Villeglé

Le Lacéré Anonyme


Al tempo dell’apparizione di Hepérile éclaté, questo piccolo libro dedicato ad una fauna zebrata d’ultra-lettere-baiadere, ondine scanalate della nuova mitologia, con Hains avevamo specificato su quattro pagine:

 

Noi non abbiamo scoperto le ultra-lettere, noi ci siamo piuttosto scoperti in esse.

La scrittura non ha atteso il nostro intervento per esplodere, esistono delle ultra-lettere allo stato selvaggio. Il nostro merito, oltre alla nostra astuzia, è di aver visto delle ultra-lettere, là dove eravamo abituati a vedere delle lettere deformate.

 

Vi è motivo di ampliare questi discorsi parlando del segno del gesto allo stato selvaggio: la lacerazione degli affiches. Le lacerazioni vengono dall’anonimato, avrei preferito vedercele restare, così come Arp desiderava per le sue opere dette concrete. Sarà bene riprendere La peinture au défi (la pittura alla sfida) probabilmente il primo testo che sistematicamente si sia sforzato di delineare, dopo Lautréamont lo storico di quest’arte, il collage, che cerca di affermarsi fuori dell’individualismo. Per la sua riedizione, nella prefazione che ha scritto alla pubblicazione della sua opera romanzesca, Aragon proclama nuovamente l’importanza della personalità della scelta, preferita alla personalità del mestiere.

Talvolta, dopo aver staccato un frammento di palizzata, la timidezza di un certo strappo mi spinge a dare il colpo di pollice disinvolto ma necessario per farlo risaltare, quel che per me non cambia, sebbene abbia eluso la teoria pittorica spontaneista, è il prestare il fianco ai miei avversari della passione fredda, gli anti-spontaneisti. Così se la mia esperienza plastica, che non posso reprimere, elabora negandolo, il gesto dell’impulsivo della strada è per una voglia comune di produrre e creare dei falsi.

Dei falsi? No, ricordiamo questa discussione hegeliana tra Arp e Mondrian: quest’ultimo opponeva l’arte artificiale alla natura naturale. Io penso, ed Arp non mi avrebbe smentito, che se l’arte è dell’uomo, l’uomo stesso è natura, anche se deve affermarsi in opposizione alla natura. Che la mia mano continui il gesto abbozzato di uno sconosciuto, per trarne gloria, sarebbe stupido - la speculazione appropriativa dell’oggetto non deve essere abbassata al livello di un procedimento d’atelier - sarebbe come ritornare al gioco del fesso che è diventata la pratica del disegno e della pittura.

 

Tende alla glorificazione stupida della mano e nient’altro. È la mano la gran colpevole, come accettare d’essere lo schiavo della propria mano? E’ inamissibile che il disegno, la pittura siano ancora oggi a com’era la scrittura prima di Gutenberg  

(André Breton).

 

Resta disdicevole il firmare un affiche - che l’operaio in pittura Fernand Léger avrebbe considerato come inutilizzabile - ma rima-ne che con il mio marchio ne facilito la riconoscibilità e lo preservo dalla distruzione. La bellezza è tributaria della contingenza borghese. E la contingenza è il peccato, dice Jean-Paul Sartre, con cui sono d’accordo su questo punto e in questo caso.

In compenso, se firmo, non sarebbe normale se i successivi acquirenti o sceglitori controfirmassero anch’essi, riprendendo semplicemente un usanza cinese che invitava il collezionista ad aggiungere il suo timbro accanto a quello dell’artista? Dividendo il mio merito d’inventore, con l’aggiunta della loro sigla diminuirebbe in proporzione l’importanza della mia impronta e riporterebbe un poco la lacerazione al suo anonimato di partenza.

Poichè non posso guardare la lacerazione dell’anonimo o la mia opzione selettiva come la trascrizione o l’oggettivazione di un esperienza vissuta da un solo individuo predestinato, l’artista.

L’insieme dei laceratori, rapitori, guardoni e collezionisti sarà dunque distinto dalla denominazione generica di Lacéré Anonyme, e saranno questi a redigere il verbale di un attività, il cui autore sembra inafferrabile, con cui si delineerà il mio scopo o piuttosto, ricostituendo l’opera estetica di un incosciente collettivo, a personificare il Lacéré Anonyme? Thoré-Burger che riscoprì Vermeer nel secolo scorso, non fece altrimenti.

     Villeglé. "Le Nouveau Demours, février 1959"

La scelta essendo stata considerata in partenza, l’invenzione della palizzata, è creatrice. Essa è più che la semplice presa di coscienza di un collettivo creatore ed anonimo. Questo collettivo anonimo non deve in nessun modo sembrare ad una società fondata senza garanzia di governo. Il legame che la denominazione Lacéré Anonyme potrebbe stabilirsi tra gli individui di questo raggruppamento d’interesse, che d’altra parte s’ignorano e si oppongono, non può essere che il legame dell’impegno culturale.

Per avallare il segreto della creazione dell’opera lacerata, ho organizzato nel giugno 1959 nell’atelier di François Dufrà ne, in rue Vercingétorix, una serie di serate intitolate Lacéré Anonyme. Con questo nome generico ogni opera riveste un carattere preciso. Essa può essere guardata seguendo la localizzazione del ritrovamento, o seguendo la predominanza estetica, documentaria o affettiva che l’osservatore vi discernerà.

La barbarie gestuale di una moltitudine s’individualizza per divenire la più rilevante manifestazione d’arte fatta da tutti e non da uno solo della nostra epoca.

Quando Calibano diventa pittore, che avviene del pittore di mestiere e di questo mestiere?

 

Pubblicato in: LACERE ANONYME di J. Villeglé ed. Centre National d’art et de Culture G. Pompidou - 1977, tradotto dal francese.


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