Colesterolo
I PRECEDENTI LA VICENDA CERIVASTATINA
Alcuni dei comunicati di Agenzia diffusi tra il 1999 e l’agosto di
quest’anno dalla ADNKronos-salute sul ‘rischio’ colesterolo e sui
mezzi per combatterlo.
COLESTEROLO: PREOCCUPA SOLO 1 ITALIANO SU 4
Venezia, 29 ottobre 1999
Solo un italiano su quattro si preoccupa dei propri livelli di colesterolo,
un disinteresse comune a otto europei su dieci.
Lo rivela lo studio React (revisione dell’atteggiamento europeo verso
le terapie cardiovascolari), commissionato da Parke-Davis/Warner Lambert
e da Pfizer e presentata oggi al congresso ‘Multiple risk factors in
cardiovascular disease’ in corso a Venezia.
La ricerca ha indagato sui comportamenti e gli atteggiamenti riguardo
al colesterolo e ai rischi legati alle malattie cardiovascolari di 5.745
persone, fra cui oltre 700 medici di medicina generale, francesi, tedeschi,
britannici, italiani e svedesi.
Solo il 22% degli italiani fra i 40 e i 70 anni intervistati ha identificato
le malattie cardiovascolari come la prima causa di morte in Italia.
Nella top ten dei fattori di rischio cardiovascolare, il colesterolo
è stato menzionato solo dopo ipertensione, fumo, stress, obesità,
e parenti con malattie cardiovascolari.
Tre intervistati su quattro si sono detti indifferenti rispetto al
proprio livello di colesterolo, e il 58% non sapeva nulla sul colesterolo
‘cattivo’ (Ldl) e su quello ‘buono’ (Hdl) e se il 95% dei
medici di medicina generale crede che i loro pazienti conoscano l’associazione
del colesterolo con le malattie cardiovascolari, pare evidente dai dati
della ricerca che si tratta solo di una pia illusione.
Quasi tutti i medici di famiglia inoltre, affermano di spiegare ai
loro pazienti tutto sui valori ottimali di colesterolo, ma solo la metà
degli italiani dice di conoscerli.
Tra quanti hanno parlato con il loro medico del colesterolo (e cioè
il 50%), il 98% riferisce di aver fatto un controllo.
La maggior parte dei medici di famiglia pensa che il colesterolo sia
tenuto sotto controllo nei pazienti considerati a rischio, e il 63% ritiene
che i livelli ‘sballati’ siano trattati in maniera efficace nella pratica
corrente, anche se il 98% dei medici di famiglia italiani pensa di aver
bisogno di linee guida per la prevenzione delle coronaropatie.
Il dialogo fra medici e pazienti può, almeno secondo i primi,
servire per informare meglio le persone sul significato del colesterolo
come fattore di rischio primario per le malattie cardiovascolari.
“Le persone devono sfruttare la visita dal loro medico come una
opportunità per discutere di colesterolo -sottolinea il prof.
Richard Hobbs, direttore della divisione di igiene, salute pubblica e del
lavoro della scuola di medicina dell'università di Birmingham (GB)-
perché conoscere i propri livelli ottimali potrebbe abbassare
ulteriormente il rischio di malattie cardiovascolari”.
Più di un terzo dei medici di medicina generale si dice, in
pratica, d’accordo con lo specialista britannico: il 38% afferma, infatti,
che una migliore educazione del paziente migliorerebbe anche il livello
di utilizzo delle linee guida per la prevenzione delle coronaropatie.
(Mal/Adnkronos Salute)
CUORE: LE STATINE RIDUCONO IL RISCHIO DI CARDIOMIOPATIE
Chicago, 23 dicembre 1999
La riduzione del tasso del colesterolo LDL provocata dalla terapia
con statine diminuisce il rischio di cardiomiopatie ischemiche indipendentemente
dall’età e dal sesso dei pazienti.
L’aumento del tasso dI colesterolo LDL è generalmente associato
a un maggior rischio coronarico, in particolare nei soggetti maschi e di
media età.
Il dottor John LaRosa e colleghi dello State University of New York
Health Science Center di Brooklyn hanno realizzato una metanalisi per un
totale di 30.817 pazienti trattati con statine o placebo.
La terapia con statine è risultata associata a una riduzione
del 31% del rischio di episodi coronarici maggiori e a una riduzione del
21% della mortalità per tutte le cause. Queste percentuali sono
risultate analoghe tra le donne e gli uomini (29% contro 31%) e tra le
persone anziane o più giovani (31% contro 31%).
(JAMA, 22 dic.1999, vol.282, n.24, pagg.2340-2346)
(Tra/Adnkronos Salute)
COLESTEROLO: SI’ AL BIOFARMACO, MA CON PRESCRIZIONE
La commissione di controllo preliminare della FDA non ha dubbi sull’efficacia
del medicinale, ma si oppone alla vendita senza prescrizione medica.
Whitehouse Station (New Jersey), 14 luglio 2000.
La commissione di controllo preliminare della Food & Drug Administration
ha espresso parere contrario all’approvazione di un farmaco OTC (over-the
counter), ossia un prodotto che può essere venduto senza ricetta
medica.
Oggetto della questione è un preparato a basso dosaggio di lovostatina,
in pillole da 10 mg., per abbassare il livello di colesterolo.
La commissione di controllo sui farmaci endocrinologici e metabolici,
ha chiesto alla casa produttrice di fornire ai consumatori maggiori informazioni
sull’utilizzo del prodotto, per evitare che possa essere venduto anche
a soggetti in cui potrebbe provocare pericolosi effetti collaterali. Tutti
i membri della commissione sono infatti concordi nell’affermare che i dati
riportati nelle osservazioni cliniche hanno dimostrato una significativa
e benefica riduzione dei livelli di colesterolo, ma la auto-somministrazione
può essere pericolosa in soggetti predisposti a rischi cardiovascolari.
“Il farmaco è rivolto ad una specifica branca di pazienti
che presentano un livello moderatamente elevato di colesterolo, ma non
a rischio di problemi cardiovascolari - ha spiegato Jeffrey Anderson,
professore di medicina interna e primario di cardiologia all’Università
di Medicina dello Utah - Ulteriori studi hanno dimostrato, infatti,
che l’utilizzo di questo farmaco, nei soggetti predisposti, può
provocare anche attacchi cardiaci”.
La casa produttrice ha chiesto alla FDA che il farmaco sia approvato
almeno per la categoria identificata come ‘non a rischio’ secondo
il Programmma Nazionale di Educazione sul Colesterolo (National Cholesterol
Education Program - NCEP).
Il gruppo indicato comprende uomini dai 40 anni in su e donne in menopausa
che non presentino sintomi di alterazione cardiovascolare o diabete, ed
in cui il livello di colesterolo risulti compreso tra i 200 ed i 240 mg/dl
e la densità di lipoproteine sia corrispondente o superiore ai 130
mg/dl.
(Red/GC/Adnkronos Salute)
INFARTO: STUDIO USA SU EFFICACIA ANTI-COLESTEROLO SIMVASTATINA
New York, 30 agosto 2000
L’anti-colesterolo simvastatina potrebbe essere utile nei pazienti
colpiti da infarto del miocardio ma con tasso di colesterolo normale.
E’ quanto suggerisce uno studio americano condotto dal dottor Yasuko
Kureishi e colleghi del St. Elizabeth’s Medical Center di Boston secondo
cui la statina attiva rapidamente la protein chinasi
Akt/PKB nelle cellule endoteliali.
Questo enzima accelera la formazione, in vitro, di nuove strutture
vascolari. “In maniera analoga ai fattori di crescita vascolare -spiegano
gli autori - la somministrazione di simvastatina induce angiogenesi”.
Questa azione potrebbe fare della statina un trattamento utile per
i pazienti con vasculopatie occlusive ma tasso di colesterolo normale.
La simvastatina, oltre ad essere sicura e ben tollerata, avrebbe inoltre
il vantaggio di poter essere
somministrata per via orale.
Specialisti dell’Israel Deaconess Medical Center di Boston tuttavia
stimano che “se le statine sono realmente angiogenetiche il loro uso
potrebbe stimolare la crescita di carcinomi occulti, oltre a promuovere
l’angiogenesi nelle coronarie già aterosclerotiche con rottura precoce
delle placche ischemiche”
(Nature Medicine, sett.2000, vol.6, n.9, pagg.1004-1010 & 965-966)
(Tra/Adnkronos Salute)
COLESTEROLO: CUF 'ORIENTATA' A MODIFICARE NOTA 13 SU STATINE
Parigi, 11 settembre 2000
La Commissione Unica del Farmaco sarebbe d’accordo sull’allargamento
dell’uso delle statine nella prevenzione del rischio coronarico, e quindi
sulla modifica della ‘nota 13’ che ne limita la prescrivibilità
e la rimborsabilità solo a pazienti con alti livelli di colesterolo.
L’anticipazione ‘sull’orientamento’ della Cuf è emersa a margine
del meeting ‘Consensus on statins’, organizzato nel week end a Parigi
dalla ‘Task force internazionale sulla prevenzione delle malattie coronariche’.
Specialisti di diversi Paesi hanno illustrato le ultime evidenze scientifiche
su questi farmaci anti-colesterolo “la cui efficacia - secondo gli
esperti - ormai va ben oltre la prevenzione secondaria degli eventi
coronarici”.
“Per modificare la nota 13, estendendo la prescrivibilità
delle statine a ‘tutti i pazienti ad alto rischio coronarico’ - spiega
il professor Rodolfo Paoletti, presidente dell’International Aterosclerosis
Society e della Fondazione Italiana per il Cuore - sarà necessario
però stabilire cosa s'intende per alto rischio. E per fare ciò
- riferisce – la Cuf ha nominato un gruppo di lavoro che dovrà indicare
quali valori sono necessari a determinarlo alla luce dei numerosi studi
oggi disponibili e alle linee guida europee e americane”.
L’auspicio è che si mantenga la nota 13, affiancandole però
un documento che faccia da ‘guida’ al medico nella prescrizione.
“Non si può -commenta ancora il farmacologo - 'liquidare'
una terapia cosi' complessa in 10 righe”.
Gli esperti - come è emerso dall’incontro parigino - sono ormai
d’accordo sul fatto che ‘più sono bassi i livelli di colesterolo
LDL (quello ‘cattivo’), più è ridotto il rischio coronario’
, e che gli ultimi studi sulle statine hanno dimostrato una capacità
di ridurre i rischi di infarto e ictus (fino al 30% in media) anche in
pazienti che non avevano valori altissimi di colesterolo totale e LDL.
Efficacia dimostrata in tutti gli studi, anche se condotti su molecole
differenti della stessa classe terapeutica.
Per questo specialisti e medici di famiglia chiedono che si faccia
riferimento, nella valutazione del paziente, al ‘rischio globale’,
all’interazione cioè tra i vari fattori di rischio (ipertensione,
diabete, fumo, ereditarietà ecc.) e non più solo ai ‘numeri’
dei valori di colesterolo (oggi la nota 13 permette la rimborsabilità
solo oltre i 290 mg/dl per il colesterolo totale e oltre i 200 mg/dl per
LDL).
I medici di famiglia italiani propongono per questo un ‘sistema
a punti’ per fare, attraverso le statine, una ‘prevenzione primaria
aggiornata’ dell’infarto e di tutte le malattie cardiovascolari, che
costano all’Italia circa 25mila miliardi l’anno, una delle voci ‘terapeutiche’
più alte della spesa sanitaria.
“L’idea - spiega Claudio Cricelli, presidente della Simg - è
di dotare tutti i medici italiani di uno strumento, possibilmente informatico
ma anche cartaceo, che attribuisce a ciascun paziente un ‘punteggio di
rischio’, valutato secondo la probabilità di sviluppare un infarto
entro 10 anni. Quando il punteggio supera una certa soglia limite, il medico
potrà prescrivere le statine.
“Una somministrazione - aggiunge - ponderata e basata su
un rischio relativo individuale, che tenga presente tutti i fattori di
rischio del paziente. Una volta confermati e adeguati alla nostra realtà
italiana, sia i dati scientifici che quelli di costo-beneficio sulle statine,
allargare la prescrivibilità e la rimborsabilità potrebbe
rivelarsi conveniente sia in termini di salute che di spesa sanitaria.Investendo
circa 1000 miliardi l'anno in farmaci (la terapia con statine costa
circa 1000 lire al giorno a paziente) - conclude – si avrebbe un risparmio
di 2-3000 mld l’anno, in termini di riduzione di costi per riabilitazione,
mortalità, terapie post infarto, costi sociali”.
(Fei/Adnkronos Salute)
COLESTEROLO: MIALGIE IL 20% DI EFFETTI COLLATERALI STATINE
Berlino, 17 novembre 2000
Oltre il 20% degli effetti indesiderati associati ai farmaci anticolesterolo
della famiglia delle statine è rappresentato dai dolori muscolari,
secondo il settimanale tedesco di farmacovigilanza ‘Arznei-Telegramm’.
Il settimanale sottolinea inoltre che il rischio di dolori e crampi
muscolari non figura nella descrizione di questi prodotti, ma solo nell’appendice
che riassume i principali effetti associati agli inibitori dell’enzima
colesterolo-sintetasi.
Tuttavia tra i 4.883 casi di effetti secondari associati alle statine
e notificati all’Istituto federale tedesco dei farmaci (BfArM), 1.009 iguardavano
disturbi muscolo-scheletrici.
Anche in Svizzera, l’analogo istituto Sanz (Centrale des Effets Secondaires),
ha registrato 121 casi associati alle statine, 25 dei quali a livello muscolare.
Secondo l’‘Arznei-Telegramm’, questi dati confermano che la
mialgia è un effetto secondario frequente che dovrebbe essere ricordato
a chi prende questi farmaci.
(Arznei-Telegramm, vol.31, n.11, pag.100)
(Tra/Adnkronos Salute)
COLESTEROLO: NUOVE LINEE GUIDA DAGLI USA
Milano, 15 maggio 2001
L’uso dei farmaci per ridurre il tasso di colesterolo nel sangue, parametro
indicativo del rischio coronarico, deve essere basato sul livello di rischio
coronario globale del paziente (ovvero sulla sua probabilità di
incorrere in un infarto miocardico o in una morte coronarica) più
che sul solo valore
del colesterolo stesso.
Lo indicano le nuove linee guida statunitensi per il controllo del
colesterolo in prevenzione coronarica redatte dal National Cholesterol
Education Program e diffuse oggi.
Il documento Usa, che aggiorna la versione del 1993, conferma quindi
l’esigenza di considerare il rischio globale di malattia coronarica come
il principale indicatore dell’opportunità di ogni trattamento preventivo
e dell’intensità del trattamento stesso.
La stima del rischio, secondo il nuovo documento, potrà essere
effettuata sia mediante il conteggio dei fattori di rischio di malattia
coronarica concomitanti (quali l’ipertensione, il fumo di sigaretta, il
sesso maschile, ecc.) sia mediante la valutazione del loro effetto
quantitativo sulla probabilità di subire un infarto miocardico fatale
o non fatale (una sorta, in altre parole, di loro pesatura selettiva),
da effettuarsi mediante l’uso di funzioni matematiche più accurate,
i cosiddetti ‘algoritmi’
La massima intensità di trattamento, secondo il nuovo documento
Usa, andrà riservata ai pazienti con malattia coronarica già
presente e ai portatori di diabete o di arteriopatie obliteranti degli
arti inferiori, soggetti equivalenti (sul piano della probabilità
di incorrere in un evento coronarico futuro) a quelli colpiti dalla malattia
coronarica stessa.
In questi pazienti il colesterolo Ldl andrà ricondotto al di
sotto del limite dei 100 mg/dL.
Minore intensità andrà adottata nei pazienti con rischio
intermedio, definito come una probabilità di incorrere in un infarto
fatale o non fatale compresa tra il 10 e il 20% nei dieci anni successivi,
o dalla presenza di due o più fattori di rischio concomitanti non
lipidici.
In questi pazienti il colesterolo Ldl andrà ricondotto al di
sotto del limite dei 130 mg/dL.
Nei soggetti a rischio ulteriormente inferiore (con una probabilità
di eventi coronarici inferiore al 10% nei dieci anni successivi o portatori
di non più di un fattore di rischio concomitante non lipidico) sarà
invece sufficiente riportare il colesterolo Ldl al di sotto dei 160 mg/dL.
Nei pazienti nei quali l’ipercolesterolemia si associa a ipertrigliceridemia
(definita come un valore dei trigliceridi nel plasma superiore a 200 mg/dL)
anche il livello dei trigliceridi dovrà essere
opportunamente controllato, mediante un adeguato stile di vita e, quando
necessario, mediante farmaci specifici.
Il documento indurrà con ogni probabilità un maggiore
impiego dei farmaci ipolipidemizzanti negli Usa. Questi farmaci trovano
infatti indicazione, secondo gli estensori del documento stesso, non solo
nei soggetti a rischio molto elevato (diabetici, coronaropatici, arteriopatici),
ma anche nei soggetti con un rischio di malattia inferiore (compreso tra
il 10 ed il 20% nei dieci anni successivi).
Può essere opportuno ricordare che una probabilità di
eventi del 20% nei dieci anni successivi rappresenta invece, nei documenti
europei e nella nota Cuf italiana, il valore soglia necessario per
iniziare il trattamento farmacologico ipocolesterolemizzante.
Il nuovo documento americano, commenta il professor Rodolfo Paoletti,
direttore del Dipartimento di Scienze farmacologiche dell’Università
di Milano e presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini e della Fondazione
Italiana Cuore, prende atto del numero consistente di fattori di rischio
che aumentano la probabilità di incorrere in un infarto e sottolinea
le importanti valenze preventive, sia per il medico sia per il pubblico,
di questo concetto.
L'adozione di uno stile di vita adeguato, il cui effetto sulla colesterolemia
può essere molto più ampio di quanto correntemente si creda,
può permettere infatti di ridurre in modo importante il rischio
globale di malattia coronarica.
(Red-Cla/Adnkronos Salute)
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