Testata
Le "colpe" del medico

La sentenza della Corte Suprema di Cassazione a sezioni riunite penali sulla ‘responsabilità professionale dei medici’(n. 27 del 10 luglio 2002, depositata l’11 settembre) merita di essere letta con attenzione e nella sua interezza per lo specifico argomento trattato nel contesto di un processo che sembra sia stato utile essenzialmente per fornire  utili indicazioni per avere unità di comportamenti valutativi in una materia  così particolare e delicata quale è appunto il contenzioso che si apre successivamente a non gradite conclusioni di eventi legati alla salute.
Ben lungi dall’avere la presunzione di poter argomentare la sentenza con competenza giuridica, ma rispolverando la preparazione in medicina legale che risale alla frequenza del Corso del prof. Gerin degli anni ‘50,  vi ho ritrovato gli elementi fondamentali che devono guidare la condotta del medico in ‘scienza e coscienza’ con la costante attenzione ad una professione da svolgere con quella ‘prudenza  perizia e diligenza’ che determinano ‘di fatto’ la tranquillità del medico per l’attività svolta nel rispetto di un’etica e di una deontologia anche e pur sempre soggette al preminente valore dei Codici di giustizia.
Anche successive e più recenti disposizioni, sia pur di rilevante importanza, quali le modalità di acquisizione e la registrazione del ‘consenso’ del paziente (che peraltro non mi ricordo sia mai citato nella sentenza) sembrano perdere rilievo nei confronti del fondamentale quesito ai quali i supremi Giudici hanno voluto rispondere e che qui di seguito viene riportato.
E’ stato sottoposta all’esame delle Sezioni Unite la controversa quetione se”in tema di reato colposo omissivo improprio, la sussistenza del nesso di cusalità fra condotta omissiva ed evento, con particolare riguardo alla materia della responsabilità professionale del medico-chirurgo, debba essere ricondotta all’accertamento che il comportamento dovuto ed omesso l’evento sarebbe stato impedito con elevato grado di probabilità ‘vicino alla certezza’, e cioè con un percentuale di casi ‘quasi prosssima a cento’, ovvero siano sufficienti, a tal fine, soltanto ‘serie ed apprezzabili probabilità di successo’della condotta che avrebbe potuto evitare l’evento”.
Nella successiva elencazione valutativa vengono ricordati alcuni postulati di estremo interesse. 
In quanto medico e per l’indiscussa importanza del nesso causale, ne ricordo essenzialmente due.
Il primo, perché particolarmente suggestive e di alto valore etico e deontologico, è rappresentato dalle considerazioni connesse alla ‘condotta umana’ con la ‘doppia formula’ dell’essere o non essere condizione necessaria dell’evento se, eliminata dal novero dei fatti realmente accaduti, l’evento si sarebbe o non si sarebbe verificato.
Il secondo l’affermazione che “il sapere scientifico accessibile al giudice è costituito, a sua volta, sia da leggi ‘universali’ (invero assai rare), che asseriscono nella successione di determinati eventi invariabili regolarità senza eccezioni, sia da leggi ‘statistiche’che si limitano ad affermare che il verificarsi di un evento è accompagnato dal verificarsi di altro evento in una certa percentuale di casi e con una frequenza relativa, con la conseguenza che quest’ultime (ampiamente diffuse nei settori delle scienze naturali, quali la biologia, la medicina e la chimica) sono dotate di  ‘alto grado di credibilità razionale’ o ‘probabilità logica’, quanto più trovano applicazione in un numero sufficientemente elevato di casi e ricevono conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali ed empiricamente controllabili.” 
A quanto precede aggiungo un assunto, riportato nella sentenza, che pur avulso dal contesto in cui viene citato, conserva per intero la sua concreta valenza: “Quando è in gioco la vita umana anche poche probabilità di sopravvivenza rendono necessario l’intervento del medico”.
Concludendo, da medico, ritengo che quanto ricordato sia già sufficiente per una meditazione che induca ogni medico a porre maggiore attenzione ai tanti aspetti della sua attività professionale a prescindere dal possibile verificarsi di contenziosi giuridici che  non è garantito possano sempre concludersi con il punto c) dei principi di diritto che sostanziano la sentenza: “L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano le neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio”.

Mario Bernardini


Torna alla Home Page
Torna al Sommario

logo del Nuovo Medico d'Italia
Il Nuovo
Medico d'Italia
Direzione - Redazione - Amministrazione
Via Monte Oliveto, 2 - 00141 Roma
Tel e fax 06/87185017
e-mail


Webmaster: B. J.