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Un Piemonte decisamente “alternativo”

Dopo essere state escluse dalla porta dei LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza), le medicine cosiddette “alternative” ritornano attraverso la finestra delle leggi regionali. Il parlamentino della regione Piemonte si è infatti espresso a larga maggioranza sul riconoscimento legislativo di un testo unico che norma il variegato pianeta delle medicine e delle tecniche non convenzionali.Sotto la spinta crescente dei pazienti che si rivolgono a questo tipo di terapie e il Parlamento che sta vagliando, in sede di XII Commissione “Affari sociali”, quanto gli viene riferito dagli esperti del settore, il Piemonte batte tutti sul tempo e approva una legge regionale che riunisce in se’ il contenuto di ben cinque proposte legislative. Il testo, vorrebbe, nelle sue intenzioni più recondite, coniugare pluralismo scientifico e libertà di scelta da parte del paziente, raccogliendo in questo i dettami della direttiva europea in materia. Accade però che, oltre alla luce che si vuole gettare sul problema, molte sono le ombre che il testo presenta; una su tutte, i percorsi di formazione estremamente diversificati che caratterizzano il gruppo delle medicine vere e proprie, già codificate da una recente delibera della FNOMCeO. 
Si va dalle 5000 ore in sei anni alle 750 ore in tre anni, effettuabili sia in strutture pubbliche che private: appare evidente nel primo caso la prefigurazione di un corso di laurea ancora molto di là da venire, comunque al di fuori della portata di qualunque struttura privata. Sicuramente è un percorso proibitivo per  le numerose piccole associazioni che continuano a coltivare e a diffondere, ognuna nel proprio ambito metodologico, lo studio di ciascuna singola disciplina in modo sano e sciolto da visioni commerciali. Probabilmente lo sarà meno per le aziende, che hanno comunque i mezzi per allestire una didattica di questo tipo, sempre ammesso che valutino questo immane sforzo come apportatore di congruo ritorno economico.
Appare invece sinceramente limitato il contenitore “naturopatico” che, se vuole occuparsi a tempo pieno del problema prevenzione, deve sicuramente allargare il proprio orizzonte culturale oltre il limite imposto. La figura del naturopata, così come prevista dalla legge regionale piemontese, è comunque il frutto di una forzatura evidente della “devolution” che, pur concedendo alle regioni ampie deleghe legislative, non arriva però a consentire loro la creazione ex novo di nuove figure sanitarie (la cui definizione deve avvenire per normativa nazionale), comprensive dei requisiti professionali che le devono caratterizzare.
Sulla scia del Piemonte, altre regioni (Toscana, Lazio e Veneto su tutte) si stanno preparando a condurre la loro personale rivoluzione legislativa in questo settore, al punto da costringere l’onorevole Francesco Lucchese, impegnato nella stesura del Testo Unico, a chiedere un momento di riflessione dal punto di vista della proliferazione legislativa regionale. La pausa non impedirà comunque ai rappresentanti impegnati nella Conferenza Stato-Regione di tornare a stringere i tempi qualora i lavori della XII Commissione si dilatassero oltre il prossimo anno.

Gino Santini

La legge della Regione Piemonte pubblicata sul BUR del 31/10/02 


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