LA STORIA

 

Il monastero basiliano sorge a Mili S. Pietro, borgo di indiscutibile origine greca (da milia; frassino,  luogo di boschi).

Le notizie storiche più attendibili sulle origini di un agglomerato urbano con tale denominazione risalgono all’anno mille circa e, più precisamente si riallacciano al 1060, quando i Mamertini invitarono il conte Ruggero alla conquista della Sicilia, che come è noto, egli completò nel 1072.

 

Questi,con l'aiuto del fratello Gotofredo, diede infatti subito principio alle incursioni tra il, Faro e Milazzo ed i monti Nettunii e fatto infine il disbarco delle milizie alle Calcara, presso Tremestieri, mosse risoluto all'attacco della città, nella quale per l'avvilimento dei pochi Muselmani, gli stessi cittadini schiudendogli le porte , lo accolsero liberatore (1061) . Rometta , Tripi, Frazzamò, il castello di Maniaci, venner tosto in potere di Ruggero al quale, con le seu successive vittorie di Castrogiovanni, di Cerami e di Palermo (1072) , fu assicurata la conquista dell'isola, cui venne dietro qulla di Malta.

Ruggero appena ebbe affermato il suo dominio si recò a Messina , chiave della Sicilia nel 1081, per stanziarvi numeroso e fedele presidio , per restaurarne le mura e per munirla di nuove fortificazioni e baluardi, chiamando da ogni parte i migliori artefici a costruirli. Grato ai messinesi, che gli avevan aperto la via alla conquista di un regno così glorioso e ricco, Ruggero li fece paghi di sua munificenza; dotò la loro città di una zecca, di un arsenale, di una stazione ordinaria del navilio da guerra e dell' Ammiragliato.Sono poi ampia e chiara testimonianza dell'affetto che legò il conte Ruggero alla terra peloritana, varie costruzioni e imponenti abbazie attestando per altro la sua devozione alla Vergine Maria. 

Nel 1090 con un suo privilegio fondava il monastero di S. Maria di Mili che affidava al monaco Michele, di cui si legge pure negli annali della città di Messina del Gallo pubblicati nel1881; "Questo monastero assai antichissimo dell’ordine di S. Basilio situato nella fiumara di Mili, distante dalla città di Messina settemila passi verso mezzogiorno Ruggeri, dietro ottenuta la vittoria sopra i saraceni nella Sicilia, fondò e dotò ad onore della Beata Vergine come è chiaro secondo il seguente privilegio:

Ruggeri conte,

Fra Michele monaco basiliano, chiaro di virtù, viene proposto primo abate".

Ecco il diploma trasportato in latino dall’idioma greca negli anni 1499 da Costantino Lascaris:

"Bolla fatta da me Ruggeri conte di Calabria e di Sicilia data a te Abate Michele nel mese di dicembre 14° indizione.

Dopochè per la Provvidenza Divina poco fa la isola di Sicilia fu sottoposta e liberata dalla tirannia degli infedeli, io ancora sono stato proclamatore, ho proposto di edificare tempi di Santi e restaurare oratori a decoro di Dio, in quel modo che prima furono stati quando fioriva il cristiano genere, ancora stimai cosa giusta e ragionevole (come conviene) richiamare dei monasteri alla contemplazione dei monaci e dei venerabili presuli, i quali richiamai a una così fatta opera acciò li venerassero e coltivassero in quel modo che li faceva da prima.

Adunque essendomi stato proposto ciò nell’animo di condurre a perfezione, nell’ambito della città di Messina edificai un tempio di Santa Maria Vergine nel fiume nominato di Mili, e ordinai un convento ad un prenominato Abate Michele, acciò conducesse altri monaci che potesse trovare: e comandai dare ai medesimi tutte le cose necessarie alla comodità del monastero, e all’aggregazione fraterna, affinchè potessero più facilmente pregare per tutto il genere cristiano e per me peccatore".

In effetti, l’incombenza all’Abate Michele fu di ritrovare ed accudire, offrendo loro un valido ospizio, i monaci che, negli anni difficili dei conflitti, si fossero dispersi o, comunque avessero perduto la loro abituale dimora; così fecero anche i suoi successori fino al 1500 circa.

Il privilegio così prosegue:

"Inoltre donai a loro un luogo sufficiente con la mia bolla (cum sigillo meo), cioè: monti, valli, campi, alberi fruttiferi, che così diversi dalla grande via (duomo) per la quale ascende il fiume di Larderia sino al piè del grande monte (Dinnammare) e alla pietra rossa, e all’antica chiesa (probabilmente si tratta di un cenobo preesistente sul quale sorse poi l’abbazia di Santa Maria) e del fiume di Larderia, da dove abbiamo fatto principio. In quel territori poi abbiamo veduti alcuni proprietari, ai quali ho comandato, poiché così fatte proprietà tengono e posseggono, dare servitori ed obbedienza a codesto santo monastero, e cinque pernici in ciascun anno, e di vendere non abbiano licenza".

La presenza in zona dei proprietari attesta che le terre erano già coltivate da epoche più remote risalenti al periodo greco-bizantino e che un insediamento stanziale fosse già avvenuto.

"Chiunque o alcuno vorrà negare obbedienza verso gli abati e i successori si espella da quel territorio senza mio consenso".

"Questi luoghi annotati di sopra, e giurisdizione loro donai a detto abate, affinché li tenga e possegga e abbi potestà in essi tanto essi quanto futuri abati, e nessuno li impedisca e perturbi, e faccia molestia o alcuno di farvi fatta giurisdizione, ma li conservi stabili e immutabili sino alla fine del mondo".

Ruggero istituì solo nel messinese circa 10 monasteri basiliani col preciso scopo di contrastare la potenza del papato e del clero secolare; infatti le residenze monacali e tutto quanto fosse loro collegato dipendevano da un Archimandrita (primo abate dell’ordine) e non dall’Arcivescovo, come si legge nel proseguo del privilegio.

"Inoltre avverto gli Arcivescovi, i Vescovi e tutte le persone ecclesiastiche non togliere alcuna cosa da tale monastero né cercare tributo, come è costume cercarlo ad altre chiese, ma permettano che fosse libero il monastero e esente, se non quello che fu ordinato dal Santo Pontefice Urbano, il quale siede dall’anno 1087 all’anno 1099, e da me. Se però il Vescovo verrà in questo monastero in grazia di Dio abbia due pani e una caraffa di vino e non altro, signore del luogo e patrono, e i miei successori abbiano le erbe e i frutti. Se poi alcuno vorrà costringerli sia scomunicato dal predetto Santo Pontefice e da tutti i santi. Se l’abate del monastero vorrà in altro luogo immettere animali del monastero a pascere siano liberi e già il mulino che costruì l’abate nel fiume di Mili sia anche libero, ed abbia la potestà di stabilirne anche altri dove vorrà nel predetto fiume ed ancora quando l’abate avrà bisogno di comprare o vendere alcune cose nella città di Messina, nel territorio siciliano o calabrese sia libero senza alcun pagamento di commercio; se poi alcuno mio erede o consanguineo essendo io vivo o morto vorrà perpetuare questa mia bolla o diminuire alcuna cosa del monastero sia maledetto dalla Santissima consustanziale Trinità ed abbia la maledizione di trecento e duecentodieci e otto Santi, Padri e sia privato della futura gloria.

All’approvazione, quindi, e confermazione di queste cose comandai che si facesse la presente sigillata con mio solito sugello di piombo che ho dato a te predetto venerabile abate.

Negli anni del mondo 6590.

Ruggeri conte di Sicilia e di Calabria.

Una prova dell’affetto che legava il conte Ruggero a questa abbazia è dimostrato dal fatto che morto il figlio Giordano nel 1092, egli volle che ivi venisse seppellito. Una lapide cinquecentesca oggi smarrita, ne rievocava l’episodio; essa portava la seguente iscrizione:

 

Jordanos Rogerii Comitis Filius Qui quantum

Fuit invictus consilium Auctore domesticae libertatis

Ipsa devicta a barbaris Sicilia demostrat occidit

Syracusis tandem hic tumulatus jacet. Anno MXCIII

 

Dell’abbazia di Santa Maria tipico esempio di architettura medievale bisogna evidenziare come in essa sia chiaramente visibile la complessa struttura monasteriale basiliana che, generalmente si basava su un’architettura con celle tricora e con copertura a volta e a cupola.

Nel XIV secolo e ancor prima fra il ‘200 e il ‘300 i monasteri basiliani subiscono una profonda crisi, causata dall’alienazione a privati dei beni ecclesiastici, e soprattutto, dall’opposizione degli svevi, che gli preferiscono i cistercensi e non solo per motivi politici, ma anche o meglio perché il territorio era troppo vasto perché restasse solo dominio dei monaci.

il monastero, come già riferito, non era soggetto alla giurisdizione vescovile e gli abitanti della vallata di Mili e di Larderia ne erano i vassalli. E’ più che certo, quindi, che la presenza dei monaci abbia richiamato in zona nuclei consistenti di contadini, che vi si stabiliscono in modo stanziale, per coltivare l’ampia estensione di terreni di cui l’abbazia era dotata. da tale insediamento ha origine, dapprima, il casale di Mili S. Pietro a monte, e, successivamente a valle, quello di Mili S. Marco, in una posizione topografica quasi identica.

Nel 1411 l’abbazia di Santa Maria fu ampliata e ristrutturata, favorendo un incremento più massiccio di abitanti nel territorio più a monte dove sorge l’attuale villaggio di Mili S. Pietro.

Nel 1478 fu nominato abbate del monastero Alfonso D’Aragona con diritto al voto al parlamento siciliano.

Nel 1542, per volere di Carlo V , le rendite del monastero furono concesse all’ospedale grande di Messina che unitamente al villaggio gli fu assegnato come feudo.

Nel 1599 sotto Filippo III durante la dominazione spagnola, fu fatto archimandrita di Messina Felice Novello, il quale avversava i basiliani e perciò ridusse tutti i monasteri in tre soli, quello di Messina , Palermo, Catania. Tuttavia ancora nel 1648 sul monastero di Mili veniva esercitata dall’Archimandrita.

Nel 1650 nel monastero di Mili erano presenti tre sacerdoti e un chierico e l’abbazia aveva un introito di 246 scudi e un uscita annua equivalente. A quell’epoca risale il dipinto, opera del pittore Francesco Laganà, oggi conservato nella chiesa parrocchiale di Mili S. Pietro.

 

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