FILOSOFIA ANTICA

D.Salvini

& SCUOLE  PRESOCRATICHE

SOFISTI  e  SOCRATE

PLATONE  e  ARISTOTELE

STOICISMO,  EPICUREISMO  e  SCETTICISMO

SCUOLE  NEOPLATONICHE


Nota introduttiva

Storiografia e periodi della Filosofia Antica

I Presocratici

SCUOLA IONICA

Talete

Anassimandro

Anassimene

Eraclito

SCUOLA PITAGORICA

SCUOLA ELEATICA

Senofane

Parmenide

Zenone

Melisso

SCUOLA PLURALISTA

Empedocle

Anassagora

L’Atomismo

Leucippo

Democrito

I FISICI ECLETTICI  

NOTE


nota introduttiva

Ho sempre desiderato “leggere di filosofia” in termini semplici e comprensibili, capaci di dispensare il “sapere per eccellenza”, in maniera piana e dilettevole.

Auspicio, in verità, di rado raggiunto, nell’analisi, sia pure estremamente limitata, delle personali ricerche, ma sancito dall’autorevole “conferma “ di K. R. Popper, mente guida nel pensiero del XX secolo, che ha ripetutamente espresso il suo dissenso sul linguaggio, spesso ermetico del filosofo, invitato all’umiltà e alla modestia del dire.

Ho provato a raccontarmi i filosofi antichi, senza pretese di originalità o velleità didattiche, in termini elementari, adatti al neofita, ma devo ammettere, riguardando lo scritto di non avere sempre centrato il bersaglio, anche se spero, in qualche scorcio, di avere avvicinato il fine che mi ero prospettato.

I principi della conoscenza dovrebbero essere patrimonio di tutti, per le fondamentali funzioni etico-religiose, scientifiche e sociali, che offre al singolo ed alle comunità.

La filosofia è soprattutto razionalità, chiarezza, base indispensabile del vivere umano e, quindi, fonte di riflessione per molti e non imperscrutabile privilegio di pochi.

Le schematizzazioni proposte hanno lo scopo di analizzare o di raccontare i valori essenziali e l’evoluzione del pensiero nel tempo, rivolti a chi ha obblighi di studio e di sintesi e per quelli (la maggior parte di noi) che non ricordano o non sanno a chi appartengono le omeomerie e chi, nel mondo greco, preferiva la staticità al movimento, ma sono rivolte soprattutto a coloro che confondono trascendente ed immanente, libertà ed arbitrio, tirannide e conquiste sociali.

Non chiedo consensi, ma lascio ai pochi lettori la facoltà di qualche benevolo riconoscimento per una fatica tutta mia, con la pretesa immodesta, di poter dimostrare che il difficile può diventare piacevolmente accessibile e che Parmenide ed Eraclito sono vicini alle moderne realtà e possono ogni giorno insegnare qualcosa a ricchi e poveri, deboli e potenti, dotti ed illetterati.

Il primo riferimento è dedicato, per storia e per censo, ai Presocratici per l’insegnamento che essi continuano a dispensare, riunendo ed interpretando, in diversa misura, natura e religione, umano e divino, binomi che accompagnano costantemente, attraverso i secoli, le ansie, le aspirazioni e le finalità dell’umanità intera.

Bisogna che tu tutto apprenda

e della verità ben rotonda il solido cuore

e dei mortali le opinioni,

in cui non è certezza verace

peraltro anche questo imparerai:

come l’esistenza delle apparenze

sia necessario che ammetta

chi in tutti i sensi tutto indaga

Parmenide


Il mondo, agli albori della civiltà, è percepito come una realtà sconosciuta e sconvolgente, nella quale i fenomeni della natura e le vicende umane si susseguono senza causa apparente e con una forza intrinseca ed indomabile, cui è necessario sottostare per l’impossibilità di conoscerla e di contrastarla.

Il mito, ovvero la rappresentazione dei fatti in chiave fantastico-religiosa, è il logico rifugio per l’uomo, nel tentativo di spiegare gli eventi del mondo..

Gli dèi sono considerati gli artefici primi dei destini dell’umanità, mentre la comunicazione tra la sfera umana e divina avviene tramite cerimonie di supplica e di ringraziamento e pratiche esorcistico-sacrificali.

Leggenda e ritualità si rivelano del tutto insufficienti, allorché l’uomo avverte l’ansia e l’esigenza di indagare il cosmo e la natura con gli “occhi della ragione”.


L’aspirazione di identificare una causa razionale dei fenomeni, che si verificano dentro e fuori l’uomo, comporta il superamento dello schema mitico-fantastico e conduce alla più affascinante rivoluzione della civiltà: la nascita della filosofia.

I primordi della speculazione filosofica si sostanziano nelle dottrine misteriche e nelle cosmogonie dei poeti, la più antica delle quali è la teogonia di Esiodo, cantore greco vissuto probabilmente nel VIII secolo a.C.

Egli, per primo, ricerca il principio delle cose e pone all’origine di ogni fenomeno “il Chaos, abisso sbadigliante, l’Amore che eccelle fra gli dèi e la Terra dall’ampio seno”.

Derivano da essi, in via generazionale, da Chaos, Terra ed Eros, tutti gli altri dèi, Urano, Crono e Zeus, col quale ha termine la successione.

Il mondo divino è molto articolato e le sue divinità intermedie si dimostrano vicine all’uomo e sensibili alle sue sofferenze.

L’uomo esioideo è umile e raccolto, animato da un sentimento d’amore che lo rende fratello degli altri uomini ed amico degli animali.

Emerge, tra le virtù preclare, la giustizia (diké), figlia di Zeus, che siede accanto al padre e punisce coloro che commettono azioni illecite.

Il problema è squisitamente filosofico, ma la risposta è mitica, perché caos, terra ed amore, sono personificazioni di entità fantastiche che coincidono con i fenomeni del cosmo, cosicché la teogonia di Esiodo diventa, nel contempo, cosmogonia.

Appare, accanto al mito, la ragione, anche se il ruolo determinante è ancora, in larga parte, affidato all’immaginazione.


I poemi omerici sono colmi di meraviglia e di situazioni fantastiche, ma il racconto si articola secondo un senso di armonia, misura e limite, costanti paradigmatiche di tutto il pensiero greco successivo.

Omero, vissuto verosimilmente nel VIII secolo a.C., non racconta soltanto una catena di fatti, ma si propone la ricerca della causa, sia pure a livello fantastico e delinea una descrizione del mondo, ricca di contrasti e di problemi.

La società è divisa tra vincitori e vinti, mentre i guerrieri godono di un contesto privilegiato e sono i possessori di un codice morale, imperniato sulla forza e sull’abilità.

La giustizia, della quale gli dèi si fanno custodi e garanti, domina ed interviene nelle vicende umane, conferendo un ordine provvidenziale che premia il giusto e condanna l’empio.

L’uomo omerico ritiene che tutto ciò che accade sia opera dell’Olimpo: i fulmini sono scagliati da Zeus, i flutti sollevati da Poseidone, il sole portato dal carro di Apollo.

Gli eventi della vita, così come la sorte delle poleis e delle guerre, sono sottoposti completamente alla volontà degli dèi.

La religiosità resta vincolata alla sfera materialistica e naturalistica ed all’uomo non è richiesto alcuna interiore partecipazione.

Egli non deve lottare contro i suoi istinti, perché tutto ciò che avviene nel mondo è, per l’Olimpo, lecito.

L’esigenza filosofica è presente anche nella religione misterica o orfica che si diffonde nel VI secolo a.C. in tutta la Grecia.


L’Orfismo si ricollega alla figura del leggendario poeta tracio Orfeo ed alla concezione dualistica dell’uomo, costituito dall’elemento spirituale (anima o demone) e da quello corporale, inteso quale luogo e mezzo di espiazione.

Alberga nell’uomo un principio divino, immortale, preesistente al corpo, destinato ad incarnarsi in una serie di rinascite che si verificano per espiare una colpa originaria, causa della caduta dell’anima nel corpo stesso.

La purificazione ottenuta con la vita orfica, vegetarianismo, ascesi e pratiche catartiche, pone fine alle reincarnazioni e permette di ottenere, dopo la morte, il premio dell’eternità.

L’uomo, per la prima volta, vede contrapposte in sé le forze del bene e del male e conferisce al pensiero la capacità di ricondurlo alla vera vita.

L’areté tradizionale non è più la sola virtù, ma è necessaria anche la purificazione dell’elemento divino, imprigionato nel corpo, mentre la vita umana si dispiega in una prospettiva del tutto nuova.

La filosofia muove dalle cosmogonie, dalle composizioni poetiche e dai riti dionisiaci dell’orfismo per approdare ad orizzonti razionali e speculativi che trovano una prima, compiuta formulazione nel pensiero dell’astronomo Talete.

Fiorisce nelle colonie elleniche orientali dell’Asia Minore ed occidentali della Magna Grecia, dove i fiorenti commerci, le nuove vie di comunicazione ed il benessere, permettono lo sviluppo dei primi moti culturali.


Confluisce e riaffiora successivamente in Atene, capitale storica della cultura, della democrazia e della libertà, dove rifulge in una irripetibile sequenza di personaggi e di dottrine, tuttora di palpitante attualità.

La storia della Filosofia antica è un affascinante racconto, in cui ogni pensatore porta il “suo nuovo”, una novella cosmologia, sorprendente per originalità e profondità, espressione di razionalità, che con un irripetibile sincretismo degli opposti speculativi, è la linea guida della conoscenza attraverso i secoli, sino ai giorni nostri.

torna al sommario

Storiografia e periodi della Filosofia Antica

Le fonti della Filosofia Greca sono costituite dalle opere dei filosofi e dalle testimonianze indirette.

La dottrina presocratica, pervenuta esclusivamente in frammenti, è conosciuta per le informazioni fornite da Platone (primo scrittore di cui è pervenuta l’intera produzione), da Aristotele (1° libro della Metafisica) e dai testi di scrittori posteriori.

Preziose notizie vengono tramandate dalle doxografie (scritti che tramandano le opinioni dei filosofi antichi), dalle cronologie (che riportano le coordinate temporali di ciascun pensatore) e dalle biografie.

Teofrasto, esponente della Scuola Aristotelica, nel IV secolo a.C., inaugura la tradizione doxografica, raccogliendo e raggruppando il materiale storiografico per problemi.

Dicearco di Messene, contemporaneo di Teofrasto, compie un lavoro analogo, con particolare attenzione per i dati biografici dei vari pensatori.

Il criterio per stabilire l’epoca della nascita e della morte dei filosofi parte dal presupposto che il periodo della massima “fioritura” o “akmé”, corrisponde ai 40 anni, mentre il punto di riferimento sono gli anni delle Olimpiadi.

La massima espressione doxografica è rappresentata da Diogene Laerzio, storico del III secolo d.C., che conserva e tramanda un ricchissimo materiale e cita scrupolosamente la fonte delle notizie.

La Scuola Alessandrina aggiunge ai precedenti studi, quello delle successioni, ovvero la cronologia degli Autori, allo scopo di evidenziare la continuità delle scuole.


Sesto Empirico, vissuto tra il II ed il III secolo d.C., esponente della Scuola Scettica, produce, in prospettiva critica, un vasto materiale storiografico.

DOXOGRAFIE, CRONOLOGIE E BIOGRAFIE

 

Teofrasto

“Opinioni Fisiche”, di cui rimane un capitolo nel Commentario di Simplicio alla Fisica di Aristotele (VI secolo a.C.)

 
 

Aezio

“Placita”, derivati dalle “Opinioni Fisiche” di Teofrasto

 
 

Plutarco

“Placita Philosophorum”, basati sui “Placita” di Aezio

 
 

Giovanni Strobeo

“Ecloghe Fisiche”, derivate dai “Placita” di Aezio

 
 

Cicerone

espone nelle sue opere le dottrine di numerosi filosofi, ma riporta notizie avute da altri

 
 

Ippolito

“Confutazione di tutte le eresie” (III secolo d.C.)

 
 

Diogene Laerzio

“Vite e dottrine dei filosofi” (III secolo d.C.)

 
 

Eratostene di Cirene

“Cronografie” (III secolo d.C.)

 

Altri dati provengono dalla revisione critica del pensiero filosofico condotta da autori diversi e dai cristiani dei primi secoli, volti a combattere la diffusione delle tesi pagane.


La Filosofia Antica si può suddividere in cinque periodi, in base al nucleo problematico attorno al quale gravita la speculazione.

Cosmologico o Naturalistico

dominato dalla necessità di identificare l’unità che garantisce l’ordine del mondo

Scuole Presocratiche

Antropologico

caratterizzato dal bisogno di rintracciare l’unità dell’uomo, come singolo e nei suoi rapporti con gli altri

Sofisti, Socrate e Socratici Minori

Ontologico o Metafisico

imperniato sulla ricerca del valore dell’uomo in sé e della validità dell’essere

Platone e Aristotele

Etico

incentrato sulla questione della condotta dell’uomo e sullo scarso valore conferito alla ricerca

Stoicismo, Epicureismo Scetticismo

Religioso

contraddistinto dall’esigenza di trovare la via di ricongiunzione a dio, considerato l’unica possibilità di salvezza

Scuole Neoplatoniche

torna al sommario

I FILOSOFI PRESOCRATICI

Il termine “presocratico” indica i Naturalisti ed i Sofisti che si muovono nell’orizzonte di pensiero antecedente ai guadagni speculativi di Socrate.

I primi filosofi indagano i fenomeni della natura direttamente, senza la mediazione di schemi mitici e ricercano in essi le leggi eterne dell’avvicendarsi delle cose.

Ha termine la confusione tra natura ed uomo, propria del misticismo arcaico mentre vengono poste le basi per la considerazione scientifica della realtà.

La natura o physis, è, per la prima volta concepita come altro dall’uomo, il quale, tuttavia, non è ancora l’elemento centrale, ma resta una componente oggettiva e non soggetto della speculazione.

Il complesso dei fenomeni cosmici è percepito come entità unitaria e globale, cosicché le complesse fasi dei corpi astrali, i misteriosi fenomeni ad esse collegati e le alterne vicende che avvengono sulla terra, attraggono l’attenzione dei pensatori naturalisti.

L’umanità, al contrario, è intesa, come una disordinata moltitudine di individui che agisce e si muove in maniera confusa ed arbitraria, mentre le vicissitudini dei singoli si susseguono, senza un apparente nesso logico.

La filosofia presocratica, pur nella semplicità del tema speculativo, intende la natura come un mondo di cui pone a fondamento la sostanza, concepita come principio dell’essere e del divenire di ogni cosa.

La finalità dell’indagine, infatti, è rintracciare, al di là delle molteplici apparenze, l’unità e il principio costitutivo dell’essere, ovvero la legge che regola le mutevoli fasi dell’universo.


Viene ricercata, in altri termini, l’origine di tutte le trasformazioni, dalla quale tutto deriva ed a cui tutto ritorna, ovvero la materia che compone ogni realtà, e la forza che spiega la nascita e la morte ed il perenne mutamento.

Il fattore fondamentale del pensiero antico è l’aspirazione a misurarsi con la totalità dei fenomeni e delle cose.

L’intero essere diviene oggetto della speculazione e assume una dimensione non quantitativa, intesa come somma delle parti, ma qualitativa in virtù della angolazione dalla quale si intende dominare la realtà stessa.

I Presocratici muovono dalla ineluttabilità irrazionale del mito verso la razionalità immanente del naturalismo ed accentuano il dualismo ed il carattere di trascendenza religiosa dell’arché.

L’acqua o l’àpeiron, rappresentano il primo tentativo di cogliere il rapporto di dipendenza dell’umano dal divino, non più espresso in termini puramente mitici, ma già filosofici.


I PRESOCRATICI

(VII-IV secolo a.C.)

 

TALETE

VII-VI

Mileto

acqua

IONICI

ANASSIMANDRO

VII-VI

Mileto

àpeiron

 

ANASSIMENE

VI

Mileto

aria

 

ERACLITO

VI-V

Efeso

fuoco

 

PITAGORA

VI-V

Samo/Crotone

metempsicosi

PITAGORICI

FILOLAO

V

Crotone

eliocentrismo

 

ALCMEONE

VI

Crotone

numero

 

ARCHITA

IV

Taranto

musica

 

SENOFANE

VI-V

Colofone

dio-cosmo

ELEATI

PARMENIDE

VI-V

Elea

essere

 

ZENONE

VI-V

Elea

uno-molti

 

MELISSO

VI-V

Samo

essere-uno

PLURALISTI

EMPEDOCLE

V

Agrigento

radici

 

ANASSAGORA

V

Clazomene

omeomerie

ATOMISTI

LEUCIPPO

VI-V

Mileto (?)

atomi/vuoto

 

DEMOCRITO

V-IV

Abdera

atomi

 

IPPONE

V

Samo/Crotone

acqua/fuoco

ECLETTICI

DIOGENE di Apollonia

V

Creta

aria/noûs

 

ARCHELAO

V-IV

Atene/Mileto

aria/noûs

torna al sommario

SCUOLA  IONICA

La Scuola Ionica fiorisce durante i secoli VII e VI a.C., a Mileto ed a Efeso, città greche della Ionia, regione situata sulle coste orientali (o asiatiche) dell’Egeo e si pone, quale primitivo nucleo della filosofia, intesa come momento e movimento del pensiero umano.

L’incessante corruttibilità delle cose è il cardine fondamentale nella formulazione della dottrina, in antitesi con il concetto dell’essere immutabile, esaltato in epoca immediatamente successiva dalla Scuola Eleatica.

Denominatore comune dei pensatori ionici è la ricerca naturalistica intorno all’essere, inteso come perenne divenire che, implicito nel caposcuola Talete, in Anassimandro ed in Anassimene, assume con Eraclito, una connotazione speculativa qualificante, tipica della Scuola di Mileto.

La grandezza degli ionici sta nell’aver costruito ed espresso un insieme di elementi fisici e non divini, per spiegare la natura ed i fenomeni che l’accompagnano, pur avendo alle spalle, nell’immediato passato, mito, superstizioni, canti teogonici ed arcaiche descrizioni omeriche del cielo e della terra.

Le conquiste dei Milesi, accanto alle cognizioni del mondo fisico, mantengono, almeno all’inizio, un’ispirazione mistica, ma aprono indiscutibilmente il primo spiraglio per conoscere l’uomo e la sua vita interiore.

I Presocratici e gli Ionici in particolare, hanno inseguito un problema specifico, tentando di indagare l’universo nei suoi principi e nelle sue leggi, all’origine e nelle diverse fasi di formazione.


I Presocratici                                                                                                                    Scuola Ionica

La physis assume una connotazione razionale e dinamica, principio di azione e di intelligibilità di tutto ciò che è molteplice ed in divenire, da cui scaturisce il cosiddetto “ilozoismo” (da hylé, materia e zoon, essere vivente), ossia la convinzione che la materia è animata e ha insita una forza in grado di farla muovere e vivere.

É indiscussa la prerogativa soggettivistica che emerge dalla scuola Ionica e da quelle successive, non più dominate dall’accettazione mitica degli eventi naturali, ma dalla realtà che coinvolge l’uomo nelle azioni di ogni giorno e nell’arco della vita.

La Scuola Ionica e quella Eleatica sono il riferimento costante delle riflessioni filosofiche successive, anche se mito e realtà, verità e dubbio, si intrecciano senza tregua, allora come ora, in uno sforzo teso verso un’interpretazione critica dei fenomeni umani e cosmici, propria delle capacità incommensurabili della mente umana.

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                     Scuola Ionica

TALETE

È plausibile collocare l’epoca della nascita a Mileto, verso la fine del VII secolo a.C.

Muore, in tarda età, sembra a 90 anni, spossato dal caldo mentre assiste ad una gara atletica, secondo un epigramma di Diogene Laerzio.

La tradizione presenta il filosofo, del quale non pervengono né frammenti né testimonianze dirette, come il più sapiente dei sette savi[1].

Prevede un’eclissi totale di sole (585) e sostiene la necessità di un parlamento comune delle città ioniche.

Aristotele lo qualifica “esperto di crematistica”, cioè l’arte di procurasi ricchezze, mentre da Erodoto viene definito “ingegnere militare al seguito di Creso”

Politico, astronomo, matematico e fisico, é storicamente indicato come primo filosofo[2] dell’Occidente, fondatore della Scuola Ionica ed iniziatore della filosofia della natura, o physis[3].

Aristotele, nel I libro della Metafisica, lo descrive quale progenitore della speculazione che ricerca il sostrato stabile al di là del mutamento, ovvero la sostanza di cui tutte le cose sono costituite.

Il carattere innovativo di Talete è l’atteggiamento scientifico, radicalmente nuovo, col quale viene affrontata l’indagine naturalistica.

L’origine del mondo e la spiegazione dei fenomeni non è raccontata in forma poetica, ma rivolta alla definizione di una causa razionale, intrinseca alla natura stessa ed al divenire delle cose.

L’acqua è posta all’origine del mondo, in base all’osservazione che l”umido” è la componente indispensabile per la generazione e la nutrizione degli esseri.

L’acqua non è soltanto il principio della realtà, ma anche il suo costituente fondamentale, oltre che legge del processo di formazione del cosmo.

Il principio-acqua si distacca nettamente dalla prospettiva esioidea e da ogni altra schematizzazione mitica e permette di passare decisamente dal mito al lògos[4].

L’affermazione di Talete deve essere considerata la prima proposizione filosofica della civiltà occidentale, risposta razionale dell’uomo all’esigenza insopprimibile di ricercare la verità e di conoscere il mondo che lo circonda e, soprattutto, i complessi fenomeni che lo governano.


I Presocratici                                                                                                                     Scuola Ionica

proposizioni filosofiche

·          sussiste un unico principio della natura, qualcosa da cui derivano ed in cui si risolvono, da ultimo, tutti gli esseri

·          esiste una sola realtà che permane identica a sé, nel trasformarsi delle sue affezioni

·          ciò da cui tutte le cose si generano é il principio di tutto

·          l’acqua è fonte o scaturigine, foce o termine ultimo e permanente sostegno di tutte le cose che sono

·          il nutrimento di ogni cosa è l’umido, il caldo si genera e vive nell’umido, la terra galleggia sopra l’acqua

·          dio è la mente del mondo, tutto è animato e pieno di dèi, poiché tutto è pervaso d’acqua

·          il principio-acqua è ciò in cui si compendia tutta la natura che partecipa del suo essere e della sua vita

·          il magnete ha un’anima, in quanto attira il ferro ed è capace di movimento

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                     Scuola Ionica

ANASSIMANDRO

Figlio di Prassiade, nasce, secondo la testimonianza dello storico Apollodoro, a Mileto, attorno al 610 e muore verso il 547.

Discepolo, o addirittura parente, di Talete e probabile maestro di Senofane e di Pitagora, scrive un’opera in prosa dal titolo “Intorno alla natura”, di cui è pervenuto un solo frammento.

Sembra che abbia inventato lo gnomone (orologio solare), previsto un terremoto a Sparta e fondato la colonia di Apollonia nel Ponto.

Non va dimenticata l’attività di cartografo che il filosofo esercita nella sua attività di colonizzatore, a dimostrazione dell’interesse pratico-scientifico dei pensatori di Mileto

È il primo autore di scritti filosofici e la sua opera è un passaggio fondamentale nella speculazione ionica.

Introduce il termine arché[5] per indicare l’entità unica, prima ed ultima, da cui derivano tutte le cose.

Il principio originario, indicato da Anassimandro, ha carattere indeterminato e non si identifica in alcun elemento fisico, ma consente di comprendere la genesi delle cose come specificazioni di un’unica sostanza infinita, l’ápeiron[6].

Le cose, in quanto finite e limitate, sono coinvolte nel processo di nascita e di morte e non possono, pertanto, costituire esse stesse né alcuno degli elementi che le compongono né il principio originario, che deve essere al di là della temporalità e del divenire.

Anassimandro introduce, diversamente da Talete, la diversità tra il principio di tutte le cose e la legge per cui esse divengono.

La realtà è generata da un movimento vorticoso che differenzia gli elementi, per cui essi acquisiscono il carattere del limite e della finitezza e tornano a dissolversi nell’infinito, secondo una legge di giustizia.

L’infinito è concepito come sfondo illimitato su cui si stagliano, di volta in volta, un numero senza fine di mondi.

L’esigenza della spiegazione naturalistica conduce il filosofo a fornire una prima elaborazione razionale del trascendente e del divino.

L’ápeiron, ovvero la materia primordiale, è, infatti, una realtà metaempirica, sottratta alla superstizione ed al mito e distinta dal mondo fenomenico.

La cosmologia del filosofo di Mileto riflette una concezione pessimistica, dato che la separazione degli esseri, nati dalla mescolanza originaria, genera la lotta, la disarmonia e l’ingiustizia.

È ascritto ad Anassimandro il merito di aver prospettato un modello geometrico della struttura dell’universo.


I Presocratici                                                                                                                     Scuola Ionica

proposizioni filosofiche

·      l’arché è l’ápeiron, cioè la materia primordiale, non miscuglio di elementi corporei, ma sostanza in cui essi non sono ancora distinti, perciò infinita ed indefinita

·      l’ápeiron è spazialmente infinito e qualitativamente indeterminato, privo di limiti esterni (infinito spaziale quantitativo) ed interni (infinito qualitativo)

·      esso è divino, immortale, incorruttibile ed eterno, abbraccia, regge e governa tutte le cose, perché tutte si generano dal principio, coesistono e sono nel e per il principio

·      la sostanza infinita è animata da un eterno movimento, in virtù del quale si separano i contrari e si generano gli infiniti mondi che si susseguono in un ciclo eterno

·      all’inizio c’era soltanto l’ápeiron, poi il caldo ed il freddo si separarono e si portarono l’uno all’esterno e l’altro all’interno dell’universo, generando rispettivamente il secco e l’umido che si contrastano a vicenda

·      la nascita è divisione degli esseri dalla sostanza infinita per la rottura dell’unità ed il subentrare della diversità e del contrasto, laddove erano omogeneità ed armonia

·      la separazione è la condizione propria degli esseri finiti, molteplici, diversi e contrastanti fra loro, inevitabilmente destinati a scontare con la morte la loro nascita, per ritornare all’unità cui appartengono

·      esiste una doppia ingiustizia: la nascita del mondo dai contrari e l’incessante tentativo di usurparsi a vicenda

·      il tempo è giudice, in quanto assegna un limite agli opposti e pone termine al predominio dell’uno sull’altro

·      donde gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione, perché pagano l’un l’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia, secondo l’ordine del tempo

·      la terra è un cilindro di pietra che si libra, senza essere sostenuto da nulla, perché si trova equidistante da tutte le parti e non è sollecitata a muoversi


I Presocratici                                                                                                                     Scuola Ionica

·      essa occupa il centro comune di più cerchi, o ruote di fuoco sulle quali si trovano rispettivamente le stelle, la luna ed il sole

·      sui bordi esterni delle ruote si aprono condotti, simili a canne di flauto, attraverso i quali si intravedono i bagliori del fuoco che si trova all’esterno della volta celeste

·      la ruota del sole é 27 volte più grande del diametro della terra, quella della luna 19 volte

·      gli uomini, originati da una sostanza acquosa e ricoperti di una scorza spinosa, incubati nella bocca di alcuni animali simili ai pesci, dopo essere stati nutriti, furono gettati sulla terra, dove si liberarono della scorza che li copriva e cambiarono il loro modo di vivere

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                   Scuola Ionica

ANASSIMENE

Non è possibile stabilire una cronologia biografica certa.

Nato a Mileto da Euristrato, verosimilmente nei primi decenni del VI secolo a.C., muore verso la fine dello stesso secolo.

Allievo di Anassimandro, compone un’opera in lingua ionica, dal titolo “Sulla Natura”, di cui sono rimasti pochi frammenti.

È l’espressione più compiuta della Scuola Ionica, in quanto cerca di spiegare in maniera razionale, la differenza qualitativa delle cose, derivante da una diversità quantitativa del principio originario.

Riconosce, in accordo con Talete, una sostanza determinata all’origine del mondo ed ammette, con Anassimandro, il divenire perenne e ciclico delle cose.

Sottolinea, tuttavia, che l’ápeiron, essendo soltanto negativo, cioè non-finito e non-limitato, non può porsi quale sostanza unificatrice della realtà.

Anassimene attribuisce all’aria[7]. o pneuma i caratteri propri dell’ápeiron, l’infinità ed il movimento incessante ed ascrive ad essa la proprietà di un dinamismo intrinseco.

L’arché-aria è in grado di dar ragione dei fenomeni perché infinita, come l’ápeiron, ma non determinata.

Il processo di rarefazione-condensazione è posto all’origine del mondo e fornisce una causa dinamica (di cui Talete ed Anassimandro non dicono), in perfetta armonia con l’archè, rendendo il naturalismo ionico pienamente coerente con le sue premesse.

proposizioni filosofiche

·      il principio di ogni cosa è una sostanza mobile, infinitamente estesa, ma ben definita qualitativamente

·      l’archè è infinito, ma non indeterminato: è l’aria infinita che può diventare tutte le cose

·      il mondo è come un animale gigantesco che respira, l’aria è la forza che lo anima, dall’aria nascono tutti gli esseri che sono, che furono e che saranno, comprese le cose divine e gli dèi


I Presocratici                                                                                                                Scuola Ionica

·      come l’anima nostra, che è aria, ci tiene insieme, così il soffio e l’aria abbracciano tutte le cose

·      l’aria è il principio del movimento e del mutamento, che da sempre esistono

·      essa è dio e gli dèi sono gli infiniti mondi generati dal principio infinito

·      il differenziarsi dei vari elementi dall’unica sostanza, avviene in base al duplice processo per cui l’aria si modifica: rarefacendosi origina il fuoco, condensandosi genera progressivamente i venti, le nuvole, l’acqua, la terra e la pietra

·      la terra si forma per solidificazione dell’aria ed, essendo “molto piatta”, si adagia sull’aria stessa

·      il sole, la luna e le altre stelle derivano dalla terra

·      il sole è terra che per la rapidità del movimento si è infuocata ed è diventata incandescente

·      ciò che varia e differisce è soltanto la densità dell’unico, originario principio

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                     Scuola Ionica

ERACLITO

Nasce nella colonia ateniese di Efeso da stirpe regale. Il padre Blosone discende da Androclo, figlio di Codro, tiranno di Atene.

Vive tra il VI ed il V secolo a.C.

Scrive un’opera in prosa dal titolo “Intorno alla natura”, costituita da sentenze brevi ed aforismi, con stile difficile e dal  contenuto ambiguo, tanto da meritare l’epiteto di “Skoteinòs”, ovvero l”oscuro”.

Lo scritto sarebbe stato depositato nel tempio di Artemide Efesia, dove il filosofo si ritira, per sottrarlo all’incomprensione degli uomini.

Sono pervenuti molti frammenti e numerose testimonianze indirette, dai quali traspare la polemica antidemocratica che si sostanzia nella contrapposizione tra i “migliori” da un lato ed “i più” dall’altro.

La speculazione filosofica giunge, alla definizione della sua natura e dei suoi presupposti ed il termine “filosofia” acquista il significato più vasto e completo.

Eraclito affronta, per primo, il problema dell’uomo e della ricerca e prospetta nuovi orizzonti nel panorama filosofico della Scuola Ionica.

Sdegnoso e superbo, maestro senza discepoli, Eraclito trasmette all’uomo l’insopprimibile esigenza di ricercare la verità, indagando la profondità dell’animo.

L’apparente incoerenza che emerge dall’interpretazione dei frammenti, si ricompone in una unitaria linea di pensiero, tesa ad esprimere l’ansia e l’urgenza di ricondurre la mutevolezza dei fenomeni in uno schema razionale.

Il punto di partenza della riflessione eraclitea è la constatazione dell’incessante divenire, secondo il quale il mondo è in un flusso perenne, ove tutto si disperde e si riunisce.

Esiste un lògos[8] universale, inteso come ordine (kòsmos), fuoco ed anima (psyché) o vita, che è l’armonia segreta dei contrari, ovvero il “buon ordine” comune a tutto ed a tutti, ingenerato ed eterno.

La sostanza originaria è il fuoco[9] poiché, con la propria estrema mobilità, riesce a dar ragione dell’incessante divenire delle cose ed esprime, in modo paradigmatico, le caratteristiche del cambiamento, del contrasto e dell’armonia.

Ciascuna parte si scambia col fuoco secondo equità, cosicché tutto è uno e la giustizia degli eventi si manifesta come discordia e necessità, cioè come contesa universale.

Il lògos (il buon ordine, il fuoco, la vita) è emblema del dio e dell’unica legge divina della quale si nutrono le leggi umane.

Gli uomini, tuttavia, ignorano il lògos e non ascoltano la sua voce, anche se sperimentano vanamente che le cose ed i fatti accadono e si svolgono secondo la legge del lògos.

Restano inascoltate, allo stesso modo, le parole di Eraclito, cosicché risulta oscuro agli uomini ciò che fanno da desti, come subito dimenticano quel che fanno dormendo.


I Presocratici                                                                                                                     Scuola Ionica

proposizioni filosofiche

·      il fuoco è il principio attivo, intelligente, creatore ed incorporeo che vive della morte del combustibile, si trasforma in fumo e cenere e, come dio, è giorno-notte, estate-inverno, guerra-pace, sazietà-fame

·      il mondo, che sempre fu, è e sempre sarà, è fuoco eternamente vivo, si accende a misura ed a misura si spegne

·      i fenomeni e le trasformazioni del mondo sono come la “via all’in su” e la “via all’in giù” e coincidono con gli stati della natura

·      il mutamento è uscita dal fuoco e ritorno al fuoco, col quale si scambiano incessantemente tutte le cose, come ogni merce con l’oro

·      il fuoco si condensa e diventa mare, dal mare si genera la terra, da questa e dal mare, salgono i vapori che divengono nuvola, si incendiano e ridiventano fuoco

·      nulla è immutabile, tutto si muove e si trasforma senza posa né eccezione, nulla permane, tutto scorre: panta rei!

·      non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento

·      il divenire è un continuo passare delle cose da un contrario all’altro, così come le cose fredde si scaldano, quelle umide si disseccano, il giovane invecchia e il vivo muore

·      pòlemos è padre di tutte le cose, di tutte re, gli uni disvela come déi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi, gli altri liberi

·      gli opposti sono in perenne lotta tra loro e la guerra[10] (pòlemos) è madre di tutte le cose, perché il conflitto è comune e la giustizia contrasto, mentre la coppia pace-guerra è armonia, ovvero sintesi di contrari e unità che soggiace alla contrapposizione


I Presocratici                                                                                                                   Scuola Ionica

·      il lògos è la coincidenza e l’armonia segreta degli opposti, così come coincidono la via ascendente e la via discendente, o l’inizio e la fine del circolo

·      la pacificazione delle antitesi è posta nel principio divino che spiega la realtà, il lògos o ragione, legge suprema dell’essere, o meglio, l’essere stesso del mondo, secondo il quale si realizzano tutte le cose

·      il lògos del fuoco è anche anima, la quale si trasforma ripetendo le fasi naturali: per l’anima è morte farsi acqua, per l’acqua è morte farsi terra, dalla terra nasce l’acqua, dall’acqua l’anima

·      l’anima “asciutta” è quella che ha più sapere, perché, secondo il principio che il simile conosce il simile, conoscere è dire in accordo con il lògos, cioè convenire con la ragione d’essere degli enti, ovvero essere fuoco

·      esiste una sola sapienza: riconoscere l’intelligenza che governa tutte le cose, attraverso le cose, ma “i più” non comprendono ciò che si trovano di fronte, né lo sanno discernere quando lo abbiano appreso da altri, ma credono di saperlo

·      “io ho indagato me stesso” perché la verità ama nascondersi e si trova in siti sempre più profondi e intimi dentro l’uomo

·      la ricerca del vero è dunque in relazione diretta alla capacità di rendere chiara la sua identità ed il suo essere

·      per quanto tu possa camminare e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell’anima, così profondo è il suo lògos

torna al sommario

SCUOLA  PITAGORICA

Pitagora, figlio del gioielliere Mnesarco, vissuto tra il VI ed il V secolo a.C., si sposta dalla natia Samo (isola delle Sporadi Meridionali, in Asia Minore), a Crotone (colonia della Magna Grecia, sulle coste calabre), dove fonda, attorno al 530, una fiorente scuola filosofica che comprende più di 200 membri, con una storia che si svolge nell’arco di otto secoli.

Il filosofo entra nella leggenda ancora in vita e si presenta come il destinatario della dottrina, rivelatagli direttamente da Apollo.

La venerazione dei discepoli crea numerosi miti attorno alla figura del maestro, ritenuto profeta ed operatore di miracoli.

Non esistono dettagli sulla sua immagine storica né gli sono attribuiti scritti, tanto che è impossibile distinguere, entro il “corpus” di testimonianze e frammenti, il nucleo teoretico di Pitagora, dai contributi degli allievi.

Può essergli ascritta con certezza soltanto la tesi, di derivazione orfica, della metempsicosi, o trasmigrazione delle anime, costrette ad incarnarsi in successive “carceri” corporee e bestiali, a causa di una colpa originaria, da espiarsi sino alla finale catarsi.

La Scuola Pitagorica è un’associazione religiosa, mistico-ascetica e politica, che costituisce un fenomeno del tutto nuovo nel panorama filosofico presocratico.

La “setta” è, infatti, un sistema di vita ed un habitus mentale, condiviso da uomini e donne, di patria e condizioni diverse.

L’originalità della Scuola consiste nella concezione della scienza, intesa come strumento di purificazione e nella vita contemplativa (bìos theoretikòs), che permette di raggiungere il vero fine dell’uomo.


I Presocratici                                                                                                               Scuola Pitagorica

La conoscenza è considerata il bene comune, cui tutti attingono e a cui tutti devono il proprio apporto, attraverso la condivisione della ricerca.

L’assetto della Scuola, vero e proprio circolo esclusivo, comporta, come necessaria conseguenza, l’anonimia dei singoli contributi.

La comunità è regolata da alcuni inflessibili comportamenti, quali l’astensione da alcuni cibi, l’osservanza del celibato, numerose pratiche di purificazione del corpo e dell’anima,

L’ammissione prevede complessi riti di iniziazione, l’osservanza del silenzio per vari anni, un apprendimento graduale della dottrina, ma il nucleo più profondo è conosciuto soltanto nelle sfere più alte, dove si vive nella piena comunione dei beni.

I discepoli sono distinti in acusmatici, o ascoltatori, che ricevono i precetti senza alcuna spiegazione e matematici, con facoltà di porre domande e di esprimere opinioni personali, ammessi alla ricerca ed alla contemplazione.

L’insegnamento viene impartito in forma dogmatica, secondo il celebre motto “autòs épha” o “ipse dixit”, per significare adesione incondizionata alla dottrina del maestro.

I Pitagorici, che sostengono il governo aristocratico di Crotone, sono oggetto di persecuzione da parte della fazione democratica, dalla quale sono massacrati, esiliati e dispersi e le sedi della Scuola incendiate.

Filolao di Crotone (contemporaneo di Socrate), dopo la dispersione, rende pubblica la dottrina con lo scritto e diffonde in Grecia, ed a Tebe in particolare, il credo pitagorico.


I Presocratici                                                                                                               Scuola Pitagorica

Si deve al filosofo un’anticipazione della concezione eliocentrica dell’universo.

Egli avrebbe descritto il cosmo con al centro una sorta di fuoco, da alcuni interpretato come il sole, attorno al quale ruotano la terra ed i corpi celesti.

Altro allievo di Pitagora è considerato Alcmeone di Crotone, vissuto nel VI secolo a.C., autore di un’opera “Sulla Natura”, andata perduta.

L’interesse del pitagorico é centrato, in particolare, in ambito medico-naturalistico.

É plausibile conferire al filosofo la scoperta dei nervi ottici e la descrizione delle trombe di Eustachio, anche se il merito maggiore é quello di aver posto nel cervello la sede dell’intelligenza.

Sono giunte notizie di Archita, discepolo di Filolao, attivo a Taranto tra il VI ed il V secolo a.C., cui viene attribuito il tentativo di interpretare la musica in termini matematici e l’impossibilità di ridurre in frazioni i numeri irrazionali.

Il pensiero pitagorico risente dell’influsso della Scuola Ionica, ma volge la speculazione in senso completamente nuovo.

Lo studio della musica conduce i Pitagorici alla scoperta del rapporto numerico che governa l’estensione dei suoni ed alla rappresentazione aritmetica di alcuni fenomeni naturali, quali, l’anno solare, le stagioni, i giorni, l’incubazione del feto ed i cicli dello sviluppo.


I Presocratici                                                                                                               Scuola Pitagorica

Origina, da tali esperienze, l’interesse per l’aritmetica, intesa come teoria generale dei numeri interi.

Le cose in quanto tali sono limitate, cioè misurabili, dunque la misura è il loro modo di essere essenziale.

La misura è data dalla definizione dei contorni dei corpi, esprimibili con punti, corrispondenti ai numeri.

Il numero è interpretato come il modello originario della realtà, poiché costituisce, nella sua perfezione ideale, l’ordine implicito nelle cose stesse ed acquista la funzione di causa materiale, che gli Ionici assegnano ad un elemento corporeo.

L’entità numerica non è intesa, secondo la moderna accezione, come ente di ragione, ovvero nel suo statuto astratto, ma nel significato arcaico di cosa reale e di grandezza spaziale.

L’identificazione delle cose con i numeri risulta evidente dal modo in cui venivano rappresentati dai Pitagorici: ogni numero è un sassolino.

Il punto è l’anima , una serie di punti formano una linea, da cui le figure piane ed i solidi, senza distinzione tra aritmetica e geometria.

Le figure geometriche sono pensate quali elementi sostanziali dei corpi e ricondotte ad un insieme di punti, a loro volta, considerati come entità estese, occupanti uno spazio fisico.

La razionalità pitagorica è posta in discussione dalla incommensurabilità tra la diagonale ed il lato del quadrato, cioè l’impossibilità di esprimere con un numero razionale, intero o decimale, il loro rapporto (radice di due).


I Presocratici                                                                                                               Scuola Pitagorica

Il problema, a lungo tenuto nascosto, ha richiesto una riconsiderazione del concetto di numero e la distinzione tra aritmetica e geometria.

La grande scoperta del Pitagorismo sta nel valore conferito alla misura matematica, sulla quale si sviluppa la concezione cosmologica, alla base del sistema eliocentrico, formulato da Copernico.

Il chaos esioideo cede il passo al cosmo, non dominato da forze oscure, ma da armonia, razionalità e permeabilità al pensiero.

L’universo acquista un nuovo senso, tramite la pacificazione degli elementi contrastanti, in quanto la sostanza delle cose è formata dal numero, col numero e secondo il numero.

torna al sommario

IL PITAGORISMO

METAFISICA DEL NUMERO

·      la sostanza di cui è formato l’universo è il numero, i suoi elementi sono i componenti di tutte le cose, così come i conflitti, insiti nella realtà, si sostanziano in contrapposizioni numeriche

·      il contrasto tra le cose, rispetto all’ordine misurabile, è il limite[11] (peras), che rende possibile la misura, mentre l’illimite (ápeiron) la esclude

*     l’accordo tra limite ed illimite è il numero, sintesi di determinato ed indeterminato e, perciò, fondamento primo del mondo

*     il limite, che si identifica nel dispari, è la perfezione perché permette la misura, ciò che, nella serie degli opposti, si trova dalla sua stessa parte è bene, quello che è dall’altra, è male

·      l’opposizione limite-illimite, corrisponde a quella tra i numeri, il pari (indeterminato) e l’impari (determinato)

*     nei numeri pari predomina l’illimitato, in quelli dispari il limitante, poiché, nel processo di divisione, il pari non incontra alcun ostacolo, viceversa, il dispari si deve arrestare proprio nell’unità che lo rende tale


I Presocratici                                                                                                              Scuola Pitagorica

*     l’1 fa eccezione in quanto è il parimpari, cui competono entrambe le nature, poiché, aggiunto ad un qualsiasi numero, genera sia il pari (3+1=4) sia il dispari (2+1=3)

*     il 7 non genera e non é generato, è eterno, immobile, uguale a sé e diverso dagli altri

*     un numero dispari è sempre la differenza di due numeri quadrati, dimostrazione conseguita attraverso una figura geometrica formata da punti o numeri

·      la realtà risulta caratterizzata da altre otto coppie di contrari

*     unità-molteplicità

*     destra-sinistra

*     maschio-femmina

*     quiete-movimento

*     quadrato-rettangolo

*     luce-tenebre

*     bene-male

*     retta-curva

·      i primi termini di ciascuna coppia, intesi come positivi, sono identificati col dispari, i secondi, negativi, col pari

·      ovunque nel mondo c’è opposizione, ma in ogni luogo c’è armonia, perché tutto è numero, in quanto ogni numero è concordia ed equilibrio di pari e dispari

·      l’armonia è rivelata dalla musica che estrinseca la natura dell’equilibrio universale ed è il paradigma di ogni altra forma di concordia

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                            Scuola Pitagorica

·      il significato del numero si esprime nel 10 o tetraktys, figura sacra rappresentata da un triangolo equilatero, con quattro punti per lato

l

l         l

l                 l

l       l        l      l

·      il 10 risulta dalla somma dei primi quattro numeri, è infatti, uguale a 1+2+3+4, ha cinque numeri pari (2,4,6,8,10) e cinque numeri dispari (1,3,5,7,9), uguali numeri primi (1,3,5,7) e uguali multipli e sottomultipli

·      tutte le cose posseggono un numero ed ogni numero ha un significato proprio: l’1 rappresenta l’intelligenza, il 2, che è duplice, l’opinione, il 4 la giustizia, il 5 il matrimonio

·      i numeri hanno anche proprietà terapeutiche e taumaturgiche, come quelli racchiusi nel quadrato magico, in cui sommando le cifre di ogni rigo, colonna o diagonale, si ottiene sempre 34

·      lo stesso si raggiunge sommando i numeri dei 4 vertici, i 4 numeri centrali e le cifre di ognuno dei quadrati minori

13

3

2

16

8

10

11

5

12

6

7

9

1

15

14

4

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                              Scuola Pitagorica


COSMOLOGIA e ANTROPOLOGIA

·      l’universo ha un fuoco centrale, chiamato madre degli dèi o trono di Zeus, che presiede alla formazione degli astri, dirige i moti celesti ed è il nucleo da cui emana la forza che conserva il mondo

·      il fuoco attrae le parti dell’illimitato che lo circonda, le limita e le plasma nell’ordine

·      il processo, ripetuto più volte, conduce alla costituzione dell’intero cosmo[12]

·      ruotano, attorno al fuoco centrale, da occidente ad oriente, 10 corpi celesti:

*     il cielo delle stelle fisse, posto al limite estremo

*     i 5 pianeti

*     il sole, che, come una lente, riflette i raggi del fuoco centrale

*     la luna

*     la terra, che passa al rango di pianeta

*     l’antiterra, entità del tutto immaginaria, verosimilmente introdotta per portare a 10 il numero dei pianeti

·      i corpi celesti percorrono orbite circolari secondo numero ed armonia e producono suoni musicali sublimi, non percepiti dagli uomini, perché sentiti ininterrottamente fin dalla nascita, o perché non hanno orecchi sufficientemente raffinati per udirli

·      l’anima umana, immortale, divina ed eterna, preesiste al corpo ed è costretta ad incarnarsi (metempsicosi[13]) in successive forme umane ed animali, per espiare una colpa originaria

·      l’unione al corpo è contraria alla natura dell’anima, l’uomo, quindi, non deve vivere secondo il corpo (luogo di espiazione), ma conformemente all’anima, per purificarla e scioglierla dai legami corporali

·      le pratiche catartiche si identificano nella scienza e nell’ascetismo, che permettono di ricongiungere l’anima al divino dal quale proviene, subordinando il corpo alle esigenze dell’intelletto

torna al sommario

SCUOLA ELEATICA

La Scuola, la cui fondazione è stata attribuita erroneamente a Senofane, fiorisce durante il V secolo a.C. ad Elea, (colonia greca in Lucania) ed esercita una profonda influenza sull’Atomismo, sulla Sofistica e sul pensiero di Socrate e Platone.

Gli Eleati contrappongono alla tesi ionica dell’eterno fluire delle cose, la negazione del divenire, sostenuta da una ontologia integrale che pone la sostanza come unico principio metafisico, non più concepito come elemento corporeo o come numero, ma come permanenza e necessità dell’essere.

La sostanza è l’essere nella sua unità ed immutabilità, unico oggetto del pensiero ed unico termine della filosofia, mentre il divenire viene pensato, come non reale e relegato nella sfera della mera apparenza.

L’impossibilità di congiungere l’essere al non-essere, induce Parmenide, massimo esponente della Scuola, a negare il responso dell’esperienza, giacché il molteplice ed il divenire implicano la comunanza di essere e nulla.

Il problema generale del mutamento assume una rilevanza determinante e si fonda su un interrogativo squisitamente logico: come è possibile che una cosa muti senza perdere la sua identità? O rimane la stessa cosa e non muta o, se muta, non è più la stessa.

La logica parmenidea dell’ente trova la sua radicalizzazione positiva in Melisso, mentre a Zenone spetta il compito della dimostrazione indiretta, tramite la riduzione all’assurdo della tesi contraria, che afferma la verità del molteplice e del mutamento.


I Presocratici                                                                                                                  Scuola Eleatica

Il pensiero posteleatico si impegna a dimostrare la validità del divenire nel mondo sensibile, messo tra parentesi dall’affermazione categorica dell’unicità dell’ente.

L’evoluzione della speculazione filosofica non potrà fare a meno dei guadagni acquisiti dalla Scuola di Elea: la realtà come essere e la possibilità di ipotizzare l’ordine dell’universo a partire dalla struttura razionale del pensiero.

L’Eleatismo logico influenza profondamente lo sviluppo del pensiero filosofico, tanto che la “reductio ad absurdum” e la prova indiretta, divengono procedimenti usuali nella speculazione antica.

Esso segna una tappa imprescindibile nella storia del pensiero umano e, pur ammettendo la ricerca degli Ionici e dei Pitagorici, la sottrae al presupposto naturalistico cui é indissolubilmente ancorata.

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                    Scuola Eleatica

SENOFANE

Figlio di Dexio o di Ortomene, attivo a cavaliere tra il VI e V secolo a.C., lascia la nativa Colofone (città ionica sulle coste della Lidia) per motivi politici e viaggia per tutta la Grecia e la Magna Grecia, come rapsodo, cantando le proprie composizioni poetiche.

Sono pervenuti, in frammenti, due poemi satirici, contro Omero ed Esiodo (Elegie e Silli).

Autore di un trattato filosofico, dal titolo “Della Natura”, che contiene la tesi dell’estensione infinita dell’universo e dell’origine di tutti gli esseri dall’acqua e dalla terra.

Gli sono ascritte due opere in versi, di genere storico, “La fondazione di Colofone” e “La colonizzazione di Elea”

Il filosofo è considerato dalla tradizione il fondatore della Scuola Eleatica, ma la critica moderna contesta la storicità della tesi e ritiene che la speculazione di Senofane riguardi, in prevalenza, l’ambito teologico, laddove quella degli Eleati è esclusivamente ontologica.

L’innovazione di Senofane concerne l’idea dell’unità del tutto, fondata sul dio, principio immobile che tiene insieme l’universo.

L’assunto si ricollega al naturalismo ionico, in quanto la divinità non si identifica in un’entità spirituale, ma resta relegata nell’ambito materialistico, giacché tutto nasce e tutto ritorna alla terra.

L’originalità del suo pensiero emerge dalla critica radicale nei confronti del mito e della superstizione e dalla analisi razionale delle cosmogonie e delle teogonie, già iniziata dai filosofi naturalisti.

Elemento peculiare di Senofane è la contrapposizione all’antropomorfismo religioso[14], imperante nel mondo greco, che attribuisce al divino gli identici caratteri fisici e morali, nonché i costumi viziosi, propri dell’uomo

Il filosofo nega decisamente che gli dèi possano avere sembianze umane e giunge ad identificare dio col cosmo intero, ma ancora non riesce a collocarlo su un piano diverso e distinto da quello umano.

La critica senofanea sovverte le antiche credenze religiose e vieta alla successiva speculazione di pensare il “divino”, secondo forme e misure umane.

L’umanesimo di Senofane emerge dall’importanza attribuita alla saggezza, “nuova virtù”, contrapposta a quella celebrata nei giochi olimpici.


I Presocratici                                                                                                                  Scuola Eleatica

proposizioni filosofiche

·      gli dèi, senza bisogno di mutar luogo e con la sola forza del pensiero, muovono ogni cosa

·      se i buoi ed i leoni avessero mani e potessero disegnare e fare ciò che gli uomini fanno, i cavalli disegnerebbero dèi simili ai cavalli ed i buoi simili ai buoi e farebbero corpi foggiati come ciascuno di loro è foggiato

·      Omero ed Esiodo hanno attribuito agli dèi anche ciò che è oggetto di biasimo tra gli uomini: passioni, furti, adulteri ed inganni

·      gli dèi non possono avere sembianze umane ed è impossibile che nascano e muoiano come gli uomini, o possano commettere azioni illecite e vagabondare, come vuole Omero

·      essi non rivelarono, sin dall’inizio, ogni cosa ai mortali, ma questi, col passare del tempo, hanno trovano, cercando, ciò che è meglio

·      esiste una sola divinità, cioè il dio che tutto intero pensa, tutto intero vede e tutto intero ode, non rassomigliante all’uomo, né per figura né per pensiero,

·      egli è il dio-cosmo che possiede l’attributo dell’eternità, non nasce né muore ed è sempre lo stesso

·      se nascesse, vorrebbe dire che prima non era, ma ciò che non è, neppure può nascere, né può far nascere nulla

·      i fenomeni, terrestri e celesti, identificati con gli dèi, sono manifestazioni del tutto naturali e quella che chiamano dea Iride non è che una nube purpurea, violacea, verde a vedersi

·      ogni cosa, anche l’uomo, è formata da terra ed acqua, dalla terra tutto viene e ad essa tutto ritorna

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                     Scuola Eleatica

PARMENIDE

Figlio di Pireto Uliade, nato ad Elea (Velia in epoca romana), nella seconda metà del VI secolo a.C.

La data della morte si colloca attorno alla metà del V secolo.

Ha avuto come maestri, secondo Diogene Laerzio, Senofane, Anassimandro e il pitagorico Aminia, e come allievi, Zenone ed Empedocle.

Ottimo legislatore, secondo Plutarco, tanto che i suoi concittadini dovevano giurare fedeltà alle leggi parmenidee.

Il pensiero filosofico è racchiuso nello scritto in esametri “Intorno alla Natura”, di cui sono pervenuti 19 frammenti.

L’opera comprende un prologo ed è divisa in due parti, dedicate rispettivamente alla Verità ed all’Opinione.

La speculazione filosofica si eleva con Parmenide, maestro indiscusso dell’Eleatismo, dalla sfera cosmologica a quella metafisica ed ontologica[15].

La ricerca intorno all’essere, affrancandosi dal limitato orizzonte della dimensione fisica, perviene alla massima generalità ed estensione.

Parmenide si distanzia profondamente dalla Scuola Ionica, infatti, non intende scoprire il principio da cui si genera la realtà fisica, ma di comprendere, alla luce del pensiero, cosa sia tale realtà.

L’ontologia parmenidea, infatti, non comprende soltanto la natura-physis, ma anche l’uomo e ogni altra entità pensabile.

L’essere si pone oltre le illusorie apparenze sensibili e costituisce la struttura necessaria della realtà, riconoscibile soltanto attraverso l’intelletto.

Inizia la riflessione puramente razionale, nel senso di una ricerca sulla natura del pensiero a partire dal pensiero, grazie al quale si colgono le leggi della natura.

Parmenide, assertore della ricerca rigorosa, è, in tal senso, profondamente “pitagorico”, convinto che solamente la ragione può condurre l’uomo nei pressi della verità.

Il lògos, come in Eraclito contrapposto al sapere illusorio dei mortali, è alla base del contrasto verità/apparenza che si sostanzia nelle due “vie” fondamentali della conoscenza: alethéia (verità) e) doxa (opinione).

La prima indica che l’essere è[16] e non può non essere.

La seconda afferma che l’essere non è ed è necessario che non sia.

La ragione non può che imboccare il sentiero della verità, giacché i sensi, erroneamente, attestano, nel contempo, l’essere e il non-essere.


I Presocratici                                                                                                                   Scuola Eleatica

La protagonista del poema è la dea, guardiana della verità e rivelatrice a Parmenide del sapere universale.

Il filosofo, su un cocchio trainato da focose cavalle, le Passioni, dopo aver superato le esitazioni della Giustizia, persuasa dalle figlie del Sole, le Sensazioni, giunge al cospetto della dea ed apprende la Verità..

Viene enunciata la prima grande formulazione della legge di non-contraddizione, secondo la quale è impossibile che i supremi contraddittori (essere e non-essere) coesistano: se l’essere c’è, non può esserci il non-essere.

Parmenide è ritenuto, pertanto, l’iniziatore della logica, non intesa nel senso di una scienza a sé stante, ma come disciplina intrinseca alla ricerca, in quanto indipendente dall’opinione e fondata su un principio autonomo.

La netta affermazione dell’essere e l’altrettanto decisa negazione del non-essere non può rendere ragione della molteplicità, se non negandola.

Parmenide non fa distinzione di piani: il principio logico ed ontologico coincidono perché il pensiero spiega la realtà in quanto coincide con l’essere che è la realtà.

proposizioni filosofiche

·      la natura attesta continui mutamenti, ma ciò che è percepito dai sensi non coincide con quanto la ragione decreta

·      l’esistenza del molteplice e del divenire, che i mortali accettano acriticamente, quale responso dell’esperienza, deve essere negata, perché implica l’identificazione dell’essere col non-essere

·      è necessario seguire il lògos contro l’inganno dell’esperienza, poiché ammettere, nel contempo, essere e non-essere significa affermare il nulla, il che è impossibile

·      la ragione dice che non si può né pensare né esprimere il nulla

·      il pensiero è sempre pensiero di qualcosa, pensare a nulla è non pensare, così come dir nulla è non-dire


I Presocratici                                                                                                                   Scuola Eleatica

·      è la stessa cosa il pensiero e l’essere, dato che l’essere è l’unica cosa pensabile e non c’è pensiero che non esprima l’essere

·      il non-essere è impensabile, inesprimibile e, dunque, impossibile

·      l’essere vero ed autentico, di cui non si può dubitare è l’essere necessario che non può non essere

·      la modalità fondamentale dell’essere è, dunque, la necessità che nega il possibile, poiché ciò che può non essere, non è

·      la necessità rispetto al tempo è l’eternità, rispetto al molteplice è l’unità e rispetto al divenire è l’immutabilità

·      la dea indica due possibili vie della ricerca, una assolutamente verace, il sentiero della alethéia[17] (verità) o dell’episteme[18] (scienza), l’altra assolutamente fallace, il sentiero della doxa[19] (opinione)

·      gli uomini, sulla via dell’apparenza, è come se avessero due teste, una che vede l’essere, l’altra che vede il non-essere, e vagano di qua e di là come stolti e insensati, senza rendersi conto di nulla

·      l’uomo deve giudicare con la ragione e considerare con essa le cose lontane come se gli stessero innanzi


I Presocratici                                                                                                                     Scuola Eleatica

sentiero del giorno

verità - episteme

sentiero della notte

opinione - doxa

è la via della persuasione perché è accompagnata dalla verità

è la via sulla quale nessuno può persuaderci di nulla

mantiene contrapposti essere e non-essere

pretende di identificare l’essere ed il non essere

il lògos afferma l’essere e decreta che il non-essere è illusorio

i sensi attestano che l’essere non è ed è necessario che non sia

l’essere è il puro positivo, scevro di ogni negatività

il non-essere è il puro negativo, contraddittorio del positivo assoluto

l’essere va affermato ed il non-essere va negato: l’essere è e non può non essere, il non-essere non è e non può essere

le cose sono come attestano i sensi, cioè nascono, si trasformano, si corrompono e muoiono

·      è possibile una terza via del sapere, quella del verosimile (o spiegazione plausibile dei fenomeni), ovvero il discorso che dà conto delle apparenze, ma non contraddice il divieto di ammettere contemporaneamente l’essere ed il non-essere:

*     gli uomini, riunendo essere e non-essere, pongono la coppia dei contrari, luce e tenebre, come suprema e deducono da questa affermazione tutta la realtà

*     essi non hanno compreso che le due antitesi sono incluse nella superiore e necessaria unità dell’essere

*     luce e notte sono infatti uguali, in quanto nessuna delle due è il nulla, ma ambedue sono essere


I Presocratici                                                                                                                    Scuola Eleatica

L’ESSERE PARMENIDEO

ingenerato

non è stato mai né mai sarà, non ha passato né futuro, ma è presente ed eterno

incorruttibile

non può nascere né perire, giacché deriverebbe dal non-essere o si dissolverebbe in esso, il ché è impossibile, dato che il non-essere non è

immobile

risiede nei propri limiti e non può mescolarsi al non-essere

sferico

é simile ad una sfera omogenea, assolutamente fissa e perfettamente uguale in tutti i suoi punti. La sfera implica la pienezza, la mancanza di spazi, che dividerebbero l’essere e l’identità delle parti

indivisibile

è tutto uguale e non può trovarsi in un luogo più che in un altro, ma è “ora tutto insieme”

finito

è compiutezza, perfezione e finitezza, dato che l’infinito è incompiuto, mentre l’essere non manca di nulla

pieno

è tutto presente a sé stesso, autosufficienza perfetta ed in nessun punto deficiente

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                   Scuola Eleatica

ZENONE

Figlio di Teleutagora, discepolo e successore di Parmenide, nasce a Elea verso la fine del VI secolo a.C. o all’inizio del V.

Partecipa alla vita della polis e muore combattendo contro il tiranno Nearco.

La tradizione gli ascrive numerosi allievi, tra cui Melisso, Empedocle, Leucippo e perfino Pericle.

Sono pervenuti cinque frammenti di un’opera in prosa, a carattere essenzialmente polemico.

Lo scritto è diviso in parti, o argomenti, chiamati da Platone “lògoi”, ognuno dei quali contiene alcune proposizioni ipotetiche, con formula “se p”, dove “p” é la tesi sostenuta dagli avversari di Parmenide.

Le tesi parmenidee lasciano irrisolti numerosi problemi per l’intrinseca aporeticità e viene attaccata proprio nel punto in cui contrasta con i dati dell’esperienza, ovvero nella negazione del divenire, del movimento e della molteplicità.

Zenone difende la tesi del maestro con una dissertazione sorprendentemente nuova che riduce alla contraddittorietà le proposizioni degli accusatori.

Nasce il metodo della reductio ad absurdum che, invece di provare direttamente un’argomentazione, cerca di fondarla, portando all’assurdo la tesi contraria.

L’interesse dei celebri paradossi zenoniani sta soprattutto nel significato logico, aspetto già abbozzato in Parmenide, ma che acquista un posto di primo piano.

Zenone dimostra che l’ipotesi della molteplicità e del movimento, sostenuta dai negatori dell’unità, incontra contraddizioni ancora maggiori.

Aristotele lo ritiene il fondatore della dialettica[20], la quale, passando attraverso la Sofistica ed il pensiero socratico, porterà alla nascita della logica.

Lo stretto rigore logico non pone in crisi soltanto la pluralità del divenire e l’affermazione dell’esistenza del non essere, ma l’essere stesso.

L’unità del principio ontologico vieta che lo si possa esprimere, proprio perché ogni qual volta si tenta di spiegarlo, lo si immette, inevitabilmente, nella molteplicità.

proposizioni filosofiche

·      lo spazio ed il tempo sono la condizione della pluralità e del mutamento delle cose

·      se essi si dimostrano contraddittori e quindi irreali, la molteplicità ed il movimento saranno contraddittori ed irreali


I Presocratici                                                                                                                   Scuola Eleatica

·      le argomentazioni poste a sostegno di questa ipotesi, si distinguono in due gruppi di paradossi, il primo diretto contro la molteplicità e la divisibilità, il secondo contro il movimento

·      la molteplicità è assurda per quattro ragioni:

Ù se gli enti fossero molteplici, sarebbero, nello stesso momento, infinitamente piccoli ed infinitamente grandi

Le molte cose, per essere veramente uno, non devono avere grandezza, né spessore né massa, altrimenti sarebbero divisibili in infinite parti e, quindi, non più uno.

Ma un ente tanto piccolo da essere divisibile all’infinito è privo di grandezza e, dunque, è nulla.

L’essere, tuttavia, non può nemmeno avere grandezza, perché questa, anche se minima, è divisibile in infinite parti e ciò che ha infinite parti, è infinito

Ù se le cose fossero molte, sarebbero, simultaneamente, in numero finito ed infinito.

“Finito” perché non possono essere più o meno di quante sono.

“Infinito” perché tra due enti ce ne sarà sempre un terzo, e tra questo e gli altri due, ancora altri, per cui gli esseri sono infiniti

Ù lo spazio, condizione della molteplicità, non esiste.

Se esistesse dovrebbe essere in un altro spazio e questo in un altro ancora, così all’infinito.

Bisogna ritenere che nulla sia nello spazio e che questo non esista

Ù molte cose hanno contraddittori comportamenti rispetto ad una forza presa singolarmente.

Molti chicchi che cadono tutti insieme fanno rumore, dunque ogni grano dovrebbe produrre un suono, il ché non accade.

Cose diverse riunite danno un effetto che ciascuna di esse, separatamente, non produce.


I Presocratici                                                                                                                   Scuola Eleatica

·      il movimento non esiste per quattro paradossi:

Ù  dicotomia - per andare da A a B, un mobile deve prima effettuare la metà del tragitto A-B e, prima ancora, la metà di questa metà e così all’infinito, cosicché non arriverà mai a B

Ù  Achille - (il più veloce) non raggiungerà mai la tartaruga (più lenta), posto che la tartaruga abbia un passo di vantaggio.

Achille, infatti, prima di superarla, deve raggiungere il punto da cui è partita, sicché la tartaruga sarà sempre in vantaggio

Ù  la freccia, che appare in movimento, in realtà è immobile.

Essa, ad ogni istante, non può occupare che uno spazio pari alla sua lunghezza ed è immobile rispetto a questo spazio.

Poiché il tempo è fatto di istanti, per tutto il tempo, la freccia sarà immobile

Ù stadio - due masse uguali, dotate di identica velocità, dovrebbero percorre lo stesso spazio in uguali tempi.

Ma se due masse si muovono incontro dalle estremità opposte dello stadio, ognuna impiega a percorrere la lunghezza dell’altra, la metà del tempo che impiegherebbe se una di esse fosse ferma.

Velocità e moto sono relativi e non possiedono l’assolutezza e l’oggettività che il senso comune attribuisce loro.

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                   Scuola Eleatica


MELISSO

Contemporaneo di Zenone ed Empedocle, figlio di Itegene, nasce a Samo alla fine del VI o all’inizio del V secolo a.C.

L’akmé della

sua vita è collocabile, secondo Plutarco,

attorno al 441-440

Compone un trattato filosofico intitolato “Della Natura o dell’Essere” dove porta a compimento la dottrina eleatica dell’unità dell’essere, poeticamente esposta da Parmenide e dialetticamente difesa da Zenone, fondandola sul principio dell’infinità.

Plutarco lo segnala quale ammiraglio della flotta samia, vincitore contro di Ateniesi.

Il filosofo porta a completamento il pensiero eleatico, ampliando originalmente le proposizioni che Parmenide lascia appena affermate o imperfettamente dedotte.

L’essere acquisisce due nuovi attributi: diviene infinito ed incorporeo[21] (asomatos) nel tempo e nello spazio, laddove quello parmenideo è totalità finita e simultanea nella sua compiutezza.

L’affermazione dell’infinità del principio ontologico, permette di dar ragione dell’unità, giacché se tutto è infinito, tutto è anche uno.

L’incorporeità dell’essere, tuttavia, non deve essere intesa in senso spirituale, poiché la divisione tra l’ambito spirituale e materiale risulta ancora estranea alla speculazione presocratica.

Melisso perviene alla sistematica negazione del divenire, poiché, in accordo con Parmenide, ritiene che la ragione soltanto può accedere alla verità dell’essere.

La credenza nella conoscenza empirica è, infatti, dominio della doxa e dell’illusione che spingono l’uomo a vedere la realtà come molteplice ed in movimento.

La contraddizione tra essere e divenire e tra ragione e doxa si elimina negando le fallaci apparenze della percezione sensoriale e superando i limiti costituiti dalla visione pluralistica del mondo, giacché l’unica realtà è l’essere-uno.

proposizioni filosofiche

·      sempre era ciò che era e sempre sarà, l’essere é sempre, dunque, deve essere sempre di infinita grandezza

·      se l’essere fosse nato, é necessario che prima di nascere non fosse nulla e dal momento che non è nato ed è e sempre era e sempre sarà, così non ha principio né fine, ma è infinito


I Presocratici                                                                                                                   Scuola Eleatica

·      se fosse nato avrebbe un principio ed un termine, ma poiché non ha cominciamento né termine, non ha né principio né fine: è impossibile che sempre sia ciò che non esiste tutto intero

·      se l’essere è, bisogna necessariamente che sia uno, ma se é uno, non può avere corpo, perché se avesse un corpo avrebbe parti e non sarebbe più uno

·      se le cose fossero reali, non muterebbero, e se mutano, non sono reali, non esistono cose molteplici, ma soltanto l’unità dell’essere

·      la prova fondamentale circa la falsità della conoscenza sensibile è che essa ci testimonia, nello stesso tempo, la realtà delle cose ed il loro mutamento

·      le molteplici cose esisterebbero soltanto alla condizione che ciascuna di esse rimanesse sempre quale ci appare la prima volta, cioè che fosse sempre identica a sé medesima, immutabile, ingenerabile, inalterabile ed incorruttibile

ATTRIBUTI DELL’ESSERE MELISSIANO

infinito

privo di limiti, interni ed esterni, neppure quelli della sfera parmenidea

incorporeo

se avesse corpo, sarebbe divisibile e quindi non più uno

uno

in quanto infinito, infatti se fossero due non potrebbero essere infiniti perché un infinito avrebbe limite nell’altro

immobile

se il vuoto ci fosse, l’essere si potrebbe spostare, ma poiché il vuoto non c’è non ha dove spostarsi

immutabile

dato che è inalterabile e uguale a sé stesso

eterno

sempre era e sempre sarà, se fosse generato, sarebbe necessario che prima fosse nulla, ma per nessuna ragione il nulla può generare il nulla

torna al sommario

I PLURALISTI

L’indagine naturalistica continua secondo la tradizione ionica, ma non può non tenere conto delle conclusioni dettate dalla Scuola di Parmenide.

L’Eleatismo definisce l’essere eterno, infinito, uguale, immutabile, immobile ed incorporeo ed esclude la possibilità del molteplice e del mondo fenomenico.

Introduce, in tal modo, una radicale dissociazione tra ragione ed esperienza, mentre la verità ed il lògos si presentano come negazione della molteplicità e del mutamento.

La filosofia post-eleatica, convinta dell’innegabilità di entrambi, si propone una riconciliazione tra essere e divenire e deve ammettere che il principio di tutte le cose non è unico, ma plurimo.

I Fisici del V secolo a. C. si pongono su questa linea e cercano una spiegazione dei fenomeni in una pluralità di elementi, qualitativamente o quantitativamente diversi.

Nasce la nozione di elemento, inteso come un qualcosa di originario ed immutabile, capace soltanto di unirsi e separarsi spazialmente e meccanicamente rispetto ad altro.

La visione monistica della realtà viene superata dalla concezione pluralistica che pone la diversità dei principi (senza che alcuno di essi venga privilegiato) all’origine della realtà e che può spiegare più efficacemente la generazione e la corruzione delle cose.

Si definiscono, in tal senso, la tesi dei quattro elementi di Empedocle, la dottrina delle omeomerie di Anassagora e l’atomismo di Democrito, in quanto tali speculazioni, pur ammettendo la derivazione della realtà da un ente supremo, o dio, accentuano il carattere di autonomia dei principi stessi.


I Presocratici                                                                                                                Scuola Pluralista

EMPEDOCLE

La nascita e la morte

sono collocabili, secondo Aristotele,

nel 484/81 e 424/21.

Altre fonti testimoniano che l’akmé della sua vita è databile nel 444/41, ad Agrigento, colonia greca tra le più fiorenti.

Medico, poeta e fisico, figlio del nobile Metone, si oppone tenacemente alla tirannide ed è costretto all’esilio.

Aristotele lo definisce “inventore di retorica” e lo ritiene maestro di Gorgia e Pausania.

Scrive un poema “Sulla Natura” ed un carme lustrale “Le Purificazioni”, dei quali sono rimasti numerosi frammenti.

Il primo cosmologico ed il secondo teologico, di chiara ispirazione orfica.

I trattati, come in Parmenide, sono esposti in versi.

Cerca di risolvere l’aporia eleatica tentando di pacificare l’essere ed i fenomeni dell’esperienza.

Si propone di spiegare la molteplicità del divenire, senza rinnegare l’unità del reale, affermata da Parmenide.

Riconosce la necessità e la perennità dell’essere e ritiene che nascita e morte, intesi come origine e ritorno nel nulla, sono impossibili, giacché l’essere è.

Diventano reali soltanto se pensati come un venire da cose che sono ed un trasformarsi in cose che pure sono.

Empedocle concorda, dunque, con Parmenide che l’essere non può nascere né perire, ma spiega l’apparenza del divenire, ricorrendo al combinarsi ed al dividersi dei principi che compongono ogni cosa.

Accoglie l’acqua di Talete, l’aria di Anassimene, il fuoco di Eraclito e la terra di Senofane, ma questi elementi non si trasformano qualitativamente, come nel pensiero ionico, bensì permangono inalterati, in quanto originari ed immutabili.

Acqua, aria, fuoco e terra, definiti “radici delle cose che sono” (rhizomata[22]), si uniscono e si separano per l’azione di due forze cosmiche: Amore o Amicizia, che attrae il dissimile e Odio o Discordia, che separa il simile.

Il cosmo e la varietà degli esseri è frutto delle parziali congiunzioni e disgiunzioni operate dalle due divinità.

Le quattro radici eterne e le due forze divine che le muovono, sono le condizioni della conoscenza umana, secondo il principio che soltanto il “simile conosce il simile”.

Gli organi sensoriali dell’uomo sono colpiti dagli effluvi emanati dalle cose e generano la sensazione, cosicché le parti simili dei nostri organi riconoscono quelle consimili, provenienti dalle cose stesse.

La teoria delle “radici” non é soltanto la sintesi dei principi melissiani, ma anche dell’unità dell’essere eleatico.

I componenti delle cose non sono i principi che si trasformano nel divenire, ma esprimono l’immutabilità della realtà, al di là delle sue trasformazioni.

Empedocle elabora una concezione organicistica[23], riferita alla fisica ed alla biologia, che influenza tangibilmente la conoscenza scientifica successiva, sino a Galileo, come alternativa fondamentale alla fisica atomistica.


I Presocratici                                                                                                                Scuola Pluralista

proposizioni filosofiche

·      nascita e morte sono mescolanza e dissoluzione di cose mai nate, indistruttibili, eternamente uguali, qualitativamente inalterate

·      tali sostanze sono le “radici di tutte le cose”: acqua, fuoco, aria e terra, che si aggregano in diverse proporzioni e costituiscono la natura

·      le quattro radici sono animate da due tensioni opposte, Philia (Amore o Amicizia) che aspira ad unirle, Neikos (Odio o Contesa) che opera per disunirle

·      Amore e Contesa sono le forze divine che si alternano nell’universo, determinando l’avvicendamento cosmico, col predominio dell’una o dell’altra, secondo cicli fissati dal Destino

·      l’unione degli elementi è la nascita delle cose, la separazione è la morte

·      le radici, nella fase in cui predomina Amore, si placano nell’unità compatta, lo sfero o uno, in cui sono legate nella più completa armonia e nell’assoluta perfezione

·      nello sfero, tuttavia, non c’è né terra né sole né mare, poiché non c’è altro che un tutto uniforme, una divinità che gode della sua solitudine

·      l’Odio si inserisce nello sfero e determina la divisione degli elementi, ponendo le premesse per la nascita delle cose, quali sono nel mondo

·      se l’Odio continua ad agire, le cose si dissolvono e si ha il caos, puro dominio della Contesa ed allora spetta nuovamente all’Amore ricominciare la riunificazione dei principi

·      nasce così il mondo attuale, a metà strada tra il regno dell’Amore e dell’Odio e destinato a far ritorno nello sfero, dal quale inizierà un nuovo ciclo

·      la conoscenza avviene mediante l’incontro dell’elemento interno all’uomo con quello esterno, cosicché non v’è differenza alcuna tra conoscenza sensibile ed intellettiva, dato che avvengono con la stessa modalità


I Presocratici                                                                                                           Scuola Pluralista

·      noi conosciamo la terra con la terra l’acqua con l’acqua, l’etere divino con l’etere, il fuoco distruttore col fuoco, l’amore con l’amore e l’odio funesto con l’odio

·      l’anima umana è un demone che, a causa dei propri peccati, è stato gettato dalla giustizia in un corpo e legato al ciclo delle rinascite

·      gli uomini purificati si incarnano in esistenze sempre più nobili, finché ritorneranno ad essere dèi fra gli dèi e ad avere vita beata

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                 Scuola Pluralista

ANASSAGORA

Figlio di Egesibulo, nasce a Clazomene, attuale Vurla, città dell’Asia Minore  sul Golfo di Smirne, presumibilmente attorno al 500 a.C. e muore verso il 428 a Lampsaco, città della Ionia Settentrionale.

Introduce, nel 462 circa, lo studio della filosofia nell’Atene di Pericle, di cui è maestro ed amico, ma accusato di empietà, per aver affermato che il sole e gli astri non erano divinità, ma pietre infuocate, è costretto a rientrare nella Ionia .

È stato soprannominato “il fisicissimo” (physikòtatos), per la predilezione verso le scienze naturali.

Allievo di Diogene di Apollonia, ha, tra i suoi discepoli Euripide e Archelao di Atene.

Coevo di Empedocle, è posteriore nelle sue opere.

Autore di uno scritto in prosa, dal titolo “Della Natura”, di cui restano alcuni frammenti.

Condivide, come Empedocle, la tesi parmenidea dell’immutabilità dell’essere, ma non accetta che un solo principio si identifichi con la genesi della realtà né che le radici siano soltanto quattro.

La totalità dell’essere è originariamente una mescolanza caotica (mîgma) di particelle invisibili e infinitamente divisibili, di cui si costituiscono tutti i corpi.

Tali principi, chiamati semi[24] o omeomerie, corrispondono alla sostanza eleatica pensata come immobile, ma sono infiniti per quantità e per numero.

La tesi di Anassagora è il rovesciamento in positivo dell’ipotesi melissiana, secondo la quale i molti sarebbero se permanessero sempre, quale ciascuno di essi è, così come identico permane l’essere-uno.

La nuova prospettiva, introdotta da Anassagora, consiste nell’affermazione dell’esistenza, acanto alle omeomerie, di un’entità intelligente, ordinatrice del mondo, che produce e manifesta il divenire delle cose.

L’organizzazione del mîgma è, infatti, opera di un intelletto (noûs[25]), costituito di materia più leggera e sottile che, non essendo mescolata ai semi, li governa con intelligenza.

Il noûs è semplice, infinito e dotato di una forza propria con la quale separa le parti, ripartendole in proporzioni diverse nelle cose, in modo tale che, in ogni punto dell’universo, tutte le qualità siano rappresentate.

Anassagora, diversamente da Empedocle, ritiene che la conoscenza avvenga attraverso la sensazione dei contrari, partendo dal presupposto che la percezione implica sempre uan modificazione, altrimenti non sarebbe avvertibile e ciò non avviene nel caso di un incontro del simile col simile.

L’uomo conosce, dunque, perché è in grado di usare intelligentemente i dati dell’esperienza, al di là dell’immediatezza sensibile.

I semi non sono visibili e richioedono, perciò, la formilazione di ipotesi razionali.


I Presocratici                                                                                                                Scuola Pluralista

proposizioni filosofiche

·      i Greci, rispetto al nascere ed al perire, non hanno una giusta opinione; nessuna cosa nasce e nessuna perisce, ma ognuna si compone di cose già esistenti o si scompone in esse, così il riunirsi è il nascere ed il separarsi è il perire

·      bisogna ritenere che molti semi, aventi forme, colori e gusti di ogni genere, si trovino in tutto ciò che viene ad essere per agglomerazione

·      le omeomerie sono infinitamente divisibili e infinitamente aggregabili, infatti, non si può giungere, con la divisione o con l’aggregazione dei semi, ad elementi indivisibili né ad un tutto di cui non sia possibile il maggiore

·      i semi non hanno limite nella loro grandezza, dato che sono, ciascuno e tutti, qualitativamente illimitati e nemmeno nella loro piccolezza, giacché sono, ciascuno e tutti, divisibili in parti sempre più piccole

·      tutto è in tutto, in ogni cosa vi sono semi di ogni cosa, poiché non si arriva mai ad un elemento ultimo ed indivisibile e neppure ad un elemento semplice, qualitativamente omogeneo

·      la natura di ogni ente è determinata dai semi che prevalgono in essa: appare oro quella cosa nella quale predominano le particelle di oro, sebbene in essa vi siano le componenti di tutte le altre sostanze

·      le omeomerie sono, all’inizio, caoticamente frammiste in una immobile moltitudine infinita, sia nel senso della grandezza dell’insieme sia in quello della piccolezza di ogni parte

·      l’intelletto o noûs, interviene, con la forza che gli è propria, ad introdurre nel mîgma, mediante la separazione degli elementi, il movimento e l’ordine

·      la divisione operata dall’intelletto, non elimina la mescolanza, dato che i semi sono divisibili all’infinito, cosicché ora, come in principio, tutte le cose sono insieme


I Presocratici                                                                                                          Scuola Pluralista

·      l’uomo percepisce il freddo, il dolce ed il caldo e tutte le altre sensazioni, attraverso la qualità opposta, ma non può riconoscere la molteplicità dei semi, per la debolezza dei sensi che impedisce di raggiungere la conoscenza della verità

·      ciò che appare è una visione dell’invisibile, poiché i sensi mostrano i semi che predominano nella cosa che sta dinanzi e ci fanno intendere la sua intima costituzione

·      gli uomini nascono dall’umido per poi proliferare gli uni dagli altri e divengono i più intelligenti dell’universo perché sono i soli dotati di mani

torna al sommario

L’ATOMISMO

La dottrina atomistica, enunciata da Leucippo e portata a compimento dal discepolo Democrito, esprime il punto d’arrivo della ricerca naturalistica e l’ultimo tentativo presocratico di congiungere l’essere con i fenomeni.

L’Atomismo connette l’ontologia eleatica alla prospettiva pluralistica ponendo, a fondamento della realtà, un insieme di principi, detti “atomi”, ingenerati ed incorruttibili, simili all’Uno parmenideo, ma diversi perché infiniti per numero e dotati di movimento.

Gli atomi non differiscono per natura, o per qualità, ma per forma, numero e posizione e compongono la pluralità di tutte le cose che sono.

Tutti gli enti derivano dagli atomi ed il nascere ed il perire sono intesi come l’aggregarsi ed il disgregarsi del composto atomico, senza che nulla derivi dal nulla né vada nel nulla.

L’Atomismo ammette la molteplicità, in quanto ”i molti” sono gli “atomi-forma”, qualitativamente identici e quantitativamente diversi,  non percepibili con i sensi, bensì con la visione intellettuale.

Gli Atomisti tracciano le basi della concezione materialistica che implica la non esistenza di un fine consapevole nella natura, dove tutto avviene meccanicamente, ma non casualmente, secondo una legge insita nelle cose stesse.

Il risultato è la genesi di una scienza nuova, la ricerca naturalistica, sempre più autonoma e distinta dalla filosofia.

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                Scuola Atomista

LEUCIPPO

Le notizie sulla vita e sulle opere sono talmente scarse ed imprecise, da indurre Epicuro a mettere in discussione la sua stessa esistenza.

Sembra che il filosofo sia  stato discepolo di Parmenide o di Zenone, maestro di Democrito e contemporaneo di Empedocle e Anassagora.

L’unico dato certo è che la sua dottrina è già nota e diffusa nel 423 a.C.

Gli vengono attribuite due opere: “Dell’Intelletto”, di cui non esistono frammenti, e “Il Grande Ordinamento” secondo Aristotele inserito nell”opus” di Democrito.

Il pensiero del filosofo non è sufficientemente delineato e si giustappone a quello di Democrito, la cui fama ha oscurato e posto nell’oblio la figura del maestro.

La storicità di Leucippo è, tuttavia, attestata dalle notizie riportate da Aristotele e da Teofrasto, che forniscono indicazioni attendibili sul suo pensiero.

Leucippo é ritenuto il fondatore della Scuola Atomista, di cui formula, secondo le testimonianze, le principali proposizioni.

Il pregio principale del filosofo, malgrado ombre e dubbi sulla sua reale esistenza, è quello di avere espresso per primo due concetti fondamentali: l’atomo[26] ed il vuoto[27].

Viene attribuita al filosofo la concezione meccanicistica della realtà e la definizione dell’essere come molteplice materiale pieno e del non-essere, inteso come vuoto.

L’essere risulta composto da particelle indivisibili, gli atomi, in movimento nel vuoto, che si aggregano e si disgregano per formare gli infiniti mondi.

É sorprendente l’analogia con Anassagora, che pone alla base del reale le omeomerie, particelle originarie del tutto simile all’atomo, con la sostanziale differenza di essere infinitamente divisibili.

torna al sommario

I Presocratici                                                                                                                 Scuola Atomista

DEMOCRITO

Figlio di Egistrato, nasce ad Abdera, città della Tracia, intorno al 460  a.C. e muore, in tarda età, alcuni decenni dopo Socrate.

Le testimonianze riportano il lungo vagabondare in Egitto, in Persia ed in India.

Il grande impegno culturale è attestato dalle molte opere di etica, fisica, matematica e musica, di cui restano più di 200 frammenti, ordinati in tetralogie da Trasillo nel I secolo d.C..

Le opere più importanti sono:“Il Piccolo Ordinamento”,

“Sull’Intelligenza”,

“Sulle forme” e

“Sulla bontà dell’anima”, che costituiscono, non tanto la produzione del filosofo, quanto il Corpus della Scuola Atomistica.

L’ontologia atomistica ricalca i tratti del puro essere eleatico, inalterabile, ingenerabile ed incorruttibile, ma comprende anche un infinito numero di parti, in perenne movimento.

La pluralità ed il movimento dell’ente sono resi possibili dal non-essere, cioè dal vuoto (kenòn).

Il qualcosa (dén) esiste quanto il nulla (oudén), ma, le due esistenze, quella corporea (ente) e quella incorporea (non-ente), si escludono reciprocamente.

Ogni ente è pieno (senza vuoto) e, pertanto, indivisibile per la sua solidità: è l’àtomos-ìdea, ovvero forma indivisibile.

Gli atomi si muovono spontaneamente nel vuoto, incontrandosi e scontrandosi, in un turbine eterno (dìnos) dal quale provengono i vortici che generano gli infiniti mondi

Pieno e vuoto sono la causa di tutti gli esseri, ovvero la sostanza unica che si modifica nel senso della densità o della rarità.

L’essere ed il non-essere, tuttavia, non sono percepibili dalla sensibilità, a differenza dei i corpi, costituiti da atomi e vuoto.

Si delineano due tipi di conoscenza: oscura, quella dei cinque sensi ed autentica, quella dell’intelletto (noûs).

Il pensiero e l’anima sono atomi di forma particolare, lisci, mobili, leggeri e diffusi in tutto il corpo (involucro), salvo quelli della mente che si concentrano nel cervello.

La teoria della conoscenza discende dalla concezione atomistica, con tre principali criteri di giudizio: i dati fenomenici, per la comprensione delle cose invisibili, il concetto, per la ricerca scientifica e le passioni, per quel che si deve desiderare e fuggire.

La posizione filosofica di Democrito è la maggior espressione del meccanicismo materialistico: tutto ciò che esiste è materia (atomi) ingenerata ed incorruttibile le cui trasformazioni sono dovute alle necessità intrinseche della composizione.

L’uomo diviene un aggregato di atomi nel vuoto e condivide il destino del cosmo cui appartiene.

proposizioni filosofiche

·      l’essere è il pieno, il non-essere è il vuoto, l’essere non ha affatto più realtà del non-essere, in quanto il pieno non ha più realtà del vuoto


I Presocratici                                                                                                           Scuola Atomista

·      il pieno non è uno, ma un infinito numero di corpi invisibili per la loro piccolezza, in movimento perenne e spontaneo nel vuoto

·      se gli elementi che costituiscono le cose fossero divisibili all’infinito, si dissolverebbero nel vuoto, perciò essi devono essere indivisibili, cioè atomi

·      gli atomi si aggregano tra loro dando origine alle cose ed a causa dell’eterno movimento e del numero infinito, si formano contemporaneamente infiniti mondi differenti

·      la distruzione di un mondo avviene per collisione, quando un mondo si abbatte su un altro

·      gli atomi sono eterni, solidi e compatti, ma non uguali, altrimenti non sarebbe concepibile il generarsi delle cose

·      esiste un numero infinito di atomi, morfologicamente diversi che, unendosi, formano corpi differenti, alla morte di questi, si disperdono e si aggregano in altri enti

·      la forma dei corpi dipende dalla figura, dall’ordine e dalla composizione degli atomi, cosicché vengono a determinarsi:

*     qualità primarie, geometrico-meccaniche, proprie degli atomi, quali la forma, la durezza, il numero ed il movimento

*     qualità secondarie, ovvero le apparenze sensibili, derivanti dagli incontri tra atomi, ma non appartenenti agli atomi stessi, quali il freddo, il caldo, i sapori ed i colori

·      il movimento produce un vortice che porta al centro le parti più pesanti, mentre quelle più leggere sono scagliate alla periferia, in tal modo si formano infiniti mondi che incessantemente si generano e si corrompono

·      il corpo umano è un incontro di atomi e l’anima è della stessa natura, ma composta da atomi qualitativamente uguali, di forma più perfetta, qualificati come divini

·      ogni oggetto emana un effluvio invisibile (éidola[28]) che si scontra con l’aria interposta e, dopo una serie di urti, impressiona gli atomi dei semi che trasmettono lo stesso urto agli atomi del pensiero


I Presocratici                                                                                                            Scuola Atomista

·      la conoscenza sensibile, quando la realtà si assottiglia nei suoi elementi ultimi, diventa inefficace e cede il passo a quella razionale

·      la conoscenza intellettuale, sebbene soggetta alle condizioni fisiche, è superiore a quella sensibile, perché permette di cogliere l’essere, oltre le apparenze

·      la felicità è il fine della vita umana e non coincide con i piaceri del corpo, ma con quelli dell’anima

·      la gioia spirituale (eutymia) non si connette con il piacere (edoné), ma con l’azione morale, guidata dal rispetto (aidos) verso sé stessi

·      la virtù è la vittoria dell’uomo sui desideri sensibili, mentre la gioia nasce dalla misura del godimento e dalle proporzioni della vita, poiché difetti ed eccessi, sconvolgono l’anima e generano in essa movimenti intensi

torna al sommario

I FISICI ECCLETTICI

Concludono il periodo della Filosofia Naturalistica, di cui vogliono mediare e fondere principi ed istanze.

Questi pensatori sono opportunamente definiti, con terminologia coniata in epoca moderna, “eclettici”, in quanto, privi di una propria, originale speculazione, attingono dai maestri della physis, temi e prospettive ormai superate dall’evoluzione del  pensiero filosofico e dalle mutate condizioni culturali e politiche.

Sfugge loro, quasi per intero, il senso della rivoluzione operata da Parmenide e, per conseguenza, quello delle proposte dei Pluralisti che intendono sciogliere proprio le aporie della Scuola Eleatica.

L’incomprensione delle questioni lasciate aperte dall’Eleatismo induce i Fisici Eclettici a tornare al monismo ed alla affermazione dell’unità e dell’unicità del principio originario delle cose.

Il primo riferimento é per Ippone, di cui non esistono concordanze circa il luogo d’origine (Samo, Metaponto, Crotone).

Il filosofo, vissuto nell’età di Pericle, propone un ritorno all’acqua di Talete ed al fuoco di Eraclito, generato dall’acqua.

Diogene di Apollonia, che vive nel V secolo a.C., é considerato il filosofo più significativo tra gli Eclettici e viene ricordato, ancora vivente, nelle “Nuvole” di Aristofane.

Ripropone, in sintesi, la tesi dell’origine di tutte le cose dall’alterazione e trasformazione di un unico elemento primordiale, l’aria, ritenuta divina, onnipresente ed onnipotente.

Diogene ricongiunge l’aria-infinita di Anassimene al noûs di Anassagora e considera il principio dotato di razionalità e creatività, superando così il dualismo tra materia ed intelligenza.

Archelao di Atene, o di Mileto, discepolo di Anassagora e presunto maestro di Socrate, ripropone la congiunzione tra Anassimene ed Anassagora e identifica il principio unificatore della realtà in una sostanza-noûs, la cui condensazione e rarefazione origina le cose.

torna al sommario

NOTE

[1] sette savi: Talete, Biante, Pittaco, Solone, Cleobulo, Musone e Chilone. Una tradizione leggendaria attribuisce ai sette Savi norme di riflessione morale, confluite successivamente nel pensiero filosofico

[2] filosofo: termine coniato verosimilmente da Pitagora nel V secolo a.C., per definire colui che ama la sapienza

[3] physis: concetto filosofico creato dai Presocratici che, per questa ragione, sono definiti “Fisici”. Traduce il termine natura ed indica il principio divino dell’essere e della vita di tutte le cose, ovvero la totalità del reale, considerato nella sua struttura, nel suo ordine e nelle sue leggi

[4] lògos: deriva dal verbo greco léghein (scegliere, enumerare, raccontare), viene di norma tradotto con l’accezione moderna di “ragione” o di “discorso”. Incarna, nei Presocratici, un principio fisico ed indica il lasciar parlare le cose, senza sovrapporre ad esse un senso estraneo

[5] archè: deriva dalla forma verbale árchein (essere il primo, essere a capo) ed indica il principio incorruttibile da cui provengono ed a cui ritornano tutte le cose, ovvero ciò che è identico nella molteplicità delle cose diverse

[6] ápeiron: traduce i vocaboli illimitato, infinito, indefinito e indeterminato ed assume in Anassimandro una connotazione essenzialmente negativa.

È il non-finito, nel senso della qualità e il non-determinato, nel senso della quantità

[7] aria o aer: nel significato greco il termine designa specificatamente la nebulosità

[8] lògos: è inteso in Eraclito come la legge del divenire, governata dal divenire stesso

[9] fuoco: è l’arché inteso come sostanza e legge unitaria della realtà che include, oltre all’idea di principio fisico, anche quella di regola divina, posta a governare il cosmo con razionalità

[10] guerra (pòlemos): esprime metaforicamente ed in prospettiva cosmologica, il principio dell’opposizione che sta alla base della realtà eraclitea.

In forza della “guerra” soltanto le cose possono essere e restare ciò che sono, cosicché in pòlemos si sostanzia l’origine dell’armonia e dell’unità.

[11] limite o peras: è concetto fondamentale del pensiero antico, concepito in un’accezione antitetica rispetto al significato moderno

Indica il termine estremo, la forma, il fine di ciascuna cosa e di tutto ciò che ha grandezza.

Designa in prospettiva pitagorica la sostanza e l’essere, intesi come il principio che, imbrigliando l’illimite (àpeiron), genera i numeri.

Platone riproporrà successivamente il termine come uno dei quattro generi supremi della realtà

[12] cosmo: dal greco Kòsmos (ordine, mondo), è la concezione pitagorica dell’universo, inteso come razionalità ed ordine, in quanto fondato sul numero e sull’armonia che lo fa essere quale esso è

[13] metempsicosi: indica la credenza nella trasmigrazione dell’anima attraverso differenti corpi.

Il termine, che compare soltanto nella tarda antichità, non è filologicamente esatto, in quanto letteralmente significa cambiamento dell’anima, e non del corpo. Il termine esatto sarebbe metensomatosi o palingenesi

[14] antropomorfismo religioso: convinzione che gli dèi debbano avere aspetti, forme e sentimenti uguali a quelli umani, solamente più maestosi e possenti, dunque, con differenze puramente quantitative e non qualitative

[15] ontologia: è la dottrina che indaga l’essere preso nella sua globalità e corrisponde in genere alla metafisica, ma diversamente da quest’ultima, non implica necessariamente la dimensione della trascendenza

[16] è (esti): interpretabile in almeno tre accezioni fondamentali, copulativa (è qualcosa), esistenziale (esiste qualcosa) e veridica (è vero qualcosa).

Resta aperto il problema di quale sia il soggetto della voce verbale, per alcuni è di tipo impersonale (per esempio “piove”, in greco hýei), per altri è sottinteso (per esempio l’essere è)

[17] alethéia: è la verità che in Parmenide emerge nel suo significato ontologico ed indica l’essere e la physis, dove quest’ultima si identifica con l’essere stesso.

É la verità logica del principio di non contraddizione (è e non può non essere) e del terzo escluso (è o non è), è l’essere del giudizio (l’è dell’affermazione)

[18] episteme: è il sapere razionale fondato sul lògos e fornito dei caratteri di incontrovertibilità e di certezza assoluta.

É tale quel sapere che giunge al fondamento, alle cause ed ai principi ed ha fondazione ultimativa, si oppone all’opinione che, invece, si basa sui sensi e che, in quanto tale, non giunge mai ai termini ultimi

[19] doxa: traduce il termine “opinione”, intesa come stadio gnoseologico prerazionale in cui la ragione è prigioniera delle apparenze sensoriali ed è particolare e propria dei singoli individui

[20] dialettica (dia-léghein): significa discutere e ragionare insieme, viene concepita da Zenone come metodica confutazione della tesi sostenuta dal proprio interlocutore al fine di guadagnare la verità della propria argomentazione

[21] incorporeo o asomatos: concetto che assume una valenza fisica e va a significare l’assenza dei limiti tipici dei corpi determinati. Indica l’infinitudine del principio o arché

[22] rhizomata (radici): sono così chiamati da Empedocle i quattro elementi naturali dai quali si generano tutte le cose. Essi sono immutabili ed eterni e si identificano con Zeus, Era, Edoneo e Nesti.

[23] concezione organicistica: teoria che interpreta il mondo fisico in analogia con l’organismo umano. Le quattro radici svolgono di elementi qualitativi che permettono di concepire la natura come un tutto vivente, le cui parti sono finalisticamente ordinate al tutto.

[24] semi: definiti successivamente da Aristotele omeomerie (parti simili), sono cose che, se suddivise, danno parti qualitativamente identiche, nelle quali e presente una parte del tutto

[25] noûs: termine tradotto comunemente con intelletto, intelligenza, pensiero e mente, ma nell’area semantica originaria, investe un significato più ampio che abbraccia l’ontologia, la cosmologia, la fisica e la religione.

Anassagora designa il noûs quale intelligenza divina ordinatrice del cosmo

[26]atomo: è la realtà indivisibile che suppone la negazione del nulla, infatti la divisibilità infinita comporterebbe l’andare nel nulla, da cui la necessità strutturale di porre fine alla divisibilità

[27] vuoto: concetto pitagorico inteso come l’illimitato che contiene il tutto.

Il termine è ripreso da Leucippo ed utilizzato per spiegare il moto degli atomo

[28] éidola: termine coniato dal pensiero atomistico antico per indicare le immagini o i simulacri che emanano dalla cose e ne riproducono le forme e la struttura, causando le sensazioni, il pensiero, le rappresentazioni fantastiche ed i deliri

torna al sommario