Pierre Restany

L’invenzione della palissade


(...). L’attività di Hains si svolge secondo due direttive fondamentali. Vi si osserva dapprima un’intenzione estetica che si aferma progressivamente. La ricerca di una forma libera, specifico prodotto della lacerazione, è portata all’estremo. Nasce così una serie di forme accentrate e condensate che evocano l’ala di un uccello, il ricco piumaggio di un pappagallo, lo sviluppo irregolare di una spirale, su fondi monocromi. I colori sono vivi e cangianti, a volte fino alla lussuria, ma la visione di Hains non è limitata ad un rigido sistema di richiami estetici. In contrasto con queste forme ordinate naturalmente, alcune lacerazioni hanno l’aspetto di spazi impressionisti, con note frammentarie diffuse sull’estensione della superficie. Di qualunque tipo possano essere le analogie plastiche suscitate da queste immagini nello spettatore, esse non sono belle solo in quanto richiamano dei Matisse, dei Mathieu o dei Fautrier, ma per una loro specifica originalità: nessuna tecnica tradizionale potrebbe produrne di simili (pittura, incisione, disegno, stampa). Hains, tuttavia, ama gli incontri fortuiti con l’arte dei pittori come fattore supplementare di complessità per l’immagine scomposta della lacerazione.

Di fianco a questa prima ricerca estetica, si è venuta parallelamente sviluppando in Hains una forma di mitologia umoristica, generatrice d’associazioni d’idee imprevedibili, ma retta da una specifica logica delle contraddizioni. I manifesti strappati di questo tipo costituiscono in un certo senso i supporti materiali, le incarnazioni sensibili della mitologia hainsiana. Non si tratta di miniature, o di tappeti persiani della strada, ma d’autentici crittogrammi che risultano organizzati (o disorganizzati) intorno ad una parola o ad una frase. Il commento intorno al crittogramma assume la stessa importanza della sua invenzione. L’immaginazione dell’inventore di manifesti viene articolata intorno a parole-chiave d’ampiezza e significato mitici, parole-immagini, o giochi di parole comuni, che formano le basi necessarie all’interminabile cammino di un pensiero tematico in continua progressione, permanentemente aperto a nuove invenzioni. L’invenzione tematica di Hains è, in effetti, puramente verbale. La sua logorrea associativa è nello stesso tempo il commento esplicativo e il punto di riferimento per l’ordinamento della sua opera: un testo scritto, con le sue esigenze sintetiche, non si adatta per nulla a questo pedone osservatore in perpetuo monologo con se stesso. Le scoperte più importanti si accumulano nella sua memoria, premendola in maniera ossessiva.

(…). L’inventore si pone a distanza rispetto all’oggetto della sua invenzione. La sua responsabilità esige obiettività: si preoccupa di presentare obiettivamente l’immagine inventata, distingue nettamente tra invenzioni estetiche e operazioni crittografiche. La partecipazione attiva dello spettatore nell’operazione di riconoscimento è, secondo i casi, sollecitata a diversi livelli. Quando, infine, l’umorismo si manifesta, non costituisce un fine in se, ma un processo tecnico e dialettico ad uso interno dello spettatore.

La teoria dell’invenzione è di capitale importanza. L’invenzione è una forma del conoscere, una maniera di percepire e di comprendere le cose illimitatamente (o piuttosto fino a limiti che coincidono con il mondo). Il mito dell’invenzione della palissade simbolizza in Hains questa visione cosmica. Il mondo intero è un quadro e la palissade (aree riservate all’affissione) non è un tipo di pittura, ma la pittura a portata di mano. E’ chiara la distanza che separa Hains da Marcel Duchamp, per il quale l’orinatoio era una scultura e non la scultura. In questo spirito Hains espose alla prima biennale di Parigi, nel 1959, La Palissade des emplacements réservés, uno dei fatti più sensazionali in quella manifestazione. La palissade, con i suoi lembi di carta strappata, rappresenta un passo avanti nell’operazione affichiste, poiché l’immagine lacerata è presentata sul suo supporto originale. E’ un gesto sintetico, ma anche liberatore: Hains precisa di non voler restare schiavo delle sue invenzioni. L’invenzione della palissade segna un’appropriazione generale e definitiva: egli ha usato, una volta per tutto, del suo privilegio d’osservatore, e le invenzioni ulteriori sono soltanto disbrighi d’affari ordinari, normale amministrazione del suo patrimonio, eseguita dal principe per il suo piacere.

     Hains. "La Palissade des emplacements réservés" (1959)

In una linea di supremo estetismo. s’inscrive la serie delle lamiere tagliate, manifesti strappati presentati sul loro supporto metallico (la lamiera vi occupa un posto esattamente identico a quello della palizzata di legno), la cui presenza plastica è di straordinaria qualità e ricchezza. Ci troviamo ormai nel campo dell’assoluta arbitrarietà dello spettatore. L’invenzione è un atto libero, contiene in se le proprie motivazioni e le proprie giustificazioni. Hains è pienamente disponibile al manifesto strappato, alle lamiere ed alle palizzate, ma rifiuta di diventarne il raccoglitore sistematico. La sua mitica passeggiata prosegue ricca d’illuminanti incursioni, che aggiungono nuovi elementi alla stratificazione tematica.

Il pensiero mitico di Hains si organizza intorno all’invenzione della palissade con perfetta coerenza. Ad ogni stadio d’articolazione la partecipazione attiva dell’osservatore è richiesta da simboli oggettivi che costituiscono degli autentici modelli di comportamento.

La costruzione mitologica di Hains è subordinata ad una preoccupazione altruista: mira a stabilire la comunicazione mediante un simbolismo tecnico. Invece di trincerarsi nella sua torre d’avorio, Hains c’invita a seguirlo nell’universo appropriativo della sua visione. Sta a noi decifrare i simboli tecnici di quest’invito al viaggio e servirci consapevolmente di tali strumenti di partecipazione. Per chi vi rimane estraneo, questo nuovo realismo rappresenta probabilmente il culmine di un certo manierismo: è valido prevalentemente per lo stile, cioè per la maniera di servirsene.

(...). "Inventare - afferma - è per me, andare davanti alle mie opere. Le mie opere esistevano prima di me, ma nessuno le vedeva perché saltavano subito alla vista". Gli occhiali.scanalati. (camera scanalata permanente e portatile) realizzano l’alterazione immediata e generale della visione Esse permettono prima di tutto - al primo venuto, a chiunque - di percepire l’ultra-lettera, cioè di vedere la lettera come una cosa. Ed è solo allora che la lettera diventa veramente il segno delle cose. Il simbolo della lettera scomposta, trasportato per così dire da queste lenti che confondono la vista, è il filo d’Arianna del labirinto hainsiano e ci conduce direttamente alla camera oscura di questo cinema individuale, la palissade. Che lezione ritenere dall’invenzione della palissade, se non quella che la pittura è dappertutto? Se la palizzata può costituire un quadro, è perchè raffigura il mondo ed è il solo, l’unico, il ready-made per eccellenza. I manifesti strappati sulle palizzate sono la poesia, il fiore, la dolcezza. Gli entremets della palissade Hains c’invita a gustarli: ha scoperto che una ricetta di pasticceria ha questo nome; è un contorno circolare di wafers che rinchiude una cupola di crema ricoperta di lamponi. L’enciclopedia Clarté dedica perfino una pagina a colori a questa spettacolare ricetta di gastronomia: Hains espone questo documento al Salon Comparaisons nel maggio del 1960. Ed è solo un saggio della vera Cena che avrà luogo un anno più tardi, il 13 luglio 1961. Durante il festival del Nouveau Réalisme a Nizza, l’inventore della palissade divide due giganteschi entremets e li distribuisce ai presenti Finalmente può vantare "tenuto conto della Cuisine des anges, del Déjeuner sur l’herbe, o del Pain di Dalì ", di aver applicato al mondo della pittura il Larousse gastronomico e le arti domestiche. La Cena del 13 luglio 1961 non ha altra motivazione: anche Cristo, quando lavava i piedi dei discepoli, non lo faceva per umiltà, ma per far pensare ai piedi.

Con gli entremets, la palissade diventa un dolce alla crema. Quest’avvenimento è il fatto pubblicitario che consacra e conferisce il suo vero valore al ready-made universale. Il ragionamento è rigorosamente reversibile: le paste alla crema sono esse stesse delle palissades, sono anzi il clou della palissade. Qualunque cosa - vista per se stessa - è un’opera d’arte.

(...). Il sale della terra: ecco finalmente da dove deriva il ragionamento senza pari di questa strana personalità, impossibile a collocarsi nel quotidiano, caricata fino al delirio verbale, radicata nelle sue litanie ossessionanti, eppure desiderosa di instaurare una comunicazione basata sui propri simboli. Senza voler identificare totalmente la mitologia hainsiana con lo spirito del Nouveau Réalisme, occorre dire che la teoria dell’invenzione e la metodologia del comportamento che ne discende rappresenta uno dei maggiori contributi allo sviluppo di-questa operazione di sintesi, direttamente appropriativa della realtà. Nel rimettere in discussione le norme dell’espressività contemporanea, Raymond Hains ha toccato il punto capitale: quello delle prime verità e dei miti di base.

 

Pubblicato in NUOVO REALISMO di P. Restany 1973.


Raymond HAINS

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