PROEMIO

E' difficile ritrovare l'origine e l'epoca di fondazione non del " Nobile Collegio degli Aromatari ", ma quelle dell' " Universitas Aromatariorum " che chissà da quanti decenni lo precedette, e che ebbe l'alto onore di dargli il nome. Questa " Universitas ", che indubbiamente era una corporazione a difesa d'interessi di classe, doveva certo essere costituita da valentuomini, se fu scelta come fiduciaria per assumere la gestione della " Collegiata di San Lorenzo in Miranda ", ospitata nel Tempio di Antonino e Faustina al Foro Romano. (Fig. 1 e 2).
Verso la fine del suo pontificato, Papa Martino V (Ottone Colonna) con bolla 8 marzo 1429, soppresse detta " Collegiata di San Lorenzo in Miranda " affidandone la gestione amministrativa e concedendone in perpetuo le rendite all' " Università degli Speziali" (Aromatari).
In detta Bolla volle il Pontefice che, quale attestato della più alta estimazione per la classe dei Farmacisti, l'Università assumesse il titolo onorifico di " Nobile Collegio ". Eccone dunque l'origine storica, ben più antica dell'8 marzo 1429.
La Bolla, per quanto, oltre a disposizioni d'indole amministrativa, religiosa e assistenziale, contenga concessioni di privilegi professionali, conferimento delle matricole (diplomi), apertura di nuove Officine, relative ispezioni, vigilanza sulle drogherie e commerci affini, non è molto dissimile da altre, emanate dallo stesso Pontefice, forse con in lento di assestamento corporativo che egli si era prefisso di raggiungere nella liberale elevata sua mente, e che certo contribuì a procurargli il nome di " Papa Ghibellino ". In corrispettivo dei privilegi concessi, era fatto obbligo alla Corporazione rinnovata di costruire un piccolo ospedale per gli speziali poveri e provvedere alle spese del culto.

La Bolla di Martino V fu seguita da altri Brevi forse più importanti (specie quello del Cardinale Rezzonico); ma prima di parlarne riteniamo opportuno far precedere l'esame di tutto il materiale legislativo, che riguarda la storia del " Nobile Collegio. Chimico Farmaceutico di Roma ", con un quadro un po' dettagliato degli avvenimenti che accompagnarono e seguirono la elezione di Martino V, la quale segnò definitivamente la fine del periodo Avignonese, chiudendo la vergognosa epoca dello Scisma di Occidente che quello fu conseguenza.
Così vedremo come, data la vita travagliata del Pontificato Restauratore, non sembri molto probabile che l'emanazione della famosa Bolla sia stata oggetto di uno speciale interessamento per la nostra classe, atavicamente non molto quotata.

Come ho già detto, la costituzione del " Nobile Collegio degli Aromatari può essere stata un fallo di cronaca corporativa, come quella del Collegio dei Protonotari, dei Medici, degli Avvocati e di un'altra larga serie di Arti e Industrie Minori. E' però bene stabilire fin d'ora, che fu merito degli Speziali Collegiali di mantenere in vita, migliorandone sempre più le condizioni, questo Organismo, che ebbe sul serio nella storia della Farmacia Romana pagine gloriose.

E ciò vedremo con compiacenza di nepoti devoti e riconoscenti. Ed eccoci al quadro storico che abbiamo preannunziato. Con l'elezione di Papa Alessandro V (Pietro Filargo di Candia), già arcivescovo di Milano, s'era sperato di porre riparo al disordine che lo Scisma suddetto recava al Cattolicesimo universale; ma fu indarno. Eletto nel Concilio di Pisa, Alessandro V era venuto ad aggiungersi agli altri due papi: Gregorio XII e Benedetto XIII, Per primo atto dopo la sua elezione, egli aveva rivolto la sua opera di risanamento del Pontificato contro il rivale più forte Gregorio XII, ch'era appoggiato da Ladislao Re di Napoli, principe di grandi vedute, il quale si era già impadronito di Roma e del patrimonio della Chiesa che gli era stato venduto da Papa Gregorio, per il modesto anno tributo di 75.000 fiorini.
Alessandro V aveva costituito una lega, alla quale parteciparono Firenze e quasi tutte le città Toscane. Il maggiore contingente fu dato dalle bande mercenarie del Cardinale Legato di Bologna, Baldassare Cossa, il famigerato Papa Giovanni XXIII.

II comandante dell'esercito federale Malatesta dei Malatesti, incominciò felicemente l'impresa: tratto destramente a sé il comandante delle milizie napoletane Paolo Orsini, seppe aprirsi la via di Roma.
1 Romani, liberatisi di Ladislao, offersero la Signoria a Papa Alessandro V, il quale, in compenso restituì alla metropoli i suoi ordini liberi. Ala, poco tempo dopo il suo ritorno in Roma, l'infelice Pontefice spirava. Avvenuta appena la morte di Alessandro V, si risvegliò nell'animo del Cardinale Legato di Bologna il vecchio spirito corsaro, perché comprese ch'era giunto il momento di farsi eleggere Pontefice, malgrado non avessero ancora rinunciato al trono papale Gregorio Xll e Benedetto Xlll. Preso il nome di Giovanni XXIII, non si trovò male in mezzo al battagliare di quello Scisma, e pensando poco a Dio e molto ai fatti suoi, andò vagando per varie città d'Italia; indi convocò il XVI Concilio Ecumenico a Costanza, in cui fu rappresentala l'allegra commedia della destituzione simultanea dei tre Papi. Ad aumentare la confusione di questo dissidio di persone, fermentavano ancora in tutta la Boemia i residui dei dibattiti dello Scisma Hussita.
La storia della riforma religiosa di Giovanni Huss si collega con quella del movimento religioso promosso da un lato dal rinascimento scientifico e letterario, e dall'altro dal decadimento morale della chiesa cattolica, gavazzante in mezzo a scandali di ogni maniera.

Giovanni Huss ha una storia troppo nota perché qui la si pensi ripetere ; del resto le predicazioni delle sue riforme, fatte in lingua czeca, dettero subito alle riforme stesse un sapore di nazionalità. In mezzo all'invasione che il germanesimo aveva fatto nella Boemia, il popolo czeco vide nell'atto riformatore del suo grande compatriotta un elemento potente di riscossa, e lo afferrò.
Preoccupato Re Venceslao dell'interdetto minacciato su Praga da Papa Giovanni XXIII, consigliò Huss ad allontanarsi dalla Boemia; ma ormai il riformatore non poteva ricalcitrare e durante il suo esilio pubblicò il famoso trattato " De Ecclesia ", che conteneva l'essenza della riforma religiosa inspirata dalla legge di Cristo, contrapposta a quella della Chiesa Papale. Egli accarezzava il patriottismo del popolo czeco, presentandogli la riforma stessa come una rivendicazione della libertà di coscienza preparatrice della civile libertà.
Il grande riformatore, come tanti altri, scontò sul rogo il peccato delle libere predicazioni (6 luglio 1415).

 

PAPA MARTINO V FONDATORE DEL COLLEGIO


Tutto questo m'era necessario dire, per illustrare meglio in quali difficili condizioni Ottone Colonna salisse al Pontificato, assumendo il nome di Martino V (Fig. 3), perché in quel giorno precisamente cadeva la festa di S. Martino. E' superfluo accennare che la sua elezione fu la logica conseguenza della deposizione degli altri tre Papi. Questo illustre Pontefice, secondo che narrano le cronache, per alcuni era nato a Genazzano e per altri a Roma, e per altri ancora a San Vito Romano, terra non lungi da Palestrina, nel 1365, da Agapito Colonna.
11 mondo cristiano respirò per la sua elezione, perché lo sapeva amato dai propri concittadini per la sua integrità, per la sapienza, per l'affabilità e la modestia del carattere, congiunte queste doti a tale corredo di letterarie cognizioni, che non vi era dottrina in cui non fosse eccellente. Sopratutto aveva fatto mirabili progressi in quella del diritto canonico, che apprese nell'Università di Perugia.

Da Urbano VI era stato ascritto tra i referendari e i protonotari, e nominato amministratore di Palestrina. Bonifacio IX lo aveva fatto uditore di Rota e Nunzio Apostolico per l'Italia ed altrove. Compiuti con suo grande vantaggio e pari decoro della Santa Sede nuovi incarichi di fine diplomazia, fu da Innocenzo VII il 12 giugno 1405 creato Cardinale Diacono di S. Giorgio in Velabro. Vicario di Roma ed arciprete della Basilica Lateranense. In auge di tanti onori, anziché diminuire, andò crescendo in lui la liberalità, la piacevolezza e la benignità; onde a chiunque richiesto lo avesse, prestava di buon grado l'opera sua con tali gentili maniere e con tratti cosi obbliganti, che si cattivò l'affetto di tutti, tenendosi, per quanto poteva, lontano dai pubblici affari.
Si mantenne fedele a Gregorio XII finché non dovè recarsi al Concilio di Pisa, ove segui l'elezione di Alessandro V; come pure intervenne in Bologna a quella di Giovanni XXIII. Questi gli affidò 1 amministrazione della provincia del Patrimonio di San Pietro, del Ducato di Spoleto e delle città di Perugia, di Todi, di Orvieto, di Terni e di Amelia col titolo di Legalo Apostolico; nei quali uffici si condusse sempre con mirabile prudenza. Nel 1380 era stato fatto vescovo di Urbino e a 50 anni, nel vigore della salute, fu eletto nel Concilio di Costanza, alla somma carica di Pontefice con i voti concordi di (ulte le Nazioni (i i novembre 1417). Le funzioni che accompagnarono la sua elezione furono piene di fastigio e di pompa, e il suo ingresso in Roma il 28 settembre 1420, avvenne fra le acclamazioni di tutto un popolo che nel Colonnese, dopo la servitù di Avignone, riconosceva il suo duce. Questa data si può riguardare come il secondo Natale di Roma.
Uno dei suoi primi atti pronti ed energici fu l'emanazione delle regole della Cancelleria Apostolica, e le riforme del clero. Intanto il famigerato Giovanni XXIII, il deposto papa corsaro, promettendo incondizionata ubbidienza, implorò il perdono e Papa Colonna, uomo dalla politica saggia e dall'anima buona, lo accolse amorevolmente e lo creò cardinale vescovo di Frascati e decano del Sacro collegio.

Appena giunto a Roma, Papa Martino alloggiò nel monastero della Madonna del Popolo, donde il 30 dello stesso mese si trasferì, in mezzo alle acclamazioni del festeggiante popolo, al Vaticano, dove dimorò fino al 1427. A diversità degli altri Papi non scelse come sua dimora la sede a cui ora abbiamo accennato, ma dette incarico all'architetto Michetti di costruire sulle fondamenta del vecchio castello di famiglia un sontuoso palazzo, che ancora si ammira nell'interno dei cortili dell'attuale palazzo a Piazza SS. Apostoli, dove sono raccolti tesori d'arte quali pitture del Pussino, del Pomarancio, dell'Allegrini, del Botticelli, del Tiziano e di altri: fu questa la sua pontificia dimora .
La permanenza in Roma del Colonnese significò far rivivere a nuova vita l'Urbe, che da metropoli del più glorioso impero del mondo era divenuta un ammasso di rovine pagane con vie melmose ed erbose, e casupole di vassalli intorno ai turriti palazzi dei baroni, sempre in lizza tra loro. Cola di Rienzo aveva definito l'Urbe, a quel tempo, covo di ladroni, piuttosto che stanza di uomini civili, e in verità essa si trovava in condizioni inferiori a quelle di qualsiasi altra città della media Italia. Certo il pontificato di Martino V brilla per una vibrante attività ; egli seppe dare un felice assestamento ai dissidi che ricorrevano in quell'epoca turbinosa, malgrado che il Concilio di Siena non si riuscisse neppure ad aprire. Braccio da Montone, il capitano di ventura che Martino V per riavere Terni aveva favorito nominandolo vicario di Perugia e di altre città umbre, gli si era ribellato, ma contro di lui fu aiutato da Giovanna II, dallo Sforza, da Lodovico Colonna, da Luigi da S. Severino e da Nicolò da Tolentino. In una battaglia sanguinosa Braccio da Montone rimase ucciso, e le terre che erano in sua mano tornarono sotto il dominio della Chiesa.
Impossibile riprodurre in queste brevi pagine tutte le opere di guerra, politiche, artistiche e religiose compiute da questo attivissimo Pontefice negli ultimi sei o sette anni del suo pontificato. Egli restituì in Roma l'ordine sedando sommosse popolari e reprimendo il brigantaggio ; fece riattare le strade e restaurare le basiliche e le chiese parrocchiali e il Campidoglio; ma anche memorabile è l'opera da lui svolta nel mondo cristiano ; perché superò felicemente lotte contro scismi di persone e di Principi, che ogni tanto germinavano in Europa; e si può dire che spetta a lui il merito di aver chiuso il grave Scisma degli Hussiti e quello sorto in Aragona per opera di Clemente VIII antipapa. Il Pastor dice ch'egli fu il vero nuovo fondatore del dominio temporale. Ma un grande incoraggiamento sopratutto egli dette alle lettere e alle arti liberali, per cui, non a torto potè esser chiamato il Padre del Rinascimento italiano. Fu lui che chiamò a Roma, per le pitture, Gentile da Fabriano, il Pisanello e il Masaccio. Nel 1429 il Colonnese passò alcuni mesi in Ferentino, ospitato nella sede vescovile; nè furono mesi di ozio, perché in quel tempo nominò 14 cardinali e si dedicò all'assestamento di varie grandi contingenze.
Ma nel 1431, mentre con indefesso zelo si applicava a por termine agli ultimi dissidi religiosi che dilaniavano ancora la Boemia, colpito da apoplessia, morì in Roma fra il compianto dei suoi sudditi e di tutta la Cristianità. Fu sepolto in una superba tomba di bronzo nella cripta dell'altar maggiore della Basilica Lateranense (Fig. 5), di fronte alle teste dei santi Pietro e Paolo; l'epitaffio che vi è inciso è riprodotto dall'Aldoini ; e lo dice : " Temporum suorum felicitas ". Nella zecca Pontificia esistono quattro medaglie di lui con la sua effigie ed iscrizioni alludenti alla sua elezione ed incoronazione, ai restauri delle basiliche di Roma ed alla costruzione del nuovo portico nella basilica Vaticana, nonché alla celebrazione del Giubileo.
Gentilmente favoriti da S. E. il Cav. di gr. cr. Camillo Serafini, Governatore della Città del Vaticano e numismatico di alta e riconosciuta competenza, abbiamo potuto arricchire questa memoria con la riproduzione delle medaglie di Martino V, esistenti nella Collezione del Gabinetto numismativo Vaticano, del quale S. E. Serafini è solerte e sapiente Direttore. Benché a queste medaglie non si possa attribuire un effettivo carattere storico-documentario, poiché, ad eccezione di una, che è di poco anteriore furono eseguite dopo oltre un secolo dalla morte di Martino V;

tuttavia dobbiamo riconoscere ed esse un rilevante valore iconografico, in quanto la fisonomia di quel Pontefice era, nella seconda metà del sec. XVI, ancor viva nei ricordi storici del tempo. La medaglia, che abbiamo detto essere più antica, è quella con la figura di Roma sedente, circondata dalla leggenda: OPTIMO PONTIFICI ROMA. Essa è la più vicina al pontificato di Martino V (1417-1431), rimontando allo scorcio dello stesso secolo. Le altre quattro invece sono opera del Paladino, noto incisore della seconda metà del sec. XVI. Esse recano ciascuna nel " recto " l'identica effige del Pontefice ; mentre nel " verso " raffigurano :
Lo stemma dei Colonna, ornato delle insegne pontificali, ed intorno la scritta: MCDXVII. PONT. (ificatus) ANNO PRIMO . L'incoronazione di Martino V, con la leggenda QUEM CREANT ADORANT (Fig. 8). La Porta Santa, a ricordo del Giubileo indetto per il 1423, con la leggenda : IVSTI INTRABVNT PER EAM (Fig. 9). Un prospetto di tipo basilicale, circondato dalla leggenda DIRVTAS AC LABANTES VRBIS RESTAVRAV(it) ECCLES(ias), in memoria dei restauri da Martino V fatti eseguire a numerose Chiese di Roma. E' anche notevole in questa medaglia la frase, posta sotto le colonne dei prospetto, alludenti al cognome del Pontefice: COLVMNAE HVIVS FIRMA PETRA (la pietra di questa colonna è ben salda) (Fig. 10). Non sarà inopportuno qui aggiungere, come le diverse serie esistenti di medaglie pontificie - taluna da S. Pietro ai giorni nostri, altre relative a periodo più limitato - siano, per una gran parte, di epoca tardiore a quella dei Pontefici cui si riferiscono. Difatti la prima medaglia contemporanea (rimasta poi per un certo tempo isolata) è quella eseguita sotto Eugenio IV, nel 1439, in occasione del Concilio di Firenze.
Soltanto con Nicolò V (1447-1455) cominciano ad apparire medaglie contemporanee ufficiali, relative però solo ad alcuni anni di pontificato :
e queste, integrate posteriormente per taluni degli anni mancanti con medaglie così dette " di restituzione ", costituiscono per un certo periodo il prodotto medaglistico pontificio. Si giunge poi, attraverso una coniazione sempre più frequente, all'uso della medaglia pontificia annuale; la qual consuetudine si è mantenuta sino ad oggi costante.

 

IL NOBILE COLLEGIO DEGLI AROMATARI


Ho voluto ricordare di proposito alcune pagine della vita di questo grande Pontefice, cui la classe farmaceutica deve gratitudine perenne, avendo egli dato con la sua Bolla del 1429 il battesimo ufficiale al " Nobile Collegio degli A Aromatari ", di cui quest'anno si celebra il V centenario, concedendogli rendite e privilegi.
Non fu certo una concessione di laute prebende, fu solo l'affidamento della gestione della modesta " Collegiata di S. Lorenzo in Miranda " a dei galantuomini; concessione nella quale, con alcuni privilegi professionali era incluso l'obbligo di devolvere le rendite alla creazione di un piccolo ospedale per i farmacisti poveri e per il mantenimento delle spese di culto della Chiesa Collegiale affidandola ad un cappellano con diritto all'alloggio " et reliquia ". La storia consacra, che in materia finanziaria non si fu mai, in nessun tempo, supremamente generosi. E ciò fu un bene ; ne avremo occasione di riparlare. Ora a proposito di questa così poca generosità economica, panni utile riferire il seguente episodio storico.
Essendo Pontefice Paolo III, nel 1536, in occasione della venuta in Roma di Carlo V, il Senatore dell'Urbe, perché gli fosse resa più splendida la visione del Foro Romano, ordinò la demolizione delle casupole che trovavansi nell'intercolumnio del tempio di Antonio e Faustina.
Nel bagliore corrusco della splendida giornata, quando l'Imperatore, venendo da porta S. Sebastiano, entrò nella regione del Foro, vide nella sua magnificenza quella superba creazione dell'arte pagana, senza deturpamenti. Il monumento era stato reso al suo antico splendore, ma erano scomparsi l'ospedale, gli uffici, e l'abitazione del cappellano della " Collegiata di S. Lorenzo in Miranda " e del nostro secolare Istituto.
Anche in tempi moderni si ricorre all'opera del badile per queste rivivificazioni dei monumenti dell'epoca imperiale: il demanio senz'altro, sia pure in misura non generosa, compensa gli occupatori dei luoghi restaurati. La cronaca non dice se il Senatore di Roma abbia compensato il Collegio Chimico Farmaceutico di allora, dei danni di quelle demolizioni ; ma se si dovesse desumere dalle notizie giunte fino a noi, che per molti anni i farmacisti romani furono sottoposti ad una tassa mensile per la ricostruzione della Chiesa e del casamento, la cui architettura fu affidata all'architetto Orazio Toriani (Fig. 11), si dovrebbe concludere negativamente. Come già ho accennato, e come vedremo poi, fu una vera provvidenza, perché fu l'argomento principale col quale fu salvato l'indemaniamento del Collegio dopo il 1870.
Chi, oltrepassata la piazza del Campidoglio, volge a destra e precisamente dove trovasi la famosa scalinata del Vignola, osservando la parete del Palazzo Capitolino, vede una antica targa di travertino, sulla quale, oltre il mortaio e il pestello, che erano gli emblemi della Corporazione nostra di allora, si legge anche una scritta con caratteri in uso nel Medio Evo che dice :

COLLEGII AROMATARIOR - MDLXXV

Ciò non è sfuggito certo al nostro egregio Presidente che ha voluto riprodurla sul frontespizio di un suo pregevole lavoro e sulle cartoline del Collegio. La targa ha certamente appartenuto ad una vecchia costruzione del Collegio degli Speziali. Intelligentemente il demolitore non la confuse con altri rottami e la fece trasportare nei magazzini del Governatorato.
Col tempo, in epoca che non saprei determinare, la targa, emblema di qualcuna di quelle tante Corporazioni che fiorivano nel Medio Evo, fu incastonata sulle mura del palazzo. Siccome però il " Collegium Aromatariorum " ha resistito e resiste, malgrado le vicende dei secoli, credo che se i dirigenti del Collegio avanzassero istanza al Governatore perché quella targa fosse loro restituita, la concessione non sarebbe negata.

venerando cimelio potrebbe tornare nei locali Collegiali a tener compagnia alle Bolle, ai Rescritti, agli Incartamenti che formano quel prezioso monumento che è il nostro Archivio. L'Università degli Speziali che aveva accolto con assai buon animo la Bolla di Papa Colonna, per mezzo dei suoi dignitari si mise subito all'opera per convertire il vecchio ente religioso della Collegiata di S. Lorenzo in Miranda nell'Istituto civile indicato dalla volontà del Pontefice. I mezzi non erano certo assai abbondanti, ma fra le maestose rovine del tempio pagano sorse l'ospedale (di non più che 4 letti, fortunatamente assai poco occupati) per i farmacisti poveri. Sorse pure alla bene e meglio l'abitazione del cappellano pronto a somministrare i sacramenti ai malati in pericolo e a fare officiare la Chiesa con la collaborazione di altri sacerdoti.
Altre piccole incombenze di assistenza compievano i dignitari del Collegio con soccorsi forzatamente limitati; essi però erano ben lieti di questi piccoli sacrifizi, perché col rescritto papale avevano anche guadagnato esercizi di vigilanza e concessioni professionali.
Nessun documento ci è stato tramandato, all'infuori della Bolla di Papa Colonna, circa questo primo periodo della storia che andiamo tracciando.

 

CLEMENTE VIlI E SUA BOLLA


I primitivi regolamenti di concessione durarono in vigore fino all'anno 1595, quando una bolla di S. S. Clemente VIlI venne a modificarli ; o per dir meglio, a precisarne la disciplina. Ecco anche di questo Papa poche note biografiche.

Clemente VIlI, che fu un Aldobrandini, anch'esso Papa fattivo ed intelligente, lasciò il suo nome nella storia per due fatti importanti : la condanna al rogo di Giordano Bruno e l'aver condotto a termine la successione di Enrico IV, col quale ebbe una prolungata corrispondenza epistolare circa la guerra contro i Turchi. (Questa corrispondenza fu ritrovata or non è molto negli archivi del palazzo Doria. Dal rescritto di Papa Clemente VIII appare quanta considerazione avessero conquistato nell'animo del Pontefice gli speziali dello Stato Romano e specialmente i dirigenti del sodalizio che era un vero organismo parastatale.
Occuperebbe troppo spazio, e torse i lettori non ne sarebbero lusingati, la pubblicazione integrale di questa Bolla tanto ampia e prolissa e che certo fu estesa in un latino assai pesante da qualche vecchio protonotare apostolico; ma chi avesse vaghezza di consultarla, sappia che la potrebbe ritrovare in una pubblicazione intitolata: "Statuti del Nobile Collegio degli Speziali di Roma, approvati dell'E.mo Card. Camerlengo Carlo Rezzonico ", edita in Roma nel 1787 nella stamperia della Reverenda Camera Apostolica .
Comincia la bolla col dichiarare che intende la sapienza del Pontefice occuparsi benevolmente di coloro che sono preposti alla fabbricazione e preparazione dei prodotti destinati alla salute del corpo, e conferma tutti i privilegi loro accordati dai suoi predecessori : di più li accresce, per quel che è esazione dei loro crediti e sicurezza dalle loro persone. Il rescritto papale entra poi in merito all'esercizio in esecuzione dell'arte farmaceutica, notandone tutte le benemerenze. S'incarica poi, con parole molte ampie, della sorveglianza da esercitare sugli speziali che affida completamente agli Uffiziali del Collegio dirigenti la parte professionale della farmacia. Riconosce inoltre ai membri del nobile Sodalizio il diritto di sorveglianza sui confettieri, droghieri e commercio affini, dando all'Istituzione, non solo il diritto di punire con contravvenzione e ammende, ma anche il diritto di indulto. Conferisce e conferma al Collegio il privilegio di concedere, dopo esame, le matricole e i titoli professionali per l'arte della spezieria.
In forma molto prolissa, illustra la sua ferma volontà di fare tutte le sopracitate concessioni, volontà che dovrà essere rispettata come inviolabile e perpetua. Tornando a parlare delle controversie circa l'esazione dei crediti, annuncia la singolare decisione, che se accadesse una conciliazione fra debitori e creditori, in ogni modo si sarebbero dovuti versare dalle due parti contendenti sei scudi a beneficio dell'Ospedale e della Collegiata di San Lorenzo in Miranda.

Non vi è dubbio che la Bolla di Clemente VIII sia un inno laudatorio alla probità ed alla rettitudine dei nostri Colleghi di allora.

 

BENEDETTO XIII E SUA BOLLA


Questo rescritto fu emanato da Papa Benedetto XIII nella prima metà del 1700. Benedetto XIII fu un Orsini: eletto Papa nel 1724 nella grave età di 75 anni, resse brevemente il pontificato, perché morì nel 1730. Apparteneva all'ordine dei Domenicani, e prima di cingere la tiara era stato arcivescovo di Benevento. La tarda età e le tendenze ascetiche di questo Pontefice influirono sinistramente sull'amministrazione della Chiesa, la quale fu piena di lapidatori capitanati da Nicola Coscia, che l'ingenuo Pontefice coprì di onori, facendolo cardinale e segretario dei Memoriali. Questi scandali suscitarono fiere proteste in Roma e, fuori d'Italia, onde il vecchio Benedetto, per calmare i malumori, si trovò nella condizione di dover convocare un Concilio in S. Giovanni in Laterano. Non farà meraviglia che questo Concilio si sia ridotto ad una pura lustra ; i furfanti stavano troppo in alto perché si potesse giungere a colpirli.
Il solo frutto che il Concilio Lateranense abbia dato fu la proclamazione della Bolla " Unigenitus " quale regola di fede. Ma lutto questo a noi riguarda poco e torniamo senz'altro alla pubblicazione integrale del Rescritto che riguarda gli Speziali. Pare che anche in questi (empi il pubblico in genere non avesse troppi scrupoli per il pagamento dei propri debiti verso i fornitori di medicinali, se i dirigenti il Collegio si preoccuparano di ottenere speciali privilegi per salvaguardare gli interessi dei loro Colleghi.

 

GLI STATUTI DEL NOBILE COLLEGIO


Quanto è stato pubblicato sopra fornì molto materiale per l'estensione degli Statuti già prima menzionati che portano nella storia il titolo di "Statuti del Nobile Collegio de' Speziali di Roma" (Fig. 12) approvati dell'E.mo Sig. Card. Camerlengo Carlo Rezzonico come visitatore apostolico, e confermati con suo breve dal Regnante Pio Sesto (Fig. 13), e che sono forse i più completi nella storia della farmacia che precede l'annessione di Roma al Regno d'Italia. Carlo Rezzonico, cardinale, non va confuso con l'altro, esso pure di nome Carlo, che salì poi sul trono ponti-ficio col nome di Clemente XIII (Fig. 14) e che è sepolto in una tomba del Canova nella Basilica Vaticana.
Appartennero ambedue alla nobile famiglia Rezzonico, veneta. L'estensore degli Statuti, del quale ci occupiamo, coprì diversi vescovadi, e Pio VI lo trasferì in quello di Porto Santa Rufina ; poi lo fece arciprete della Basilica Lateranense. E' precisamente sotto il titolo di cardinale Camerlengo, ch'egli compilò gli Statuti portanti il suo nome, i cui principali elementi gli erano stati forniti da una Commissione Collegiale, ed ai qual dedichiamo varie pagine, perché ci sembrano assai completi. Ma prima di addentrarci nell'esposizione dei rispettivi regolamenti di detti Statuti meglio è ritessere la storia degli altri regolamenti che li precedettero.
Perché gli articoli di questi Statuti furono annullati nel 1595, e se ne compilarono degli altri approvati da Papa Clemente VIlI il 7 ottobre 1595. Essendo poi, nell'anno 1607, stati aggiunti altri capitoli, e ritrovandosi quelli già fatti, divisi in più volumi, furono di nuovo riformati e riuniti in un sol volume, ottenendone dalla felice Memoria di Paolo V con sua Bolla, la conferma. Nel 1660 furono di nuovo riformati, e quindi confermati con un Breve dalla felice Memoria di Papa Clemente XI, Nonostante però siffatte norme di Statuti, fu. determinato nelle Congregazioni, tenute dal Collegio degli Speziali nel 1707 e 1708 di rinnovarli ; onde ne furono estesi dei nuovi, per altro senza alcuna approvazione e perciò mai attuati. Si arriva così finalmente agli importanti regolamenti emanati con la firma del Cardinale Carlo Rezzonico.
Diciamo subito, perché avremo occasione di ritrovarli nell'esposizione dei capitoli, chi fossero e quali mansioni avessero gli uffiziali preposti al buon governo della Corporazione. Essi erano: quattro Consoli, 1 ultimo dei quali era Camerlengo dei suddetti; quattro Guardiani, l'ultimo dei quali era Camerlengo della Chiesa; due Consultatori: uno del Collegio e l'altro della Chiesa; due Sindaci, per fare il Sindacato ai Camerlenghi e Ministri; due Fabriceri; due Infermieri ed un Archivista.
Aggiungiamo che l'Ufficio dei Consoli era destinato a trattare tutte le questioni d'indole professionale ; quello dei Guardiani era destinato ad amministrare le spese di cullo e a vigilare l'esatta esecuzione di tutto quello che riguardava la parte religiosa. La carica più importante degli uffiziali della nobile istituzione era indubbiamente quella di Consultore, che veniva scelto o nel primo Console uscente, o progressivamente nelle altre cariche, se vi fossero ragioni di incompatibilità. Gli affari, anche della più modesta importanza, dovevano essere oggetto di studio, non solo dei consiglieri e dei sindaci, ma il consiglio di questi doveva essere avvalorato dal parere di quelli che stavano loro accanto: quindi la loro deliberazione, per mancanza di unanimità, era nulla e come non presa neppure in esame.
Inoltrandoci nelle varie disposizioni, ritroviamo che una delle cariche più importanti era quella del fabricere, al quale era specialmente devoluta la vigilanza del buon mantenimento degli stabili di proprietà della istituzione. Ma fra tutti i privilegi concessi al " Nobile Collegio degli Speziali ", due sono quelli di maggiore importanza :

I. La concessione della matricola (laurea o diploma professionale);

lI. La concessione dell'apertura di un nuovo esercizio.

Del primo ci occupiamo subito; del secondo ci occuperemo altrove.
Riproduco anzi integralmente la disposizione.
" Non potendosi conoscere l'abilità delle persone dagli esami im provvisi che si fanno, essendo purtroppo facil cosa il confondersi e lo smarrirsi per timidezza; perciò sull'esempio del Collegio de' Medici, si ordina che vi siano quattro Esaminatori, due de' quali saranno i Con sultori pro tempore de' Consoli e Guardiani, e gli altri due si eleggeranno dalli quattro Consoli e dal primo Guardiano prò tempore unitamente, e, dovendosi matricolare qualcuno nella professione di speziale che abbia i requisiti necessari, che sono l'età di anni venticinque, e per i gli de' speziali di Roma anni venti: che sia di buona vita, fama e co stumi, e che abbia acquistata l'abilità nella professione, il che farà egli constatare colle rispettive Fedi, quali dovevansi portare al primo Con sole, ed allora si farà da questi il biglietto agli Esaminatori, perché quel tale sia esaminato. Doveranno gli esaminatori, ognuno separatamente nella propria spezieria, esaminarlo con diligenza e con affabilità, per non porlo in soggezione e timore, soprattutto ciò che è necessario sapersi per ben esercitare la professione di Speziale, ed occorrendo, nella loro spezieria medesima gli faranno fare quelle operazioni che stimeranno opportune, per certezza del vero sapere, e ritrovandolo capace, ne faranno l'atte stato, che dallo stesso esaminato si porterà al primo Console, e deposi terà in mano del Camerlengo dei Guardiani scudi dieci e baiocchi 50.
Che se poi sarà figlio di speziale di Roma, depositerà solo scudi cinque e baiocchi cinquanta, quali spetteranno tutti alla nostra Chiesa, ed allora il primo Console farà intimare la congregazione solita farsi per l'esame, alla quale saranno intimati solamente tutti i Consoli i Guar diani col Consultore, e i sci Consiglieri dei Consoli con i suddetti esa minatori, ed ivi quello che doverà matricolarsi potrà essere esaminato anche dalli congregati, e riconosciuto abile ed idoneo con la maggio ranza dei voti favorevoli, presterà il giuramento in mano del nostro Segretario di bene esercitare la professione, secondo l'arte, senza frode, e di osservare i presenti statuti : dopo di che i Consoli lo introdurranno all'esame del Protomedico e suoi Consiglieri secondo la disposizione della Bolla della Sacra Memoria di Gregorio XIII (Fig. 15) ed appro vato anche dal Protomedico e Consiglieri, doverà pagare scudi due per i Consoli, cioè baiocchi 50 per ciascuno, scudi 1 e baiocchi venti al no stro Segretario e scudi 1 e baiocchi cinque al nostro bidello; al Proto medico doverà dare i soliti guanti, come anche ai suoi Consiglieri, ai Consoli, Guardiani, Esaminatori, Consultore, e ai sei Consiglieri dei Consoli, che saranno intervenuti in Congregazione all'esame ed allora gli si spedirà la patente di approvazione ".

Non c'è dubbio che se l'era guadagnata! Nell'art. XXII sono accennati i metodi e le pratiche per l'elezione del Cappellano della Chiesa, come pure disciplinato l'insediamento, e vi sono elencati tutti i suoi doveri.
Essendo il " Nobile Collegio degli Speziali " foggiato a tipo d'Istituto di Beneficenza, specialmente ospitaliero, per gli speziali poveri che cadessero malati, vi era un medico titolare, la cui elezione era sottoposta ad alcune norme e cautele fisse. Così esso era nominato dalla Congregazione Generale, alla quale " i " Guardiani pro tempore, presenteranno tutti i concorrenti, che siano " però di buona fama e credito nella professione, da mandarsi al corpo " giudicante; quello che avrà avuto voti più favorevoli, sopra la metà dei " Congregati sarà il Medico eletto ".
Vengono poi stabilite le norme per l'assistenza ai malati, durante il periodo grave e durante la loro convalescenza. Lo stipendio tanto del Medico che del Chirurgo sarà volta a volta stabilito dalla Congregazione Generale. Nei vari capitoli successivi sono determinati i doveri degli altri funzionari del Collegio, quali il Computista, l'Esattore, il Chierico della Chiesa e il Bidello.
Nel passare la Collegiata di San Lorenzo in Miranda nelle mani del " Collegium Aromatariorum " che fu poi il " Nobile Collegio Chimico Farmaceutico ", fu stabilito di fondare, e fu fondata, una sala ospitaliera, nella quale trovavano posto quattro letti completi per quattro speziali poveri, che, caduti in malattia, avessero bisogno di assistenza, e questo privilegio era esteso anche ai giovani e ai novizi. Anche i funzionari reli- giosi e il personale della Chiesa potevano avere assistenza, se malati, sempre nella sala riservata agli speziali, e non nelle camere attigue. Accadendo il decesso di qualcuno di detti ricoverati, vi è detto doversi portare nella Chiesa collegiale, vestito di un saio, accompagnato da quattro fiaccolotti e dal Rettore, il quale farà l'ufficio di Parroco, e in detta Chiesa recitarglisi l'Officio dei morti. In caso di decesso di un collegiale, celebrarsi in suo suffragio una messa nella chiesa di San Lorenzo in Miranda, con un tumulo alto, altrimenti con tumulo basso, in ogni caso però il primo guardiano intimerà, perché intervengano tutti gli speziali di Roma. In suffragio poi delle anime degli speziali defunti, ogni anno sarà celebrala, nell'ottavario dei morti, una messa di requiem nella Chiesa parata a lutto, ed altre dieci messe basse. Altre disposizioni riguardano varie cerimonie religiose festive con ampia distribuzione di candele ai vari ufficiali civili e religiosi della Collegiata. Questi oneri, che per un certo tempo erano a carico degli speziali collegiati, con ordinanza del 1735 del Monsignore, poi E.mo Cardinale Girolami, Visitatore Apostolico, furono sospesi, sia per avere gli speziali. largamente contribuito alla spesa della Collegiata, sia per le lascite fatte da generosi speziali defunti ; salvo ad essere rimessi in vigore, se le rendite diminuite della Collegiata lo esigessero. Alle vedove, agli orfani ed anche ai farmacisti poveri erano concesse sovvenzioni, che variano da una somma unica di scudi 3 ad una sovvenzione mensile di baiocchi 50; non faccia meraviglia l'esiguità di questi aiuti, perché quel denaro aveva a quei tempi riguardevole valore. Una disposizione prescrive doversi fare con molto decoro le feste patronali di San Lorenzo e di altri santi protettori ; ma che se le spese eccedessero la disponibilità, queste dovrebbero in ogni caso andare a carico de' guardiani in carica. Come si vede era un ottimo sistema per stimolare all'economia Pare che la negligenza dei più modesti doveri in fatto di frequenza alle adunate rimonti ad epoche secolari, se per il rilievo fatto di questa negligenza, in questi Statuti del Cardinale Rezzonico sono comminate multe di scudi due per ogni collegiale e di baiocchi 50 per gli altri speziali, se, senza giustificato motivo, non fossero intervenuti alle suddette feste religiose o ad altre adunanze professionali.

Nel Capitolo LI I degli Statuti dei quali ci stiamo occupando, è chiaramente detto che non si debbano aprire nuove farmacie ; anzi sono comminate pene severissime a chi infrangesse tale divieto. Infatti è detto che " non potrà alcuno, ancorché patentato dal nostro Collegio, aprire nuova

" spezieria in Roma, sotto pena di scudi cento d'oro, da applicarsi per la metà alla R.C.A. e per l'altra metà alla nostra Chiesa ed Ospedale, ed anche della chiusura ipsofacto della medesima ; e, se alcun Console ardisse dar licenza di aprirla, non solamente sarà privato dell'Officio di Console, ma ancora cancellato e raso dal numero de' collegiali, senza speranza di potervi essere più ammesso ". Questo divieto di aprire nuove farmacie ha una durata di tempo illimitato.
Circa la distanza legale delle farmacie, si riporta il tenore delle disposizioni emanate da Clemente XIV, vale a dire che non si possa da alcuno speziale chieder licenza nè quella concedersi per far trasporto di Spezieria, se dal sito dove vuole fare il trasporto, ancorché fosse pubblica Piazza non sia distante la spezieria viciniore almeno canne duecento da misurarsi per linea retta e non obliqua; e che nei siti dove sono state ri dotte le spezierie, e dove succederanno per l'avvenire le riduzioni delle medesime, non possa trasportarsi nessuna spezieria, nè tan poco nei luoghi vicini a quella, ancorché pubblica Piazza, se dal sito della spe zieria ridotta, o da ridursi al sito dove vuole farsi il trasporto non vi sia la distanza almeno di canne duecento da misurarsi come sopra ; per non pregiudicare a chi nelle riduzioni di spezierie è stato ed è soggetto al più grave peso e pagamento ".

Oltre che gli speziali, erano sottoposti per avere il permesso dell'apertura ed il relativo titolo personale anche i " Droghieri, i Confettieri, gli Acquafrescari, i Caffettieri, i Cioccolattieri ".
Era una vera ed assoluta vigilanza igienica che si affidava al " Col-legium Aromatariorum"; ciò che conferma al Nobile Istituto la propria ed assoluta fisionomia di ente parastatale. Seguono altre disposizioni precise nel modo di funzionamento dei suddetti commerci di prodotti medicinali e alimentari, indicando anche i pesi economici che gravavano su di loro per esercitare quei commerci.
" Essendo tenuti i Consoli alle suddette visite, non solo per ricono scere la qualità delle robe, ma anche per riscontrare i pesi se siano bollati, giusti, a tenore delle Costituzioni della S. Memoria di Nicolò V, Leone X e Paolo III dell'anno 1535, ed anche di altri Pontefici che hanno confermato i nostri Statuti, come la felice memoria di Giulio III e di S. Pio V, e Clemente VIlI ad esclusione anche dell'Eccma Ca mera Capitolina, come dalle sentenze dell'Emo Camerlengo, ed inibi zione in vigore di esse, spedita i 19 Decembre 1623, e Decreto dell'Udi tore del Papa dei 16 Marzo 1717 per gli atti del Paparozzi ; faranno dun que due Visite dei Pesi due volte all'anno, cioè in Marzo e Settembre, a tutti i speziali e agli altri soggetti al nostro Collegio, dovendo tutti i sud detti fare bollare i pesi in Febbraio e Agosto ; e se in dette visite si tro verà alcuno che non abbia fatto bollare i detti pesi dovrà pagare per pena scudo uno per ciascuna volta, da applicarsi alla nostra Chiesa, e se non troveransi giusti doveran portarsi sigillati legalmente al Tribunale del l'E.mo Camerlengo perché proceda ecc. ".
Le visite delle quali abbiamo tenuto parola dovevano essere fatte dai Consoli in unione al Protomedico " e le pene alle quali saranno soggetti, e condannati nelle visite, come anche quelle che doveranno pagare i " droghieri nelle visite suddette, che si faranno dai Consoli unitamente al Protomedico per le droghe medicinali, si doveranno dividere per la quarta parte al Collegio dei Medici e per le altre tre parti alla nostra Chiesa ed Ospedale in vigore, in conformità delle costituzioni Aposto liche in precedenza ricordate ".

Nell'art. XL delle citate Costituzioni sono minacciate gravi multe e perfino la sospensione professionale, nella città di Roma, a quei professionisti che dicessero ingiurie o procedessero a vie di fatto contro uffiziali del Collegio nell'esercizio della loro funzione; sempre restando le pene comminate dal " Jus Commune ".
Nel capitolo XLII viene trattata anche la sorveglianza delle " Spezierie " alla quale viene data somma importanza. Dovendo ogni anno, i Consoli presentare il Protomedico per la
" visita delle Spezierie dello Stato Ecclesiastico uno speziale idoneo, secondo la concordia col Collegio de' Medici confermata dalla San. Me- " moria di Gregorio XIII con suo Breve del 1 Luglio 1575, si doverà tal " nomina continuare secondo lo stato presente con tenere nella Stanza " delle Congregazioni una tabella co li nomi di tutti i Trenta Speziali di " Collegio per ordine della loro anzianità di ammissione in detto Colle- " gio; e così uno dopo l'altro, senza anteporre alcuno, benché fosse Uffi- " ziale o Console, sarà con questo ordine presentato al Protomedico a " tenore della Congregazione tenuta li 17 marzo 1710 approvata con de- " creto di Monsignore Ricci luogotenente dell'E.mo Vicario li 16 mag- " gio 1710 per gli Atti dell'Angelini e canonizzata dalla Segnatura li " 11 Dicembre 1710". " In caso poi che lo Speziale a cui spetta per la sua anzianità in " Collegio la visita fosse impedito o non volesse andarvi, possa e sia in " suo arbitrio nominare altro speziale a fare le sue veci e se vi fosse altro " speziale collegiale e non collegiale di Roma, che volesse andarvi in suo " luogo, sia preferito il collegiale, e poi il non collegiale all'Estero, senza " pregiudizio però dell'interesse dello speziale a cui spetta detta visita ".
Sempre proseguendo in materia di visite stralcio queste altre disposizioni. " Se la visita fosse divisa in più Protomedici, e perciò dovessero no minarsi più speziali questi si nomineranno dai Consoli del nostro Col legio a contentamento dello Speziale a cui spetta la visita con la prela zione suddetta : purché ciascun speziale che doverà andare in detta vi sita, abbia requisiti necessari e sia di età di almeno anni trenta, e ma tricolato e patentato dal nostro Collegio a forma del detto Breve di Papa Gregorio XIII, e lo Speziale che anderà in visita, essendo estero e non speziale di Roma, non potrà tornare a visitare la stessa provincia dello Stato, se non passato un triennio, potrà bensì visitare quelle non visitate in detto triennio ".
Si rilevi come fino da quei tempi lontani i medici affermassero la loro superiorità sugli Speziali e come la carica del Protomedico (il presente Medico Provinciale) escludesse la carica del Protospeziale, come nei tempi nuovi non è ammessa la carica del farmacista Provinciale a fianco di quella del Medico provinciale.

In uno degli ultimi capitoli delle Costituzioni Rezzonico, sono comminate delle severe pene contro quelli che turbassero in qualche modo la disciplina e l'armonia del Collegio.

Ecco nella sua forma integrale quel che fu legiferato in proposito :

" Per procurare la pace e l'armonia del nostro Collegio, colle quali solamente può sperarsi il buon regolamento, e retta amministrazione di lui e della nostra Chiesa, è troppo necessario stabilire le pene contro coloro, che ardissero disturbarla. Qualunque Speziale pertanto Collegia le o anche Uffiziale che in occasione di qualunque Congresso, Congrega zione o Funzione di Chiesa non porterà il dovuto rispetto a tutti gli in tervenienti, doverà esser subito sospeso dal Collegio ad arbitrio della Congregazione Generale; e se alcuno dei suddetti commettesse un'in giuria grave a qualcuno de presenti, o avesse ardire di minacciare, o mettere mano solamente a qualunque arma offensiva, sarà subito raso dal numero dei Collegiali dalla detta Congregazione Generale. Come anche dovrà essere sospeso o raso dal Collegio chi ingiurierà, o offenderà gli Uffiziali nel tempo dell'esercizio del loro Officio come si è detto al capitolo delle ingiurie ; e doverà essere anche sospeso, o raso dal Collegio chi averà maneggiato denari della Chiesa o Collegio e non averà soddisfatto il suo debito come si ordina nel cap. 36. Se poi alcuna delle dette cose proibite si commettesse da Speziale sopra numerario, sarà subito cassato dal numero de' Supranumerari, e non essendo sopranumerario, non potrà mai proporsi tra collegiali e nemmeno sopranumerari da ammettere ".
Non è trascurata nell'opera costruttiva dell'organizzazione del servizio farmaceutico nelle costituzioni Rezzonico anche la questione dell'ereditarietà delle farmacie. Infatti in un articolo si chiarisce, che a conservare la proprietà dell'esercizio agli eredi del farmacista defunto, sia pure con le più rigide cautele per l'integrità della pubblica salute, solo in, mancanza di possibili futuri farmacisti anche consanguinei del defunto, potrà il direttore (ministro) pro tempore aspirare alla successione, sottoponendosi però a certe norme di concorso prima della concessione.
In un altro speciale articolo sono precisati i titoli che dovranno presentare gli oneri ai quali si dovranno sottoporre coloro che. vorranno acquistare o prendere in affitto esercizi di spezieria.

Molto materiale di studio per le costituzioni del Cardinale Rezzonico, delle quali ci siamo occupati, fu raccolto e proposto da una Commissione di Collegiali nel 1782.
Abbiamo la fortuna di poter pubblicare i nomi di questi Colleghi, conservatici in documenti del tempo. Essi sono: Gio Battista Sarti, primo Console, Nicola Fabiani primo guardiano, Pietro Maria Conti, Candido Spada ed Alessandro Trojani Speziali Collegiali. Le modificazioni portate dalle deliberazioni della suddetta commissione furono quelle di elevare il numero dei collegiali a trenta. I requisiti che dovevano avere erano i seguenti : di essere matricolati e patentati dal Collegio ; che fossero proprietari di una farmacia aperta in Roma da almeno cinque anni e che avessero dato buon saggio della loro integrità e del loro sapere, ma soprattutto avessero avuto buona condotta famigliare e morale. Una condizione assai campanilistica era quella, che fosse data la preferenza ai Romani. Una condizione molto precisa stabiliva che non potessero coesistere nel Collegio parenti diretti della stessa famiglia. La conferma di tale scelta era devoluta alle prossime Congregazioni. Nel caso vi fossero stati più concorrenti, la preferenza era data a quello che avesse raccolto maggior numero di voti; e in caso di parità doveva ricorrersi all'alea del bussolo.
Un articolo molto esclusivista impediva in ogni caso l'elezione di un affittuario a Collegiale. Accaduta l'elezione, il nuovo eletto doveva versare nelle mani del Cardinale Camerlengo scudi 10 e baiocchi 50 a beneficio del Collegio, più uno scudo e 20 baiocchi per il Notaro segretario ed una piastra per il Bidello. Dopo questo, prestava il giuramento di rito. Prima di lasciare la trascrizione di quanto quei nostri Colleghi di allora presentarono a miglioramento delle discipline che regolavano il " Collegium Aromatariorum ", mi piace riportare la seguente osservazione. E' la prima volta che in questi Statuti si fa il seguente cenno.
" Che " se venisse ricercato il nostro Collegio del suo parere sopra qualche me- dicamento, questo dovrà darsi da detta Congregazione Segreta ; come anche succedendo turbarsi da alcuno i diritti e le ragioni del nostro Collegio, detta Congregazione Segreta prenderà quelli espedienti oppor- tuni per la difesa dei medesimi: ma non potrà risolversi d'intraprendere la via giudiziaria senza il consenso della Congregazione Generale ; non dandosi facoltà a detta Congregazione Segreta di spendere nelle oc- correnze necessarie più della somma di scudi 10 ; e dovendosi per qual- che lite, che dalla Congregazione Generale fosse fatta introdurre, eleg- gere qualche avvocato per la difesa, l'elezione del medesimo si farà da detta Congregazione Segreta ".

Come storia riassuntiva, diremo che fu al principio del '700 che gli Speziali a dar maggiore credito alla loro istituzione, e per aver maggiore protezione nei loro interessi morali e materiali, credettero di sollecitare la nomina di un cardinale protettore. Il primo fu l'E.mo Cardinale Lorenzo Corsini, che poi cinse la tiara asumendo il nome di Clemente XII, e ciò avvenne nel 1714. Altri ne vennero poi, fino a che fu eletto Cardinale protettore Carlo Rezzonico, del quale abbiamo trattato gli Statuti con alquanta ampiezza, perché ci parve che siano stati i più completi che abbiano avuto i nostri predecessori.
Ma prima di passare alle epoche posteriori, un accenno si deve fare a fatti effettivamente accaduti. Sono piene le cronache anche negli archivi del nostro Collegio dei violenti dibattiti svoltisi fra le classe degli Speziali e la classe dei Medici, Anche nei tempi presenti solo a qualche farmacista privilegiato è concesso l'onore di sedere nell'Olimpo del mondo medico estensivamente, non solo italiano, ma anche internazionale ; ed è doloroso che i nostri colleghi non siano ancora riusciti a strapparsi di dosso questa umiliante camicia di Nesso.

DALLA DOMINAZIONE FRANCESE DELL'EPOCA DI PIO VII AL 1870


Durante la dominazione francese vale a dire ai principii del sec. XIX il Collegio soffrì danni gravi. Quel governo sotto forma di prestiti forzosi si appropriò di buona parte delle sue rendile ; i suoi Consoli furono sostuiti da un presidente di Farmacia, pur restando salvi i diritti de] Collegio come Corpo Accademico. Esso rimase sempre possessore dei suoi stabili ; ma, per volere del Governo, le adunanze furono tenute nel Palazzo della Sapienza. Tutto questo accadeva durante il Papato di Pio VII, uomo forte e tenace, che seppe con varia fortuna fronteggiare l'ardire e la prepotenza di Bonaparte.
Pio VII (Fig. 16), di buon sangue romagnolo era nato a Cesena nel 1742 dal Conte Scipione Chiaramonti e da Giovanna Chini; fu battezzato coi nomi di Gregorio, Bernardo, Luigi. Aveva studiato a Parma, poi nei collegio dei nobili di Ravenna: e appena sedicenne entrò nell'ordine dei Benedettini, pronunciando i suoi voti nel Monastero di S. Maria di Cesena il 20 agosto 1758. Insegnante di filosofia prima a Parma, poi di teologia dogmatica in quello di S. Anselmo a Roma, fu protetto dal Cardinale Braschi che gli era parente. Coprì molle cariche vescovili di grande importanza, dando prova di avvedutezza e di zelo. L'importante vescovado di Imola fu esemplarmente tenuto da lui per circa 16 anni. Intanto maturavano grandi avvenimenti. Le procellose vertenze che seguirono la Rivoluzione Francese non turbarono la fermezza del suo carattere. In quel periodo avvenivano due episodi importanti per la Santa Sede: i successi degli Austro-Russi in Italia e la morte di Pio VI (Braschi). Il conclave ebbe luogo a Venezia, allora in mano degli austriaci, e fu quanto mai laborioso. Il Cardinale Chiaramonti vi riuscì eletto Pontefice ed assunse il nome di Pio VII. Abbiamo accennato alle litigiose controversie svoltesi fra lui e Napoleone Bonaparte. Vi furono momenti di amicizia intensa, altri di odio profondo ed il Papa assistè alle feste dell'incoronazione del nuovo Imperatore, mentre aveva prima assaporata l'amarezza della prigionia.
Dopo la battaglia di Marengo, essendo Bonaparte tornato padrone d'Italia, intavolò trattative per far cessare dissidi fra lui e la Santa Sede. Inviava al Papa il Vescovo di Vercelli con tale proposta e con l'assicurazione che avrebbe ristabilito in Francia la religione cattolica ; onde Pio VII con lieto animo annunciava ai Vescovi le risorte speranze della Santa Sede.

Il 15 luglio fu steso il celebre concordato che. portava le firme del Cardinale Consalvi, dell'arcivescovo di Corinto e di Giuseppe Bonaparte. Nel riordinare a vita pacifica lo Stato della Chiesa, Pio VII ebbe anche un pensiero per il " Nobile Collegio degli Speziali ", che reintegrò nel pieno possesso dei suoi secolari diritti. Fra le opere d'arte delle quali Roma è debitrice alla illuminata mente di questo Papa intelligente e fattivo, primeggiano la sistemazione di Piazza del Popolo e del Pincio sui disegni del Valadier e la fondazione del Museo Chiaramonti nei Palazzi Vaticani. La sua morte avvenne nel 1823 per una caduta che gli lesionò fortemente il femore. Fu sepolto in S. Pietro in una tomba costruita dal Thorwaldsen.

 

 

PAPA LEONE XII


Un altro Papa che si occupò di cose riguardanti la farmacia fu Papa Leone XII. Questi apparteneva alla famiglia dei Conti Sermattei della Genga. Durante il suo Pontificato, che durò solamente cinque anni, quattro mesi e 13 giorni, non fece grandi cose, non ne avrebbe avuto neppure il tempo; in ogni modo represse i moti rivoluzionari che travagliavano lo Stato Pontificio. Arricchì di pregevoli opere la Biblioteca Alessandrina ; affidò ai Somaschi l'ospizio degli orfani in S. Maria in Aquiro, ospizio dedicato specialmente ad orfani della media borghesia e di professionisti. Indisse e celebrò nel 1825 il XX Giubileo. Trovò pure il tempo per ordinare che la concessione della matricola di farmacista fosse rilasciata, dietro un secondo esame dato, dopo quello sostenuto davanti al Collegio degli Speziali, davanti al Collegio Medico. Non fu certo un atto di squisita fiducia verso il Collegio degli Speziali; ma è atavico che noi nella famiglia Sanitaria s'abbia rappresentato sempre la parte di Cenerentola.

 

PIO VIII - GREGORIO XVI - PIO IX


Pio VIII (Saverio Castiglione di Cingoli nelle Marche) portò lievi modificazioni agli Statuti ; invece Gregorio XVI (Mauro Cappellari di Belluno) nel suo Pontificato, che durò circa 15 anni, fu non solo un So- vrano assai attivo e provvido mecenate delle belle arti, ma si occupò di proposito per molte riforme da apportarsi agli ordinamenti del nostro Collegio, specialmente per quel che riguarda gli studi. Disgraziatamente la morte lo colpì nel 1846 e la riforma non potè essere mandata in vigore, anzi se ne smarrì la stesura. Sotto il Pontificato del suo successore Pio IX (Conte Giovanni Maria Mastai Ferretti di Sinigallia), coloro, che avevano fatto gli studi delle riforme accennate sotto il Pontificato di Gregorio XVI, le riassunsero per proporne l'approvazione al nuovo Pontefice. Questi le approvò e le mise in esecuzione. L'originale di questo rescritto, dopo lunghe e pazienti ricerche, fu ritrovato nell'Archivio di Stato, in Roma, dal compianto Presidente del Collegio Comm. Albini.
Questo documento è di speciale importanza per la storia del Collegio Chimico Farmaceutico di Roma, perché stabilisce con precisione l'ultimo atto di sovrana conferma agli Statuti Collegiali. Una delle modificazioni più importanti, arrecate alla costituzione interna del Collegio con l'ultima riforma, fu la diminuzione del numero dei Collegiali, che da trenta furono ridotti a dodici, numero che rimase invariato fino al 1870. L'ultimo Statuto stampato anteriormente a questa data, è del 1787, del Pontificato di Pio VI, e rappresentava gli Statuti che vanno col nome del Cardinale Camerlengo Carlo Rezzonico che avemmo occasione di segnalare come assai completi.

Nobile Collegiale Mario Poce

Storia del Collegio