PSORIASI

Il mio calvario con la Psoriasi cominciò all’età di 8/9 anni, ma la prima esplosione la ebbi a 13, non vi dico il trauma subito. Sentii un gran prurito sulla schiena e chiesi a mia mamma cos’avessi. Lei rispose “sembra un foruncolo, non grattare”. Mia mamma accortasi che questo “foruncolo” cresceva ogni giorno sempre di più decise di portarmi dal mio primo Dermatologo.
Purtroppo, non so ancora oggi, come avesse fatto il dottore a non riconoscere la malattia. Mi ricordo che mi chiese se in casa avessimo degli animali, cani o gatti, risposi dicendo che avevo dei gatti, allora dedusse senza farmi nessun esame che ero allergica  al gatto e mi prescrisse una cura a base di erbe contenenti cortisone.
Fatto sta che dopo qualche giorno di applicazione ero diventata quasi un mostriciattolo di colore verde. Le creme che mi diede mi provocarono un prurito allucinante, non commento, la parte degli insulti che il medico si prese da mia mamma.
Decisa mia mamma di portarmi ad un ospedale che in campo dermatologico è specializzato. Lì incontrai il mio dottore era il 1983.
Volle sapere il nome dell’altro medico che sbagliò sia diagnosi e ovviamente cura, non volle credere alle sue orecchie e ai suoi occhi appena mi vide.
Voleva sapere la nostra situazione famigliare chiese se ero l’unico caso nella discendenza dei miei genitori, il dottore affermò che questa malattia in alcuni casi poteva tramandarsi da una generazione ad un’altra, ma non era il mio caso io ero la prima in tutte generazioni della mia famiglia.
Quel giorno seppi che non sarei mia più guarita, il dottore parlava piano con mia mamma, ma io da bambina trementina ascoltai tutto.
Affermò che mi doveva ricoverare subito per far retrocedere la malattia che ormai aveva invaso tutto il mio corpo. Ci furono delle frasi che mi rimbombavano nel cervello: “Malattia?”, fino allora non sapevo d’essere malata, “purtroppo non esiste ancora una guarigione, definitiva”deve fare una vita tranquilla, la porti al mare il più possibile”. Mi sentivo un caso patologico da studiare dalla scienza.
Mi ricordo che nella mia prima degenza ospedaliera venni alla conoscenza che, per chi volesse, c’era la possibilità di essere veramente sottoposti alle lezioni dei laureanti, in pratica noi occupavamo il posto del manichino. Non accettai mai. Mi avrebbero fatto sentire come un caso patologico da studiare.
Detto quello mi sentivo un animale da baraccone, adesso so che esageravo ma da bambina si danno i significati diversi da quello che sono realmente sempre se nessuno te li spiega.
Cominciai la cura a base di creme: salicilico per ammorbidire lo squame sulle macchie, ditranolo basso per poi raggiungere il livello massimo da me tollerato.
Dopo qualche settimana di cura intensiva si riuscivano a vedere i primi miglioramenti., durante le cure era vietato lavarsi bisognava stare giorni e giorni sporchi e soprattutto puzzolenti. Però, rimasi felicissima quando vidi le macchie scomparire piano piano, fino a quando un carissimo “compagno” di malattia mi disse” sarebbe proprio bello se questa guarigione fosse definitiva”. Al che per la seconda volta capii che quella era solo una guarigione momentanea.
Lo chiesi a mia mamma e lei poverina non sapeva se affermarmi la verità o mentirmi, scelse di tenermi ancora un po’ allo scuro da questa malattia. Non voleva farmi pesare ancora di più la situazione della mia adolescenza.
Incontrai il dottore nel corridoio dell’ospedale e gli chiesi d’essere sincero anche se davanti a se aveva una ragazzina, curiosa di sapere cosa fosse stato di lei negli anni a venire. Lui mi assicurò che la mia malattia non era niente di grave, mi suggerì di guardarla con occhi positivi. Mi affermò che anche se soffrivo di questa malattia comunque potevo camminare, correre, mangiare, bere, ridere, andare a scuola, frequentare altre persone senza nessun pericolo di contagio insomma potevo vivere tranquillamente la mia vita come tutti gli esseri mortali. Lo accettai abbastanza fino a quando la prima volta che andai al mare e mi misi in costume, vidi e sentii per la prima volta gli occhi della gente sopra al mio corpo. Bambini che chiedevano alle loro mamme cosa avessi, mamme con espressioni interrogative verso di me.
Non ebbi bisogno di andare dai laureanti per sentirmi diversa e sottopormi ai loro test, me li fecero comunque in spiaggia!!
Mi ricordo un episodio adesso lo rivedo con occhi diversi…. Prima di tutto c’è da dire che una persona che soffre di Psoriasi tende a nascondersi dagli occhi altrui, addirittura una volta diventati grandi anche dalle persone amate.
Ero al mare e mi ricordo che quando mi diressi verso l’acqua alcune mamme mi guardarono intensamente, entrai in acqua e queste signore fecero uscire i loro figli dall’acqua, mi misi quasi a piangere.Oggi posso capire cosa provavano quelle persone, non sapendo cos’avessi avevano solo paura per i loro figli…..
Negli anni successivi continuai periodicamente le mie cure sempre all’interno dell’ospedale.
Quando raggiunsi la maggiore età mi stufai di continuare a frequentare l’ambiente ospedaliero e comincia a curarmi da sola, accorgendomi però che le cure non funzionavano come all’ospedale, ma la cosa non mi fece cambiare idea.
Cominciai a cercare altre cure alternative quasi tutte finite male, tranne le cure basate in bagni termali.
Questa cura nuova era meno puzzolente e meno scomoda, anche perché cominciai a lavorare e vi assicuro che è molto scomodo lavorare con braccia e gambe bendate.
La cura consisteva nell’immergersi in acqua sulfurea, Balneoterapia per poi esporsi ai raggi UVB e UVA.  Funzionò e funziona tuttora, anche se fortunatamente la malattia è meno frequente degli anni scorsi.
Oggi convivo benissimo con loro addirittura quando le vedo fiorire gli parlo gli ho attribuito una loro personalità forse sono diventata matta ma queste macchie sono parte di me e io comunico molto con me stessa.
Riesco a stare in mezzo alla gente con le maniche alzate, vado in giro con i pantaloncini corti, riesco ad andare in acqua rimanendo indifferente agli sguardi altrui. C’è voluto molto tempo per raggiungere questa consapevolezza ma ce l’ho fatta e mi ritengo una persona fortunata perché c’è gente al mondo che è Veramente malata e sta Veramente male.
 Comunque in me rimane ancora la speranza che un giorno possa guarire definitivamente, forse questo rimarrà solo un sogno ma a volte i sogni si possono avverare.