Ricerca e "malattie rare"
Mano al portafoglio
per sostenerla
Un appello ai cittadini, perché mettano mano al portafogli e
sostengano la ricerca in Italia.
A lanciare la provocatoria proposta è il farmacologo e direttore
dell’Istituto Mario Negri, Silvio Garattini, che, in occasione dell’incontro
per la Giornata sulle malattie rare, si è così espresso:
“Non buttate via i soldi in tonnellate di prodotti inutili, come quelli
per la memoria, i ricostituenti e gli epatoprotettivi. E sostenete invece
la ricerca italiana, perché per essere competitiva ha bisogno di
più fondi”.
Il farmacologo snocciola qualche numero. “L’Italia spende per la
ricerca solo l’1% del PIL, contro il 2% di Francia e Germania. E nel nostro
Paese - dice Garattini - lavora la metà dei ricercatori attivi
in Francia e meno della metà di quelli britannici”.
Una situazione che si fa drammatica nel caso degli studi sui farmaci
per le malattie rare.
“Le industrie non investono in questo settore, perché non
c’è speranza di ritorno economico”.
E c’è tutto il pianeta della ‘sanità orfana’:
“Quello dei malati di malaria e lebbra, che sono tanti, ma non hanno
i soldi per pagare le ricerche. O quello dei medicinali mirati per i bambini”.
La soluzione?
“Occorre un fondo per la ricerca indipendente dall’industria, che
‘copra’ gli studi come quelli sulle malattie rare, che non hanno un immediato
ritorno economico”.
Per l’esperto, però, anche un nuovo atteggiamento dei cittadini
può essere utile a sostenere la ricerca italiana.
Controverso parere sulla
sperimentazione animale
I test sugli animali sono indispensabili per la messa a punto di nuovi
farmaci.
Lo sottolinea Silvio Garattini, che si dice “preoccupato
per iniziative tipo quelle dell’Emilia Romagna”, che ha approvato una
legge regionale contro la vivisezione.
Il farmacologo sottolinea come “sia possibile usare meno gli animali,
nel rispetto delle leggi, ma impossibile rinunciarvi. Oggi - spiega
- ci troviamo di fronte a un fatto contraddittorio: si chiedono nuove
cure ma ci si oppone all'uso di test su animali. Bisogna dire con chiarezza
che è impossibile prescindere dai modelli animali e testare i farmaci
sulle cellule e poi direttamente sull'uomo che, così, diventerebbe
una cavia”.
Diverso il parere di Bruno Fedi, anatomo-patologo e primario
all’ospedale di Terni che, da Milano, proprio mentre il farmacologo Silvio
Garattini ricorda che in certi filoni di ricerca, come quello sulle patologie
‘orfane’, i test sugli animali sono ‘indispensabili’, denuncia come
“grazie alla vivisezione si compiono danni incommensurabili. Eppure
le case farmaceutiche e le associazioni che fanno vivisezione ricevono
miliardi di fondi pubblici e privati per i propri esperimenti”.
L’esperto di Terni esprime il suo disaccordo sulle indagini che utilizzano
‘cavie’.
“Parlo per esperienza - ha detto Fedi alla presentazione di
una campagna dell’Organizzazione Internazionale Protezione Animale (OIPA)
- sulla base dei ricordi di quando ero un giovane ricercatore”.
Secondo Fedi usare gli animali è inutile, perché prima
della commercializzazione di un farmaco “ogni ricerca deve essere ripetuta
obbligatoriamente sull’uomo, negli ospedali di prima categoria e nei reparti
universitari”.
Obiettivo della campagna OIPA, che prevede una vendita benefica di
limoni e incontri con gli esperti in 7 città italiane (Milano, Torino,
Trieste, Catania, Udine, Reggio Emilia e Parma), è di informare
i cittadini sulla reale destinazione dei fondi raccolti in varie iniziative
pro-ricerca.
“Così che i contrari alla vivisezione - ha spiegato Stefano
Cagno, promotore dell'iniziativa - possano scegliere consapevolmente
a quali progetti contribuire e a quali no”.
(Fonte: Adnkronos Salute)
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