4° Congresso S.I.C.Ge.M.
Dal 5 al 7 luglio si è svolto a Roma Il 4° Congresso Nazionale
della Società Italiana di Chirurgia Genitale Maschile, presidente
il prof. Giovanni Alei, coorrdinatore il Prof. Antonio Rizzotto .
Durante i lavori congressuali si è svolto un ‘Video corso
d’aggiornamento di chirurgia peniena’ nel contesto di un ‘Corso Internazionale
d’aggiornamento di chirurgia in diretta’ e il ‘Simposio internazionale
di andro-sessuolaogia’ .
Una delle Tavole Rotonde che hanno arricchito i lavori congressuali
è stata dedicata al tema , sempre attuale e importante dei rapporti
con l’informazione: al dibattito su ‘I media e l’andrologia’ moderato dal
dott. Giovanni Pirone, Direttore dell’Istituto Italiano di Medicina sociale,
hanno partecipato quali medici esperti in materia i professori Enrico Spera
di Roma e Louis Subrini di Parigi e per l’informazione medico scientifica
i giornalistii Johann Rossi Mason e Mario Bernardini.
Di seguito le dichiarazioni all’ADNKronos-Salute dei Professri Alei
e Spera e l’il testo dell’intervento di Mario Bernardini alla Tavola Rotonda
‘I media e l’andrologia’
Dichiarazioni dei Professori Alei e Spera
Roma, 5 luglio (Adnkronos Salute)
Sono sempre di più gli uomini che si rivolgono al chirurgo per
avere un pene più lungo.
Oggi infatti, col bisturi, si può arrivare ad allungamenti del
20-30% (cioè 2-3 cm).
Ma in 8 casi su 10 le richieste sono inutili.
“Si tratta di pazienti con un pene di dimensioni normali: solo nel
restante 20% dei casi, infatti, l’organo sessuale in erezione misura meno
di 7 centimetri”, spiega Giovanni Alei, urologo dell’Università
di Roma La Sapienza, alla presentazione del IV Congresso nazionale della
Società
italiana di chirurgia genitale maschile, al via oggi a Roma.
Nella metà dei casi, a contattarci sono persone dismorfofobiche:
che ‘si vedono anormali’, mentre in realtà non lo sono. Il resto,
invece - aggiunge - vuole modificare il proprio aspetto esteticamente,
come accade per le donne con un seno di misura media, che chiedono qualche
taglia in più”.
Ogni anno al dipartimento del Policlinico di Roma arrivano circa 200
richieste di allungamento, ma si eseguono 40 interventi l’anno.
“Per i dismorfofobici - sottolinea Alei - il bisturi non serve: devono
essere affidati agli psicosessuologi”.
A rivolgersi ai chirurghi e agli specialisti del sesso sono soprattutto
i giovani di 20-25 anni, già traumatizzati da esperienze negative
con le proprie partner.
“L'intervento - spiega il chirurgo - consiste nel taglio del legamento
di sospensione che ancora il pene al pube, permettendo un allungamento
naturale. Per mantenere l’effetto ed evitare i danni della cicatrizzazione,
si inserisce un ‘cuneo’ in silicone solido, ‘modellato su misura’, che
distanzia i corpi cavernosi dall’osso pubico”. Con risultati duraturi.
“Per ingrandire la circonferenza, invece, si inserisce sottocute uno strato
di derma liofilizzato, prelevato da cadavere, che viene fissato in modo
permanente ai corpi cavernosi”. Niente cicatrici, assicura Alei, e nessuna
perdita di sensibilità.
Solo nel 2000, in tutto il mondo sono state eseguite 30.000 falloplastiche,
secondo il professor E. Douglas Whitehead dell’Accademia americana di chirurgia
peniena.
Ma per risolvere i problemi sessuali le novità non vengono solo
dal bisturi.
E’ in arrivo, infatti, una pillola anti-impotenza che mantiene la predisposizione
all’erezione per 24 ore ed è efficace dopo soli 15-20 minuti dall’assunzione.
“Si chiama IC 351 e tra maggio e giugno prossimi arriverà in
Italia - dice l’endocrinologo della Sapienza Giovanni Spera, anticipando
gli ultimi risultati della sperimentazione condotta su 200 pazienti italiani
e altri 1.800 uomini americani ed europei - è un farmaco molto specifico,
che si scioglie sotto la lingua e non viene influenzato da cibo e alcol.
Funziona nel 65% dei pazienti diabetici e nel 92% dei soggetti con disfunzione
erettile di minore importanza”. Con effetti collaterali ridotti e la possibilità
di un uso cronico.
Intervento alla Tavola Rotonda di Mario Bernardini
Ringrazio il Prof. Alei per avermi dato l’occasione di intervenire ad
un congresso che tratta di un argomento che, confesso, nei miei oltre 40
anni di pratica medica non ho mai affrontato con particolare approfondimento
non rientrando tra le specializzazioni di cui mi sono prevalentemente occupato.
Forse anche come conseguenza di una delle osservazioni fatte da chi
ha parlato prima di me e cioè che l’andrologia, tutto sommato, è
una scienza moderna sia dal punto della sua diffusione che per la
valorizzazione sul piano scientifico.
Mi rifaccio però a quella che è stata l’introduzione
del Prof. Pirone quando ha parlato di coscienza sanitaria.
Oggi abbiamo una situazione in cui l’individuo è sempre più
posto al centro dell’attenzione della collettività e viene valorizzato
in quanto persona.
Questo consente sicuramente una differenziazione tra l’informazione
di massa e l’informazione personalizzata.
Una diversificazione che, giustamente, è stata ricordata anche
dal Prof. Spera.
Vi parlo come presidente dell’Asmi, l’Associazione della Stampa Medica,
nata cinquanta anni fa proprio perché voleva essere punto di riferimento
per la divulgazione tra i medici dei progressi dell’esperienza medica e
della ricerca medica in campo tecnico – scientifico.
Comunicazione tra medici che, facendo esperienza professionale e ricerca,
e avendo registrato dei positivi risultati nella loro attività,
volevano confrontarsi all’interno della Professione, nei Congressi e in
altre occasioni di incontro scientifico, per poi, successivamente, darne,
eventualmente, comunicazione all’esterno, in questo avvalendosi anche di
comunicatori professionalmente qualificati, quali sono appunto i giornalisti
scientifici.
La procedura di allora è, purtroppo, enormemente cambiata.
E’ cambiata enormemente e ho detto purtroppo dal punto di vista della
garanzia scientifica e dell’attendibilità di quanto viene divulgato
come nuove disponibilità d’intervento in campo medico, ma si deve
anche considerare una fortuna il progresso attualmente conseguito nella
possibilità di informare e di comunicare con le potenzialità
della comunicazione multimediale dei nostri giorni che consente una tempestiva
e generalizzata occasione di conoscere quanto accade nel settore della
ricerca medico scientifica.
Succede addirittura che possano essere anticipate le conclusioni di
ricerche ancora in fase di sperimentazione. Possono così anche nascere
ingiustificate occasioni per false speranze e di informazione incompleta,
non motivata da fini etici, con conseguenze di delusione e frustrazione
per tante persone interessate e di sfiducia della pubblica opinione in
quello che è invece un serio e responsabile impegno della stragrande
maggioranza dei medici e dei ricercatori
Il fatto sicuramente positivo è però quello che, dall’altra
parte, è grandemente aumentata la possibilità per qualunque
persona di documentarsi su ogni argomento medico scientifico che lo possa
interessare.
La difficoltà da superare è quindi rappresentata dall’educare
la pubblica opinione e i singoli individui a scegliere e valutare la serietà
e la preparazione delle fonti di notizie alle quali si rivolgono.
Ma veniamo all’Andrologia.
Da quanto ho sentito, ed era anche l’impressione che avevo avuto prima
che cominciassimo a parlare a questa tavola rotonda, l’Andrologia, come
poche altre discipline mediche, subisce probabilmente quel ‘quid’
che nell’uomo è l’inconscia sommatoria delle sue due componenti:
la componente fisica e quella psicologica.
Probabilmente in campo andrologico, anche per effetto nelle nuove e
più moderne abitudini comportamentali connesse all’evoluzione dei
costumi e dei rapporti sociali, è cresciuta e maturata, sia pure
inconsciamente, l’attenzione nei confronti del fisico e della fisicità
sessuale che vuole una risposta valida, di efficienza, di grande prestazione,
di grande potenzialità, di mascolinità che risponde a quello
che tradizionalmente era ed è ancora definito ‘sesso forte’.
Contemporaneamente vi è stato, a mio parere, un minore adeguamento
della componente psicologica che stenta, al giorno d’oggi, nelle stesse
condizioni di evoluzione delle abitudini sessuali e dei comportamenti,
ad adeguarsi al nuovo modello di rapporto con l’atro sesso.
Il maschio sembra conservare ancora un retaggio di riservatezza,
di pudore, di una certa prudenza nel trattare determinati argomenti.
Mi riferisco proprio ad alcuni dei temi che sono di maggior interesse
per l’Andrologia; quelli della disfunzione erettile, dell’infertilità
di coppia, del tumore della prostata.
Sono argomenti che ritengo dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione
per quanto riguarda un più mirato programma di ‘educazione sanitaria’.
Una formazione che non dovrebbe cominciare o essere tra le prerogative
dell’informazione presa dai giornali o dai moderni mezzi multimediali,
ma che, probabilmente, dovrebbe iniziare fin dall’infanzia e rappresentare
un impegno morale della famiglia, della scuola, della società.
Ricordo, da quando ero studente e frequentavo l’Università,
una frase che ancora sovrasta l’ingresso della scuola di pediatria; una
frase che forse allora si interpretava in modo diverso e che oggi leggo
in un’ottica più completa e che recita testualmente: “in puero homo”.
La sua traduzione letterale è che ‘nel bambino c’è l’uomo’,
ma non certamente soltanto l’uomo nella sua fisicità di maschio
e femmina.
Bisognerebbe cominciare dalla famiglia, dalla scuola, dalle istituzioni
a educare quel ‘bambino’ad una conoscenza globale del proprio essere e,
quando parliamo di andrologia, e quindi di futuri maschi, a quella che
sarà una valutazione globale anche del proprio apparato uro genitale
e una conoscenza completa del diventare persona e di avere di tutto il
proprio fisico, del proprio corpo, una consapevolezza sia di funzione individuale
che di valore nel rapporto di coppia.
Molte volte, ancora oggi, non è sufficientemente considerata
quella naturale timidezza, quella riservatezza che fanno sì che
di certe personali situazioni il bambino, il ragazzo, l’adolescente, non
ne parlino con nessuno, ma di cui vanno a cercare risposte, a documentarsi
in modo diverso, spesso errato, rispetto a quello che dovrebbe essere il
più consono e più confacente ad una informazione educativa
anche in questo senso.
Voglio aggiungere che da alcuni anni ormai, non c’è più
neanche quel momento di controllo, imposto ma efficace, rappresentato dalla
visita militare di leva.
Un’occasione, per gli aspetti connessi all’andrologia, per individuare
e intervenire su una serie di malformazione e patologie spesso ignorate
o trascurate dallo stesso soggetto che ne era affetto.
Era così possibile intervenire ed evitare alcune delle conseguenze
anche per quanto riguarda la sessualità e il rapporto di coppia.
Dobbiamo poi considerare un nuovo comportamento e atteggiamento della
donna.
La donna, in quanto femmina, ha conquistato la sua emancipazione.
L’uomo, il maschio, ha sicuramente tratto vantaggio dalla nuova situazione,
ma, proprio in chiave psicologica è stato quasi messo in uno stato
di soggezione.
Se ci pensiamo bene, la gioventù moderna, sia maschile che femminile,
ha maggiori occasioni, opportunità e possibilità di fare
delle esperienze sessuali.
Si ha però l’impressione, almeno da parte di chi, come il sottoscritto
è ormai avanzato negli anni, che spesso l’uomo abbia paura. Molto
più paura e una paura diversa da quella che si aveva in tempi passati.
Occorre forse riprendere in considerazione quel dualismo fisico –psichico
che può mettere l’uomo in soggezione rispetto alla donna che ha
conquistato la ‘sua’ emancipazione che ha voluta prima psicologicamente
che fisicamente.
Dal punto di vista fisico era storicamente e si sentiva soggetta all’uomo;
erroneamente, ma era soggetta. Oggi la libertà sessuale rappresenta
una conquista prima psicologica e poi anche fisica per quelli che
sono i più moderni mezzi disponibili di supporto alla sessualità.
Forse anche da questi presupposti nascono alcune difficoltà
ad affrontare correttamente l’argomento..
Ma come la stampa e l’informazione in genere affrontano questo, come
altri, argomenti?
Fatta sempre salva la professionalità che tutti i giornalisti
hanno, molto spesso gli argomenti di sanità, e l’andrologia non
si sottrae a questa considerazione, vengono trattati come argomenti di
cronaca. Approccio sicuramente legittimo e corretto sotto ogni aspetto
della comunicazione giornalistica, ma, nello specifico settore della sanità,
spesso insufficiente per una informazione completa ed esauriente. La cronaca,
senza alcun approfondimento, riferisce obiettivamente un fatto, un evento
che raramente è commentato dal redattore, salvo la citazione del
parere espresso da terzi considerati ‘esperti’ o particolarmente competenti
e interessati all’argomento. La notizia si esaurisce nello spazio di uno
o pochi giorni e soltanto se suscita particolare attenzione viene seguita
per un periodo di tempo con aggiornamenti e approfondimenti.
In questo caso, almeno per la sanità, ma anche per settori di
particolare specializzazione, dovrebbe intervenire il contributo di un
giornalismo ‘specializzato’, che, per il settore della medicina, dovrebbe
essere affidato a competenti giornalisti scientifici.
Personalmente rivendico questo ruolo a Colleghi giornalisti sicuramente
qualificati e, meglio ancora, aderenti all’Associazione della Stampa Medica.
Il prof. Spera ha ricordato molto bene quello che è il ruolo
della scienza e quello che è il ruolo della divulgazione. Sicuramente
c’è necessità di una maggiore collaborazione tra medici,
medici ricercatori, giornalisti e giornalisti scientifici divulgatori.
Ovviamente sarà necessario definire ’norme di comportamento’
valide per ottimizzare e garantire l’informazione medico scientifica. Ancora
di più oggi, con la realtà di ‘Internet’ che, per l’informazione
sanitaria, rappresenta un settore di grande utilità, ma anche di
estrema pericolosità per l’impossibilità di assicurare un
qualsiasi controllo di verifica e attendibilità delle notizie diffuse.
Un impegno dell’ASMI che posso solo ricordare poiché un approfondimento
richiederebbe troppo tempo e ci porterebbe fuori tema.
E’ comunque provato che sono sempre più numerosi i ‘siti’ che
si occupano di ‘salute’ e che tra i più frequentati sono quelli
che affrontano argomenti di sessuologia, problemi di coppia, fecondazione
assistita, etc.
Voglio anche ricordare l’importanza degli aspetti bioetici della ricerca
in campo medico e delle nuove applicazioni terapeutiche sia mediche che
chirurgiche
Anche per l’argomento di cui ci stiamo occupando si dovrebbe tener
conto di quelle che sono le indicazioni di una bioetica che dovrebbe fornire
indicazioni sui limiti etici di un intervento chirurgico rispetto alla
finalità di cura e recupero funzionale dell’uso di un organo.
Ad esempio chiedersi quali sono le finalità ‘mediche’ di un
intervento sul pene per aumentarne il diametro o averne un prolungamento
di tre centimetri.
Si tratta di una reale esigenza medica e terapeutica o soltanto di
un aspetto estetico?. Quali sono i presupposti di intervento? Risolvere
un problema prevalentemente psicologico o di funzionalità fisiologica
e fisica?
Chiudo con un richiamo all’importanza dell’informazione per il trattamento
dei tumori della prostata, dopo aver parlato di disfunzione erettile e
infertilità di coppia.
Penso sia reale una carenza di informazione su questa patologia, particolarmente
diffusa e preoccupante per l’uomo. Una disinformazione dovuta anche ad
una più colpevole carenza da parte delle istituzioni che non stanno
mettendo in atto per quanto attiene la patologia prostatica campagne analoghe
a quelle che vengono fatte per il cancro della mammella o il cancro dell’utero. |