Legge quadro per la realizzazione
del sistema integrato
di interventi e servizi sociali
(Approvata definitivamente dal Senato – ottobre 2000)
CAPO I
PRINCIPI GENERALI DEL SISTEMA INTEGRATO
DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI
Art. 1
(Princìpi generali e finalità)
1. La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato
di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità
della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza,
previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno
e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito,
difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con
gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.
2. Ai sensi della presente legge, per «interventi e servizi sociali»
si intendono tutte le attività previste dall’articolo 128 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
3. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi
e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato
ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente
legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia,
efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria
e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione,
autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.
4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive
competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi
di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni
e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato,
delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni
religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti
nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione
del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
5. Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici
nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione
e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi
di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni
di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni,
enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi
e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà
sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei
familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà
organizzata.
6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini,
il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali
e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di
cui al comma 1.
7. Le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali
ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto speciale
e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, nell’ambito delle
competenze loro attribuite, ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni
contenute nella presente legge, secondo quanto previsto dai rispettivi
statuti.
Art. 2
(Diritto alle prestazioni)
1. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema
integrato di interventi e servizi sociali i cittadini italiani e, nel rispetto
degli accordi internazionali, con le modalità e nei limiti definiti
dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all’Unione
europea ed i loro familiari, nonché gli stranieri, individuati ai
sensi dell’articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286. Ai profughi, agli stranieri ed agli apolidi sono garantite
le misure di prima assistenza, di cui all’articolo 129, comma 1, lettera
h), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
2. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha carattere
di universalità. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, sono
tenuti a realizzare il sistema di cui alla presente legge che garantisce
i livelli essenziali di prestazioni, ai sensi dell’articolo 22, e a consentire
l’esercizio del diritto soggettivo a beneficiare delle prestazioni economiche
di cui all’articolo 24 della presente legge, nonché delle pensioni
sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive
modificazioni, e degli assegni
erogati ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995,
n. 335.
3. I soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito
o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze
per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà
di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché
i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria
che rendono necessari interventi assistenziali, accedono prioritariamente
ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi
e servizi sociali.
4. I parametri per la valutazione delle condizioni di cui al comma
3 sono definiti dai comuni, sulla base dei criteri generali stabiliti dal
Piano nazionale di cui all’articolo 18.
5. Gli erogatori dei servizi e delle prestazioni sono tenuti, ai sensi
dell’articolo 8, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, ad informare
i destinatari degli stessi sulle diverse prestazioni di cui possono usufruire,
sui requisiti per l’accesso e sulle modalità di erogazione per effettuare
le scelte più appropriate.
Art. 3
(Principi per la programmazione degli interventi
e delle risorse del sistema integrato di interventi
e servizi sociali)
1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma
unitaria ed integrata, è adottato il metodo della programmazione
degli interventi e delle risorse, dell’operatività per progetti,
della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e
di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto
di genere.
2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, provvedono, nell’ambito
delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle
risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i
seguenti principi:
a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione
nonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di
reinserimento al lavoro;
b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali,
tra questi ed i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, che partecipano
con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello nazionale nonché le aziende
unità sanitarie locali per le prestazioni socio-sanitarie ad elevata
integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario
nazionale.
3. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, per le finalità
della presente legge, possono avvalersi degli accordi previsti dall’articolo
2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, anche al fine di garantire
un’adeguata partecipazione alle iniziative ed ai finanziamenti dell’Unione
europea.
4. I comuni, le regioni e lo Stato promuovono azioni per favorire la
pluralità di offerta dei servizi garantendo il diritto di scelta
fra gli stessi servizi e per consentire, in via sperimentale, su richiesta
degli interessati, l’eventuale scelta di servizi sociali in alternativa
alle prestazioni economiche, ad esclusione di quelle di cui all’articolo
24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della presente legge, nonché
delle pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969,
n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell’articolo
3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Art. 4
(Sistema di finanziamento delle politiche
sociali)
1. La realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali
si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze
differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci,
i soggetti di cui all’articolo 1, comma 3.
2. Sono a carico dei comuni, singoli e associati, le spese di attivazione
degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità,
fatto salvo quanto previsto ai commi 3 e 5.
3. Le regioni, secondo le competenze trasferite ai sensi dell’articolo
132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché in attuazione
della presente legge, provvedono alla ripartizione dei finanziamenti assegnati
dallo Stato per obiettivi ed interventi di settore, nonché, in forma
sussidiaria, a cofinanziare interventi e servizi sociali derivanti dai
provvedimenti regionali di trasferimento agli enti locali delle materie
individuate dal citato articolo 132.
4. Le spese da sostenere da parte dei comuni e delle regioni sono a
carico, sulla base dei piani di cui agli articoli 18 e 19, delle risorse
loro assegnate del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo
59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni,
nonché degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.
5. Ai sensi dell’articolo 129 del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112, competono allo Stato la definizione e la ripartizione del Fondo
nazionale per le politiche sociali, la spesa per pensioni, assegni e indennità
considerati a carico del comparto assistenziale quali le indennità
spettanti agli invalidi civili, l’assegno sociale di cui all’articolo 3,
comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il reddito minimo di inserimento
di cui all’articolo 59, comma 47, della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
nonché eventuali progetti di settore individuati ai sensi del Piano
nazionale di cui all’articolo 18 della presente legge.
Art. 5
(Ruolo del terzo settore)
1. Per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà,
gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle risorse disponibili
in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, promuovono azioni per il
sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche
attraverso politiche formative ed interventi per l’accesso agevolato al
credito ed ai fondi dell’Unione europea.
2. Ai fini dell’affidamento dei servizi previsti dalla presente legge,
gli enti pubblici, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 11, promuovono
azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa
nonché il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano
ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria
progettualità, avvalendosi di analisi e di verifiche che tengano
conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte
e della qualificazione del personale.
3. Le regioni, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, e
sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo, ai sensi
dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, da emanare entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità
previste dall’articolo 8, comma 2, della presente legge, adottano specifici
indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore,
con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla
persona.
4. Le regioni disciplinano altresì, sulla base dei principi
della presente legge e degli indirizzi assunti con le modalità previste
al comma 3, le modalità per valorizzare l’apporto del volontariato
nell’erogazione dei servizi.
CAPO II
ASSETTO ISTITUZIONALE E ORGANIZZAZIONE
DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI
SOCIALI
Art. 6
(Funzioni dei comuni)
1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti
gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione
regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano
territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa
ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla
legge 8 giugno 1990, n. 142, come da ultimo modificata dalla legge 3 agosto
1999, n. 265.
2. Ai comuni, oltre ai compiti già trasferiti a norma del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, ed alle funzioni
attribuite ai sensi dell’articolo 132, comma 1, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, spetta, nell’ambito delle risorse disponibili in
base ai piani di cui agli articoli 18 e 19 e secondo la disciplina adottata
dalle regioni, l’esercizio delle seguenti attività:
a) programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale
dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori
di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie
locali, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all’articolo 1, comma
5;
b) erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche diverse da
quelle disciplinate dall’articolo 22, e dei titoli di cui all’articolo
17, nonché delle attività assistenziali già di competenza
delle province, con le modalità stabilite dalla legge regionale
di cui all’articolo 8, comma 5;
c) autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e
delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica
o dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, secondo quanto stabilito
ai sensi degli articoli 8, comma 3, lettera f), e 9, comma 1, lettera c);
d) partecipazione al procedimento per l’individuazione degli ambiti
territoriali, di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a);
e) definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui
all’articolo 2, comma 3, ai fini della determinazione dell’accesso prioritario
alle prestazioni e ai servizi.
3. Nell’esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i comuni provvedono
a:
a) promuovere, nell’ambito del sistema locale dei servizi sociali a
rete, risorse delle collettività locali tramite forme innovative
di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire
la reciprocità tra cittadini nell’ambito della vita comunitaria;
b) coordinare programmi e attività degli enti che operano nell’ambito
di competenza, secondo le modalità fissate dalla regione, tramite
collegamenti operativi tra i servizi che realizzano attività volte
all’integrazione sociale ed intese con le aziende unità sanitarie
locali per le attività socio-sanitarie e per i piani di zona;
c) adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il
controllo di gestione atti a valutare l’efficienza, l’efficacia ed i risultati
delle prestazioni, in base alla programmazione di cui al comma 2, lettera
a);
d) effettuare forme di consultazione dei soggetti di cui all’articolo
1, commi 5 e 6, per valutare la qualità e l’efficacia dei servizi
e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi;
e) garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo
di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli
statuti comunali.
4. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile
presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza
prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi
all’eventuale integrazione economica.
Art. 7
(Funzioni delle province)
1. Le province concorrono alla programmazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali per i compiti previsti dall’articolo 15
della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché dall’articolo 132 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, secondo le modalità definite
dalle regioni che disciplinano il ruolo delle province in ordine:
a) alla raccolta delle conoscenze e dei dati sui bisogni e sulle risorse
rese disponibili dai comuni e da altri soggetti istituzionali presenti
in ambito provinciale per concorrere all’attuazione del sistema informativo
dei servizi sociali;
b) all’analisi dell’offerta assistenziale per promuovere approfondimenti
mirati sui fenomeni sociali più rilevanti in ambito provinciale
fornendo, su richiesta dei comuni e degli enti locali interessati, il supporto
necessario per il coordinamento degli interventi territoriali;
c) alla promozione, d’intesa con i comuni, di iniziative di formazione,
con particolare riguardo alla formazione professionale di base e all’aggiornamento;
d) alla partecipazione alla definizione e all’attuazione dei piani
di zona.
Art. 8
(Funzioni delle regioni)
1. Le regioni esercitano le funzioni di programmazione, coordinamento
e indirizzo degli interventi sociali nonché di verifica della rispettiva
attuazione a livello territoriale e disciplinano l’integrazione degli interventi
stessi, con particolare riferimento all’attività sanitaria e socio-sanitaria
ad elevata integrazione sanitaria di cui all’articolo 2, comma 1, lettera
n), della legge 30 novembre 1998, n. 419.
2. Allo scopo di garantire il costante adeguamento alle esigenze delle
comunità locali, le regioni programmano gli interventi sociali secondo
le indicazioni di cui all’articolo 3, commi 2 e 5, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, promuovendo, nell’ambito delle rispettive competenze,
modalità di collaborazione e azioni coordinate con gli enti locali,
adottando strumenti e procedure di raccordo e di concertazione, anche permanenti,
per dare luogo a forme di cooperazione. Le regioni provvedono altresì
alla consultazione dei soggetti di cui agli articoli 1, commi 5 e 6, e
10 della presente legge.
3. Alle regioni, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, spetta in particolare l’esercizio delle seguenti
funzioni:
a) determinazione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, tramite le forme di concertazione con gli
enti locali interessati, degli ambiti territoriali, delle modalità
e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi
sociali a rete. Nella determinazione degli ambiti territoriali, le regioni
prevedono incentivi a favore dell’esercizio associato delle funzioni sociali
in ambiti territoriali di norma coincidenti con i distretti sanitari già
operanti per le prestazioni sanitarie, destinando allo scopo una quota
delle complessive risorse regionali destinate agli interventi previsti
dalla presente legge;
b) definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali,
ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro
e reinserimento nelle attività lavorative, servizi del tempo libero,
trasporti e comunicazioni;
c) promozione e coordinamento delle azioni di assistenza tecnica per
la istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti
locali;
d) promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi
in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello
locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello
europeo;
e) promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti
a valutare l’efficacia e l’efficienza dei servizi ed i risultati delle
azioni previste;
f) definizione, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato,
dei criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza delle
strutture e dei servizi a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo
1, commi 4 e 5;
g) istituzione, secondo le modalità definite con legge regionale,
sulla base di indicatori oggettivi di qualità, di registri dei soggetti
autorizzati all’esercizio delle attività disciplinate dalla presente
legge;
h) definizione dei requisiti di qualità per la gestione dei
servizi e per la erogazione delle prestazioni;
i) definizione dei criteri per la concessione dei titoli di cui all’articolo
17 da parte dei comuni, secondo i criteri generali adottati in sede nazionale;
l) definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte
degli utenti al costo delle prestazioni, sulla base dei criteri determinati
ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera g);
m) predisposizione e finanziamento dei piani per la formazione e l’aggiornamento
del personale addetto alle attività sociali;
n) determinazione dei criteri per la definizione delle tariffe che
i comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati;
o) esercizio dei poteri sostitutivi, secondo le modalità indicate
dalla legge regionale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112, nei confronti degli enti locali inadempienti rispetto
a quanto stabilito dagli articoli 6, comma 2, lettere a), b) e c), e 19.
4. Fermi restando i principi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241,
le regioni disciplinano le procedure amministrative, le modalità
per la presentazione dei reclami da parte degli utenti delle prestazioni
sociali e l’eventuale istituzione di uffici di tutela degli utenti stessi
che assicurino adeguate forme di indipendenza nei confronti degli enti
erogatori.
5. La legge regionale di cui all’articolo 132 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, disciplina il trasferimento ai comuni o agli enti
locali delle funzioni indicate dal regio decreto - legge 8 maggio 1927,
n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dal decreto-legge
18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo
1993, n. 67. Con la medesima legge, le regioni disciplinano, con le modalità
stabilite dall’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 112 del 1998,
il trasferimento ai comuni e agli enti locali delle risorse umane, finanziarie
e patrimoniali per assicurare la copertura degli oneri derivanti dall’esercizio
delle funzioni sociali trasferite utilizzate alla data di entrata in vigore
della presente legge per l’esercizio delle funzioni stesse.
Art. 9
(Funzioni dello Stato)
1. Allo Stato spetta l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo
129 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché dei poteri
di indirizzo e coordinamento e di regolazione delle politiche sociali per
i seguenti aspetti:
a) determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale
attraverso il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali di
cui all’articolo 18;
b) individuazione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni,
comprese le funzioni in materia assistenziale, svolte per minori ed adulti
dal Ministero della giustizia, all’interno del settore penale;
c) fissazione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per
l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale
e semiresidenziale; previsione di requisiti specifici per le comunità
di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni;
d) determinazione dei requisiti e dei profili professionali in materia
di professioni sociali, nonché dei requisiti di accesso e di durata
dei percorsi formativi;
e) esercizio dei poteri sostitutivi in caso di riscontrata inadempienza
delle regioni, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59,
e dell’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
f) ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche
sociali secondo i criteri stabiliti dall’articolo 20, comma 7.
2. Le competenze statali di cui al comma 1, lettere b) e c), del presente
articolo sono esercitate sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; le restanti competenze
sono esercitate secondo i criteri stabiliti dall’articolo 129, comma 2,
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Art. 10
(Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza)
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo
recante una nuova disciplina delle istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza (IPAB) di cui alla legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive
modificazioni, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) definire l’inserimento delle IPAB che operano in campo socio-assistenziale
nella programmazione regionale del sistema integrato di interventi e servizi
sociali di cui all’articolo 22, prevedendo anche modalità per la
partecipazione alla programmazione, secondo quanto previsto dall’articolo
3, comma 2, lettera b);
b) prevedere, nell’ambito del riordino della disciplina, la trasformazione
della forma giuridica delle IPAB al fine di garantire l’obiettivo di un’efficace
ed efficiente gestione, assicurando autonomia statutaria, patrimoniale,
contabile, gestionale e tecnica compatibile con il mantenimento della personalità
giuridica pubblica;
c) prevedere l’applicazione ai soggetti di cui alla lettera b):
1) di un regime giuridico del personale di tipo privatistico e di forme
contrattuali coerenti con la loro autonomia;
2) di forme di controllo relative all’approvazione degli statuti, dei
bilanci annuali e pluriennali, delle spese di gestione del patrimonio in
materia di investimenti, delle alienazioni, cessioni e permute, nonché
di forme di verifica dei risultati di gestione, coerenti con la loro autonomia;
d) prevedere la possibilità della trasformazione delle IPAB
in associazioni o in ondazioni di diritto privato fermo restando il rispetto
dei vincoli posti dalle tavole di ondazione e dagli statuti, tenuto conto
della normativa vigente che regolamenta la rasformazione dei fini e la
privatizzazione delle IPAB, nei casi di particolari condizioni tatutarie
e patrimoniali;
e) prevedere che le IPAB che svolgono esclusivamente attività
di amministrazione del proprio patrimonio adeguino gli statuti, entro due
anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, nel rispetto
delle tavole di fondazione, a principi di efficienza, efficacia e trasparenza
ai fini del potenziamento dei servizi; prevedere che negli statuti siano
inseriti appositi strumenti di verifica della attività di amministrazione
dei patrimoni;
f) prevedere linee di indirizzo e criteri che incentivino l’accorpamento
e la fusione delle IPAB ai fini della loro riorganizzazione secondo gli
indirizzi di cui alle lettere b) e c);
g) prevedere la possibilità di separare la gestione dei servizi
da quella dei patrimoni garantendo comunque la finalizzazione degli stessi
allo sviluppo e al potenziamento del sistema integrato di interventi e
servizi sociali;
h) prevedere la possibilità di scioglimento delle IPAB nei casi
in cui, a seguito di verifica da parte delle regioni o degli enti locali,
risultino essere inattive nel campo sociale da almeno due anni ovvero risultino
esaurite le finalità previste nelle tavole di fondazione o negli
statuti; salvaguardare, nel caso di scioglimento delle IPAB, l’effettiva
destinazione dei patrimoni alle stesse appartenenti, nel rispetto degli
interessi originari e delle tavole di fondazione o, in mancanza di disposizioni
specifiche nelle stesse, a favore, prioritariamente, di altre IPAB del
territorio o dei comuni territorialmente competenti, allo scopo di promuovere
e potenziare il sistema integrato di interventi e servizi sociali;
i) esclusione di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Sullo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 sono acquisiti
i pareri della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, e delle rappresentanze delle IPAB. Lo schema di
decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per
l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari,
che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
3. Le regioni adeguano la propria disciplina ai principi del decreto
legislativo di cui al comma 1 entro centottanta giorni dalla data di entrata
in vigore del medesimo decreto legislativo.
Art. 11
(Autorizzazione e accreditamento)
1. I servizi e le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale
a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, sono
autorizzati dai comuni. L’autorizzazione è rilasciata in conformità
ai requisiti stabiliti dalla legge regionale, che recepisce e integra,
in relazione alle esigenze locali, i requisiti minimi nazionali determinati
ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera c), con decreto del Ministro
per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati e la
Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281.
2. I requisiti minimi nazionali trovano immediata applicazione per
servizi e strutture di nuova istituzione; per i servizi e le strutture
operanti alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni
provvedono a concedere autorizzazioni provvisorie, prevedendo l’adeguamento
ai requisiti regionali e nazionali nel termine stabilito da ciascuna regione
e in ogni caso non oltre il termine di cinque anni.
3. I comuni provvedono all’accreditamento, ai sensi dell’articolo 6,
comma 2, lettera c), e corrispondono ai soggetti accreditati tariffe per
le prestazioni erogate nell’ambito della programmazione regionale e locale
sulla base delle determinazioni di cui all’articolo 8, comma 3, lettera
n).
4. Le regioni, nell’ambito degli indirizzi definiti dal Piano nazionale
ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera e), disciplinano le modalità
per il rilascio da parte dei comuni ai soggetti di cui all’articolo 1,
comma 5, delle autorizzazioni alla erogazione di servizi sperimentali e
innovativi, per un periodo massimo di tre anni, in deroga ai requisiti
di cui al comma 1. Le regioni, con il medesimo provvedimento di cui al
comma 1, definiscono gli strumenti per la verifica dei risultati.
Art. 12
(Figure professionali sociali)
1. Con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della
previdenza sociale, della pubblica istruzione e dell’università
e della ricerca scientifica e tecnologica, sulla base dei criteri e dei
parametri individuati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi dell’articolo
129, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono definiti
i profili professionali delle figure professionali sociali.
2. Con regolamento del Ministro per la solidarietà sociale,
da emanare di concerto con i Ministri della sanità e dell’università
e della ricerca scientifica e tecnologica e d’intesa con la Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, sono definiti:
a) le figure professionali di cui al comma 1 da formare con i corsi
di laurea di cui all’articolo 6 del regolamento recante norme concernenti
l’autonomia didattica degli atenei, adottato con decreto del Ministro dell’università
e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
b) le figure professionali di cui al comma 1 da formare in corsi di
formazione organizzati dalle regioni, nonché i criteri generali
riguardanti i requisiti per l’accesso, la durata e l’ordinamento didattico
dei medesimi corsi di formazione;
c) i criteri per il riconoscimento e la equiparazione dei profili professionali
esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 2,
lettera a), sono definiti dall’università ai sensi dell’articolo
11 del citato regolamento adottato con decreto del Ministro dell’università
e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.
4. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 3-octies del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’articolo 3 del decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229, relative ai profili professionali dell’area
socio-sanitaria ad elevata integrazione socio-sanitaria.
5. Ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni, con decreto dei Ministri per la solidarietà sociale,
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione
pubblica, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, sono individuate, per le figure professionali
sociali, le modalità di accesso alla dirigenza, senza nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
6. Le risorse economiche per finanziare le iniziative di cui al comma
2 sono reperite dalle amministrazioni responsabili delle attività
formative negli stanziamenti previsti per i programmi di formazione, avvalendosi
anche del concorso del Fondo sociale europeo e senza oneri aggiuntivi a
carico dello Stato.
Art. 13
(Carta dei servizi sociali)
1. Al fine di tutelare le posizioni soggettive degli utenti, entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per
la solidarietà sociale, d’intesa con i Ministri interessati, è
adottato lo schema generale di riferimento della carta dei servizi sociali.
Entro sei mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del citato
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ciascun ente erogatore
di servizi adotta una carta dei servizi sociali ed è tenuto a darne
adeguata pubblicità agli utenti.
2. Nella carta dei servizi sociali sono definiti i criteri per l’accesso
ai servizi, le modalità del relativo funzionamento, le condizioni
per facilitarne le valutazioni da parte degli utenti e dei soggetti che
rappresentano i loro diritti, nonché le procedure per assicurare
la tutela degli utenti. Al fine di tutelare le posizioni soggettive e di
rendere immediatamente esigibili i diritti soggettivi riconosciuti, la
carta dei servizi sociali, ferma restando la tutela per via giurisdizionale,
prevede per gli utenti la possibilità di attivare ricorsi nei confronti
dei responsabili preposti alla gestione dei servizi.
3. L’adozione della carta dei servizi sociali da parte degli erogatori
delle prestazioni e dei servizi sociali costituisce requisito necessario
ai fini dell’accreditamento.
CAPO III
DISPOSIZIONI PER LA REALIZZAZIONE DI PARTICOLARI
INTERVENTI
DI INTEGRAZIONE E SOSTEGNO SOCIALE
Art. 14
(Progetti individuali per le persone disabili)
1. Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui
all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell’ambito della vita
familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica
o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità
sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto
individuale, secondo quanto stabilito al comma 2.
2. Nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli
articoli 18 e 19, il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione
diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico
del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede
il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al
recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche
necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione
ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità
e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.
3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il
Ministro per la solidarietà sociale, da emanare entro novanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite, nel
rispetto dei principi di tutela della riservatezza previsti dalla normativa
vigente, le modalità per indicare nella tessera sanitaria, su richiesta
dell’interessato, i dati relativi alle condizioni di non autosufficienza
o di dipendenza per facilitare la persona disabile nell’accesso ai servizi
ed alle prestazioni sociali.
Art. 15
(Sostegno domiciliare per le persone anziane
non autosufficienti)
1. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in
materia di prevenzione, cura e riabilitazione, per le patologie acute e
croniche, particolarmente per i soggetti non autosufficienti, nell’ambito
del Fondo nazionale per le politiche sociali il Ministro per la solidarietà
sociale, con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri della
sanità e per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata
di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina
annualmente la quota da riservare ai servizi a favore delle persone anziane
non autosufficienti, per favorirne l’autonomia e sostenere il nucleo familiare
nell’assistenza domiciliare alle persone anziane che ne fanno richiesta.
2. Il Ministro per la solidarietà sociale, con il medesimo decreto
di cui al comma 1, stabilisce annualmente le modalità di ripartizione
dei finanziamenti in base a criteri ponderati per quantità di popolazione,
classi di età e incidenza degli anziani, valutando altresì
la posizione delle regioni e delle province autonome in rapporto ad indicatori
nazionali di non autosufficienza e di reddito. In sede di prima applicazione
della presente legge, il decreto di cui al comma 1 è emanato entro
novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore.
3. Una quota dei finanziamenti di cui al comma 1 è riservata
ad investimenti e progetti integrati tra assistenza e sanità, realizzati
in rete con azioni e programmi coordinati tra soggetti pubblici e privati,
volti a sostenere e a favorire l’autonomia delle persone anziane e la loro
permanenza nell’ambiente familiare secondo gli indirizzi indicati dalla
presente legge. In sede di prima applicazione della presente legge le risorse
individuate ai sensi del comma 1 sono finalizzate al potenziamento delle
attività di assistenza domiciliare integrata.
4. Entro il 30 giugno di ogni anno le regioni destinatarie dei finanziamenti
di cui al comma 1 trasmettono una relazione al Ministro per la solidarietà
sociale e al Ministro della sanità in cui espongono lo stato di
attuazione degli interventi e gli obiettivi conseguiti nelle attività
svolte ai sensi del presente articolo, formulando anche eventuali proposte
per interventi innovativi. Qualora una o più regioni non provvedano
all’impegno contabile delle quote di competenza entro i tempi indicati
nel riparto di cui al comma 2, il Ministro per la solidarietà sociale,
di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n 281, provvede alla rideterminazione e riassegnazione dei finanziamenti
alle regioni.
Art. 16
(Valorizzazione e sostegno delle responsabilità
familiari)
1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e
sostiene il ruolo peculiare delle famiglie nella formazione e nella cura
della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della
coesione sociale; sostiene e valorizza i molteplici compiti che le famiglie
svolgono sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della
vita quotidiana; sostiene la cooperazione, il mutuo aiuto e l’associazionismo
delle famiglie; valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella formazione
di proposte e di progetti per l’offerta dei servizi e nella valutazione
dei medesimi. Al fine di migliorare la qualità e l’efficienza degli
interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano le persone e
le famiglie nell’ambito dell’organizzazione dei servizi.
2. I livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili nel territorio
nazionale, di cui all’articolo 22, e i progetti obiettivo, di cui all’articolo
18, comma 3, lettera b), tengono conto dell’esigenza di favorire le relazioni,
la corresponsabilità e la solidarietà fra generazioni, di
sostenere le responsabilità genitoriali, di promuovere le pari opportunità
e la condivisione di responsabilità tra donne e uomini, di riconoscere
l’autonomia di ciascun componente della famiglia.
3. Nell’ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali
hanno priorità:
a) l’erogazione di assegni di cura e altri interventi a sostegno della
maternità e della paternità responsabile, ulteriori rispetto
agli assegni e agli interventi di cui agli articoli 65 e 66 della legge
23 dicembre 1998, n. 448, alla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e alla legge
28 agosto 1997, n. 285, da realizzare in collaborazione con i servizi sanitari
e con i servizi socio - educativi della prima infanzia;
b) politiche di conciliazione tra il tempo di lavoro e il tempo di
cura, promosse anche dagli enti locali ai sensi della legislazione vigente;
c) servizi formativi ed informativi di sostegno alla genitorialità,
anche attraverso la promozione del mutuo aiuto tra le famiglie;
d) prestazioni di aiuto e sostegno domiciliare, anche con benefici
di carattere economico, in particolare per le famiglie che assumono compiti
di accoglienza, di cura di disabili fisici, psichici e sensoriali e di
altre persone in difficoltà, di minori in affidamento, di anziani;
e) servizi di sollievo, per affiancare nella responsabilità
del lavoro di cura la famiglia, ed in particolare i componenti più
impegnati nell’accudimento quotidiano delle persone bisognose di cure particolari
ovvero per sostituirli nelle stesse responsabilità di cura durante
l’orario di lavoro;
f) servizi per l’affido familiare, per sostenere, con qualificati interventi
e percorsi formativi, i compiti educativi delle famiglie interessate.
4. Per sostenere le responsabilità individuali e familiari e
agevolare l’autonomia finanziaria di nuclei monoparentali, di coppie giovani
con figli, di gestanti in difficoltà, di famiglie che hanno a carico
soggetti non autosufficienti con problemi di grave e temporanea difficoltà
economica, di famiglie di recente immigrazione che presentino gravi difficoltà
di inserimento sociale, nell’ambito delle risorse disponibili in base ai
piani di cui agli articoli 18 e 19, i comuni, in alternativa a contributi
assistenziali in denaro, possono concedere prestiti sull’onore, consistenti
in finanziamenti a tasso zero secondo piani di restituzione concordati
con il destinatario del prestito. L’onere dell’interesse sui prestiti è
a carico del comune; all’interno del Fondo nazionale per le politiche sociali
è riservata una quota per il concorso alla spesa destinata a promuovere
il prestito sull’onore in sede locale.
5. I comuni possono prevedere agevolazioni fiscali e tariffarie rivolte
alle famiglie con specifiche responsabilità di cura. I comuni possono,
altresì, deliberare ulteriori riduzioni dell’aliquota dell’imposta
comunale sugli immobili (ICI) per la prima casa, nonché tariffe
ridotte per l’accesso a più servizi educativi e sociali.
6. Con la legge finanziaria per il 2001 sono determinate misure fiscali
di agevolazione per le spese sostenute per la tutela e la cura dei componenti
del nucleo familiare non autosufficienti o disabili. Ulteriori risorse
possono essere attribuite per la realizzazione di tali finalità
in presenza di modifiche normative comportanti corrispondenti riduzioni
nette permanenti del livello della spesa di carattere corrente.
Art. 17
(Titoli per l’acquisto di servizi sociali)
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2, commi 2, i comuni
possono prevedere la concessione, su richiesta dell’interessato, di titoli
validi per l’acquisto di servizi sociali dai soggetti accreditati del sistema
integrato di interventi e servizi sociali ovvero come sostitutivi delle
prestazioni economiche diverse da quelle correlate al minimo vitale previste
dall’articolo 24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della presente legge,
nonché dalle pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge
30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e dagli assegni erogati
ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Le regioni, in attuazione di quanto stabilito ai sensi dell’articolo
18, comma 3, lettera i), disciplinano i criteri e le modalità per
la concessione dei titoli di cui al comma 1 nell’ambito di un percorso
assistenziale attivo per la integrazione o la reintegrazione sociale dei
soggetti beneficiari, sulla base degli indirizzi del Piano nazionale degli
interventi e dei servizi sociali.
CAPO IV
STRUMENTI PER FAVORIRE IL RIORDINO DEL SISTEMA
INTEGRATO
DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI
Art. 18
(Piano nazionale e piani regionali degli interventi
e dei servizi sociali)
1. Il Governo predispone ogni tre anni il Piano nazionale degli interventi
e dei servizi sociali, di seguito denominato «Piano nazionale»,
tenendo conto delle risorse finanziarie individuate ai sensi dell’articolo
4 nonché delle risorse ordinarie già destinate alla spesa
sociale dagli enti locali.
2. Il Piano nazionale è adottato previa deliberazione del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale,
sentiti i Ministri interessati. Sullo schema di piano sono acquisiti l’intesa
con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, nonché i pareri degli enti e delle associazioni
nazionali di promozione sociale di cui all’articolo 1, comma 1, lettere
a) e b), della legge 19 novembre 1987, n. 476, e successive modificazioni,
maggiormente rappresentativi, delle associazioni di rilievo nazionale che
operano nel settore dei servizi sociali, delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni di
tutela degli utenti. Lo schema di piano è successivamente trasmesso
alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni
parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
3. Il Piano nazionale indica:
a) le caratteristiche ed i requisiti delle prestazioni sociali comprese
nei livelli essenziali previsti dall’articolo 22;
b) le priorità di intervento attraverso l’individuazione di
progetti obiettivo e di azioni programmate, con particolare riferimento
alla realizzazione di percorsi attivi nei confronti delle persone in condizione
di povertà o di difficoltà psico-fisica;
c) le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi
e servizi sociali e le azioni da integrare e coordinare con le politiche
sanitarie, dell’istruzione, della formazione e del lavoro;
d) gli indirizzi per la diffusione dei servizi di informazione al cittadino
e alle famiglie;
e) gli indirizzi per le sperimentazioni innovative, comprese quelle
indicate dall’articolo 3, comma 4, e per le azioni di promozione della
concertazione delle risorse umane, economiche, finanziarie, pubbliche e
private, per la costruzione di reti integrate di interventi e servizi sociali;
f) gli indicatori ed i parametri per la verifica dei livelli di integrazione
sociale effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti nonché
gli indicatori per la verifica del rapporto costi - benefici degli interventi
e dei servizi sociali;
g) i criteri generali per la disciplina del concorso al costo dei servizi
sociali da parte degli utenti, tenuto conto dei principi stabiliti dal
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109;
h) i criteri generali per la determinazione dei parametri di valutazione
delle condizioni di cui all’articolo 2, comma 3;
i) gli indirizzi ed i criteri generali per la concessione dei prestiti
sull’onore di cui all’articolo 16, comma 4, e dei titoli di cui all’articolo
17;
l) gli indirizzi per la predisposizione di interventi e servizi sociali
per le persone anziane non autosufficienti e per i soggetti disabili, in
base a quanto previsto dall’articolo 14;
m) gli indirizzi relativi alla formazione di base e all’aggiornamento
del personale;
n) i finanziamenti relativi a ciascun anno di vigenza del Piano nazionale
in coerenza con i livelli essenziali previsti dall’articolo 22, secondo
parametri basati sulla struttura demografica, sui livelli di reddito e
sulle condizioni occupazionali della popolazione;
o) gli indirizzi per la predisposizione di programmi integrati per
obiettivi di tutela e qualità della vita rivolti ai minori, ai giovani
e agli anziani, per il sostegno alle responsabilità familiari, anche
in riferimento all’obbligo scolastico, per l’inserimento sociale delle
persone con disabilità e limitazione dell’autonomia fisica e psichica,
per l’integrazione degli immigrati, nonché per la prevenzione, il
recupero e il reinserimento dei tossicodipendenti e degli alcoldipendenti.
4. Il primo Piano nazionale è adottato entro dodici mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
5. Il Ministro per la solidarietà sociale predispone annualmente
una relazione al Parlamento sui risultati conseguiti rispetto agli obiettivi
fissati dal Piano nazionale, con particolare riferimento ai costi e all’efficacia
degli interventi, e fornisce indicazioni per l’ulteriore programmazione.
La relazione indica i risultati conseguiti nelle regioni in attuazione
dei piani regionali. La relazione dà conto altresì dei risultati
conseguiti nei servizi sociali con l’utilizzo dei finanziamenti dei fondi
europei, tenuto conto dei dati e delle valutazioni forniti dal Ministro
del lavoro e della previdenza sociale.
6. Le regioni, nell’esercizio delle funzioni conferite dagli articoli
131 e 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla presente
legge, in relazione alle indicazioni del Piano nazionale di cui al comma
3 del presente articolo, entro centoventi giorni dall’adozione del Piano
stesso adottano nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo
4, attraverso forme di intesa con i comuni interessati ai sensi dell’articolo
3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, il piano
regionale degli interventi e dei servizi sociali, provvedendo in particolare
all’integrazione socio-sanitaria in coerenza con gli obiettivi del piano
sanitario regionale, nonché al coordinamento con le politiche dell’istruzione,
della formazione professionale e del lavoro.
Art. 19
(Piano di zona)
1. I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’articolo
8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa
con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle
risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli interventi sociali
e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’articolo
18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua:
a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché
gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione;
b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie,
strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione
alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell’articolo 8, comma 3,
lettera h);
c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo
di cui all’articolo 21;
d) le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni;
e) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi
periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all’amministrazione
penitenziaria e della giustizia;
f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali
con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a
livello locale e con le altre risorse della comunità;
g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale
e con i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4.
2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma,
ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive
modificazioni, è volto a:
a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su
servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare
le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché
a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei
servizi;
b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate
dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g);
c) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun
comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti
firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento
di particolari obiettivi;
d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori
finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.
3. All’accordo di programma di cui al comma 2, per assicurare l’adeguato
coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti
pubblici di cui al comma 1 nonché i soggetti di cui all’articolo
1, comma 4, e all’articolo 10, che attraverso l’accreditamento o specifiche
forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione
del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano.
Art. 20
(Fondo nazionale per le politiche sociali)
1. Per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica
sociale, lo Stato ripartisce le risorse del Fondo nazionale per le politiche
sociali.
2. Per le finalità della presente legge il Fondo di cui al comma
1 è incrementato di lire 106.700 milioni per l’anno 2000, di lire
761.500 milioni per l’anno 2001 e di lire 922.500 milioni a decorrere dall’anno
2002. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito
dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale»
dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo utilizzando quanto
a lire 56.700 milioni per l’anno 2000, a lire 591.500 milioni per l’anno
2001 e a lire 752.500 milioni per l’anno 2002, l’accantonamento relativo
al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;
quanto a lire 50.000 milioni per l’anno 2000 e a lire 149.000 milioni per
ciascuno degli anni 2001 e 2002, l’accantonamento relativo al Ministero
della pubblica istruzione; quanto a lire 1.000 milioni per ciascuno degli
anni 2001 e 2002, le proiezioni dell’accantonamento relativo al Ministero
dell’interno; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 2001
e 2002, le proiezioni dell’accantonamento relativo al Ministero del commercio
con l’estero.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni
di bilancio.
4. La definizione dei livelli essenziali di cui all’articolo 22 è
effettuata contestualmente a quella delle risorse da assegnare al Fondo
nazionale per le politiche sociali tenuto conto delle risorse ordinarie
destinate alla spesa sociale dalle regioni e dagli enti locali, nel rispetto
delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di
finanza pubblica dal Documento di programmazione economico-finanziaria.
5. Con regolamento, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo provvede a disciplinare
modalità e procedure uniformi per la ripartizione delle risorse
finanziarie confluite nel Fondo di cui al comma 1 ai sensi delle vigenti
disposizioni di legge, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) razionalizzare e armonizzare le procedure medesime ed evitare sovrapposizioni
e diseconomie nell’allocazione delle risorse;
b) prevedere quote percentuali di risorse aggiuntive a favore dei comuni
associati ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera a);
c) garantire che gli stanziamenti a favore delle regioni e degli enti
locali costituiscano quote di cofinanziamento dei programmi e dei relativi
interventi e prevedere modalità di accertamento delle spese al fine
di realizzare un sistema di progressiva perequazione della spesa in ambito
nazionale per il perseguimento degli obiettivi del Piano nazionale;
d) prevedere forme di monitoraggio, verifica e valutazione dei costi,
dei rendimenti e dei risultati degli interventi, nonché modalità
per la revoca dei finanziamenti in caso di mancato impegno da parte degli
enti destinatari entro periodi determinati;
e) individuare le norme di legge abrogate dalla data di entrata in
vigore del regolamento.
6. Lo schema di regolamento di cui al comma 5, previa deliberazione
preliminare del Consiglio dei ministri, acquisito il parere della Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, è trasmesso successivamente alle Camere per l’espressione
del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano
entro trenta giorni dalla data di assegnazione. Decorso inutilmente tale
termine, il regolamento può essere emanato.
7. Il Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri
interessati, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede, con proprio decreto,
annualmente alla ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le
politiche sociali, tenuto conto della quota riservata di cui all’articolo
15, sulla base delle linee contenute nel Piano nazionale e dei parametri
di cui all’articolo 18, comma 3, lettera n). In sede di prima applicazione
della presente legge, entro novanta giorni dalla data della sua entrata
in vigore, il Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri
interessati, d’intesa con la Conferenza unificata di cui al citato articolo
8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, adotta il decreto di cui al
presente comma sulla base dei parametri di cui all’articolo 18, comma 3,
lettera n). La ripartizione garantisce le risorse necessarie per l’adempimento
delle prestazioni di cui all’articolo 24.
8. A decorrere dall’anno 2002 lo stanziamento complessivo del Fondo
nazionale per le politiche sociali è determinato dalla legge finanziaria
con le modalità di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della
legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, assicurando comunque
la copertura delle prestazioni di cui all’articolo 24 della presente legge.
9. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all’articolo
24, confluiscono con specifica finalizzazione nel Fondo nazionale per le
politiche sociali anche le risorse finanziarie destinate al finanziamento
delle prestazioni individuate dal medesimo decreto legislativo.
10. Al Fondo nazionale per le politiche sociali affluiscono, altresì,
somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati,
enti, fondazioni, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell’Unione
europea, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere
assegnate al citato Fondo nazionale.
11. Qualora le regioni ed i comuni non provvedano all’impegno contabile
della quota non specificamente finalizzata ai sensi del comma 9 delle risorse
ricevute nei tempi indicati dal decreto di riparto di cui al comma 7, il
Ministro per la solidarietà sociale, con le modalità di cui
al medesimo comma 7, provvede alla rideterminazione e alla riassegnazione
delle risorse, fermo restando l’obbligo di mantenere invariata nel triennio
la quota complessiva dei trasferimenti a ciascun comune o a ciascuna regione.
Art. 21
(Sistema informativo dei servizi sociali)
1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni istituiscono un sistema
informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza
dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi
sociali e poter disporre tempestivamente di dati ed informazioni necessari
alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali,
per la promozione e l’attivazione di progetti europei, per il coordinamento
con le strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro e dell’occupazione.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge è nominata, con decreto del Ministro per la solidarietà
sociale, una commissione tecnica, composta da sei esperti di comprovata
esperienza nel settore sociale ed in campo informativo, di cui due designati
dal Ministro stesso, due dalla Conferenza dei presidenti delle regioni
e delle province autonome di Trento e di Bolzano, due dalla Conferenza
Stato-città e autonomie locali. La commissione ha il compito di
formulare proposte in ordine ai contenuti, al modello ed agli strumenti
attraverso i quali dare attuazione ai diversi livelli operativi del sistema
informativo dei servizi sociali. La commissione è presieduta da
uno degli esperti designati dal Ministro per la solidarietà sociale.
I componenti della commissione durano in carica due anni. Gli oneri derivanti
dall’applicazione del presente comma, nel limite massimo di lire 250 milioni
annue, sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali.
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, su
proposta del Ministro per la solidarietà sociale, sentite la Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, e l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione,
definisce le modalità e individua, anche nell’ambito dei sistemi
informativi esistenti, gli strumenti necessari per il coordinamento tecnico
con le regioni e gli enti locali ai fini dell’attuazione del sistema informativo
dei servizi sociali, in conformità con le specifiche tecniche della
rete unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 15, comma
1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, tenuto conto di quanto disposto dall’articolo
6 del citato decreto legislativo n. 281 del 1997, in materia di scambio
di dati ed informazioni tra le amministrazioni centrali, regionali e delle
province autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni, le province e i comuni
individuano le forme organizzative e gli strumenti necessari ed appropriati
per l’attivazione e la gestione del sistema informativo dei servizi sociali
a livello locale.
4. Gli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo sono
a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali. Nell’ambito dei
piani di cui agli articoli 18 e 19, sono definite le risorse destinate
alla realizzazione del sistema informativo dei servizi sociali, entro i
limiti di spesa stabiliti in tali piani.
CAPO V
INTERVENTI, SERVIZI ED EMOLUMENTI ECONOMICI
DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI
SOCIALI
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 22
(Definizione del sistema integrato di interventi
e servizi sociali)
1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza
mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita
sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali
misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare
l’efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione
delle risposte.
2. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in
materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché le disposizioni
in materia di integrazione socio-sanitaria di cui al decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, gli interventi di
seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni
sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche
ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale,
nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali,
tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali
alla spesa sociale:
a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito
e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone
senza fissa dimora;
b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza
a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli
atti propri della vita quotidiana;
c) interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite
il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie,
persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per
la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, ai
sensi dell’articolo 16, per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro
e di cura familiare;
e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare
i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito
dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dalla legge 10 dicembre 1925, n.
2277, e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative;
f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi
dell’articolo 14; realizzazione, per i soggetti di cui all’articolo 3,
comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi
e delle comunità-alloggio di cui all’articolo 10 della citata legge
n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per
quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni
di sostituzione temporanea delle famiglie;
g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza
a domicilio, per l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie
di accoglienza di tipo familiare, nonché per l’accoglienza e la
socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro
che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione
dell’autonomia, non siano assistibili a domicilio;
h) prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze
da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva,
di recupero e reinserimento sociale;
i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire
la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto.
3. Gli interventi del sistema integrato di interventi e servizi sociali
di cui al comma 2, lettera c), sono realizzati, in particolare, secondo
le finalità delle leggi 4 maggio 1983, n. 184, 27 maggio 1991, n.
176, 15 febbraio 1996, n. 66, 28 agosto 1997, n. 285, 23 dicembre 1997,
n. 451, 3 agosto 1998, n. 296, 31 dicembre 1998, n. 476, del testo unico
di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e delle disposizioni
sul processo penale a carico di imputati minorenni, approvate con decreto
del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, nonché
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per i minori disabili. Ai fini di
cui all’articolo 11 e per favorire la deistituzionalizzazione, i servizi
e le strutture a ciclo residenziale destinati all’accoglienza dei minori
devono essere organizzati esclusivamente nella forma di strutture comunitarie
di tipo familiare.
4. In relazione a quanto indicato al comma 2, le leggi regionali, secondo
i modelli organizzativi adottati, prevedono per ogni ambito territoriale
di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), tenendo conto anche delle diverse
esigenze delle aree urbane e rurali, comunque l’erogazione delle seguenti
prestazioni:
a) servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione
e consulenza al singolo e ai nuclei familiari;
b) servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza
personali e familiari;
c) assistenza domiciliare;
d) strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità
sociali;
e) centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.
Sezione II
Misure di contrasto alla povertà
e riordino degli emolumenti economici assistenziali
Art. 23
(Reddito minimo di inserimento)
1. L’articolo 15 del decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, è
sostituito dal seguente:
«Art. 15. – (Estensione del reddito minimo di inserimento).
– 1. Il Governo, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative, riferisce al Parlamento, entro il 30 maggio
2001, sull’attuazione della sperimentazione e sui risultati conseguiti.
Con successivo provvedimento legislativo, tenuto conto dei risultati della
sperimentazione, sono definiti le modalità, i termini e le risorse
per l’estensione dell’istituto del reddito minimo di inserimento come misura
generale di contrasto della povertà, alla quale ricondurre anche
gli altri interventi di sostegno del reddito, quali gli assegni di cui
all’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e le pensioni
sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive
modificazioni».
2. Il reddito minimo di inserimento di cui all’articolo 15 del decreto
legislativo 18 giugno 1998, n. 237, come sostituito dal comma 1 del presente
articolo, è definito quale misura di contrasto della povertà
e di sostegno al reddito nell’ambito di quelle indicate all’articolo 22,
comma 2, lettera a), della presente legge.
Art. 24
(Delega al Governo per il riordino degli emolumenti
derivanti da invalidità civile, cecità
e sordomutismo)
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto del
principio della separazione tra spesa assistenziale e spesa previdenziale,
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un decreto
legislativo recante norme per il riordino degli assegni e delle indennità
spettanti ai sensi delle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970,
n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, e 11 febbraio 1980,
n. 18, e successive modificazioni, sulla base dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) riclassificazione delle indennità e degli assegni, e dei
relativi importi, che non determini una riduzione degli attuali trattamenti
e, nel complesso, oneri aggiuntivi rispetto a quelli determinati dall’andamento
tendenziale degli attuali trattamenti previsti dalle disposizioni richiamate
dal presente comma. La riclassificazione tiene inoltre conto delle funzioni
a cui gli emolumenti assolvono, come misure di contrasto alla povertà
o come incentivi per la rimozione delle limitazioni personali, familiari
e sociali dei portatori di handicap, per la valorizzazione delle capacità
funzionali del disabile e della sua potenziale autonomia psico-fisica,
prevedendo le seguenti forme di sostegno economico:
1) reddito minimo per la disabilità totale a cui fare afferire
pensioni e assegni che hanno la funzione di integrare, a seguito della
minorazione, la mancata produzione di reddito. Il reddito minimo, nel caso
di grave disabilità, è cumulabile con l’indennità
di cui al numero 3.1) della presente lettera;
2) reddito minimo per la disabilità parziale, a cui fare afferire
indennità e assegni concessi alle persone con diversi gradi di minorazione
fisica e psichica per favorire percorsi formativi, l’accesso ai contratti
di formazione e lavoro di cui al decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, e
successive modificazioni, alla legge 29 dicembre 1990, n. 407, e al decreto-legge
16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1994, n. 451, ed a borse di lavoro di cui al decreto legislativo 7 agosto
1997, n. 280, da utilizzare anche temporaneamente nella fase di avvio al
lavoro e da revocare al momento dell’inserimento definitivo;
3) indennità per favorire la vita autonoma e la comunicazione,
commisurata alla gravità, nonché per consentire assistenza
e sorveglianza continue a soggetti con gravi limitazioni dell’autonomia.
A tale indennità afferiscono gli emolumenti concessi, alla data
di entrata in vigore della presente legge, per gravi disabilità,
totale non autosufficienza e non deambulazione, con lo scopo di rimuovere
l’esclusione sociale, favorire la comunicazione e la permanenza delle persone
con disabilità grave o totale non autosufficienza a domicilio, anche
in presenza di spese personali aggiuntive. L’indennità può
essere concessa secondo le seguenti modalità tra loro non cumulabili:
3.1) indennità per l’autonomia di disabili gravi o pluriminorati,
concessa a titolo della minorazione;
3.2) indennità di cura e di assistenza per ultrasessantacinquenni
totalmente dipendenti;
b) cumulabilità dell’indennità di cura e di assistenza
di cui alla lettera a), numero 3.2), con il reddito minimo di inserimento
di cui all’articolo 23;
c) fissazione dei requisiti psico-fisici e reddituali individuali che
danno luogo alla concessione degli emolumenti di cui ai numeri 1) e 2)
della lettera a) del presente comma secondo quanto previsto dall’articolo
1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
109;
d) corresponsione dei nuovi trattamenti per coloro che non sono titolari
di pensioni e indennità dopo centoventi giorni dalla data di entrata
in vigore del decreto legislativo, prevedendo nello stesso la equiparazione
tra gli emolumenti richiesti nella domanda presentata alle sedi competenti
ed i nuovi trattamenti;
e) equiparazione e ricollocazione delle indennità già
percepite e in atto nel termine massimo di un anno dalla data di entrata
in vigore del decreto legislativo;
f) disciplina del regime transitorio, fatti salvi i diritti acquisiti
per coloro che già fruiscono di assegni e indennità;
g) riconoscimento degli emolumenti anche ai disabili o agli anziani
ospitati in strutture residenziali, in termini di pari opportunità
con i soggetti non ricoverati, prevedendo l’utilizzo di parte degli emolumenti
come partecipazione alla spesa per l’assistenza fornita, ferma restando
la conservazione di una quota, pari al 50 per cento del reddito minimo
di inserimento di cui all’articolo 23, a diretto beneficio dell’assistito;
h) revisione e snellimento delle procedure relative all’accertamento
dell’invalidità civile e alla concessione delle prestazioni spettanti,
secondo il principio della unificazione delle competenze, anche prevedendo
l’istituzione di uno sportello unico; revisione dei criteri e dei requisiti
che danno titolo alle prestazioni di cui al presente articolo, tenuto conto
di quanto previsto dall’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 157, nonché dalla Classificazione
internazionale dei disturbi, disabilità ed handicap – International
classification of impairments, disabilities and handicaps (ICIDH), adottata
dall’Organizzazione mondiale della sanità; definizione delle modalità
per la verifica della sussistenza dei requisiti medesimi.
2. Sullo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 sono acquisiti
l’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonché i pareri degli enti e
delle associazioni nazionali di promozione sociale di cui all’articolo
1, comma 1, lettere a) e b), della legge 19 novembre 1987, n. 476, e successive
modificazioni, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
a livello nazionale e delle associazioni di tutela degli utenti. Lo schema
di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per
l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari,
che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
Art. 25
(Accertamento della condizione economica del
richiedente)
1. Ai fini dell’accesso ai servizi disciplinati dalla presente legge,
la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata
secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.
Art. 26
(Utilizzo di fondi integrativi per prestazioni
sociali)
1. L’ambito di applicazione dei fondi integrativi previsti dall’articolo
9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni,
comprende le spese sostenute dall’assistito per le prestazioni sociali
erogate nell’ambito dei programmi assistenziali intensivi e prolungati
finalizzati a garantire la permanenza a domicilio ovvero in strutture residenziali
o semiresidenziali delle persone anziane e disabili.
CAPO VI
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 27
(Istituzione della Commissione di indagine
sulla esclusione sociale)
1. È istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,
la Commissione di indagine sulla esclusione sociale, di seguito denominata
«Commissione».
2. La Commissione ha il compito di effettuare, anche in collegamento
con analoghe iniziative nell’ambito dell’Unione europea, le ricerche e
le rilevazioni occorrenti per indagini sulla povertà e sull’emarginazione
in Italia, di promuoverne la conoscenza nelle istituzioni e nell’opinione
pubblica, di formulare proposte per rimuoverne le cause e le conseguenze,
di promuovere valutazioni sull’effetto dei fenomeni di esclusione sociale.
La Commissione predispone per il Governo rapporti e relazioni ed annualmente
una relazione nella quale illustra le indagini svolte, le conclusioni raggiunte
e le proposte formulate.
3. Il Governo, entro il 30 giugno di ciascun anno, riferisce al Parlamento
sull’andamento del fenomeno dell’esclusione sociale, sulla base della relazione
della Commissione di cui al comma 2, secondo periodo.
4. La Commissione è composta da studiosi ed esperti con qualificata
esperienza nel campo dell’analisi e della pratica sociale, nominati, per
un periodo di tre anni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
su proposta del Ministro per la solidarietà sociale. Le funzioni
di segreteria della Commissione sono assicurate dal personale del Dipartimento
per gli affari sociali o da personale di altre pubbliche amministrazioni,
collocato in posizione di comando o di fuori ruolo nelle forme previste
dai rispettivi ordinamenti. Per l’adempimento dei propri compiti la Commissione
può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni
e degli enti locali. La Commissione può avvalersi altresí
della collaborazione di esperti e può affidare la effettuazione
di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche o private, a gruppi o a singoli
ricercatori mediante convenzioni.
5. Gli oneri derivanti dal funzionamento della Commissione, determinati
nel limite massimo di lire 250 milioni annue, sono a carico del Fondo nazionale
per le politiche sociali.
Art. 28
(Interventi urgenti per le situazioni di povertà
estrema)
1. Allo scopo di garantire il potenziamento degli interventi volti ad
assicurare i servizi destinati alle persone che versano in situazioni di
povertà estrema e alle persone senza fissa dimora, il Fondo nazionale
per le politiche sociali è incrementato di una somma pari a lire
20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002.
2. Ai fini di cui al comma 1, gli enti locali, le organizzazioni di
volontariato e gli organismi non lucrativi di utilità sociale nonché
le IPAB possono presentare alle regioni, secondo le modalità e i
termini definiti ai sensi del comma 3, progetti concernenti la realizzazione
di centri e di servizi di pronta accoglienza, interventi socio-sanitari,
servizi per l’accompagnamento e il reinserimento sociale.
3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, con atto di indirizzo e coordinamento deliberato dal Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, d’intesa
con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, sono definiti i criteri di riparto tra le regioni
dei finanziamenti di cui al comma 1, i termini per la presentazione delle
richieste di finanziamento dei progetti di cui al comma 2, i requisiti
per l’accesso ai finanziamenti, i criteri generali di valutazione dei progetti,
le modalità per il monitoraggio degli interventi realizzati, i comuni
delle grandi aree urbane per i quali gli interventi di cui al presente
articolo sono considerati prioritari.
4. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, pari
a lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002, si provvede mediante
corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2001 e 2002 dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito
dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale»
dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando
l’accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica.
Art. 29
(Disposizioni sul personale)
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri è autorizzata a bandire
concorsi pubblici per il reclutamento di cento unità di personale
dotate di professionalità ed esperienza in materia di politiche
sociali, per lo svolgimento, in particolare, delle funzioni statali previste
dalla presente legge, nonché in materia di adozioni internazionali,
politiche di integrazione degli immigrati e tutela dei minori non accompagnati.
Al predetto personale non si applica la disposizione di cui all’articolo
12, comma 1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le assunzioni
avvengono in deroga ai termini ed alle modalità di cui all’articolo
39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
2. All’onere derivante dall’attuazione del comma 1, pari a lire 2 miliardi
per l’anno 2000 e a lire 7 miliardi annue a decorrere dall’anno 2001, si
provvede a valere sul Fondo nazionale per le politiche sociali, come rifinanziato
ai sensi dell’articolo 20 della presente legge.
Art. 30
(Abrogazioni)
1. Alla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati
l’articolo 72 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e il comma 45 dell’articolo
59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
2. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all’articolo
10 è abrogata la disciplina relativa alle IPAB prevista dalla legge
17 luglio 1890, n. 6972. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo
di cui all’articolo 24 sono abrogate le disposizioni sugli emolumenti economici
previste dalle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27
maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, e 11 febbraio 1980, n. 18,
e successive modificazioni. |