Un celebre quanto crudo aforisma di William Ranolph Hearst (il Citizen Kane del film Quarto Potere) recita: niente più di una guerra fa vendere i giornali. Ed è indubbiamente vero... basta guardare le prime pagine dei giornali e accendere la Tv invasa da sociologhi, esperti di strategia militare, reporter di guerra, opinionisti, commentatori, conduttori trasformati in improbabili giornalisti, ecc.
Accanto a questi, ci sono improvvisati esperti che si sentono investiti dalla necessità di dire la loro non esitando ad abusare dello spazio offerto dai giornali. Quello che segue è appunto un articolo pubblicato da Il Messaggero di giovedì 27 marzo 2003

TROPPA TECNOLOGIA PUO' FARE CILECCA

di Elena Gagliasso

Fin dai giorni che hanno preceduto l'inizio dell'attacco, i giornali di tutto il mondo hanno mostrato grafici a tre dimensioni (?), elenchi, interviste che dimostravano come questa volta gli Stati Uniti e i loro alleati fossero in grado di mettere in campo una tecnologia bellica così sofisticata da lasciare pochi dubbi su come sarebbe andata a finire. Lo stesso generale Franks alla prima conferenza stampa ha parlato di "guerra mai vista". Sottintendendo che, grazie alla tecnologia della massima precisione che si somma alla massima potenza, sarebbe stata possibile una guerra nella quale i militari alleati sarebbero sati protetti, i civili iracheni non avrebbero subito gravi danni e la vita organizzata delle città non sarebbe stata sconvolta.

Bene, dopo una settimana di guerra, è chiaro che le promesse non sono state mantenute. I soldati alleati sono stati uccisi soprattutto dal fuoco amico - cioè vittime delle loro stesse tecnologie o di un loro uso inappropriato (perché "inappropriato"?... due Apache che si scontrano in condizioni di sicura concitazione, o un aereo abbattuto da un missile "amico" rappresentano casi analoghi agli incidenti automobilistici ed aerei, ed a quegli sfortunati incidenti di caccia dove un cacciatore è stato scambiato per preda. Questi incidenti possono essere classificabili come un "uso inappropriato della tecnologia"? Un uso inappropriato di un'arma è pulirla con il caricatore ineserito, oppure usare il calcio di una pistola per battere un chiodo. Ancóra, un uso inappropriato di un'automobile è cercare di guadare un fiume pensando di condurre un mezzo anfibio. NdR) - , i civili sono morti e la vita associata - come dimostra l'emergenza umanitaria in arrivo a Bassora e l'esplosione del mercato di Bagdad - sconvolta. A questo punto è difficile non pensare anche ad un consuntivo di danni pesanti per l'ambiente, una volta che le operazioni belliche saranno terminate.

Dunque, si è sopravvalutata la tecnologia. Ed è accaduto per l'ennesima volta, in un copione che si ripete quasi ad ogni conflitto nella storia.
Certo, la seconda guerra mondiale ha rappresentato da questo punto di vista una svolta significativa, perché ha introdotto un'altra illusione: la tecnologia non serve solo per uccidere l'avversario o per terrorizzarlo, ma anche per mantenere la pace. La nascita del progetto Manhattan, quello della bomba atomica, è stata legata anche alla speranza di poter raggiungere per primi quell'arma che avrebbe posto fine a tutte le guerre, non solo a quella in corso.
la seconda guerra mondiale ha innestato su questa base una presa diretta tra il potere politico, quello militare e la scienza (?).
In ogni caso, la tecnologia nata da quel conflitto ha sicuramente costituito uno degli elementi della deterrenza che ha impedito per cinquant'anni il grande scontro finale tra le superpotenze. Nello stesso tempo, però, si è visto che, al di là di questo freno reciproco, non aveva effettiva possibilitò di risoluzione di altri conflitti reali. Il Vietnam, con l'uso di nuove tecnologie (come i defoglianti), ha finito per suscitare nell'opinione pubblica un discredito delle applicazioni scientifiche agli scenari di guerra e in una parte degli scienziati una coscienza infelice del ruolo della ricerca scientifica.
La tecnologia applicata alla ricerca scientifica (sarebbe più corretto dire "il connubio tecnologia-ricerca scientifica", in quanto la tecnologia deriva dalla ricerca scientifica, ma spesso è la tecnologia che permette la ricerca scientifica: non esiste una relazione di priorità fra le due. NdR) ha mostrato infatti, a partire dal Vietnam, di produrre sempre più danni (alle persone, all'ambiente, alle generazioni successive) e sempre meno vittorie chiare e nette .
Le guerre successive non hanno fatto che confermare questo dato (qui bisogna definire cosa s'intende per vittoria chiara e netta: la capitolazione del nemico seguìta dalla cessazione di qualsiasi ostilità e risentimento futuro? Per quanto ne so, mi sembra che l'unica guerra con queste caratteristiche sia stata la guerra di secessione americana: il primo conflitto in cui la superiorità tecnologica e produttiva diventa determinante per vincere. Gli Stati Uniti che derivarono da questa guerra civile hanno poi avuto molti presidenti ex confederati! NdR).
Anche questa volta, anche in questa seconda guerra del Golfo, una serie di promesse demiurgiche hanno investito la tecnologia (Bella frase, ma... la conclusione? Vuole dire che bisogna diffidare della tecnologia? NdR).
Per i decisori politici, c'è evidentemente un limite di cultura politica (il concetto di politica implica divergenza di opinioni: l'affermazione che "c'è un limite di cultura politica", o è estesa a tutti i politici ed in questo caso si auspica la fine delle ideologie, oppure la professoressa Gagliasso vorrebbe che tutti la pensassero come lei. Infatti, fa parte del comitato scientifico di Critica Marxista. NdR).
Resta da capire perché comunque gruppi consistenti di scienziati abbiano alimentato questo miraggio (bisogna diffidare anche della scienza? Chi sostiene l'idea dei "gruppi consistenti" è in malafede. E' pacifico o dovrebbe esserlo che la scienza è neutra: è l'uso che se ne fa a renderla positiva o negativa. NdR).
In realtà la ricerca al servizio della guerra viene spesso affidata a giovanissimi ricercatori iperspecializati, ai quali è mancata la possibilità di elaborare una visione prospettica del rapporto tra scienza e storia, tra tecnologia e politica (Bene, ce la spieghi... NdR). Sono probabilmente loro a non capire adesso perché l'esercito di un dittatore, con una tecnologia rozza e strutture di controllo del territorio prive di sofisticazione, riescano a fermare gli Apache (forse si riferisce ai guerrieri Apaches... perché, a dispetto di quanto hanno dato a intendere alcuni Tg, un elicottero classe AH-64 non si abbatte con la schioppettata di un contadino! NdR).

Docente di Filosofia della Scienza
Università La Sapienza, Roma


L'autrice di questo articolo è docente di filosofia della scienza. Ed ho riportato il suo articolo in quanto avevo appena inserito in questo sito una sezione dedicata all'epistemologia. Ovviamente la professoressa Gagliasso è docente di tale materia, mentre il sottoscritto è solo un autodidatta. Sulla base di una sua imprecisata quanto presunta preparazione tecnologica, la professoressa Gagliasso con il suo articolo ci ha fatto capire che i soldati alleati sono vittime delle loro stesse tecnologie o di un loro uso inappropriato.

Per parte mia, ho scritto questo commento (che affido all'Oceano di Internet piuttosto che a Il Messaggero in quanto dubito che lo pubblicherebbe), perché tutte le mattine ho un colloquio con i direttori della Cia, Fbi, Nsa e poi con il Segretario di Stato e quindi... Sì, è una corbelleria: non sono George Bush e nemmeno il mio studio ha una forma ovale!
Detto diversamente e più esplicitamente, non ho alcuna informazione se non quelle derivanti dai quotidiani e dalla Tv. Di più: non sono un esperto in strategie militari (però sono un discreto giocatore di risiKo); tuttavia, credo di conoscere il linguaggio dei mass media. In particolare, ricordo il motto di Hearst "niente fa vendere i giornali più di una guerra!"

Poiché non sono un giornalista ma un ricercatore, proverò ad applicare una sorta di metodo scientifico per cercare di porre qualche punto fermo per una discussione obiettiva da lasciare ai lettori.

la strategia militare

La scienza della guerra differisce dalle altre scienze perché la logica della guerra è diversa dalla normale logica (chi mai vorrebbe la guerra?). In contrasto con la logica lineare/formale di tutti i giorni, la logica della guerra, e in termini più estesi di un conflitto, è paradossale («se vuoi la pace, prepara la guerra»), e dialettica (le azioni provocano non solo un risultato, ma anche una reazione che modifica, e può rovesciare completamente, questo risultato). Nell'àmbito di un conflitto un'azione non può quindi essere condotta in modo diretto, ma raggiungerà solitamente un punto culminante e provocherà azioni avversarie corrsipondenti che, in assenza di un ulteriore sforzo, la faranno retrocedere (da qui l'efficacia temporanea delle armi, che sono sufficientemente efficaci da provocare contromisure; l'incapacità delle forze vittoriose di continuare a vincere con gli stessi mezzi; la resistenza sempre maggiore a ulteriori espansioni incontrate dagli Stati che si sono ampliati, ecc.). Se ciononostante l'azione viene condotta in modo diretto i risultati tenderanno ad andare in direzione opposta (la vittoria genera la disfatta, la guerra genera la pace, ecc.). A ogni estremo la logica paradossale della strategia risulta nella coincidenza degli opposti, come ad esempio nel caso delle armi nucleari, rese inutili nella maggioranza dei casi dalla loro eccessiva efficacia distruttrice, che le trasforma contemporaneamente nelle armi più efficaci ed in quelle meno efficaci (perfino i pugnali erano più efficaci per i soldati statunitensi in Vietnam e per quelli sovietici in Afghanistan). Nell'àmbito di un conflitto la logica del buon senso non è quindi una guida affidabile ma è invece una trappola illusoria, e lo steswso vale per i suoi derivati, quali tutti i normali criteri di efficienza. Molti dei crimini e delle follie dell'umanità sono il risultato di millenni di ostinati tentativi di ottenere il successo nell'àmbito di un conflitto, applicando metodi logici e lineari, i cui risultati devono essere paradossali (quindi gli inesarabilmente pacifici attirano su di loro la guerra, gli implacabili espansionisti perdono potere, gli inflessibili invasori sconfiggono la loro stessa forza, i fautori del disarmo provocano la corsa al riarmo, e quelli del riarmo generano il disarmo).

Dopo questo breve cenno di "logica militare", dovrebbe essere chiaro che i vertici militari sanno perfettamente che i vittoriosi proclami prebellici sono... bugie, ma sanno anche che devono fare una guerra combinata con l'opinione pubblica. La quale, d'altra parte, trova difficoltà a compendere una logica non lineare.

Le ragioni di una guerra

L’impatto finanziario derivante dall'attentato dell'11 settembre 2001 sul mercato mondiale delle assicurazioni è impressionante. Le stime più attendibili parlano di circa 50 miliardi dollari (ma si arriva anche a 70). Si tratta sicuramente del più grande sinistro della storia, considerando sia gli eventi di origine umana (incendi, naufragi di petroliere, esplosioni) che quelli naturali (l’uragano Andrew nel 1992 comportò esborsi per circa 20 miliardi di dollari, il terremoto del 1995 a Kobe, in Giappone, per quasi 3).

Una guerra di due mesi potrebbe costare attorno ai 95 miliardi di dollari... Beh, non occorre essere economisti per capire che non è uno sproposito... forse la cura preventiva costrà quanto il male (un altro gigantesco e tragico attacco terroristico), ma vale la pena provare anche perché - ragionando cinicamente - di fronte all'opinione pubblica, le 3000 vittime delle Twin Towers saranno verosimilmente maggiori di quelle dei soldati caduti in guerra. Inoltre - sempre ragionando cinicamente -, il numero dei caduti americani sarà facilmente assorbito nelle statistiche (vale il motto: "ci sono le bugie, le bugie spudorate e le statistiche!") delle morti per incidenti automobilistici, per rapine, per sciagure naturali, ecc.

L'obiettivo, che concretizza gli scopi delle scelte politiche angloamericane è indubbiamente il petrolio (ma interessi in questo senso accomunano i Pesi pacifisti come la Francia con la TotalFinaElf e la Russia con la Loukoil), unito all'instaurazione di un punto fermo nel medio-oriente ed alla soluzione del problema Israele - Palestina (una guerra la cui logica non lineare, non le ragioni, è per il sottoscritto incomprensibile).

scheda elettorale pro Saddam

A queste ragioni, si deve aggiunge l'incentivo, cioè la carica ideologica, filosofica e spirituale capace di alimentare il pensiero strategico. Le masse che componevano l'esercito napoleonico credevano di non combattere guerre mosse da esigenze dinastiche, ma di combattere per diffondere nel mondo le idee della rivoluzione francese. Analogamente le truppe statunitensi combattono o sono convinte di combattere (cosa parzialmente vera) per la libertà e contro la barbarie della dittatura e del terrorismo.

i gas

La paura che preoccupa i comandanti e terrorizza le truppe è la possibilità che Saddam dia ordine di usare i gas. C'è una sola ragione per farlo e due per non farlo. La ragione per farlo è sperare di seminare il panico tra le truppe alleate. La prima ragione per non farlo è che i gas - a seconda delle condizioni metereologiche - potrebbero ritorcersi sugli irakeni stessi e sulla popolazione inerme. L'altra ragione per non farlo è la risposta alleata. Non è possibile sapere quale sarà questa risposta, ma è ragionevole supporre che potrebbe assumere connotazioni vendicative. I giornalisti e gli esperti militarei non ne hanno parlato, ma escludendo l'uso di agenti chimici - vietati dalla Convenzione di Ginevra - non sembra peregrina l'ipotesi (che Saddam certo ha messo in conto) dell'uso di ordigni tattici di sicura efficacia: le bomba ER, che non rientrano nella Convenzione di Ginevra. Questa risposta si accorderebbe con la dottrina - residuo della guerra fredda - della "risposta flessibile" -, la quale prevede l'impiego di tutta una gamma dei mezzi bellici disponibili, dalle forze convenzionali, ai piccoli ordigni fino agli ordigni di potenza via via crescente. Questo criterio era ed è molto più credibile di quello della risposta massiccia, perché permette di non trascurare nella fase iniziale di un conflitto tutte le possibilità di accomodamento che possono derivare da una situazione non ancora tesa fino al punto di escludere qualsiasi soluzione.

imperialismo

I domini, protettorati o comunque li su voglia chimare dei maggiori Paesi imperialisti (Inglilterra, Francia, Russia) fanno ormai parte della Storia. L'unico Paese imperialista rimasto sono gli Stati Uniti. E questo è avvenuto perché gli Stati Uniti non hanno mai avuto alcuna intenzione di creare un impero coloniale (essendo proprio nati come colonie), ma solamente di creare delle solide alleanze e dipendenze economiche. Le loro "attenzioni" si sono di volta in volta concentrate in varie "zone d'influenza". Per esempio, nell'America Latina si sono proposti come garanti dell'autonomia offrendo protezione ai vari Stati latino-americani. Utilizzando la forza quando se ne persentò la necessità e appoggiando spesso molte dittature locali riuscirono ad allargare la loro egemonia economica, sino a diventare la prima potenza mondiale. In ultima analisi, la possibilità di intraprendere importanti pianificazioni commerciali portò e alimentò la creazione di grandi mercati e sbocchi economici. Produsse inoltre la nascita di un'unica cultura che rispecchiava sempre quella della nazione che riusciva ad imporsi economicamente. Possiamo quindi spiegare così il tanto famoso, attuale, evidente, ma spesso strisciante processo di "americanizzazione" che è sinonimo di Globalizzazione. La globabilzzazione è un'opportunità ed una necessità (per i Paesi industrializzati). Però non puà essere la soluzione, e sarebbe miope pensarlo. In ultima analisi si tratta di allargare il mercato dove competeranno nuovi soggetti, con la continua creazione e perdita di posti di lavoro. Tuttavia, da questo aumento del benessere resteranno esclusi, o parteciperanno in minima parte, i Paesi meno efficienti. La speranza implicita in questa "terra promessa globale" è una più equa distribuzione delle ricchezze ed una maggior solidarietà sociale. La forza motrice di questa speranza è il connubio scienza-tecnologia al quale è demandato un obiettivo fondamentale: produrre la maggior energia possibile al minimo costo (esigenza che si contra con gli ambientalisti, gli ecologisti, ecc.). Se queste ultime condizioni non si verificheranno, si dovranno cercare altri nuovi mercati... su Marte?

conclusioni

La superiorità tecnologica dell'Occidente permise l'inizio dell'età dell'imperialismo giacché grazie alle armi sempre più sofisticate l'Europa riuscì a sottomettere buona parte del mondo senza incontrare grandi reistenze.
Analogamente, le divisioni angloamericane vinceranno sicuramente questa guerra che non sarà un altro Vietnam. La vinceranno per due ragioni: 1) l'enorme superiorità dell'armamentario militare angloamericano; 2) l'impossibilità delle truppe irakene di avere rifornimenti bellici.

La guerra in Iraq non è una guerra facile. Quanto tempo occorrerà? Dipende... se Saddam continuerà con la sua politica vigliacca (soldati che agitano una bandiera bianca e sparano proditoriamente; soldati iracheni con divisa usa; guerriglieri con abiti civili, martiri - senza virgolette, perché comunque martiri - imbottiti di tritolo, ecc.), potrebbe volerci il tempo necessario a stremare una città assediata. I soldati diverranno sempre più paranoici e avranno sempre meno esitazioni verso la popolazione. D'altra parte, la premessa di questa guerra è che deve coinvolgere in misura minima la popolazione e il minimo eticamente accettabile (nel senso che permette agli storici di discettare sulla questione) è forse dato dal numero di morti che il regime di Saddam Hussein avrebbe comunque prodotto da qui alla sua caduta naturale. Finora il regime del Rais ha sulla "coscienza" 3 milioni di morti, i civili curdi gasati, i 70 mila massacrati tra la minoranza sciita.

cimitero monumentale americano di Nettuno
lapidi dei soldati americani nel Cimitero Monumentale di Nettuno
L'unica ragione per la quale la guerra non è finita prima ancóra che le truppe angloamericane abbiano raggiunto i confini di Baghdad è la correttezza degli attaccanti o la volontà di mostrarsi così di fronte all'opinione pubblica. Il problema di questo conflitto è legato alla sua natura non d'invasione ma di liberazione, sia pure ottenuta con la forza. Dunque è un problema etico. Ma è anche un problema culturale in quanto gli "oppressi" non necessariamente devono riconoscere agli angloamericani il ruolo di "liberatori". Dopo 24 anni di regime, si è verosimilmente instaurato nella struttura della società un modus vivendi tale che il poco di libertà concessa la rende comunque accettabile. D'altra parte, il Rais può sempre giustificare le sofferenze del suo popolo come una conseguenza dell'embargo... c'è sempre qualcuno disposto a crederci!

Il problema che la professoressa Gagliasso avrebbe dovuto discutere non era di natura tecnologica (così com'è composto, il suo banale articolo avrebbe potuto scriverlo uno studente di liceo), sulla quale è certamente più incompetente del sottosritto, ma di natura etica, sulla quale ci si aspetta o è lecito aspettarsi una certa competenza. D'altra parte, l'etica è una questione di "lana caprina". Il vero problema reale, prossimo e futuro è l'uranio impoverito: magari l'opinione pubblica si potrebbe mobilitare per ottenerne la messa al bando piuttosto che per ottenere utopistiche pacificazioni spesso contraddette da manifestazioni di guerriglia-vandalismo urbano.

Ho accennato alle poche ragioni di una guerra combattuta; non esamino quelle della pace perché la cosa non avrebbe senso: la domanda "chi può volere la guerra?" è retorica... anche il guerrafondaio più convinto risponderebbe nessuno. Purtroppo, la storia del mondo è disseminata di buone intenzioni rimaste tali. Così, a proposito di chi sostiene che la guerra in Iraq è una conseguenza della presidenza Bush, rispondo con un commento di Nikita Kruscew dopo l'assassinio di J. F. Kennedy...

Se avessero ucciso me al posto di Kennedy, la differenza principale per la storia del mondo sarebbe probabilmente che Onassis non avrebbe sposato la signora Kruscew.

Spero che questo riassunto che, ripeto, ha il solo scopo di fornire spunti comuni di discussione, sia considerato ragionevolmente obiettivo. Lascio le conclusioni finali al lettore.

Bibliografia minimale:
Richard Nixon, Mai più Vietnam - Riverdito Editore, Trento 1987
Herman Kahn, On Escalations - Metaphors and Scenarios - Frederick A. Praeger Publishers, N.Y. USA 1965
Seymour M. Hersh, L'Opzione H - Rizzoli, Bologna 1991
Luttwak, Koehl, La Guerra Moderna, Rizzoli, Milano 1992
J. Barton Boeyer, La Meravigliosa Arte dell'Inganno - SugarCo Settembre 1991
David Fisher, Il Mago della Guerra - Sperling & Kupfer, Milano 1986
Maldwwjn A. Jones, Storia degli Stati Uniti, Bompiani Milano 1992
Steven Rose (a cura di), Chimica e Biologia di Guerra, Etas Kompass Milano, 1970

NdR = Nota del Redattore di questo Sito.

Marcello Guidotti, 30 marzo 2003

nemesi