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LA RESISTENZA DEL MEZZO

DEFINIZIONE: quando si parla di resistenze al moto, con la parola "mezzo" si indica il fluido "dentro" il quale (o "dentro" i quali) il moto avviene: il sottomarino immerso è "dentro" un fluido, quando è in emersione è "dentro" due fluidi (l'acqua e l'aria), mentre l'aereo è "dentro" l'aria(a).
MECCANISMO: il meccanismo che fa perdere energia "attiva" per trasformarla in energia "passiva" (calore) è sostanzialmente diverso rispetto all'attrito: nell'attrito c'è una forza (dipendente dalle attrazioni molecolari e dall'ingranamento delle superfici) che, muovendosi, produce lavoro e quindi calore, nella resistenza del mezzo l'oggetto in moto deve "aprirsi la strada" fra le molecole del fluido (legate dalla forza di coesione) respingendole ai lati del suo percorso; per ottenere questo risultato l'oggetto deve "spendere" una parte della sua energia cinetica, urtando le particelle del fluido: in questi urti(b) si produce calore.
ESEMPIO: immaginiamo di voler attraversare una stanza piena di patate, senza pestarle. Dobbiamo crearci un passaggio chinandoci a raccogliere le patate, lanciandole lontano dal sentiero nel quale passare: la "fatica" che facciamo è una misura della resistenza del mezzo e il "sudore" che versiamo è una misura del calore sviluppato.
CONSEGUENZE: durante il moto le particelle si addensano davanti al corpo (una parte di esse viene spinta in avanti aumentando la densità o la quota del fluido: vedi la formazione dei "baffi" sulla prua delle navi) e si diradano dietro (occorre del tempo perchè le particelle allontanate dal corpo in moto rioccupino tutto lo spazio lasciato libero dal corpo che intanto si è spostato in avanti). Da ciò segue che si ha un aumento di pressione davanti e una diminuzione dietro il corpo (è quindi meno faticoso, a parte il rischio, mettersi dietro un camion andando in bicicletta!): di ciò approfittano per esempio i corridori e gli automobilisti mettendosi "in scia"; l'opposto accade per le navi a vela che, "rubandosi il vento", lasciano l'avversario in una zona in depressione. Il fluido si muove lungo superfici (superfici di flusso) inizialmente parallele alla superficie del corpo e poi sempre più ampie e piane (tipico è il moto ondoso sviluppato dalle navi oppure le linee d'acqua intorno alle pietre affioranti in un fiume). Quando le superfici di flusso si incontrano dietro, esse si rimescolano disordinatamente, creando dei vortici (vedi la scia a poppa delle navi oppure a valle delle pietre affioranti in un fiume).

RIMEDII: per ridurre al minimo le conseguenze negative del moto nel fluido, si costruiscono i solidi con forme aerodinamiche nell'aria o idrodinamiche nell'acqua(c), il cui scopo è appunto quello di "tagliare" meglio il fluido e di ridurre la scia vorticosa(d).
CALCOLO: la resistenza del mezzo è una forza e pertanto occorre definire direzione, verso, punto di applicazione e modulo.
a) direzione: tangente alla superficie di flusso;
b) verso: opposto a quello del moto;
c) punto di applicazione: baricentro della superficie di flusso;
d) modulo:

R = k * S * V 2

dove: V è la velocità del corpo, S è la superficie della sezione maestra e k è un coefficiente di proporzionalità che dipende da numerosi fattori:
1) la velocità: quando è molto piccola, l'esponente di V è minore di 2, ma cresce rapidamente; si mantiene circa costante sino a 100 km / h, per poi aumentare di nuovo; alla velocità di 300 km / h il valore di R già dipende dal cubo di V. Da ciò segue la estrema difficoltà di raggiungere grandi velocità al suolo(e); infatti un piccolo incremento di velocità produce un grande incremento di R, e quindi un grande incremento della potenza necessaria alla macchina;
2) la sezione maestra: è l'area massima della sezione del solido misurata in direzione perpendicolare alla direzione del moto. Deve essere la minore possibile in rapporto alla forma del solido: un foglio di carta si muoverà in modo che nella direzione dello spostamento ci sia un lato, non una faccia;
3) il coefficiente k dipende da:
a) stato della superficie (finitura): liscia - ruvida, ecc.
b) presenza di rientranze e sporgenze nel solido, le quali creano superfici di flusso secondarie che disturbano il moto (gli specchietti laterali delle automobili, i finestrini aperti, ecc. sono altrettante cause di disturbo e di freno);
c) forma del solido: deve essere allungata e affusolata per creare superfici di flusso compatte e lisce, sia nella parte anteriore che posteriore per penetrare nel fluido e produrre poca scia;
d) natura e temperatura del fluido: da questi due parametri nascono densità e viscosità;
e) turbolenza del fluido: dalla turbolenza o dalla calma del fluido dipende la forma delle superfici di flusso e quindi la forza R; è ovvio che muoversi contro - vento o in favore di vento comporta resistenze diverse in funzione della energia cinetica già posseduta dal fluido.
VALORI: a parità di tutte le altre cose, la resistenza dell'acqua è almeno 100 volte maggiore di quella dell'aria e quindi nelle navi la cura della forma dello scafo deve essere almeno 100 volte maggiore di quella dedicata alle sovrastrutture.
APPLICAZIONE: un ingegnoso esempio di sfruttamento della resistenza del mezzo è quello adottato, sino a qualche anno fa, per misurare la velocità delle navi per mezzo del "solcometro". Il solcometro era costituito da una tavoletta, appesantita in modo da restare in equilibrio a mezz'acqua, trascinata in moto da una cima legata alla nave. La cima portava tanti nodi equidistanti fra loro e, per effettuare la misura di velocità, veniva "filata" (lasciata libera di scorrere) essendo tirata verso il mare dalla resistenza dell'acqua sulla tavoletta. Il numero di "nodi" filati nell'unità di tempo misurava la velocità (da ciò ancora oggi l'uso dell'unità di misura della velocità delle navi in "nodi").
Il metodo adottato si può giustificare nel seguente modo: se nell'espressione R = k * S * V 2 supponiamo k * S = 1 (qualunque cosa sia 1), resta R = V 2, cioè la velocità è proporzionale alla resistenza offerta dall'acqua al movimento del solcometro. Ma la resistenza non è altro che la forza che tira la cima verso il mare, e quindi è misurata dal numero dei nodi che passano fra le mani del marinaio addetto alla misura. Se i nodi distano fra loro di 185,4 m (1/10 di miglio marino), e ne passano 5 in 6 minuti (1/10 di ora), la velocità è V = [5 * 185,4]distanza in metri / [1 / 10]tempo in ore = 5 * 1854 miglia/ora = 5 nodi.

Naturalmente il solcometro va tarato attraverso una misura diretta. Per fare ciò la nave percorre un tratto di mare parallelamente alla costa, traguardata fra due punti a terra di distanza nota. Si misura la distanza L e il tempo t a terra determinando la velocità v = L / t; il risultato così ottenuto deve essere uguale a quello misurato dalla nave con il solcometro. Queste operazioni sono lunghe e richiedono grande pazienza.

(a) Qui si parla della resistenza del mezzo su un solido. Fenomeni analoghi accadono anche fra due fluidi in moto relativo fra loro: le correnti marine, la superficie del fiume rispetto all'aria, gli strati d'aria calda in ascesa e quelli freddi in discesa, ecc.
(b) La parola urto deve intendersi in senso molto largo: nella realtà si "urtano" i campi elettrici degli atomi, sia in questo caso che in quello dell'attrito. La vera differenza è nell'usura: l'attrito la produce, la resistenza del mezzo no: per quante volte una nave possa percorrere un tratto di mare, le molecole di acqua non si consumano.
(c) Le navi, che si trovano immerse nei due fluidi, hanno forma idrodinamica nella parte immersa ma, di solito, non molto aerodinamica nella parte emersa, perchè la resistenza dell'aria, a piccola velocità, è molto minore di quella dell'acqua. Per le navi veloci e per i velocissimi motoscafi è invece indispensabile ricorrere ad entrambi i tipi di forma.
(d) Il problema si pone in forma molto ridotta per le auto di formula 1 le quali hanno potenze esorbitanti. Per esse è invece fondamentale creare forze che aumentino l'aderenza delle gomme al suolo in modo da permettere lo scarico sul terreno della potenza del motore: se l'aderenza diminuisce infatti (ad esempio nel caso di asfalto bagnato) le gomme slittano e le macchine vanno "a passeggio" non ubbidendo neppure all'azione del volante. Altrettanto accade nel "disegnare" le curve.
(e) Gli aerei possono raggiungere grandi velocità quando sono in quota, dove la densità è minore. I razzi per le esplorazioni nello spazio partono con velocità relativamente piccola, e la aumentano man mano che si allontanano dal suolo (naturalmente ciò avviene anche per evitare di creare una enorme forza d'inerzia, dovuta alla grande massa di simili macchine). Per i proiettili questo problema non si pone che in piccola misura: essi hanno ben altro scopo che quello di vincere la resistenza del mezzo, basta aumentare la quantità dell'esplosivo di lancio!