Bene, dopo una settimana di guerra, è chiaro che le promesse non sono state mantenute. I soldati alleati sono stati uccisi soprattutto dal fuoco amico - cioè vittime delle loro stesse tecnologie o di un loro uso inappropriato (perché "inappropriato"?... due Apache che si scontrano in condizioni di sicura concitazione, o un aereo abbattuto da un missile "amico" rappresentano casi analoghi agli incidenti automobilistici ed aerei, ed a quegli sfortunati incidenti di caccia dove un cacciatore è stato scambiato per preda. Questi incidenti possono essere classificabili come un "uso inappropriato della tecnologia"? Un uso inappropriato di un'arma è pulirla con il caricatore ineserito, oppure usare il calcio di una pistola per battere un chiodo. Ancóra, un uso inappropriato di un'automobile è cercare di guadare un fiume pensando di condurre un mezzo anfibio. NdR) - , i civili sono morti e la vita associata - come dimostra l'emergenza umanitaria in arrivo a Bassora e l'esplosione del mercato di Bagdad - sconvolta. A questo punto è difficile non pensare anche ad un consuntivo di danni pesanti per l'ambiente, una volta che le operazioni belliche saranno terminate.
Dunque, si è sopravvalutata la tecnologia. Ed è accaduto per l'ennesima volta, in un copione che si ripete quasi ad ogni conflitto nella storia.
Certo, la seconda guerra mondiale ha rappresentato da questo punto di vista una svolta significativa, perché ha introdotto un'altra illusione: la tecnologia non serve solo per uccidere l'avversario o per terrorizzarlo, ma anche per mantenere la pace. La nascita del progetto Manhattan, quello della bomba atomica, è stata legata anche alla speranza di poter raggiungere per primi quell'arma che avrebbe posto fine a tutte le guerre, non solo a quella in corso.
la seconda guerra mondiale ha innestato su questa base una presa diretta tra il potere politico, quello militare e la scienza (?).
In ogni caso, la tecnologia nata da quel conflitto ha sicuramente costituito uno degli elementi della deterrenza che ha impedito per cinquant'anni il grande scontro finale tra le superpotenze. Nello stesso tempo, però, si è visto che, al di là di questo freno reciproco, non aveva effettiva possibilitò di risoluzione di altri conflitti reali. Il Vietnam, con l'uso di nuove tecnologie (come i defoglianti), ha finito per suscitare nell'opinione pubblica un discredito delle applicazioni scientifiche agli scenari di guerra e in una parte degli scienziati una coscienza infelice del ruolo della ricerca scientifica.
La tecnologia applicata alla ricerca scientifica (sarebbe più corretto dire "il connubio tecnologia-ricerca scientifica", in quanto la tecnologia deriva dalla ricerca scientifica, ma spesso è la tecnologia che permette la ricerca scientifica: non esiste una relazione di priorità fra le due. NdR) ha mostrato infatti, a partire dal Vietnam, di produrre sempre più danni (alle persone, all'ambiente, alle generazioni successive) e sempre meno vittorie chiare e nette .
Le guerre successive non hanno fatto che confermare questo dato (qui bisogna definire cosa s'intende per vittoria chiara e netta: la capitolazione del nemico seguìta dalla cessazione di qualsiasi ostilità e risentimento futuro? Per quanto ne so, mi sembra che l'unica guerra con queste caratteristiche sia stata la guerra di secessione americana: il primo conflitto in cui la superiorità tecnologica e produttiva diventa determinante per vincere. Gli Stati Uniti che derivarono da questa guerra civile hanno poi avuto molti presidenti ex confederati! NdR).
Anche questa volta, anche in questa seconda guerra del Golfo, una serie di promesse demiurgiche hanno investito la tecnologia (Bella frase, ma... la conclusione? Vuole dire che bisogna diffidare della tecnologia? NdR).
Per i decisori politici, c'è evidentemente un limite di cultura politica (il concetto di politica implica divergenza di opinioni: l'affermazione che "c'è un limite di cultura politica", o è estesa a tutti i politici ed in questo caso si auspica la fine delle ideologie, oppure la professoressa Gagliasso vorrebbe che tutti la pensassero come lei. Infatti, fa parte del comitato scientifico di Critica Marxista. NdR).
Resta da capire perché comunque gruppi consistenti di scienziati abbiano alimentato questo miraggio (bisogna diffidare anche della scienza? Chi sostiene l'idea dei "gruppi consistenti" è in malafede. E' pacifico o dovrebbe esserlo che la scienza è neutra: è l'uso che se ne fa a renderla positiva o negativa. NdR).
In realtà la ricerca al servizio della guerra viene spesso affidata a giovanissimi ricercatori iperspecializati, ai quali è mancata la possibilità di elaborare una visione prospettica del rapporto tra scienza e storia, tra tecnologia e politica (Bene, ce la spieghi... NdR). Sono probabilmente loro a non capire adesso perché l'esercito di un dittatore, con una tecnologia rozza e strutture di controllo del territorio prive di sofisticazione, riescano a fermare gli Apache (forse si riferisce ai guerrieri Apaches... perché, a dispetto di quanto hanno dato a intendere alcuni Tg, un elicottero classe AH-64 non si abbatte con la schioppettata di un contadino! NdR).
L'autrice di questo articolo è docente di filosofia della scienza. Ed ho riportato il suo articolo in quanto avevo appena inserito in questo sito una sezione dedicata all'epistemologia. Ovviamente la professoressa Gagliasso è docente di tale materia, mentre il sottoscritto è solo un autodidatta. Sulla base di una sua imprecisata quanto presunta preparazione tecnologica, la professoressa Gagliasso con il suo articolo ci ha fatto capire che i soldati alleati sono vittime delle loro stesse tecnologie o di un loro uso inappropriato.
Per parte mia, ho scritto questo commento (che affido all'Oceano di Internet piuttosto che a Il Messaggero in quanto dubito che lo pubblicherebbe), perché tutte le mattine ho un colloquio con i direttori della Cia, Fbi, Nsa e poi con il Segretario di Stato e quindi... Sì, è una corbelleria: non sono George Bush e nemmeno il mio studio ha una forma ovale!
Detto diversamente e più esplicitamente, non ho alcuna informazione se non quelle derivanti dai quotidiani e dalla Tv. Di più: non sono un esperto in strategie militari (però sono un discreto giocatore di risiKo); tuttavia, credo di conoscere il linguaggio dei mass media. In particolare, ricordo il motto di Hearst "niente fa vendere i giornali più di una guerra!"
Poiché non sono un giornalista ma un ricercatore, proverò ad applicare una sorta di metodo scientifico per cercare di porre qualche punto fermo per una discussione obiettiva da lasciare ai lettori.
Dopo questo breve cenno di "logica militare", dovrebbe essere chiaro che i vertici militari sanno perfettamente che i vittoriosi proclami prebellici sono... bugie, ma sanno anche che devono fare una guerra combinata con l'opinione pubblica. La quale, d'altra parte, trova difficoltà a compendere una logica non lineare.
L’impatto finanziario derivante dall'attentato dell'11 settembre 2001 sul mercato mondiale delle assicurazioni è impressionante. Le stime più attendibili parlano di circa 50 miliardi dollari (ma si arriva anche a 70). Si tratta sicuramente del più grande sinistro della storia, considerando sia gli eventi di origine umana (incendi, naufragi di petroliere, esplosioni) che quelli naturali (l’uragano Andrew nel 1992 comportò esborsi per circa 20 miliardi di dollari, il terremoto del 1995 a Kobe, in Giappone, per quasi 3).
Una guerra di due mesi potrebbe costare attorno ai 95 miliardi di dollari... Beh, non occorre essere economisti per capire che non è uno sproposito... forse la cura preventiva costrà quanto il male (un altro gigantesco e tragico attacco terroristico), ma vale la pena provare anche perché - ragionando cinicamente - di fronte all'opinione pubblica, le 3000 vittime delle Twin Towers saranno verosimilmente maggiori di quelle dei soldati caduti in guerra. Inoltre - sempre ragionando cinicamente -, il numero dei caduti americani sarà facilmente assorbito nelle statistiche (vale il motto: "ci sono le bugie, le bugie spudorate e le statistiche!") delle morti per incidenti automobilistici, per rapine, per sciagure naturali, ecc.
L'obiettivo, che concretizza gli scopi delle scelte politiche angloamericane è indubbiamente il petrolio (ma interessi in questo senso accomunano i Pesi pacifisti come la Francia con la TotalFinaElf e la Russia con la Loukoil), unito all'instaurazione di un punto fermo nel medio-oriente ed alla soluzione del problema Israele - Palestina (una guerra la cui logica non lineare, non le ragioni, è per il sottoscritto incomprensibile).
A queste ragioni, si deve aggiunge l'incentivo, cioè la carica ideologica, filosofica e spirituale capace di alimentare il pensiero strategico. Le masse che componevano l'esercito napoleonico credevano di non combattere guerre mosse da esigenze dinastiche, ma di combattere per diffondere nel mondo le idee della rivoluzione francese. Analogamente le truppe statunitensi combattono o sono convinte di combattere (cosa parzialmente vera) per la libertà e contro la barbarie della dittatura e del terrorismo.
La guerra in Iraq non è una guerra facile. Quanto tempo occorrerà? Dipende... se Saddam continuerà con la sua politica vigliacca (soldati che agitano una bandiera bianca e sparano proditoriamente; soldati iracheni con divisa usa; guerriglieri con abiti civili, martiri - senza virgolette, perché comunque martiri - imbottiti di tritolo, ecc.), potrebbe volerci il tempo necessario a stremare una città assediata. I soldati diverranno sempre più paranoici e avranno sempre meno esitazioni verso la popolazione. D'altra parte, la premessa di questa guerra è che deve coinvolgere in misura minima la popolazione e il minimo eticamente accettabile (nel senso che permette agli storici di discettare sulla questione) è forse dato dal numero di morti che il regime di Saddam Hussein avrebbe comunque prodotto da qui alla sua caduta naturale. Finora il regime del Rais ha sulla "coscienza" 3 milioni di morti, i civili curdi gasati, i 70 mila massacrati tra la minoranza sciita.
Il problema che la professoressa Gagliasso avrebbe dovuto discutere non era di natura tecnologica (così com'è composto, il suo banale articolo avrebbe potuto scriverlo uno studente di liceo), sulla quale è certamente più incompetente del sottosritto, ma di natura etica, sulla quale ci si aspetta o è lecito aspettarsi una certa competenza. D'altra parte, l'etica è una questione di "lana caprina". Il vero problema reale, prossimo e futuro è l'uranio impoverito: magari l'opinione pubblica si potrebbe mobilitare per ottenerne la messa al bando piuttosto che per ottenere utopistiche pacificazioni spesso contraddette da manifestazioni di guerriglia-vandalismo urbano.
Ho accennato alle poche ragioni di una guerra combattuta; non esamino quelle della pace perché la cosa non avrebbe senso: la domanda "chi può volere la guerra?" è retorica... anche il guerrafondaio più convinto risponderebbe nessuno. Purtroppo, la storia del mondo è disseminata di buone intenzioni rimaste tali. Così, a proposito di chi sostiene che la guerra in Iraq è una conseguenza della presidenza Bush, rispondo con un commento di Nikita Kruscew dopo l'assassinio di J. F. Kennedy...
Se avessero ucciso me al posto di Kennedy, la differenza principale per la storia del mondo sarebbe probabilmente che Onassis non avrebbe sposato la signora Kruscew.
Spero che questo riassunto che, ripeto, ha il solo scopo di fornire spunti comuni di discussione, sia considerato ragionevolmente obiettivo. Lascio le conclusioni finali al lettore.
Bibliografia minimale:
NdR = Nota del Redattore di questo Sito.
Marcello Guidotti, 30 marzo 2003
Richard Nixon, Mai più Vietnam - Riverdito Editore, Trento 1987
Herman Kahn, On Escalations - Metaphors and Scenarios - Frederick A. Praeger Publishers, N.Y. USA 1965
Seymour M. Hersh, L'Opzione H - Rizzoli, Bologna 1991
Luttwak, Koehl, La Guerra Moderna, Rizzoli, Milano 1992
J. Barton Boeyer, La Meravigliosa Arte dell'Inganno - SugarCo Settembre 1991
David Fisher, Il Mago della Guerra - Sperling & Kupfer, Milano 1986
Maldwwjn A. Jones, Storia degli Stati Uniti, Bompiani Milano 1992
Steven Rose (a cura di), Chimica e Biologia di Guerra, Etas Kompass Milano, 1970