L’ingegneria genetica non è il "lato oscuro" di una scienza che permetterà di costruire mostri e piante straordinarie, bensì è una tecnologia che offre gli strumenti per introdurre nelle piante modifiche precise, utilizzando oltre al patrimonio genetico di piante simili (come avviene per le tecniche convenzionali di miglioramento genetico), anche, e questo è l'aspetto innovativo, i geni utili di piante anche molto diverse o addirittura di organismi non vegetali. |
Dopo la scoperta delle Americhe, l'Europa conobbe vari prodotti fino ad allora sconosciuti, fra i quali: patata, pomodoro cacao, mais, zucca, fagiolo, peperone. Inizialmente, questi prodotti non furono considerati come alimenti. Per esempio, il pomodoro arrivò nel Vecchio Mondo nel 1523 e venne considerato come una curiosità da giardino (non orto) botanico e la sua commestibilità fu accettata solo quando gli italiani cominciarono a provarlo suscitando lo sconcerto degli altri europei.
La patata introdotta nella seconda metà del 1500 dai "conquistadores" spagnoli fu trattata anche con maggior diffidenza: una "cosa" che cresceva sotto la terra... facile sospettarla di un diabolico prodotto di streghe e per questo capace di trasmettere la peste. Per superare le diffidenze - dato che avrebbe dato un considerevole contributo per sconfiggere le ricorrenti carestie - in Francia, i preti furono incaricati di proporla durante le prediche domenicali come un dono di Dio e non una maledizione del maligno. Ciò bonostante, occorse circa un secoloIn Italia, per la sua introduzione in cucina... dapprima in Toscana e Veneto, successivamente in Emilia-Romagna e Meridione.
Ma una rosa (modiche genetiche a parte), non è tale se non ha le spine: dal Nuovo Mondo arrivarono funghi e parassiti dannosi: la tignola del grano, il pidocchio del melo la peronospera della vite. Però, le rose sono belle anche con le spine e così, il bilancio fra lati positivi dei nuovi prodotti e lati negativi dei parassiti si è dimostrato largamente positivo.
Oggi, i prodotti biotecnologici destano analoghe diffidenze. Trovare (questo termine è appropriato) informazioni sicure sull’ingegneria genetica è difficile anche per gli specialisti: in un articolo comparso su Nature (vol. 385, 30/6/’97), Meredith Wadman ha dimostrato che un terzo dei principali autori di articoli pubblicati in 14 giornali di
biologia cellulare e biomolecolare e di medicina, avevano un diretto interesse finanziario negli studi di cui trattavano. D'altra parte, questa obiezione può essere fuorviante: se un ricercatore crede nelle biotecnologie, può acquistare azioni di una certa azienda biotecnologica, ed è dunque presumibile che non parlerà male di un certo prodotto o di una certa tecnologia; ma ciò avviene anche per i prodotti industriali... Per esempio, le industrie legate al nucleare minimizzano certi rischi, ma le industrie petrolifere ne esaltano il pericolo!
In questo articolo - accettando la realtà che le biotecnologie saranno sempre più presenti nella produzione - cercheremo di riassumere la situazione (in ipertesto è disponibile la parte relativa agli aspetti produttivi, distribuitivi e legislativi).
Il fatto che le cellule vegetali siano in grado di rigenerare l’intero organismo a partire da una cellula singola, permette di introdurre geni nuovi nelle cellule singole e constatarne l’effetto rigenerando da queste cellule l’organismo completo. L'obiettivo delle biotecnologie è trasferire ad una data pianta la resistenza alle malattie o altre caratteristiche tipiche di un’altra, anche se le piante sono molto diverse tra loro e quindi non incrociabili per via convenzionale.
Tuttavia, i prodotti di queste tecnologie, poiché saranno ottenuti con una rapidità che non ha riscontri in passato, produrranno un impatto ambientale maggiore sull’ecosistema che non sarà certo altrettanto rapido a raggiungere un nuovo equilibrio sotto la spinta di variazioni così repentine.
Per esempio, è possibile che alcuni parassiti abituali di una varietà resa resistente rivolgano le loro "attenzioni" altrove. Quindi, alcune rischi legati all’introduzione di nuove varietà dovranno essere considerati molto attentamente, senza però dimenticare la situazione in cui viviamo: la necessità di sopperire ad un deficit alimentare mondiale che si fa sempre piùdrammatico.
Se dunque, volenti o nolenti, dovremo utilizzare sempre più diffusamente le biotecnologie, proviamo a sbirciare il menù della cornucopia.
Le vie praticabili consistono nel rendere commestibili prodotti che oggi non lo sono come alghe e biomasse di scarto (sono già in atto, ad esempio, tecnologie che lavorano il pesce di scarto in modo da farne farina di pesce, per ora destinata solo all’alimentazione animale, poi si vedrà), e creare alimenti "nuovi". In effetti, la concentrazione del metano nell’atmosfera cresce rapidamente e solo una parte modesta, il 20 per cento circa, deriva da attività umane. Il resto proviene dai batteri delle risaie, dagli escrementi delle mandrie di bovini e dalle tèrmiti. Però, nutrirsi di sole proteine vegetali non è sufficiente. Le proteine delle piante sono infatti generalmente carenti di alcuni aminoacidi di cui l’uomo non può fare a meno. Infatti, a differenza delle piante, l’uomo e la maggior parte degli animali non sono in grado di produrre alcuni amminoacidi di cui sono fatte le proteine. Di qui la necessità di utilizzare amminoacidi che provengono da proteine animali (carene, uova, formaggi).
E' ovvio che aggirando o riducendo questo cicloo alimentare obbligato (batteri vegetali animali uomo batteri), potremo utilizzare direttamente le proteine vegetali.
In un futuro non molto lontano, probabilmente, si consumeranno meno carne e meno grassi che saranno compensati da un maggior apporto di proteine, soprattutto vegetali. Però, occorrerà aumentare la produzione agricola. E se la lotta contro le malattie ed i parassiti delle piante è costosa, le cifre spese per i fertilizzanti necessari ad aiutare i raccolti a crescere sono enormi. Le piante, infatti, devono costruirsi da sole praticamente tutte le molecole di cui hanno bisogno e molte di queste, in particolare le proteine e gli acidi nucleici (DNA e RNA), contengono azoto. Il fatto è che l’azoto, sebbene costituisca l’ottanta per cento dell'atmosfera terrestre, non è utilizzabile direttamente. Alcuni batteri, però, penetrano nelle radici di piante importanti per l’agricoltura (piselli, fagioli, soia, ceci, lenticchie oltre ad erba medica, trifoglio e altre utilizzate come pascoli) dove fissano l’azoto atmosferico e lo cedono alla pianta, dalla quale, in cambio, ricavano zuccheri a loro necessari. Da queste osservazioni nasce l’obiettivo di creare di batteri azotofissatori in grado di associarsi alle radici dei cereali (frumento, riso, granoturco). Come secondo passo, si cerca di rendere le proteine vegetali più ricche, più bilanciate e addirittura sufficienti a nutrire l’uomo (sono già stati isolati i geni delle proteine di molte piante importanti come il granoturco ed il fagiolo).
L'alternativa immediata è l’ingegneria genetica, con la quale si possono inserire in alcune specie vegetali, dei fattori di resistenza alle malattie, agli insetti, ed alle erbe infestanti. In questo modo, si ridurrà l’impiego di insetticidi e defolianti (oltre il 30 per cento della produzione agricola va persa a causa di malattie o parassiti). Infine, si cerca di ottenere piante più facilmente coltivabili, grazie magari a minori esigenze idriche o termiche, oppure più adatte alla trasformazione industriale e quindi alla conservazione.
le piante transgeniche, modificate nel modo opportuno, possono essere più robuste e produttive, abbassando i costi alimentari. Ma anche diventare resistenti ai parassiti, riducendo la necessità di pesticidi e fitofarmaci.
Per risolvere problemi di tipo diverso, sono state sviluppate molte varietà di piante transgeniche:
La resistenza contro i parassiti viene ottenuta inserendo nel patrimonio genetico della pianta un gene batterico che codifica una proteina tossica: la pianta uccide direttamente i parassiti quando vengono a nutrirsi. Anche l’uomo ingerendo l’alimento assorbe questa tossina. Si conosce ancóra poco sulle possibili conseguenze per la salute di questo procedimento; per questo i controlli devono essere prolungati nel tempo.
L’istituto di Entomologia agraria dell’Università di Milano ha effettuato uno studio, in laboratorio e sul terreno, per verificare eventuali effetti sugli insetti “non bersaglio” presenti nelle coltivazioni del mais transgenico.
|
Per aumentare la resistenza al gelo di piante utili, si stanno sperimentando manipolazioni genetiche miranti l’ottimizzazione dei residui grassi acidi: lo spinacio è molto meno sensibile al gelo del tabacco, perché ha un minor grado di saturazione dei residui di acidi grassi. Pertanto, nella pianta di tabacco, è stato introdotto un gene di topo che permetta alla pianta di aumentare i residui di acidi grassi e quindi di resistere maggiormente al gelo. Questi interventi, hanno possibili conseguenze sulla digeribilità, e potrebbero dare origine ad un effetto d'intolleranza. |
Ci si domanda se la facoltà di assorbimento delle sostanze nutritive da parte dell’organismo possa essere ostacolata o diminuita dalla manipolazione genetica. Un esempio potrebbe essere il pomodoro Calgene, nel quale viene arrestato il processo di maturazione: è possibile che durante il prolungamento artificiale del periodo di maturazione vengano decomposti dei componenti celullari, ad esempio vitaminici, causando un impoverimento delle proprietà nutritive della pianta. In effetti, oggi le colture transgeniche sembrano offrire vantaggi diretti per i produttori, piuttosto che per i consumatori, interessati soprattutto al costo ed al mantenimento o miglioramento del valore nutrizionale dei prodotti. Ma si prevede che proprio le colture modificate per produrre migliorie nutrizionali potranno avere un forte sviluppo nei prossimi anni. Le nuove sperimentazioni autorizzate indicano infatti che il futuro punta proprio su piante modificate più nutrienti e più ricche di sostanze benefiche per la salute. Per esempio, sono già stati ottenuti cereali e legumi che consentono di produrre olio da cucina meno ricco di acidi grassi saturi, colpevoli di favorire incidenti cardiovascolari. Riso e mais, contenenti una maggiore quantità di amminoacidi essenziali. Patate che durante la frittura assorbono meno olio. Latte umano prodotto dalle mucche. Tuttavia, in agguato c'è un pericolo...
|
Le nuove proteine derivate da un trasferimento di geni possiedono un potenziale allergico. Il rischio per la salute è indefinibile perché queste proteine non esistevano nella nostra alimentazione prima di esservi introdotte artificialmente (per es. prodotte da geni di insetti). Anche il trasferimento di geni già presenti nella nostra alimentazione può costituire un pericolo: infatti le persone evitano gli alimenti a cui sono allergici, mentre improvvisamente potrebbero reagire ad un alimento prima considerato sicuro. Quindi ogni alimento manipolato geneticamente dovrebbe essere sottoposto ad uno studio relativo ad allergeni noti, cosa che richiederebbe tempi lunghissimi, e comunque non esiste alcun metodo che consenta di determinare il potenziale allergico delle nuove proteine. I prodotti dell’agricoltura transgenica sono stati autorizzati dagli organi di controllo dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. Sono sicuri quanto possono esserlo alimenti esotici (p. es. mango, papaya) ai quali i consumatori non sono abituati, in quanto vengono sottoposti a controlli molto severi da apposite Commissioni che verificano l’innocuità dei prodotti per i quali viene richiesta l’autorizzazione, sia sulla salute dell’uomo, sia sulla salute degli animali, sia sull’equilibrio dell’ecosistema.
|
Le piante resistenti ai diserbanti sono soggette a spargimenti intensivi di prodotto, per cui una parte viene inevitabilmente ingerita. La resistenza della pianta si basa su un blocco dell’effetto tossico dell’erbicida sul metabolismo, oppure sulla degradazione dell'erbicida e la sua conseguente neutralizzazione. Tuttavia, mentre sono noti i dati tossicologici dell’erbicida non alterato, non si può sempre dire altrettanto dei prodotti della sua degradazione in quanto questi possono non essere identificati. Non si può escludere che, nonostante la loro innocuità per la pianta, i prodotti della degradazione siano tossici per l’uomo, e che posseggano un maggior potenziale cancerogeno o mutageno dell’erbicida intatto.
|
Spesso il gene da inserire viene associato ad un "gene marker", che permette di riconoscere molto presto se l’innesto è riuscito (in quanto lo si ritrova nel germoglio), senza dover aspettare lo sviluppo della pianta. Nel caso di marcatura con geni resistenti agli antibiotici, è possibile che l’efficacia degli antibiotici venga compromessa nell’essere umano. |
In effetti, non esistono motivi scientifici che possano confermare questo timore. Il sospetto che un’eventualità del genere potesse accadere è stato sollevato in seguito all’autorizzazione conferita dall’Unione Europea alla commercializzazione e coltura in campo di una varietà di mais geneticamente modificato, che contiene un gene marker resistente all'ampicillina. Perciò si è temuto che il consumo di questa varietà di mais da parte degli animali domestici e dell’uomo potesse avviare una catena di trasformazioni biologiche capaci di provocare la resistenza all'ampicillina ed altri antibiotici ad essa collegati. Trenta comitati scientifici di tutto il mondo hanno riconosciuto l'infondatezza di questi timori. Inoltre, le autorità sanitarie di Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone hanno approvato la varietà di mais transgenico perché riconosciuta sicura.
Frattanto, sulla Terra aumenta la popolazione e con essa le richieste di cibo...
|