Daniel Spoerri

Quadri-trappola (1960)


Cosa faccio? Io fisso delle situazioni che si sono prodotte accidentalmente per far si che restino assieme in modo permanente. Con la speranza di rendere scomoda la situazione dell’osservatore. Ritornerò su questo punto più tardi.

Devo confessare che non dò alcun valore alle realizzazioni creative individuali. Forse è una sorta di snobismo, ma ben prima di aver fatto dei quadri-trappola, ero già convinto di questo. Per me, i quadri-trappola sono semplicemente un nuovo mezzo per esprimere questa convinzione. Non ho niente contro le opere creative degli altri, o almeno dovrei dire contro la maggior parte di esse. L’arte m’interessa se dà una lezione d’ottica, senza riguardo per l’interpretazione individuale o più o meno oggettiva che se ne faccia. In ogni caso la frontiera è difficile da fissare, l’osservatore è secondo me, sempre autorizzato a delle reazioni individuali o almeno così dovrebbe essere. Nel mio caso, la lezione d’ottica si basa sul fatto che si tratta di concentrare l’attenzione su delle situazioni e parti della vita quotidiana che sono poco rilevanti, se non del tutto.

D’incoscienti punti d’intersezione, propriamente parlando, dell’attività umana, o, in altri termini, la precisione formale ed espressiva del caso non importa in quale momento dato. E io posso permettermi di trarre dalla vitalità dell’accidentale poichè io sono, a mia volta, suo orgoglioso e modesto assistente. Orgoglioso perchè firmo col mio nome quel che ha prodotto e dunque non ne sono responsabile. Modesto perché mi accontento d’essere suo assistente (ed è male, perchè la mia modestia è grande). Assistente dell’accidentale - potrebbe essere la mia qualifica professionale. Ma devo ammettere che non sono il primo. D’altra parte è lo stesso - non considero l’originalità come assolutamente necessaria.

     Spoerri. "Le repas hongrois" (1963). Musèe National d’Art Moderne - Centre Georges Pompidou, Paris. PHOTO: MNAM Centre Georges Pompidou.

I miei quadri-trappola dovranno suscitare la scomodità, perché odio le stagnazioni. Odio le fissazioni. Amo il contrasto prodotto dal potere fissatore degli oggetti, amo estrarre gli oggetti dal flusso dei cambiamenti costanti e le loro perpetuali possibilità di movimento; e questo nonostante il mio amore per il cambiamento e il movimento. Il movimento, la fissità, la morte devono produrre il cambiamento e la vita, almeno amo crederlo.

Un ultima cosa. Non guardate questi quadri-trappola come dell’arte. Essi sono piuttosto una sorta d’informazione, di provocazione, dirigono lo sguardo verso delle regioni alle quali generalmente non si presta attenzione, è tutto.

L’arte, che cos’è? Sarà forse una forma di vita? Può essere in questo caso?

Pubblicato in: 1960 LES NOUVEAUX REALISTES catalogo esposizione M.A.M. di Parigi 1986, tradotto dal francese.


Daniel SPOERRI

Indice scritti