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Ostensione della Sindone di Torino nell’anno del Giubileo 2000

Ipotesi anatomo-necroscopiche sull’immagine del telo sindonico

A che punto sono le ricerche scientifiche e le valutazioni medico legali sul reperto 
definito una sfida alla scienza.

di Silvano Bertagnolio

L’articolo che segue è stato redatto dal Dott Silvano Bertagnolio, giornalista medico scientifico, nello scorso mese di agosto dopo una visita riservata a giornalisti italiani e stranieri in occasione della ‘Ostensione’ che si è protratta fino al 22 ottobre scorso.
La Sindone da oltre 400 anni è conservata nel Duomo di Torino e le annotazioni riguardano alcune delle ricerche scientifiche e degli esami medico – legali effettuati in epoca più recente e che hanno dato origine a pareri e critiche spesso discordanti sulla presunta autenticità. 

La Sindone conservata a Torino è un telo morbido di puro lino di cm. 437 x 111, il cui disegno a spina di pesce lo rende raffinato ed elegante nella sua struttura.
Vi sono impresse immagini anatomiche di un uomo, con relative lesioni provocate da vari traumi, che presentano il lenzuolo simile ad un reperto medico legale, sul quale da vari anni sono in corso studi, ipotesi e verifiche, spesso contrastanti, da parte di esperti della ricerca scientifica sia in Italia che all’estero. 
Negli anni 1973 (solo Ostensione TV e prelievi), 1978, 1988 (esami datazione con carbonio 14), 1998, già avevano visionato il Telo sindonico, ma Sabato scorso 12 Agosto, durante la prolungata visita concessa  a numerosi giornalisti, italiani e stranieri, è cresciuto enormemente l’interesse di tutti, sia per il lungo tempo consentito, che ci ha permesso una più attenta osservazione e valutazione di ogni minimo particolare, sia per le lodevoli delucidazioni ed i preziosi commenti del Vice presidente della Commissione Monsignor Ghiberti, che ci ha accompagnati.
Dopo la visita, diciamo privata, per i giornalisti Radio/TV e della carta stampata, faceva seguito la conferenza stampa coordinata dall’Arcivescovo di Torino mons. Poletto, custode Pontificio della Sindone, al quale chiedevamo se , nell’anno del giubileo, esisteva la possibilità di attenderci un giudizio ed una decisione definitiva, da parte dell’Autorità ecclesiastica, in merito alla autenticità dell’ uomo sindonico, alla luce delle ultime conclusioni messe a punto dalla ricerca scientifica più attuale.
La risposta dell’insigne prelato si orientava sulla deduzione che: la scienza nel suo corso e cammino non fornisce spiegazioni di come si è formata l’immagine. Sostenere che è autentica sarebbe da disonesti, pur osservando perfetti riscontri, la prudenza dice di attendere ancora. Non abbiamo paura della scienza, ma dell’improvvisazione e dell’ansia di protagonismo di qualcuno sì.
L’Arcivescovo mons. Poletto, proseguiva poi annunciando che erano disponibili gli Atti del simposio internazionale di studi sindonologici (in corso di traduzione in questi giorni), tenutosi a Torino nel marzo 2000, con la partecipazione di 40 studiosi provenienti da tutto il  mondo.
Nel convegno si auspicava un’interfaccia collaborativa tra la componente scientifico tecnica e quella storico umanistica, raccomandando la formazione di un coordinamento tra tutti gli studiosi, interessati alla sindone, come oggetto di ricerca ed alle metodiche e strumentazioni utilizzabili a tale scopo.
Al 22 ottobre, data di chiusura dell’ostensione 2000, è stata fissata la scadenza per presentare nuovi progetti di indagine.
Tralasciando il discorso strettamente religioso o, come si suol dire oggi, puramente di parte, stabilendo come presupposto che ognuno di noi può farsi un’idea (ed arrivare a certe conclusioni) sul reperto in esame, definito pure una provocazione all’intelligenza dell’uomo, anche di quello più scettico, addentriamoci, a questo punto, sul lavoro degli esperti scientifici cercando di confrontare sinteticamente le esplorazioni, attualmente disponibili, consci che l’argomento richiederebbe una trattazione più ampia ed approfondita, ma che sarebbe da considerare fuori dagli schemi delle presenti note, espresse, unicamente, con caratteri di essenzialità.
Durante un’ostensione del 1898, l’avvocato Secondo Pia, appassionato di arte fotografica, scattava la prima fotografia alla Sindone, attraverso il vetro della cornice, ottenendone un risultato sorprendente e clamoroso.
Il Telo sindonico era stato appoggiato ad un basamento che fungeva da altare e, mentre quest’ultimo appariva in negativo fotografico, l’immagine risultava in positivo fotografico, cioè l’uomo della Sindone era impresso in negativo naturale.
Per meglio spiegare cosa era avvenuto, diciamo subito che nella Sindone erano (e sono ) impresse immagini negative, che diventavano perciò positive nel negativo fotografico, per tornare negative nella stampa di questo, cioè nel positivo fotografico.
Gli scettici dell’epoca pensavano allora di definire la Sindone come un dipinto del medioevo, tesi messa subito in discussione dall’affermazione che sia l’impronta negativa che il negativo fotografico, non esistevano prima della loro scoperta avvenuta nel 1816.
Seguivano reazioni sfavorevoli in tutti gli ambienti scientifici e, perché no? anche in quelli religiosi.
Durante l’ostensione del 1931 veniva incaricato un altro fotografo professionista, Giuseppe Enrie, che lavorava senza il cristallo di protezione e confermava che la Sindone e le sue immagini possedevano tutti i caratteri del negativo fotografico, escludendo categoricamente ogni tentativo di falsificazione in quanto il fenomeno era stato scoperto da appena un secolo e poco più.
Continuavano altre ricerche con l’ammissione della presenza, sul lenzuolo, di granuli di polline provenienti da piante che crescono solo nel deserto della Palestina. Da successivi esami si scoprivano, nel 1950, tracce di sangue, confermate poi nel 1981 dal Prof. Baima Bollone, con altri due ricercatori, ordinario di Medicina legale nell’Università di Torino, studioso emerito da oltre 25 anni della Sindone che, durante una seduta scientifica tenuta presso l’Accademia di medicina di Torino, comunicava che le analisi di ematologia forense eseguite, ratificavano la presenza di sangue umano nella Sindone.
Non solo le macchie di sangue erano attribuibili ad un uomo ma, sui prelievi effettuati ai piedi dell’immagine sindonica, risultavano appartenere al gruppo AB, versato in parte prima ed in parte dopo la morte.
Le prove sul DNA confermavano la presenza di contaminazione tra quello maschile e quello femminile, data dalle numerose donne che avevano provveduto alla filatura, tessitura ed alle riparazioni del tessuto di lino, con il quale il telo sindonico era stato confezionato.
Nel 1988 si provvedeva ad effettuare i prelievi per la radiodatazione con il C14, con un campione di tessuto rettangolare dedotto dal telo sindonico nella parte superiore, a sinistra per chi guarda.
I risultati venivano giudicati assai discutibili, in merito alla correttezza delle procedure, attuate dai 3 laboratori, incaricati delle ricerche all’estero.
In via temporale le risultanze collocavano, l’oggetto in esame, tra il 1260 ed il 1390, ma le obiezioni formulate a tal proposito si orientavano, in particolare, sulla procedura adottata, che presentava evidenti segni di forzatura dell’elaborazione statistica e si definivano arbitrari i concetti di datazione, effettuati sui campioni del lenzuolo.
E’ molto probabile che sul tessuto di lino esistessero parecchi agenti contaminanti, che potevano aver falsato le deduzioni per quel che concerne la datazione.
Sarebbe auspicabile, a questo punto, ottenere presto un’altra verifica dai congressi scientifici in via di attuazione.
Nell’anno 1978 il Prof. Giovanni Tamburelli (Gruppo IRI STET) e, nell’anno 1990 il Prof. Nello Balossino, del Dipartimento di informatica dell’Università di Torino, ottenevano dei risultati a dir poco impressionanti, realizzando, mediante un’elaborazione tridimensionale della Sindone, una copia in metallo argenteo del Telo sindonico, utilizzata anche per i non vedenti. L’elaborazione al computer del lenzuolo sindonico, metteva in evidenza caratteristiche tridimensionali, già ottenute peraltro, nel 1978 con l’elaborazione delle fotografie di Enrie del 1931, non possedute né da dipinti né da normali fotografie!
Nel 1979 si scopriva sull’occhio destro l’orma di una moneta coniata da Ponzio Pilato nel 29 d.C..
Nel 1996 il Prof. Baima Bollone ed il Prof. Balossino, già citati, scoprivano anche sull’occhio sinistro l’orma di un’altra moneta, anche questa prodotta da Pilato nel 29.
Entrando, a questo punto, ad eseguire un esame più particolareggiato di alcuni dettagli dell’immagine impressa in negativo sul telo sindonico, iniziamo dalla fronte del volto umano, ben visibile a circa metà del medesimo, sulla sinistra.
All’analisi si scorgono due strisce di sangue, l’una proveniente da una ferita da punta (arteria temporale superficiale), con caratteristiche ematologiche arteriose, l’altro in corrispondenza della vena frontale, quindi di sangue venoso.
Un’altra ferita, questa volta sul torace, indica un’uscita abbondante di sangue provocata da una lancia (punta e taglio).
Anteriormente si può notare un’altra ferita da punta, non sul palmo delle mani, ma sui polsi (infissione di un chiodo per la fissazione sulla croce?).
Anche sulla nuca esistono segni emorragici di sangue arterio venoso (corona di spine?).
Altro segnale importante è quello situato trasversalmente nella parte posteriore, travasato dalla ferita da punta e taglio sul torace.
Il piede destro da’ un’impronta completa, il sinistro il tallone ed il cavo plantare. Questo dimostra che i due piedi erano incrociati. Anche in questa zona esiste del sangue da una ferita.
La domanda che ci si pone è la seguente:
questi dettagli del corpo umano potevano essere prodotti, diversi secoli fa, in modo così perfetto?
I dettagli anatomo patologici, i vari tipi di sangue (arterioso, venoso...), la retrazione del pollice per lesione del nervo mediano, la ferita al torace, i segni della flagellazione.....costituiscono un complesso di indizi assai convergenti (e ratificati dalle esperienze scientifiche), per i quali sia nuovi esperimenti sulla radiodatazione che l’individuazione del meccanismo di creazione delle immagini sindoniche, andranno rivisti in prospettiva di nuovi esami, da svolgersi in tempi strettissimi, in un clima di serenità e libertà di giudizio, come la ricerca comporta.
Terminiamo le presenti note con le parole espresse dal prof. Baima Bollone, in conclusione del suo ultimo libro, pubblicato in questi giorni Sindone e Scienza all’inizio del III millennio:La Sindone e le sue immagini sono esattamente come dovrebbero risultare nel caso si tratti del vero ed autentico lenzuolo funerario di Gesù.
E’ un’affermazione che nel lungo e travagliato cammino intercorrente tra il mistero e la scienza, di questa scienza che cerca di comprendere il  mistero della Sindone, accende una nuova speranza nella modernità dell’oggi, nella quale prevale il numero delle persone indirizzate ad ammetterne l’autenticità, rispetto a quelle voci che le sono contro.


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