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ANNO 1782 218 ANNI FA
*** WATT - IL PRIMO MOTORE A VAPORE
POI VENNE SUBITO IL RESTO...
Diderot infatti consiglia per gli "umani" operai la "catena di
montaggio"
*** INGHILTERRA - Cade il governo di Lord North. La Gran Bretagna cambia
politica verso le Colonie "ribelli" ( vedi i
particolari nell' ANNO 1779 )
*** JAMES WATT, dopo aver già
realizzato nel dicembre 1763, il motore a vapore a condensatore,
stabilisce la prima unità di potenza, da lui chiamata cavallo-potenza.
Torniamo un attimo a quel famoso 1763. Watt era un giovane meccanico con una
officina a Glasgow. Gli venne un giorno portato a riparare un motore di
Newcomen, costruito nel 1712, il primo che produceva un movimento meccanico,
basato sul moto alternativo di un pistone dentro una camera, un "su e
giù" che trasferito a una barra oscillante azionava una pompa. Ma non
operava a ciclo continuo, perchè ad ogni movimento del pistone bisognava
riscaldare e raffreddare nuovamente la camera che ospitava il cilindro. Quindi
il motore di Newcomen non ebbe un grande impiego, proprio per questa operazione
che era molto lenta. Fu in alcuni casi usato per aspirare acqua in alcune
miniere, poi anche da quelle quasi abbandonato. Finì per essere utilizzato nei
giardini per azionare fontane decorative.
Per Watt quel giorno fu la sua fortuna. Si appassiona al marchingegno e non
solo ripara la macchina, ma studiandola bene gli scocca la scintilla geniale, e
forse gli appare perfino banale; alla macchina che ha una camera ne congiunge
un'altra, (il condensatore), cioè fa scorrere il vapore in due camere, una
sempre calda e l’altra sempre fredda: il vapore arriva nel condensatore dopo
aver spinto il pistone ed essere stato aspirato da una pompa, mossa dallo
stesso meccanismo. In questo modo non c'è più bisogno di riscaldare e
raffreddare sempre il cilindro, come avveniva nella macchina di Newcomen,
ottenendo un enorme risparmio di combustibile e una efficacia(*) maggiore.
Il condensatore permette inoltre di operare
a ciclo continuo, mentre con il motore di Newcomen al termine di ogni
movimento del pistone bisognava riscaldare nuovamente il cilindro. In altri
termini, è con questo sistema che Watt realizza il primo motore a vapore che
contiene in nuce tutti gli elementi ancora in uso.
(ciclo continuo - è difficile dire che un moto alternato è
"continuo"; lo è invece nelle macchine rotanti come le turbine, nelle
quali non c'è l'arresto del moto dovuto al "tornare indietro" –Tuttavia,
guardando il moto delle ruote azionate dal motore, abbiamo questa impressione).
Watt il suo motore lo brevetta, ma l'idea è così banale (quella di
raddoppiare la camera) che tutti in breve tempo fanno un motore uguale al suo.
E gli impieghi saranno i più vari.
NICOLAS CUGNOT lo utilizzerà per costruire nel 1769 il primo veicolo a motore:
a tre ruote con una grande caldaia di rame in testa, che raggiunge i tre
chilometri all'ora, ma ogni quarto d'ora deve fermarsi per esaurimento del
vapore.
Maggiore impiego con risultati soddisfacenti è invece la realizzazione di
battelli a vapore.
E' CLAUDE d'ABBANS a realizzare il primo, nel giugno del 1778, ma
con scarsi risultati, perché la spinta la ottiene con una serie di palette che
schiaffeggiano l'acqua (l’elica non è ancora nata).
Meno di dieci anni dopo, 18 marzo del 1786, John FITCH brevetta uno strano battello:
con un motore Watt muove sei coppie di grandi remi, incernierati in alto su due
travi che si muovono avanti e indietro. Questo battello inaugurerà anche una
vera e propria linea da Filadelphia a Trenton. Ma non ha molto seguito l'idea di Fitch; per la delusione l'inventore finisce prima
alcolizzato, poi suicida.
Sarà ROBERT FULTON a realizzare il primo vero battello a vapore, nel 1807, con
una ruota a pale. Il giorno 17 agosto 1807 il suo "Clermont"
(con un motore di 18 CV costruito dallo stesso Watt, ma sembra trafugato da
Fulton - muoveva una ruota a pale da 4,57 metri di diametro) compie il viaggio
inaugurale da New York ad Albany, lungo il fiume Hudson: 150 miglia percorse in
32 ore (sei volte meno del tempo di navigazione a vela). Nell'arco di
trent'anni i battelli con le ruote (a poppa, poi invece sui due lati) fanno la
loro comparsa in molti fiumi americani (e ancora sono attivi sul Mississippi).
Soltanto nel 1837 un altro geniale inventore, ERICSON, applica al suo battello "Francis
B. Ogden" una vera e propria elica sommersa
sott'acqua. Il vantaggio appare subito evidente. Il sistema adottato è basato
su due cilindri controrotanti a pale oblique. Ma altri tipi nei successivi anni
vengono sviluppati e migliorati. A fornire il suo Great Britain con questo nuovo sistema di propulsione a elica è ISAMBARD BRUNEL;
intento nel 1840 a costruire il transatlantico, lo modifica applicandovi un
motore a vapore che fa girare delle eliche sommerse. Il principio di
propulsione non cambierà più: si modificheranno il motore (turbina a vapore,
motore Diesel) e cambierà il combustibile (petrolio o energia nucleare), ma
ancora oggi si usa l’elica(**).
L'applicazione del motore a vapore su una locomotiva era invece già avvenuta
nei primi anni dell'Ottocento. L'idea è di RICHARD TREVITHICK, figlio del
proprietario di una miniera, che installa su un carro il motore di Watt.
All'inizio andava su strada, poi, applicando l'idea ai carrelli su rotaie,
nelle sue miniere, il 21 febbraio del 1804 realizza la sua prima ferrovia (di
10 miglia da Penydaron a Abercynon nel Galles meridionale) con la locomotiva,
che compie il primo viaggio della storia in quattro ore e cinque minuti
trasportando 70 persone e 10 tonnellate di ferro.
Inizia insomma un'altra epoca, addio cavalli, le macchine iniziano a fare il
lavoro che prima svolgevano i quadrupedi; infatti alcuni indicando queste
macchine, dicono che lavora come un cavallo, e quelle potenti come tanti
cavalli. Ma quanti?
Watt, scippato della fama per averla concepita, si rifà e passa alla storia,
fissando nel 1781, proprio questa unità di misura.
Stabilì questa prima unità di potenza, da lui chiamata cavallo-potenza,
misurando l'altezza alla quale il più robusto cavallo di Glasgow
riusciva a sollevare in un secondo il peso di 150 libbre.
Questa altezza è di quasi quattro piedi e così Watt determina il
cavallo-potenza (HP, cioè horse-power) come una potenza di 550 piedi x libbra
al secondo.
Questa unità di potenza verrà poi chiamata in suo onore "Watt".
L'unità HP corrisponde a 745,7 Watt.
(Il valore qui scritto si riferisce al cavallo vapore in unità di
misura inglesi (non più legali neanche in Inghilterra da più di 15 anni): 1 HP
= 745,7 W (HP = Horse Power); in Italia l'unità di misura si indica (anche qui
è illegale da decenni!) con la sigla CV e vale: 1 CV = 736 W (CV = Cavallo
Vapore); il Watt è l'unità di misura della potenza nel sistema internazionale e
vale: 1 W = 1 N x m / sec (N = Newton, unità di misura della forza nel sistema
internazionale).
La potenza vanità (quando arriverà anche la prima vettura) fra poco si
esprimerà non più con i cavalli veri con i cocchi al tiro di 2, 4, 6
quadrupedi, ma con il numero di HP; rimase infatti l'anacronistico Horse Power =
potenza di tot cavalli.
Ma vogliamo ricordare anche un'altra invenzione di Watt, sempre dentro il suo
motore. E questa non fu un'idea tanto banale. Anzi alcuni la ritengono la prima
applicazione di quella scienza oggi conosciuta con il nome "cibernetica"
(il cui padre é Wiener). Cioè le macchine che applicano da se stesse il
controllo automatico del proprio processo.
L'invenzione di Watt è il "regolatore centrifugo". Il suo motore,
una volta partito, aumentava sempre di più la propria velocità, fino al punto
di rompersi, a causa delle forze di inerzia. Watt introdusse all'interno un regolatore
di velocità geniale, collegato all’albero motore: due levette con alle
estremità delle sfere; queste per forza centrifuga della stessa macchina,
girando sempre più velocemente, si alzano, e chiudono proporzionalmente la
valvola del vapore. Questo stesso principio è ancora oggi utilizzato in tutti i
motori: per esempio nei motori a benzina si trova dentro lo spinterogeno.
E la cibernetica è proprio questa: studia la progettazione e la realizzazione
di sistemi artificiali avendo come obiettivo la realizzazione di sistemi in
grado di autoprogrammarsi, cioè di realizzare automaticamente delle finalità.
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(*)Efficace è ciò che raggiunge lo scopo per il quale viene adoperato: una paletta di plastica e una pistola sono efficaci per uccidere le mosche; efficiente è ciò che raggiunge ugualmente lo scopo, ma utilizzando un mezzo adeguato alla bisogna: se la mosca è appoggiata sul viso di qualcuno, la paletta è certo più efficiente della pistola.
(**) Ci
sono anche altri sistemi di propulsione: a getto d’acqua, a getto di gas, a
ventilatore, a cuscino d’aria, ma l’elica (a pale fisse, a pale orientabili,
singole, a coppie, laterali per le manovre di attracco, ecc.) è tutt’ora il
modo principale per muovere le imbarcazioni.
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Con l'utilizzazione del vapore fu trovato il modo di avere
un'energia motrice potente, costante e utilizzabile ovunque. La macchina a
vapore fu la prima macchina termica creata dall'uomo indipendentemente dalle
fonti di energia primaria (mulini ad acqua e a vento) e controllabile con
facilità e sicurezza. Essa trasformò rapidamente l'economia del paese e avviò
un notevole sviluppo delle attività industriali. Inoltre l'uso sempre più
crescente di macchine più grandi e complesse richiese la presenza di un numero
sempre maggiore di operai concentrati nelle grandi fabbriche. Tutte queste
persone avevano ruoli ben precisi, poiché l'industria adottò un nuovo metodo
organizzativo (*) per mandare avanti la produzione: la divisione del lavoro.
Molte erano le operazioni che l'operaio singolo doveva svolgere per produrre un
qualsiasi oggetto e, il passare da un'operazione all'altra, comportava una
grande perdita di tempo.
(*) Potrebbe sembrare un'idea (quella della “catena di montaggio”) degli
industriali. Invece era quella degli "Illuministi".
Leggiamo cosa suggeriva e scriveva Diderot sull'Enciclopedia
alla voce Arte:
"La bontà della materie prime sarà il principale fattore della superiorità
di una manifattura su un'altra, insieme con la speditezza del lavoro e con la
sua perfetta esecuzione. La bontà dei materiali è questione di attenzione,
mentre la speditezza e perfezione del lavoro sono soltanto in funzione del
numero degli operai impiegati. Quando una fabbrica ha numerosi operai, ciascuna
fase di lavorazione occupa un uomo diverso. Un operaio ha eseguito ed eseguirà
per tutta la vita una sola ed unica operazione; un altro, un'altra; perciò
ognuna è compiuta bene e prontamente, e la migliore esecuzione coincide con il
minimo costo. Inoltre, il gusto e la destrezza (!) si perfezionano
indubbiamente fra un gran numero di operai, poiché è difficile che non ve ne
siano taluni capaci di riflettere, combinare e scoprire infine il solo modo che
consenta loro di superare (!) i compagni: ossia come risparmiare il materiale,
guadagnar tempo, o far progredire l'industria, sia con una nuova macchina, sia
con una manovra più comoda".
Sorge il dubbio che gli Illuministi "Non avevano compreso appieno il
valore della rivoluzione industriale; non vedevano ancora i gravi conflitti
economici che si sarebbero originati dalla nuova organizzazione della
produzione; i problemi sociali non suscitano ancora un interesse molto grande
nel Settecento, neppure fra i pensatori più progressisti; la preoccupazione
fondamentale è, per il momento, un'altra: quella di agevolare l'iniziativa dei
nuovi imprenditori di permettere che essi assumano in breve tempo una crescente
forza economica"
Non si chiede per esempio Diderot, che interesse debba avere l'operaio - il
quale non è proprietario o comproprietario dell'azienda, come lo era l'antico
artigiano- a risparmiare il materiale, a guadagnar tempo o a far
progredire l'industria; ne' si rende conto della frustrazione psichica del lavoratore
costretto a eseguire per tutta la vita una sola ed unica operazione (anche se
"con maggior destrezza").
Grazie alla divisione del lavoro, molti furono i vantaggi: innanzitutto
un risparmio di tempo, perduto nel passare da una specie di lavoro ad un altro;
secondo si riuscì ad aumentare l'abilità di ciascun operaio; terzo, ma non meno
importante, l'invenzione delle macchine facilitò e abbreviò il lavoro.
Prima dell'avvio dell'industrializzazione la manifattura tessile inglese
era di tipo artigianale e familiare. Si trattava per lo più di famiglie
contadine che, nei mesi di pausa dai lavori agricoli, svolgevano semplici
operazioni di filatura e tessitura, integrando i magri guadagni; la casa di
queste famiglie fungeva da laboratorio, gli strumenti erano semplici, di legno,
ma di proprietà del contadino-artigiano. L'incremento della popolazione fece
crescere il fabbisogno di prodotti tessili, sia di lana, sia di cotone, che era
il più economico. Per aumentare perciò la produzione occorreva introdurre nuove
macchine e la concentrazione di lavoratori nelle fabbriche, dove la divisione
del lavoro consentiva una più alta produttività. Una filatrice manuale poteva
essere acquistata da un artigiano qualunque, poiché i costi non erano elevati,
ma i nuovi macchinari, invece, avevano costi che nessuna famiglia di artigiani
poteva permettersi. Solo i ricchi imprenditori, che avevano grandi capitali da
impiegare, poterono sostenere la spesa per l'acquisto dei nuovi costosi
macchinari e organizzare una fabbrica. Da ciò nacque il sistema fabbrica. Gli
antichi artigiani, per sopravvivere, dovettero quindi abbandonare le campagne
per andare a lavorare -spesso miseramente- nelle fabbriche della città.
A sua volta la sottrazione
delle risorse umane nelle campagne, soprattutto nella miriade di piccoli poderi
non ancora dotati di efficienti attrezzi e metodi di lavoro, causò una minore produzione
agricola, e ciò -nelle grandi città - permise ai grandi latifondisti di
trovare il modo più sbrigativo per soddisfare la domanda: l'aumento dei prezzi.
Controllando bene i delicati equilibri, pur diminuendo la produzione, i
profitti dei grandi latifondisti crescevano. Di proposito ma anche quando
c'erano carestie, cattivi raccolti, guerre o catastrofi naturali come le
alluvioni.
L'anomalo sistema economico lo abbiamo illustrato nel link sulla FISIOCRAZIA
Sulla carenza degli alimenti invece in "come combattere
la FAME DEI POVERI"
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*** AUSTRIA - In Austria l'Imperatore GIUSEPPE II, pone la Chiesa sotto il
controllo statale ed é il primo a istituire il matrimonio civile con effetti legali,
indipendentemente dal matrimonio religioso.
Presto quest'istituzione si diffonde in tutta Europa negli altri Stati
emergenti, desiderosi d'autonomia e di libertà. L'Italia però dovrà attendere
Mussolini e i patti Lateranensi del 1929, che non erano del resto ancora del
tutto perfezionati, ma contenevano degli ibridi compromessi: il matrimonio era
concordatario; valeva il civile solo se era stato celebrato quello religioso e
non l'incontrario.
La Costituzione del 1948, all’articolo 7, riafferma la validità del concordato
con la Santa Sede, e tuttavia, quando il 12 agosto del 1956, la prima coppia ebbe
il coraggio di sposarsi solo con il rito civile, suscitò uno scandalo, tanto
che dal pulpito del duomo di Prato, i due coniugi furono additati al pubblico
ludibrio come peccatori e l'unione come uno scandaloso concubinato. I due coniugi,
appellandosi alla Costituzione, denunciarono il vescovo per diffamazione, ma
finirono condannati a pagare le spese processuali, pur sancendo la Carta
Costituzionale essere un loro diritto sposarsi solo civilmente.
(vedi anche 1956, in Costume, per il fatto sopra accennato e quello che
accadde)
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