Dall’etica alla bioetica
All’inizio, l’uomo, che conosceva poco o nulla della propria esistenza
e della natura che lo circondava, ha sicuramente regolato i suoi rapporti
con l’ambiente e con i propri simili su principi fondamentali di comportamento
che oggi possiamo definire ‘principi etici’.
Imparando a conoscere le ‘regole dell’esistenza’ e spinto dalla sua
intelligenza, ha progredito nel rapporto sociale introducendo e adottando
norme valide per tutti che costituiscono, oggi, il bagaglio deontologico
e giuridico della così detta ‘società civile’.
Sono certo che proprio dall’approfondire la conoscenza della sua ‘fisicità’,
con la finalità di preservarne qualità e durata, è
scaturita la conoscenza di quell’astratto principio di ‘religiosità’
istintiva dell’uomo raziocinante che ha portato alla definizione di ‘vita’
come principio che accomuna nello stesso essere le componenti fisiche e
spirituali che lo compongono.
Mi basta ricordare che, prima della distinzione dei compiti diversi
e distinti riservati al sacerdote e al medico, era lo sciamano o lo stregone
ad esercitare il duplice ruolo di figura di riferimento per le esigenze
fisiche e spirituali che andavano dall’essere medico per la cura del corpo
all’essere sacerdote depositario di poteri soprannaturali e tramite con
la divinità, con facoltà di esercitare un potere riconosciuto
superiore anche a quello di pura forza fisica e di condottiero del ‘capo’
e del quale lo stesso ‘capo’ era rispettoso.
Da pochi, ma ormai possiamo anche dire diversi anni, il linguaggio
della scienza si è arricchito di un nuovo termine:’bioetica’.
Una parola che, nell’associare i principi di ‘vita’ e di ‘comportamento’,
vuole riassumere l’obiettivo di definire e stabilire, motivandoli, i limiti
di un comportamento moralmente accettabile nel rispetto del concetto di
vita per quanto riguarda la ricerca che sia risposta all’innato desiderio
di conoscenza e progresso dell’uomo per realizzare la ricordata aspirazione
di preservare qualità e non solo durata dell’esistenza di ogni singolo
individuo.
Quando si usa l’aggettivazione di ‘bioetica’ si pensa automaticamente
ad un termine generalmente usato per un delimitato settore che coincide
quasi sempre con la ricerca scientifica in campo biomedico.
Credo però che ciò non sia ‘bioeticamente’ corretto.
Proprio perché la decisione di rispondenza al valore ‘bioetico’
è storicamente demandata ad un giudizio multidisciplinare, penso
sia più opportuno estendere il principio di un preliminare giudizio
‘bioetico’, pluridisciplinarmente espresso, ad ogni altro settore di interesse
per la vita quotidiana oltre a quello della ricerca e del progresso in
campo medico.
La medicina, la sanità, la salute sono diritti riconosciuti
della persona che, però, spesso subiscono condizionamenti e limitazioni
da parte di altri principi riconosciuti anch’essi come diritti fondamentali
di ogni individuo: libertà politica, religiosa e di espressione,
istruzione, occupazione e giusta retribuzione, giustizia ed economia.
Soltanto per averne citate alcune, potrebbe essere utile che ai ‘Comitati
etici’, previsti a supporto di scelte di bioetica in campo sanitario, altri
se ne aggiungessero per scelte a sostegno di una bioetica ‘culturale’,
‘politica’, ‘economica’.
Rendiamo il termine ‘bioetico’ non aggettivo, ma sostantivo, al quale
aggiungere l’espressione delle principali attese e aspirazioni della vita
dell’uomo.
Mario Bernardini
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