la cavorite di Wells e gli schermi gravitazionali

Questo articolo prende le mosse da un presupposto impossibile: la realizzazione di uno schermo gravitazionale.
D'altra parte, accettata questa premessa come ipotesi di discussione, viene esaminata l'efficacia che avrebbe un simile dispositivo per effettuare viaggi spaziali. La trattazione è sviluppata secondo un approccio empirico (con richiami di Fisica elementare), che risulta di più facile comprensione rispetto alla complessa trattazione analitica.

Nel 1901, Herbert George Wells, nel suo romanzo First Men in The Moon, immaginava che un certo dottor Cavor, avesse inventato la cavorite: una vernice in grado di schermare la forza di gravità (un'idea già proposta nel 1827 dall'americano George Tucker, nel suo romanzo Voyage to the Moon). Grazie a questa vernice, si poteva raggiungere la luna rivestendo un apposito modulo spaziale.

locandina cinematograficaCome suggerito dal film diretto da Nathan Juran (First Men in the Moon - Usa, 1964), immaginiamo che la cavorite rivesta le serrande delle facce del modulo lunare (un poliedo metallico a simmetria sferica) in modo che sollevandole e abbassandole, gli occupanti possano controllarne la traiettoria seguendo la giusta direzione.

Come ipotesi semplificative, supponiamo che la traiettoria dalla Terra alla Luna sia rettilinea: cioè non segua un andamento curvilineo, come conseguenza del fatto che la Luna orbita attorno alla Terra. Inoltre, supporremo che non vengano effettuate correzioni per rallentare la caduta sulla superficie lunare.
Con tali ipotesi, ovviamente, otterremo un risultato ottimistico, cioè inferiore alla reale durata del viaggio. D'altra parte, lo scopo di questa discussione è unicamente finalizzato a dimostrare come, anche ammettendo che qualche nuova quanto ipotetica e rivoluzionaria teoria scientifica possa dimostrare la fattibilità di uno schermo gravitazionale, questo non offrirebbe reali vantaggi al volo interplanetario. Così, anche i più accaniti sostenitori dei formidabili mezzi di trasporto utilizzati dagli extraterrestri per le loro periodiche visite turistiche al nostro pianeta, dovranno convenire che quantomeno non usano schermi gravitazionali.

considerazioni generali

Supponendo che lo schermo gravitazionale ricopra la parte del modulo esposta all'azione della forza di gravità terrestre, è ovvio che la parte non schermata sarà sottoposta unicamente all'azione della forza di gravità prodotta dalla Luna. Ora, l'azione della gravità lunare ha un effetto irrilevante rispetto a quella terrestre, però in assenza di quest'ultima - appunto per effetto della schermatura - l'oggetto verrà attratto verso la Luna.
Il problema che ci proponiamo di risolvere, è calcolare quanto tempo impiegherebbe questo ipotetico modulo spaziale a colpire la superficie della Luna.

Prima di illustrare il procedimento di calcolo, premettiamo che qualsiasi corpo di massa m, è soggetto all'azione della forza di gravità:

formula1

dove G è una costante (detta di gravitazione universale), che non dipende dalla natura del mezzo (vuoto, aria, acqua, ecc.: questa è la ragione per cui non esiste uno schermo gravitazionale) in cui si trovano le masse M ed m dei due corpi che si attraggono reciprocamente, ed s è la distanza dai loro centri.

Ora, supponiamo che la forza F sia quella di gravità. Se la massa M è molto maggiore di m, possiamo ammettere che il corpo di massa maggiore risentirà in misura trascurabile dell'attrazione gravitazionale prodotta dal corpo di massa molto minore. Per conseguenza, il corpo di piccola massa verrà attratto da quello di massa maggiore, come è il caso del modulo attratto dalla Luna.

un corpo di massa m, sottoposto all'azione di una forza, F, costante, subisce un'accelerazione pari a:

formula2

Confrontando le due equazioni precedenti, si vede che - con le ipotesi fatte (M >> m) - l'accelerazione, a, dipende solo dalla massa del corpo attraente:

formule 3

soluzione del problema (metodo "forza bruta")

Dalla precedente formula è evidente che l'accelerazione del corpo varia continuamente durante il suo moto verso la Luna. Questo rende apparentemente difficile risolvere il nostro problema. Tuttavia possiamo effettuare la seguente approssimazione: dividiamo il percorso Terra-Luna, di lunghezza D, in un gran numero, n, di piccole parti uguali, ognuna di lunghezza d = D/n: questi percorsi sono scelti di lunghezza tale (nel nostro caso 1000 km) da poter considerare l'accelerazione costante in ciascuno di essi.

Questa approssimazione, che è tanto migliore quanto più grande è il numero di parti in cui si divide il tragitto Terra-Luna, permette di risolvere il problema utilizzando semplici formule matematiche.

nemesi: flow chart A sinistra, è rappresentato il diagramma di flusso che illustra come utilizzare le formule seguenti per realizzare il programma di calcolo.
Per risolvere il nostro problema, calcoleremo il tempo necessario a percorrere ogni singolo tratto e sommeremo tra loro questi tempi.

1) in prossimità della superficie Terrestre, ossia nel punto in cui si trova il nostro ipotetico modulo antigravitazionale, la Luna (con la sua massa M) imprime al modulo un'accelerazione pari a:

formula6

l'accelerazione a (supposta costante nel breve percorso d considerato, ed applicata - per maggior precisione - nel suo punto di mezzo), porterà il modulo a raggiungere, dopo un tempo t, ed alla fine del tratto d, la velocità v1 data da:

v1 = a . t

il tratto d sarà percorso in un tempo t dato dalla formula:

d = 0.5 a . t2

risolvendo questa semplice equazione, si ottiene il tempo necessario a percorrere il primo tratto d.

2) il modulo, sarà ora soggetto ad una accelerazione maggiore in quanto questa si esercita su una distanza D-x (dove x = d):

formula8

alla fine di questo tratto d, il modulo avrà una una velocità:

v2 = a . t

che si aggiungerà alla velocità, v1, precedente.
in conseguenza di questa accelerazione, il modulo percorrerà il secondo tratto d, in un tempo t, dato dalla relazione:

d = v . t + 0,5 . a . t2

si noti che ora, per percorrere il tratto d, occorre un tempo minore in quanto l'accelerazione è maggiore, ed inoltre il modulo possiede una velocità v = v1 + v2 risultante dalla precedente accelerazione.

il tempo necessario a percorrere questo secondo tratto, risulta:

tempo impiegato

il risultato ottenuto, sommato al precedente, permette di ottenere il tempo necessario a percorrere il tratto d + d

3) il modulo, sarà ora soggetto ad una accelerazione maggiore in quanto questa si esercita su una distanza D-x (dove x = 3 d): ... [continua come dal punto 2]...

Questi calcoli, ripetuti un certo numero di volte (nel nostro caso 380), permettono di calcolare il tempo impiegato dal veicolo per collidere sulla superficie lunare.
Ovviamente pochissime persone (qualche guiness-man c'è sempre...) sono disposte a completare una simile sequenza di calcoli, ma fortunatamente sono disponibili i computer. Così, implementando - sulla base del procedimento esposto - il programma di calcolo, si ottiene il valore di circa 43 giorni!

se il vostro browser è abilitato per JavaScript, potete premere il bottone e vedere il programma girare in una nuova finestra.
Come è chiaro, la propulsione gravitazionale non rappresenta certo una risorsa ottimale per viaggiare nello spazio... con buona pace per quegli ufologi che pretendono di spiegare le evoluzioni dei "dischi volanti" ottenute proprio sfruttando i campi gravitazionali delle stelle. La loro attrazione gravitazionale, infatti, è del tutto insignificante rispetto a quella dei pianeti. Ma anche il viaggio tra i pianeti, sia pure sfruttando l'effetto fionda (ossia la velocità raggiunta in prossimità della Luna, grazie alla sua attrazione gravitazionale), sarebbe del tutto improponibile!
Ma forse, qualcuno la pensa diversamente...

Il professor Auguste Messen, fisico dell'Università di Lovanio, (...) afferma che si potrebbe trattare di propulsione antigravitazionale elettromagnetica, basata su un acceleratore di particelle. Teoria, oltre che affascinante, anche realistica, in quanto vicina alla realtà dei fatti (...).

UFO, numero 10, gennaio-febbario 1997. Notiziario del CUN (Centro Ufologico Nazionale)

Che si possa in qualche modo ottenere una propulsione antigravitazionale, non si può escludere. E' vero che la fisica nega l'esistenza di uno schermo antigravitazionale in quanto permetterebbe di ottenere energia dal nulla. Tuttavia, spendendo energia, gli extraterrestri potrebbero - chissàcomefanno - alimentare, consumando energia, un dispositivo antigravitazionale. Però, come abbiamo visto, un simile dispositivo sarebbe abbastanza inutile...

Il libro First Men in The Moon, essendo stato pubblicato nel 1901, è da considerare - nella versione inglese - di pubblico dominio download: first men in the moon (cliccare sul libro per scaricare una copia - in inglese).

Nel racconto, la sfera è costituita da un poliedro di ferro che fa da protezione al veicolo spaziale: una sfera di vetro dal cui interno, tramite fili metallici conduttori, si controllano le serrande rivestite di cavorite.
La scelta della sfera di vetro è probabilmente dettata dalla necessità di trattenere l'aria necessaria al viaggio. D'altra parte, l'ingresso nella sfera avviene tramite un oblò con chiusura a vite, purtroppo senza guarnizione (se considerate che le guarnizioni sono necessarie per impedire la fuoriuscita d'acqua dalle giunzioni delle tubature idrauliche, potete ben comprendere quanto sia difficile impedire la fuorisucita dell'aria)!
Un'altra obiezione è legata alla cavorite: d'accordo, la cavorite scherma la forza di gravità, ma cosa scherma la cavorite?
In realtà, Wells - a differenza di Jules Verne - non si preoccupava di rendere i suoi racconti aderenti ad una possibile futura realtà, piuttosto, si proponeva di sviluppare le conseguenze di un'invenzione, anche ipotetica. In pratica, proponeva risposte alla domanda: «cosa accadrebbe se... ?»
Qualcosa, in questo caso è accaduta: Wells pensava che occorressero un paio di giorni... evidentemente questa stima sembrava ragionevole, a giudicare dalle fantasie che ha scatenato!

nemesi

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