8 marzo festa della donna : un omaggio ad una coraggiosa donna del passato.

Tra le figure significative del passato, capaci di gesta anticipatrici di quel naturale e paritario ruolo che spetta al mondo femminile, si collocano sicuramente Angela Tarabotti, forzata monaca che descriverà la sua condizione in un testo dato alle stampe nel 1654, e Artemisia Gentileschi, la prima riconosciuta pittrice italiana.

Artemisia nasce a Roma nel 1593 e sin da piccola evidenzia quella raffinata dote che contraddistingue il genio pittorico, cioè la capacità di osservare e descrivere un evento al di fuori di pregiudizi oggettivi.

Figlia di Orazio, conosciuto pittore di rimandi manieristi e seguace di Michelangeo Merisi detto Caravaggio, conosce sin da piccola le sofferenze dei sentimenti rimanendo orfana di madre all'età di 12 anni. Ma l'avvenimento che più segnerà la sua vita umana ed artistica sarà quella di essere portata in tribunale e torturata al fine di essere sentita come testimone, o parte lesa nei termini odierni, nel processo di presunto stupro da lei subito all'età di diciotto anni da parte del suo maestro di prospettiva Agostino Tassi, già amico e collaboratore del padre. Non sappiamo quanto l'onore paterno ferito pesò sulla richiesta di quel giudizio, certo è che la giovane Artemisia acquisì una notorietà spiacevole e lo scalpore che suscitò in quei tempi la vicenda le si ritorse contro mettendo in dubbio la sua moralità.

E ancora non sappiamo con certezza se la sua vicenda fu così come ci viene descritta dalle aride cronache giudiziare del tempo, se il Tassi l'amò veramente , ma quello che ci rimane oggi delle esperienze artistiche della Gentileschi fa si che la sua collocazione nella passerella delle donne capaci di innovare i costumi sia di primo piano. La testimonianza del suo lavoro di riconosciuta artista , in netta contrapposizione con i ruoli femminili del tempo, la sua determinazione di dipingere anche nudi maschili e femminili, la capacità di essere apprezzata e pagata per il suo lavoro di pittrice evidenziano una scelta di vita precorritrice di quelle conquiste femminili che hanno caratterizzato solo da pochi decenni la storia del "sesso debole".

Basti pensare che in Italia solo da cinquant'anni le donne hanno diritto al voto.

Ma nonostante questo diritto, ancora oggi, la presenza femminile nel fare politica attiva è insufficiente. Eppure fare politica significa, parafrasando Socrate, accettare la condizione che solo dalla solidarietà, dalla condivisione delle asperità della vita, sarà possibile trovare quelle ricette per migliorare la condizione dei nostri gruppi sociali.

Ed allora, se nel mondo del volontariato rinveniamo una grossa componente femminile, dobbiamo fare di più per accogliere anche nelle segrete stanze dei vertici partitici, laddove si decidono la spesa pubblica, la sanità, la scuola, l'occupazione ed il lavoro, le problematiche, la sensibilità, le capacità e l'intelligenza delle nostre compagne.

Roberto Aureli - responsabile Centro Studi PSI

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