiente di utilizzazione (u) inferiore a quello di un impianto a contropressione (C), ma, nella stagione estiva, può continuare a funzionare (con vantaggio per l'ammortamento) con un rendimento (r) superiore a quello che presenterebbe l'impianto a contropressione, come mostra (in fig. 3) un confronto tra accettabili bilanci energetici.
La cogenerazione industriale a vapore
Come è ben noto, molte industrie per trasferire energia termica ai loro processi produttivi utilizzano il vapore d'acqua, il vapore per antonomasia. In effetti detto "transfer" mette in gioco energie specifiche e coefficienti di convezione di notevoli valori. Inoltre condensando cede calore a temperatura pressoché costante e legata ad un preciso valore della pressione. Pone qualche problema per via delle condense, inevitabilmente presenti anche nelle tubazioni di alimentazione a causa delle dispersioni termiche, e dell'elevato valore del volume specifico. Quest'ultimo però trova buona compensazione in una velocità di trasferimento del tutto adeguata. Dette industrie richiedono energia termica per i loro processi particolari ed energia elettrica come tutte le altre. È naturale quindi che si rivolgano alla cogenerazione e che prendano in considerazione un impianto motore a vapore. In effetti hanno già in esercizio generatori di vapore, reti di distribuzione e di raccolta delle condense, con collettori, manometri, riduttori e regolatori di pressione, scaricatori di condensa, separatori d'aria, filtri e valvole. Hanno scambiatori condensatori di vario tipo ed ogni apparato per la raccolta ed il trattamento delle condense e del reintegro. Hanno la strumentazione e i dispositivi di regolazione adatti e possono contare su di un personale cresciuto nella cultura del vapore.
Possono di conseguenza considerare bene l'adozione di uno o più generatori di vapore, dalle caratteristiche più spinte rispetto a quelli utilizzati in normali impianti di riscaldamento tecnologico, di una o più motrici a vapore, di turbine che, con eventuali riduttori, possano azionare uno o più generatori elettrici.
In genere la soluzione più semplice ed economicamente più conveniente è quella di immettere direttamente l'energia elettrica nella rete dello stabilimento, eventualmente potenziata in qualche suo componente, così risparmiando nell'assorbimento di energia dalla rete esterna. Di solito le industrie più adatte alla cogenerazione sono buone clienti dell'Enel e discrete clienti dell'Enel debbono rimanere, per criteri di riserva, di emergenza e perché, nella giungla tariffaria, il risparmio conseguito non venga poi penalizzato dalle nuove condizioni della fornitura.
Non c'è complesso industriale del tutto paragonabile a un altro, anche se nello stesso ambito produttivo, sicché le condizioni, le caratteristiche, le potenze installate, gli assorbimenti energetici, risultano piuttosto diversi ed i dati statistici alquanto dispersi.
Tuttavia i casi che ho avuto modo di esaminare mi hanno indotto a ritenere che non convenga affidare alla cogenerazione più del 60-70% della potenza massima occorrente. Con questa limitazione anche la produzione del vapore risulta in genere limitata e l'energia termica del tutto insufficiente a soddisfare i bisogni tecnologici.
Di conseguenza, nel caso più frequente di un complesso produttivo da convertire alla cogenerazione, conviene di solito tenere in funzione uno o più dei generatori di vapore esistenti cui affidare il compito dell'integrazione e della riserva, anche perché in queste industrie adatte alla cogenerazione la richiesta termica è quanto mai variabile. Il diagramma di carico è tutto un su e giù. In definitiva ritengo conveniente che all'impianto di cogenerazione sia affidata la fornitura di energia termica "di base" facendolo funzionare in condizioni pressoché costanti, mentre le punte e la parte fortemente variabile siano assegnate ai generatori di vapore normali che possono costituire anche una valida riserva. In questo modo l'impianto di cogenerazione, che presenta un costo più elevato rispetto agli altri servizi, può trovare migliori condizioni per un corretto ammortamento.
La cogenerazione a vapore nelle piccole industrie.
Come già osservato si possono citare numerosissimi esempi di industrie di modesta entità che utilizzano il vapore a scopo tecnologico per le più varie applicazioni e in particolare nel campo alimentare. Sono industrie piccole ma sentite, ovvero talmente numerose che dovrebbero suscitare vivo interesse nelle imprese e nelle industrie che si occupano di impianti energetici. Queste invece di solito coltivano grandi ambizioni. Corrono dietro alle grandi forniture, alle imponenti commesse, agli impianti più complessi, importanti e costosi, incontrando spese e attività molto impegnative per le gare, tempi di realizzazione e squadre di operatori notevoli, impiego fatale di subappaltatori non sempre di sicura affidabilità, con clausole, impegni, rischi di contestazioni e di penali, collaudi a volte spietati e, non ultimi, adempimenti burocratici ben complessi e cavillosi. Tutti impegni e riti che con la piccola industria risultano più snelli, semplici e rapidi.
Se per le industrie considerate a modesti assorbimenti energetici, si applicano i concetti formulati al numero precedente, le quote affidate ad un eventuale impianto di cogenerazione divengono talmente modeste che il costo dell'impianto motore (generatore di vapore, turbina e riduttore) non può ridursi adeguatamente sicché il risparmio conseguito sul consumo dell'energia elettrica non paga la quota di ammortamento e la spesa di esercizio dell'impianto di cogenerazione se non per tempi di ammortamento inaccettabili. Non va dimenticato infatti che queste piccole industrie, se presentano richieste snelle di interventi rapidi, con riti burocratici ridotti, operano in condizioni peggiori delle altre in riferimento al costo del denaro e richiedono tempi di ammortamento piuttosto brevi. A queste industrie è quindi vano proporre impianti di cogenerazione, in nome di un principio sicuramente valido ma che si scontra con obiettive difficoltà reali. Occorre invece offrire un generatore di vapore dalle caratteristiche più limitate ed un gruppo motore di costo e di manutenzione decisamente più favorevoli.
Cogenerazione e motrice a vapore alternativa.
Adottando questa motrice in un impianto di cogenerazione volto al campo indicato in precedenza, si può utilizzare un generatore di vapore a pressione piuttosto ridotta e quindi più vicina a quella dei generatori usati normalmente per la produzione di vapore tecnologico e utilizzati eventualmente per la integrazione e la riserva. Anche la temperatura di surriscaldamento del vapore può essere inferiore a quella presentata da un generatore che alimenti una turbina, pur prestando attenzione alle perdite energetiche per scambio termico. Queste perdite caratteristiche della motrice a vapore alternativa (che ne hanno ostacolato un tempo il decollo e condizionato fortemente l'uso) sono dovute come noto al vapore che, entrando nel cilindro, cede calore alle pareti più fredde per poi riprenderselo, dopo l'espansione, quando ormai ne sta uscendo. Ma in un impianto di cogenerazione questo calore, non utilizzato in lavoro, viene utilizzato per il riscaldamento. In definitiva quella che era la perdita più temibile di questa motrice viene a spostare semplicemente l'indice cogenerativo. Ovviamente considerazioni analoghe possono essere svolte per tutte le altre perdite interne della motrice che si riducono da vizi a strane abitudini. Una obiezione che spesso sento muovere contro l'utilizzazione della motrice alternativa, riguarda l'olio di lubrificazione del pistone che può essere trascinato in circolo dal vapore con diversi inconvenienti in rete e negli utilizzatori.
Se si pensa però a certi impianti frigoriferi con compressori a viti, si deve riconoscere che nel caso considerato il problema può essere risolto con l'adozione di un ben più modesto separatore. Per quanto riguarda il peso e l'ingombro della motrice a vapore alternativa, bisogna osservare che si tratterebbe di una applicazione fissa ove dette caratteristiche non avrebbero molta importanza. Tuttavia sviluppando la motrice a vapore alternativa con soluzioni, architetture, componenti ed ausiliari mutuati dalle sorelle a combustione interna, si potrebbe ovviare anche a questi inconvenienti. La motrice in esame presenta sicuramente valori di pressione e di temperatura molto più modesti sicché non dovrebbero esserci problemi di raffreddamento né timori per l'adozione di una struttura alleggerita. Inoltre non abbisogna di dispositivi di accensione o di iniezione né di avviamento, se a più cilindri opportunamente sfasati. Trattandosi poi di una macchina a due tempi anche la distribuzione può risultare semplificata con l'immissione del vapore attraverso valvole comandate e lo scarico attraverso luci affacciate direttamente al collettore di alimento della rete di vapore. Bisogna aggiungere che l'utilizzo cogenerativo impone allo scarico una temperatura atta al processo e quindi una contropressione più o meno elevata, sicché ritengo possibile adottare in molti casi una macchina ad unica espansione, molto più semplice nel funzionamento e nella struttura di una motrice ad espansione multipla, necessaria in un impianto motore ove l'espansione deve essere prolungata il più possibile.
Mutuando architettura e componenti dalle motrici alternative a combustione interna, è possibile inoltre ridurre le masse in moto alterno e le corrispondenti forze di inerzia per aumentare la velocità di rotazione dell'albero motore in modo da collegarlo direttamente ad un generatore elettrico a quattro poli. In definitiva ne risulterebbe una motrice semplice, accettabile anche nei suoi difetti di origine, che potrebbe presentare, con lo sviluppo e la commercializzazione adeguata, un costo abbastanza contenuto e spese di esercizio limitate grazie al ricorso a componenti e a dispositivi ausiliari del tutto noti e facilmente reperibili.
Conclusioni
L'uso della motrice a vapore alternativa negli impianti di cogenerazione al servizio di complessi industriali richiedenti vapore tecnologico, può renderne accettabili le perdite energetiche endemiche e semplificarne la struttura ed il funzionamento eliminando l'espansione multipla. L'esempio delle motrici alternative a combustione interna a due tempi può suggerire una struttura semplificata ed alleggerita, con l'eliminazione del doppio effetto e la possibilità di un collegamento diretto al generatore elettrico, senza il costo e gli inconvenienti di un variatore. Può inoltre indicare agevoli operazioni di manutenzione.