Martial RAYSSE


Nato a Golfe Juan (Francia) il 12 febbraio 1936

Studia lettere, in seguito abbandona gli studi per dedicarsi alla pittura.

1957-59. Dipinge quadri astratti, riportando discreto consenso. Due esposizioni personali a Parigi (Galerie Longchamp, Galerie d’Egmont). Affascinato dall’invasione dei nuovi materiali di consumo in pvc, rimette tutta la sua carriera in discussione, esplora ogni sorta di magazzino e supermercato alla ricerca dei più svariati e colorati oggetti in materia plastica.

1960. Inizio della sua partecipazione a tutte le manifestazioni del Nouveau Réalisme di cui firma la dichiarazione costitutiva.

1961. L’esposizione Hygiène de la vision viene mostrata alla Biennale des Jeunes a Parigi. Espone a The Art of Assemblage al M.O.M.A. di New York, in seguito al Dallas Museum for Contemporary Art e al San Francisco Museum of Art.

1962. In giugno espone alla galleria Schmela a Dò sseldorf. In agosto, in occasione di Dylaby allo Stedelijk Museum di Amsterdam, realizza l’environnement The Raysse Beach in seguito esposto anche alla Iolas Gallery di New York. Utilizzazione di montaggi fotografici ritagliati, associati a serigrafie. Introduzione dei neon nella sua opera.

1963. In gennaio, Mirrors and Portraits alla Dwan Gallery di Los Angeles poi ai De Young Museum di San Francisco. Espone una grande scultura luminosa al neon, mateniale che utilizzera per altre installazioni.

1964. In maggio espone alla Dwan Gallery a Los Angeles. Giugno-luglio, Fontana, Martial Raysse, Salone Apoilinaire,Venezia. Luglio-ottobre Cinquante ans de Collage, al Musée d’Art et d’Industrie di Saint-Etienne poi al Musée des Ars Décoratifs, Parigi. Mythologies quotidiennes al Musée d’Art Moderne de Paris. Luglio-settembre, Figuration et Défiguration dans l’art al Musée des Beaux Arts di Gand. Novembre-dicembre, Made in Japan. . .Tableau horrible...Tableau de mauvais goùt, Galerie Jolas, Parigi poi a New York nel 1965. Si tratta di montaggi fotografici derivati da celebri quadri dei XIX secolo, come ad esempio Le bain turc di Ingres inserendo il neon ed utilizzando colori fosforecenti.

1965. La beauté c’est le mauvais goût, conversazione di Raysse con J.J. Lévêque su Arts del giugno 1965. In ottobre-novembre, Retrospettiva Martial Raysse, signore e schiavo dell’immaginazione allo Stedelijk Museum di Amsterdam.

1966. Partecipa alla XXXIII Biennale di Venezia, al padiglione francese. Vince il premio speciale riservato agli artisti under 45. In collaborazione con Tinguely e Saint-Phalle esegue scenari e costumi per L’Elogio della follia, balletto di Roland Petit messo in scena al Thé­ tre des Champs-Elysées. Primi Tableaux à géométrie variable. Questi ritratti femminili sono ottenuti mediante giustapposizione di pannelli assemblati in ordine sparso. Per l’artista questi volti evocano "la nostra esistenza in cui tut ti gli elementi sono profondamente etereogenei ma sono messi in coesistenza da una volontà che si confonde con la nozione stessa di vita".

1967. Esposizioni personali a Milano, Bruxelles, Parigi, Los Angeles, Colonia, Stoccolma. Cura scenario e costumi di Lost Paradise, balletto di Roland Petit messo in scena al Covent Garden, Londra e ripreso all’Opéra de Paris nei 1968. Realizzazione di due film: Jesus Cola, 35 mm a colori: Critica paranoica della società dei consumi e Portrait Electro Machin Chose, 16 mm a colori.

1968. Homero Presto, 35 mm,colore: "...descrive l’odissea di Omero applicando i metodi di consumo rapido.. .finirà male come d’abitudine" In marzo, Films, Galerie Claude Givaudan, Parigi. Marzo-aprile, Museum of Contemporary Art, Chicago. Giugno-ottobre, Documenta IV a Kassel. Dicembre, Trois jours, trois Martial Raysse, alla Galerie Iolas a Parigi.

1969. Partecipazione a numerose esposizioni collettive a New York, Pittori europei d’oggi (Jewish Museum). Londra, French Art since 1900 (Royal Academy of Arts). Berna, Pläne und Projekte als Kunst (Kunsthalle). Parigi, Peintres européens d’aujourd’hui (Musée des Arts Decoratifs). In settembre-ottobre, Une forme en liberté alla Galerie Iolas a Parigi (in seguito a New York nel 1970). Attraverso l’eliminazione successiva di ogni aneddoto, le ricerche precedenti sul viso femminile giungono ad una riflessione sull’indipendenza della forma di fronte "alle contingenze della sua rappresentazione" qualunque sia il suo formato e il materiale-supporto (cartone, metallo, carta). Si resta nel quadro delle ricerche trattate in Hygiène de la vision. Produzione del film Camembert Martial Extra-doux, 16 mm a colori: "della brava gente degusta un camembert allucinogeno; seguito e fine". Scene e costumi di Votre Faust, opera di H. Pousseur e M. Butor messa in scena alla Piccola Scala a Milano. In ottobre-novembre Retrospettiva Martial Raysse, opere ed oggetti alla Galleria Nazionale di Praga.

1970. Partecipazione al decimo anniversario del Nouveau Réalisme a Milano. Esposizione Oued Laou, Modem Art Museum, Monaco. Film: Le Grand départ 35 mm, colore. Ritiratosi dal circuito artistico, dà alla sua opera un nuovo orientamento.

1971. Film Pig Music B/N e colore.

1972. In aprile alla Galerie Iolas, Parigi: Six images calmes, sérigraphies et objets. Questa serie di piccole (60 x 75) immagini edoniste segna il ritorno di Martial Raysse alla natura.

1974. Maggio-giugno, Coco Mato, esposizione organizzata da Gilles Raysse a Parigi. Ne sculture, ne oggetti, ne assemblaggi, le cose di Coco Mato (nome di un fungo allucinogeno) sono composte da ogni sorta di materiali eterocliti (piume, spaghi, terra). Questi sono mezzi di meditazione ed anche strumenti di comunicazione. Questa ricerca si inscrive nel contesto delle esperienze comunitarie all inizio degli anni settanta.

1976. Giugno. Loco Bello Galerie Finkler, Parigi. Risultato di tre anni di lavoro. Questi disegni, pastelli, acquarelli e sculture affrontano dei temi rupestri o dionisiaci talvolta con una certa dose di humour. Testi-Poemi di Raysse nel piccolo libro-catalogo. Luglio-settembre, XXXVII Biennale di Venezia. Film Lotel des Folles Fatmas 25 minuti.

1978. In novembre, esposizione alla galleria Flinker, Parigi: Spelunca vedute della campagna italiana nella quale si avvicendano eroi antichi e semidei greci in scene casuali che obbediscono ad una logica propriamente pittorica.

1979. La petite maison, serie di piccoli dipinti ad acquerello su carta (24 x 21): Rappresentazione del decoro interno della casa attraverso diversi elementi come la porta, lo specchio, il camino.

1980. Giugno-luglio, Douze dessins, un jardin au bord de la lune Galerie Claude Givaudan, Ginevra. Film: Intra Muros, B/N e colore, 12 mm. iniziato nel 1977 e La petite danse, 15 mm. iniziato nel 1978.

1981. Febbraio-marzo, Martial Raysse 1970-1980, esposizione al Centre Georges Pompidou, Parigi.

1982. Giugno. Biennale di Venezia. Retrospettiva Martial Raysse ad Antibes, Château Grimaldi Musée Picasso, vengono presentate le opere recenti (1980-1982) in particolare dei nudi.

1984. Esposizione personale alla galleria Karl Flinker a Parigi.


 

 

Pierre Restany

Martial Raysse e l’igiene della visione


A trent’anni Martial Raysse (nato nel 1936 a Golfe-Juan) è già il prodigio della pittura francese, l’outsider che batte i veterani sul traguardo. La sua carriera, legata strettamente agli sviluppi della sua opera, è stata folgorante: è iniziata nel 1960 e tutto si è svolto tra Nizza, Los Angeles e New York. Parigi l’ha consacrato in ritardo e tramite una galleria americana operante in Francia, la galleria Jolas. In seguito alla sensazionale retrospettiva organizzata dallo Stedelijk Museum di Amsterdam nell’ottobre del 1965, il Tout-Paris dell’arte gli ha decretato un vero trionfo nel marzo del 1966 durante la prova generale dei balletti di Roland Petit, delle cui scenografie egli era autore con Niki de Saint-Phalle e Jean Tinguely.

La gloria a trent’anni! C’è di che far sognare tutti i falliti di Montparnasse. Martial Raysse ha fatto ampio uso del privilegio che è appannaggio del vero talento, nel bruciare tutte le tappe.

Viene in mente Velasquez, ritrattista di Filippo IV a ventiquattro anni; Raffaello, che a venticinque anni decorava le Stanze di Giulio II, Chardin, che a ventinove anni era accolto nell’Académie.

L’esordio della grande avventura avvenne nel 1960 con la fondazione del gruppo dei Nouveaux Réalistes alla quale partecipò. Può sorprendere l’adesione dell’artista nizzardo ad un programma d’azione collettivo, in evidente contraddizione con l’acceso individualismo del suo carattere. In realtà, a contatto con gli amici Yves Klein e Arman, il Nouveau Réalisme è stato per Raysse una sorta di rivelazione, l’occasione irripetibile per un colpo d’occhio nuovo sul mondo, o, per citare le sue parole, un higiène de la vision. (...) Lo affascina la profusione colorata dell’articolo di serie, la ricchezza delle vetrine, la marea di prodotti nuovi nei grandi magazzini. Desideravo - dichiarerà più tardi - che le mie opere recassero in se la serena evidenza di un frigorifero di serie, nuove, asettiche, inalterabili.

Per cominciare, realizza delle sculture cumulative, componendo materiali eterocliti con pochi punti di fusione precisi ma discreti: l’apparente fantasia del caso era, di fatto, sottomessa ad una stretta e unitaria coerenza nella quale trovava posto anche il particolare stridente o imprevisto. Da un materiale sintetico, leggero, dai colori volgari e chiassosi, egli ha saputo ricavare delle autentiche sculture, dalle forme equilibrate e dai volumi estremamente controllati. L’innato istinto di scultore gli ha consentito di trascendere quel materiale ingrato e deludente, di comunicargli una presenza ed una dignità nuove. Una presenza che all’inizio può sembrare fragile, ma che ben presto s’impone per la sua precisa coerenza, suscitando in noi risonanze insospettate e arricchendo la nostra percezione di un coefficiente di gioia spumeggiante e di calda allegria. Martial Raysse ha la capacità di esaltare il valore espressivo del materiale che ha scelto, e questo ritorno all’affettività sommersa dell’infanzia non è l’attrattiva minore dell’avventura.

Nel corso del festival del Nouveau Réalisme a Nizza, nel 1961, non potè resistere alla tentazione di realizzare il suo pieno nelle sale della galleria Muratore. Ma, rispetto a quella di Arman a Parigi, la sua accumulazione non ambiva affatto al monumentale: era tutta nella vetrina, come una scenografia di vacanze felici, di sole e di mare, un environment all’americana (Kaprow), ma stile Costa Azzurra.

Sempre di più Raysse cede a questa ossessione della facciata, della vetrina, del montaggio pubblicitario. C’è in lui un vero proselitismo del FAR VEDERE.

Egli è il maestro di scuola, l’istruttore militante dell’igiene della visione. Alla seconda Biennale di Parigi (1961), dove avevo durato tutta la fatica del mondo per farlo invitare, presentò sotto questo titolo un mobile da esposizione dedicato all’Ambra Solare sormontato da un’immagine di bagnante, in grandezza naturale, di cartone colorato. Quel ready-made funzionale e complesso portava un irresistibile soffio d’aria pura, di salute e di sole in quel tortuoso dedalo sovraccarico di buona pittura laboriosa e soddisfatta. (...).

Rompendo con il tachisme dominante, ma anche con il sentimentalismo demagogico della junk culture anglo-sassone, il culto del detrito, la visione di Martial Raysse si organizza intorno ad un aspetto particolare della realtà, nell’organico contesto della sua vita quotidiana, su quella riviera nizzarda che è il suo paese natale e che rimane ancora oggi il suo ambiente di lavoro preferito. Infatti, egli sceglie la SUA realtà, scopre la SUA Costa Azzurra. Ossessionato, come tutti i mediterranei, dall’idea della morte, rifiuta di ammetterne l’ossessiva presenza nella sua pittura, rifiuta di speculare sul disfacimento cellulare. La sua opera esalterà la gioia di vivere, la libertà e il sole. La gioia di vivere in tutta la sua modernità e la sua inesauribile efficienza, con tutte le risorse della tecnologia e gli artifici della messa in scena.

In realtà, se Raysse ha tratto dal Nouveau Réalisme il fondamento di un linguaggio e il senso preciso della modernità, ben presto i suoi interessi assumeranno un orientamento ed uno sviluppo perfettamente autonomi. Nel 1962 si ha il culmine del primo periodo dominato dalla espressione quantitativa (accumulazioni di oggetti di plastica, scaffali di grandi magazzini, allestimenti di vetrine, effetti pubblicitari). Alla mostra collettiva organizzata allo Stedelijk Museum di Amsterdam per la partenza di W. Sandberg (Dylaby), presenta la Raysse Beach, una piscina-assemblage, con boe e fotografie di bagnanti in grandezza naturale sul tema della spiaggia, il tutto dominato da una grande insegna al neon. E’ la prima volta che l’artista nizzardo adopera il neon nella scultura e il segno-insegna Raysse Beach è la prima di una serie di opere concepite in funzione delle possibilità plastiche intrinseche a questo materiale luminoso. Raysse si trasforma in mago demiurgo nell’organizzare le metamorfosi elettriche delle sue sculture al neon, realizzate parallelamente alle ricerche pittoriche.

L’environment della spiaggia è ripreso nel novembre del 1962 a New York e di lì Raysse raggiunge la California del Sud (Los Angeles) che vede molto vicina alla Riviera di Nizza. In quell’occasione si produce in lui l’apertura liberatrice, con l’intuizione dell’esistenza di un indice qualitativo al di là della quantità, ma inseparabile da essa. Come Yves Klein, anch’egli cercherà la sua strada attraverso il colore e la sua impregnazione, un colore visto come realtà tangibile: le sue bagnanti sulla spiaggia sono sature di luce. Ma il colore si inscrive nel quadro di una realtà organizzata, creata dagli uomini per sè e a propria immagine.

Da Nizza a Los Angeles la natura di Raysse spiega le sue ricchezze fastose, le sue perle al neon, il lusso delle sue città, lo splendore del suo sole, il blu addomesticato del suo cielo e del suo mare: una natura estremamente sofisticata, ma il segreto della bellezza Raysse-made è proprio in quell’artificio.

     Raysse. "Souviens-toi de Tahiti, France"  (1963)

Su queste basi naturalistiche Martial Raysse ha maturato, con la folgorante rapidità che è esclusivo appannaggio dei grandi, un’autentica filosofia della visione: un istinto vitale portato in uno sguardo sul mondo. La semplicità dei mezzi adoperati è pari alla loro efficienza: interna strutturazione dell’immagine impiego di un colore vaporizzato e fluorescente, effetti luminosi artificiali (luce elettrica e neon). La pittura, per Raysse, è innanzi tutto ricerca di una nuova struttura spaziale: tutto il resto vi è subordinato. L’ingrandimento fotografico dei visi o dei corpi origina una nuova sensualità e monumentalità nella presenza umana.

Il colore distribuito col vaporizzatore, scelto nei toni più alti e più vivi (arancio, rosso carminio, verde acido, blu oltremare, viola scuro) delimita i contorni e separa la realtà tangibile dallo spazio circostante. L’impiego del neon per dar risalto ad una forma nello spazio, impreziosire taluni effetti tono su tono o determinare una scomposizione locale del colore per il contrasto della fluorescenza, arricchisce la scala cromatica di una gamma supplementare di modulazioni.

La strutturazione dello spazio tangibile è ottenuta con la sovrapposizione di piani giustapposti in profondità o in spessore, oppure ritagliando forme e profili in profondità: alcuni quadri-assemblages del 1964-1965 comportano una decina di piani differenziati a diversi livelli; altri comprendono una zona-schermo adibita alla proiezione incessante di immagini di un film. Infine, per ottenere effetti supplementari di opacità o di lucidità, Raysse si è servito del flocage (tessuto plastico vaporizzato direttamente). In occasione della trentaseiesima Biennale di Venezia (1966), alla quale era invitato per la sezione francese, Raysse realizzava una gigantesca composizione distorta, concepita per arredare una parete della sala a sua disposizione.

(...). Per Martial Raysse, come per chiunque abbia saputo scegliere e consolidare la propria visione del mondo, non esistono differenze tra il sogno e la realtà, tra la realtà e la finzione: tutto è creazione pura. Viene fatto di pensare al grande fauve la cui arte culminò, al tramonto della sua vita, in una festa del colore e nel trionfo dell’arabesco, le carte ritagliate...

E’ chiarissimo: il Nouveau Réalisme ha dato alla Francia e al XX° secolo un nuovo Matisse.

 

Pubblicato in: NUOVO REALISMO di P.Restany, 1973.

 

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