RELAZIONE DELLA “COMMISSIONE DULBECCO”
(Sintesi)
Il Ministro della Sanità, professor Umberto Veronesi, il 7 settembre
scorso, nominò la “Commissione di studio sull’utilizzo di cellule
staminali per finalità terapeutiche” presieduta dal Premio Nobel,
professor Renato Dulbecco, con il compito di indicare sulla base del Rapporto
Donaldson, (il primo studio organico sulle potenzialità terapeutiche
delle cellule staminali), quali ricerche in quel campo si possono intraprendere
anche in Italia. In particolare il Ministro Veronesi ha posto ai 25 saggi
alcune domande di cui qui esponiamo una sintesi di ordine scientifico ed
etico.
In corsivo sono riportate le risposte della Commissione.
1) Fino a che punto è realistica l’ipotesi che cellule staminali,
opportunamente stimolate, possano differenziarsi a seconda delle necessità
per poi essere utilizzate a scopo terapeutico per curare malattie cronico-degenerative,
finora inguaribili?
L’applicazione terapeutica della ricerca sulle cellule staminali
è di notevole interesse e potrebbe condurre a una vera e propria
rivoluzione in medicina, superiore persino a quella rappresentata dagli
antibiotici.
Dei 30 milioni di malati cronici stimati nel nostro Paese, 10 milioni
di loro (se si comprendono anche quelli con patologie cardiovascolari)
potrebbero essere curati con le cellule staminali.
C’è ormai una sufficiente mole di dati per sostenere che
grazie a tali ricerche i sistemi sanitari potranno offrire ai cittadini
nuovi ed efficaci trattamenti per una notevole serie di patologie degenerative.
Le cellule staminali, siano esse embrionali, fetali, da sangue del
cordone ombelicale, o adulte, rappresentano un’importante alternativa ai
trapianti di organo. La possibilità di espandere in vitro queste
cellule fino a quantità elevatissime se non proprio illimitate,
potranno risolvere i due limiti fondamentali dell’attuale tecnologia dei
trapianti: la scarsità di organi e la necessità dell’immunosoppressione
cronica.
Da ciò derivano due importanti condizioni per l’uso clinico
routinario delle cellule staminali: la quantità di esse e
la loro compatibilità col ricevente. Quanto al problema della
compatibilità con il sistema immune del ricevente, soltanto cellule
staminali derivate dal paziente stesso risolverebbero completamente questo
problema.
2) Con quali probabilità e quali tempi?
A questa domanda la Commissione non è in grado di fare una
previsione sufficientemente certa, e fa suo il criterio di massima cautela,
presente nei documenti nazionali e internazionali in materia, circa il
tempo in cui questi trattamenti potranno entrare nella pratica clinica.
3) Quali saranno le principali patologie curabili con le cellule
staminali?
Dalla letteratura scientifica internazionale emerge la grande potenzialità
per lo sviluppo di terapie utili al trattamento di un ampio ventaglio di
patologie.
Alcune di esse vengono già utilizzate nella pratica clinica.
Vedi ”Appendice A” e “Appendice B”
4) Quale tra le cinque sorgenti classiche (da feti abortiti, da cordone
ombelicale, da midollo osseo, cellule adulte riprogrammate, da embrioni)
può avere più possibilità di successo in termini di
ricerca a fini terapeutici? Quale tecnica è accettabile eticamente?
La Commissione ha analizzato tutte queste sorgenti, esprimendo su
ciascuna di esse un parere sia scientifico sia etico.
Eccole in breve sintesi.
STAMINALI FETALI
PARERE SCIENTIFICO
Sono derivate da aborti (spontanei o volontari). Si tratta pertanto
di materiale cadaverico ed il suo utilizzo equivale a quello di organi
da cadaveri. Dal punto di vista biologico, le cellule staminali fetali
possiedono caratteristiche intermedie tra quelle embrionali e quelle adulte:
sono generalmente pluripotenti e deputate all’accrescimento peri-natale
dei tessuti. I pochi studi disponibili non permettono di trarre conclusione
definitive sulle loro capacità di crescita, differenziamento ed
integrazione funzionale nei vari tessuti.
PARERE ETICO
La ricerca sulle cellule staminali da feti abortiti non solleva
problemi morali purchè si escluda un rapporto di causalità
tra prelievo di cellule ed aborto.
DA CORDONE OMBELICALE
PARERE SCIENTIFICO
Suscitano grande interesse, soprattutto perché sarebbe in
teoria possibile creare una banca di cellule autologhe per ogni neonato
all’atto della nascita e utilizzabili anche dopo anni. Si tratta al momento
di una ipotesi futuribile.
Ad oggi le cellule staminali ombelicali sono state considerate capaci
di dare origine soltanto a cellule del sangue ma non di altri tessuti.
PARERE ETICO
La ricerca sulle cellule staminali prelevate da sangue di cordone
ombelicale non solleva problemi morali insormontabili. Su questo punto
c’è consenso unanime all’interno della Commissione.
STAMINALI ADULTE
PARERE SCIENTIFICO
Provvedono al mantenimento dei tessuti in condizioni fisiologiche
ed alla loro riparazione in seguito ad un danno; questa capacità
però non è illimitata.
Ad oggi, il loro isolamento e la loro coltivazione estensiva, eccezion
fatta per le cellule staminali cutanee e mesenchimali, sono al momento
limitate ai roditori. L’utilizzo clinico di tali cellule è strettamente
legato alla possibilità pratica di espanderle in vitro in modo efficiente.
Ad oggi questo è estremamente difficile e, in concomitanza con possibili
fenomeni di senescenza, potrebbe rappresentare un limite all’effettiva
fattibilità di questo approccio. Sperimentazioni terapeutiche con
cellule staminali adulte hanno in alcuni casi ottenuto risultati modesti
dal punto di vista dell’efficacia clinica.
PARERE ETICO
La ricerca sulle cellule staminali adulte non solleva problemi morali
insormontabili. Su questo punto c’è consenso unanime all’interno
della Commissione.
EMBRIONALI ETEROLOGHE
PARERE SCIENTIFICO
Derivano dalla regione interna dell’embrione prima del suo impianto
nell’utero. Dotate di elevata capacità proliferativa, sono in grado
di dare origine a tutti i tipi cellulari presenti nell’organismo risultando
ideali per la terapia delle patologie umane. Alcune sperimentazioni hanno
permesso di dire che, isolate da blastocisti e cresciute in vitro, queste
cellule mantengono inalterate le proprietà di plasticità
e totipotenza per alcuni anni. Ciò consente, a partire da poche
decine di cellule, di ottenerne centinaia di milioni con le stesse caratteristiche
e potenzialità.
Cellule staminali embrionali possono essere isolate da embrioni
congelati, prodotti in eccesso rispetto alle necessità della fecondazione
in vitro. In linea di principio ognuno di questi embrioni potrebbe dare
origine ad un nuovo individuo. In pratica, però, questo non è
possibile, non fosse altro che per la sproporzione tra l’abbondanza di
embrioni congelati e il numero di donne interessate ad averli impiantati
nel proprio utero. Ne consegue che questi embrioni non hanno la possibilità
concreta di divenire individui.Importantissimo e inesplorato è l’aspetto
riguardante la “scadenza”, per usare un termine brutale, di questi embrioni.
PARERE ETICO. PREMESSA
Oggi un programma di ricerca che contempli la sperimentazione sulle
cellule staminali derivate da embrioni umani appare a molti necessario.
Sulla liceità morale della sperimentazione sugli embrioni umani
esistono tre posizioni e ciascuna trova il suo fondamento in differenti
concezioni etiche, filosoficamente e/o religiosamente fondate, ad ognuna
delle quali questa Commissione riconosce piena legittimità. La soluzione
della controversia sulla sperimentazione degli embrioni umani varia a seconda
della posizione assunta sulla questione dell’embrione.
Alcuni affermano che l’embrione è un essere umano a partire
dal momento della fecondazione; altri che nelle prime fasi dello sviluppo
l’embrione non sia una persona; altri ancora che non è possibile
risolvere la controversia in materia ma ritengono che l’embrione umano
non sia una mera “cosa” utilizzabile a piacimento e che meriti una tutela
crescente proporzionata al suo sviluppo. La Commissione è ben consapevole
che il semplice fatto che una data soluzione raccolga un vasto consenso,
non la rende “più giusta” rispetto alle altre, né equivale
ad una delegittimazione delle altre posizioni.
La Commissione, infatti, prende atto che esiste un valore unanimemente
condiviso da tutte le posizioni sopra accennate: il rispetto dovuto alla
vita umana. Anche se poi ci si può dividere sui modi concreti di
manifestare tale rispetto nelle circostanze reali della vita.
PARERE ETICO MINORITARIO
Espresso da sette membri della Commissione (Cardinale Ersilio Tonini,Adriano
Bompiani, Bruno Dallapiccola, Domenico Di Virgilio, Enrico Garaci, Luigi
Lorenzetti, Girolamo Sirchia).
L’embrione è un essere umano con potenzialità di sviluppo
(non un essere umano potenziale), pertanto, come ogni altro essere umano,
ha diritto alla vita. Le diverse argomentazioni a favore della sperimentazione
degli embrioni cosiddetti sovrannumerari (“il sacrificio di questi embrioni
è proporzionato ai vantaggi sperati”; “un male minore rispetto a
quello peggiore della loro distruzione”; “una giusta soluzione del conflitto
tra diritto alla vita di questo embrione e il diritto del malato a essere
curato”), si fondano su una visione strumentale dell’embrione umano, al
quale non si riconosce ancora il titolo di soggetto. Inoltre, il dilemma
“l’embrione o viene usato o viene distrutto” corrisponde ad accettare,
in etica, l’insostenibile equiparazione tra “uccidere” e “lasciar morire”.
Le argomentazioni che proibiscono moralmente di creare embrioni per la
sperimentazione, valgono anche per la proibizione di quelli già
esistenti.
PARERE ETICO MAGGIORITARIO
Di tutti gli altri membri della Commissione, diciotto su venticinque.
In Italia, nei vari laboratori che attuano la fecondazione in vitro,
esiste un elevato numero di embrioni sovrannumerari che, per varie ragioni,
non sono più destinati all’impianto. Mettere a disposizione questi
embrioni per ricerche dalle quali possono derivare notevole benefici per
l’umanità non rappresenta una concezione strumentale dell’embrione,
né un atto di mancanza di rispetto nei confronti della vita umana,
specialmente se si considera che l’alternativa è di lasciare che
questi embrioni periscano. A fronte dell’inevitabile destino riservato
a una parte degli embrioni crioconservati e non più impiantabili,
la Commissione ritiene che la bilancia penda a favore della destinazione
di tali embrioni agli scopi di una ricerca suscettibile di salvare la vita
di milioni di esseri umani. Tale soluzione si ispira al principio di
beneficialità, che, sia pure con differenti accentuazioni, è
un tratto comune alle principali dottrine morali ed è fonte dei
doveri di responsabilità che noi abbiamo nei confronti delle persone
che soffrono.
TRASFERIMENTO NUCLEARE PER LA PRODUZIONE
DI CELLULE STAMINALI AUTOLOGHE (TNSA)
PARERE SCIENTIFICO
La produzione in vitro di cellule staminali del malato stesso (autologhe)
può essere ottenuta con la riprogrammazione del nucleo di cellule
somatiche (mature) prelevate dal paziente e trasferite all’interno di una
cellula uovo precedentemente enucleata, cioè svuotata del suo nucleo
(Metodo TNSA).
Il processo per cui il nucleo di una cellula già formata,
una volta posto nel citoplasma (il liquido in cui si trova il nucleo di
una cellula) dell’ovocita riacquista le capacità di cellula staminale,
riproducendone altre uguali, non è molto diverso da quello usato
nel caso in cui cellule sane prelevate dal corpo di un paziente adulto
vengono indotte a moltiplicarsi in vitro, stimolate da “fattori di crescita”.
Conoscendo i meccanismi del processo di riprogrammazione del nucleo di
una cellula matura non si dovrà ricorrere agli ovociti di donna.
Un ovocita ricostituito con il nucleo di una cellula adulta, ma
privo del suo nucleo, non è assolutamente uno zigote (ossia una
cellula formata dall’unione di due gameti, quello maschile e quello femminile)
da cui può avere origine un embrione. Quella che si forma è,
invece, una cellula comunque in grado di generare cellule staminali con
la qualità, per giunta, di avere le stesse caratteristiche genetiche
del paziente, il che non le farebbe rigettare qualora venissero impiantate
in un suo organo. Esse infatti posseggono lo stesso genoma nucleare del
donatore della cellula somatica e sono immunolo-gicamente compatibili per
autotrapianto. Nel caso di malattie genetiche, queste cellule potrebbero
essere ‘curate’ in vitro prima del trapianto.
PARERE ETICO
La Commissione è concorde sulla tecnica del trasferimento
nucleare (TNSA).
CONCLUSIONI DEL “RAPPORTO DULBECCO”
Delle diverse sorgenti di cellule staminali la Commissione indica nel
“Rapporto Dulbecco” la via innovativa e del tutto originale del trasferimento
cellulare (TNSA) quale metodo che garantisce efficacia scientifica e liceità
etica. Ecco in sintesi il parere sulle tre principali sorgenti di cellule
staminali.
TRASFERIMENTO CELLULARE (TNSA) La novità del Rapporto
Dulbecco, che supera brillantemente le questioni etiche sollevate dal Rapporto
Donaldson (adottato dalla Gran Bretagna), consiste nell’utilizzo della
tecnica di trasferimento nucleare (TNSA: inserimento di un nucleo di cellula
adulta prelevata dal paziente in un ovocita privato del proprio nucleo)
al fine di ottenere, escludendo la formazione dell’embrione, cellule
staminali da differenziare, fin dall’inizio, verso le linee cellulari e
tissutali desiderate. Per l’immediato futuro si prevede di essere in grado
di utilizzare, al posto degli ovociti di donna, citoplasmi artificiali
e/o animali. E’ questa la proposta davvero innovativa che esce dalla Commissione
e quella che si può definire fin d’ora “Progetto Dulbecco per le
cellule staminali”.
CELLULE EMBRIONALI Rispetto ai dati scientifici attualmente disponibili
si può sostenere che la condizione della “quantità” è
certamente soddisfatta dalle cellule staminali di provenienza embrionale
(pressochè illimitata capacità di autorigenerazione). Questo
stesso tipo di linee cellulari soddisfarebbe anche la condizione della
“compatibilità”, a patto di utilizzare la tecnica del trasferimento
nucleare da cellula somatica del ricevente.
CELLULE ADULTE Le cellule staminali di origine adulta non soddisfano
il criterio della “quantità” nella misura delle embrionali, mentre
possono soddisfare quello della “compatibilità” qualora vengano
utilizzate quelle del paziente stesso. Ma qui si pongono problemi, anche
temporali, che rendono difficilmente perseguibile tale processo sul piano
clinico per tutte le patologie.
RACCOMANDAZIONI
La Commissione, fermo restando il quesito etico che permane per alcune
delle modalità di ottenimento delle cellule staminali embrionali
umane (e che si auspica possa venire superato con il progredire delle scoperte
e la messa a punto di tecnologie più avanzate) è dell’opinione
che sia necessario effettuare sempre maggiori ricerche su tutte le sorgenti
di cellule staminali per poter comprendere quali di esse possano dare le
risposte più efficaci alle esigenze terapeutiche per le diverse
patologie.
APPENDICE A
TERAPIE POSSIBILI IN FUTURO CON CELLULE STAMINALI
Grande è il potenziale terapeutico delle cellule staminali, tanto
che dei 30 milioni di malati cronici stimati nel nostro Paese, 10 milioni
(se si comprendono anche quelli con patologie cardiovascolari) potrebbero
essere curati con le staminali.
Sarebbe possibile usarle, infatti, per:
- ricostruire il midollo spinale danneggiato da traumi fisici, dando
così una speranza ai paraplegici di riacquistare le facoltà
motorie perse;
- le malattie degenerative del sistema nervoso quali l’Alzheimer, il
morbo di Parkinson, la malattia di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica;
- le malattie muscolo scheletriche (displasia ossea, malattie progressive
delle giunzioni ossee, osteogenesi imperfetta e miopatie primitive);
- le malattie infiammatorie di natura sistemica attraverso la sostituzione
delle cellule delle ghiandole salivari non più funzionanti dei malati;
- le malattie degenerative della retina, della cornea e dell’apparato
uditivo, i cui tessuti sono stati danneggiati per cause genetiche e traumatiche;
- ricostruire il tessuto cardiaco danneggiato da un infarto acuto del
miocardio;
- riparare i vasi sanguigni distrutti da patologie progressive quali
l’arteriosclerosi e l’ipertensione;
- terapia cellulare sostitutiva contro malattie metaboliche tipo lisosomiali,
dovute all’accumulo nei lisosomi (particelle cellulari) di sostanze non
degradate.
Le cellule staminali sono in grado, inoltre, di accettare e tollerare,
molto meglio delle cellule mature, geni introdotti dall’esterno con tecniche
d’ingegneria genetica mirate a sostituire geni difettosi o mutati. Potrebbero,
quindi, essere usate come vettori cellulari per la terapia genica, rappresentando,
in questo ambito, la soluzione ottimale. Un singolo trasferimento di gene,
infatti, renderebbe disponibili cellule “corrette” del sangue, della pelle,
del fegato e, perfino, del cervello, in quantità molto rilevanti.
APPENDICE B
TERAPIE GIA’ IN USO CON CELLULE STAMINALI
La ricerca sulle cellule staminali ad uso terapeutico ha già
dimostrato una grande potenzialità terapeutica. Ecco alcuni esempi:
- CELLULE STAMINALI PRESENTI NEL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE
Sono in grado di dare origine solo a cellule del sangue e per questo
utilizzate, nei bambini, per la cura delle leucemie. I trapianti allogenici
(la cui componente genetica è diversa da quella del paziente) di
cellule staminali ematopoietiche prelevate dal sangue di cordone ombelicale
donato da un estraneo, fino al 1998 sono stati 17.800. Questo trapianto
è alternativo a quello di midollo osseo o a quello delle cellule
staminali prelevati da sangue periferico. Le sue indicazioni cliniche sono
sovrapponibili a quelle previste per il trapianto di cellule staminali
di altre sorgenti.
- CELLULE STAMINALI DA MIDOLLO OSSEO (EMATOPOIETICHE)
L’autotrapianto di cellule staminali ematopoietiche (cioè da
midollo osseo) è in grado di far riprendere la formazione delle
varie componenti del sangue distrutte a seguito della somministrazione,
ad alte dosi, di chemioterapia e radioterapia. E’ usato contro vari tumori
tra cui quello alla mammella, il neuroblastoma, il microcitoma, il carcinoma
ovarico, oltre ai linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin, diversi tipi di leucemie
(linfatica e mieloide, acuta e cronica) e la talassemia.
- CELLULE STAMINALI CUTANEE
Coltivate ed espanse in vitro, vengono usate per coprire permanentemente
lesioni estese della cute e della mucosa. Tali lesioni possono essere dovute
per lo più a bruciature e fistole diabetiche o all’epidermolisi
bollosa. E’ auspicabile l’impiego di queste cellule anche per altri tipi
di patologie cutanee, quale terapia genica, per esempio, contro le neoplasie
e le infezioni cutanee.
Roma, 28 dicembre 2000 |