Testata
La verifica di qualità delle prestazioni in omeopatia

Clinical audit: il controllo della prescrizione

Prof. Edoardo Felisi (*)


 

Il concetto di qualità ha assunto un ruolo sempre più importante negli ultimi decenni interessando aspetti sempre più vasti della vita del singolo individuo e della collettività.
Agli inizi degli anni ’80 è iniziato un vivace e diffuso dibattito sulla qualità dell’assistenza sanitaria che ha evidenziato non solo i problemi tecnici e organizzativi connessi alla valutazione e al miglioramento dei livelli di qualità, ma anche la definizione stessa del concetto di qualità applicato alla pratica medica e al servizio sanitario.
Nel tempo il concetto di qualità si è trasformato evolvendo da una visione riferita soltanto agli aspetti tecnico-scientifici o professionali ad un sistema più complesso comprendente anche i problemi del management e la capacità di interagire con il paziente in modo da raggiungere la soddisfazione dell’utenza.
La definizione più moderna di tale concetto è probabilmente quella di Richard Baker, direttore dell’unità di ricerca e di sviluppo del Clinical Governance dell’Università di Leicester.
“La qualità può essere definita come il giudizio su un elemento dell’assistenza sanitaria. Tale giudizio è determinato dalla misura in cui gli aspetti tecnici dell’assistenza sanitaria concordano con le migliori prove oggi disponibili, oppure, in mancanza di prove, con l’opinione più accreditata, è conforme alle preferenze dei pazienti ed è autorizzato dai codici che regolano la pratica clinica, esplicitamente espressi mediante regolamenti e legislazioni o impliciti nell’opinione pubblica”.
La definizione del concetto di qualità rappresenta quindi il primo passo verso la costituzione di un sistema di controllo che prevede successivamente l’elaborazione e la valutazione dei metodi per misurare e migliorare la qualità.
Una delle più importanti iniziative intraprese nell’area della pratica clinica, negli ultimi anni, è stata senz’altro l’introduzione del “clinical audit” inteso come un metodo sistematico di miglioramento della qualità delle cure fornite al paziente. In questo ambito si inserisce il controllo della qualità della prescrizione in medicina, in generale, e in omeopatia in particolare.
In Gran Bretagna il clinical audit ha avuto un grande impulso a partite dal 1989 e da allora sono stati realizzati numerosi lavori che hanno portato ad un notevole miglioramento della pratica clinica in diversi ambiti della medicina.
In campo omeopatico si è particolarmente distinto in questo tipo di ricerche un gruppo di lavoro del Royal London Homeopathic Hospital coordinato da Fiona Sharples e Robbert van Haselen che ha potuto affrontare il problema del controllo di qualità riferendosi sia al singolo prescrittore sia ad una struttura più complessa in cui l’erogazione del servizio è strettamente connessa al coordinamento di più professionisti e di diversi reparti.
Il clinical audit è quindi un processo che coinvolge l’osservazione sistematica delle procedure diagnostiche, dell’assistenza al paziente e delle pratiche terapeutiche, per l’esame dello sfruttamento delle risorse e per la valutazione dei risultati e della qualità di vita del paziente.
Il controllo della qualità della prescrizione è quindi un processo complesso che deve considerare i risultati in relazione alla disponibilità e all’organizzazione delle risorse (umane e di mezzi strumentali) richieste per l’erogazione del servizio. I risultati dell’intervento clinico possono essere considerati, a loro volta,  sotto diversi punti di vista: 
- l’effetto sulla salute e sulla qualità di vita del paziente
- il controllo dei sintomi
- la soddisfazione del paziente rispetto alle cure prestate
- l’evoluzione della malattia.
Occorre sottolineare inoltre i rapporti tra clinical audit e sperimentazione clinica, perché ambedue pongono domande sulla qualità dell’assistenza, ma presentano similitudini e differenze. ‘’L’audit è un processo teso ad influenzare le attività di un individuo o di un piccolo gruppo; la sperimentazione clinica cerca invece di influenzare l’assistenza sanitaria nel suo insieme.’’ Crombie et al (1993), “The Audit Handbook: Improving Healthcare through Clinical Audit".
Il controllo di qualità della diagnosi e della prescrizione omeopatiche pone i problemi che in generale devono essere affrontati nel clinical audit della medicina convenzionale, ma necessita anche della risoluzione di problemi che sono peculiari al metodo stesso, quali, ad esempio, la personalizzazione della terapia, la difficoltà di definire degli standard nella terapia di terreno e la scarsità di strutture sanitarie che eroghino un servizio su larga scala.
Nell’ambito del medical audit, cioè il controllo di qualità che può esercitare il singolo medico sulla propria prescrizione, vengono presi in considerazione in genere solo gli aspetti del processo e la valutazione dei risultati, perché gli aspetti strutturali, in questo contesto, sono marginali eccetto nel caso di situazioni limite.
In Omeopatia, il controllo del processo può avvenire soltanto se si verificano alcune condizioni indispensabili per poter ovviare alla disomogeneità dei dati.
metodo di raccolta dei dati ben strutturato e omogeneo nel tempo
- registrazione dei dati in una cartella 
- metodologia di selezione dei medicinali articolata in un sistema di riferimento sufficientemente costante (repertorizzazione, metodo a griglie successive, metodo ad aree a diverso grado di similitudine, ecc.)
- definizione dei criteri per il follow-up
La presenza di questi elementi è indispensabile per poter confrontare il processo che porta alla prescrizione con degli standard di buona qualità concordati all’interno di un gruppo di revisione fra pari o con degli standard definiti da associazioni professionali.
La valutazione dei risultati può essere realizzata seguendo due diversi tipi di strategia:
- quantificando la sensazione di benessere o la qualità di vita del paziente e/o la soddisfazione nei confronti della terapia
- analizzando il controllo dei sintomi e/o l’evoluzione della malattia.
Abitualmente nel medical audit la strategia più frequentemente utilizzata è la prima perché permette un approccio più aderente alla visione omeopatica del binomio malato-malattia, perché non necessita di standard diversi per ogni malattia, non presuppone la definizione di end point e l’esecuzione di complicate misurazioni strumentali.
Il successo, che il clinical audit ha avuto nella medicina convenzionale contribuendo ad un significativo miglioramento dell’assistenza sanitaria, costituisce un importante stimolo per i ricercatori omeopatici che hanno cominciato ad affrontare i problemi specifici che tale metodica comporta nella sua applicazione all’omeopatia. E’ auspicabile che tale interesse non si limiti a poche persone particolarmente illuminate, ma che possa coinvolgere sempre più medici, che praticano le medicine complementari integrandole nella medicina convenzionale, educandoli ad una cultura costantemente tesa al miglioramento della qualità professionale.

(*)Relazione  
al  2° Convegno Nazionale SIOMI 
(Roma 24-25 /11/2001)


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