il test di Turing

Nel 1949, il famoso neurochirurgo Sir Geoffrey Jefferson (1886-1961), nel suo scritto No Mind for Mechanical Man (Nessuna mente per l'uomo meccanico), esponeva una serrata critica ad un precedente articolo che riguardava la macchina universale di Turing.

«Fino a quando una macchina non potrà scrivere un sonetto o comporre un concerto suggeriti da emozioni realmente provati, e non per una scelta casuale di simboli, non potremo ammettere che una macchina eguagli il cervello umano; cioé che non solo scriva queste cose, ma che sappia di averle scritte. E' certo che nessun meccanismo potrebbe provare piacere (e neppure manifestarlo artificialmente, un facile espediente) verso i propri successi e angosce quando gli saltano le valvole, né animarsi davanti alle lusinghe, o rattristarsi per i propri errori, o essere affascinato dal sesso, o incollerirsi o deprimersi quando non può ottenere ciò che desidera».

Queste argomentazioni, apparentemente logiche, erano in realtà facilmente confutabili, e la traccia per farlo era stata indirettamente suggerita nel MacBeth di William Shakespeare...

(SCENA QUARTA)
DUNCAN (re di Scozia): Non c'è arte per leggere nella faccia la costituzione della mente...

Ecco, a dispetto di quanto soeteneva Jafferson, le "emozioni" possono essere manifestate artificialment, e non c'è alcun modo per distinguerle da quelle reali... tralasciando il fatto che vi sono persone che non si compiacciono davanti alle lusinghe, né si rattistano per i propri errori, né soggiacciobo ai piaceri del sesso ed ai desideri materiali. un uomo effettua il test di Turing

Alan Turing, in un articolo del 1950 Computing Machinery and Intelligence (Macchine calcolatrici e intelligenza), propose un criterio - oggi noto come "test di Turing" - per determinare se un computer fosse in grado di pensare. Turing era convinto che la sua macchina potesse effettuare qualsiasi operazione logica e, programmata con la necessaria abilità, entro il duemila avrebbe potuto simulare l'intelligenza umana.
Ecco come si dovvrebbe svolgere il test di controllo. Una persona si trova davanti ad un terminale e con la tastiera scrive delle domande e riceve delle risposte. Dall'altro capo del terminale ci sono una macchina ed un operatore umano che forniscono alternativamente le risposte alle domande. Se la persona non è in grado di distinguere quando sta interloquendo con una macchina e quando con un operatore umano, allora la macchina è intelligente.

Finora nessun programma ha superato il test di Turing. Il primo ad aver ottenuto un certo successo, è Eliza, un programma scritto nel 1966 da Joseph Weizenbaum. Eliza è una psicoterapeuta che simula una conversazione tra lei (il medico), e voi (il paziente).

paziente: gli uomini sono tutti uguali
computer: in che senso
paziente: ci fregano sempre in qualche modo
computer: puoi fare un esempio specifico
paziente: un mio amico mi ha fatto venire qui
computer: un tuo amico ti ha fatto venire qui
paziente: dice che sono quasi sempre depressa
computer: mi dispiace sentire che sei depressa
paziente: è vero sono infelice
computer: credi che venire qui ti aiuterà a non essere infelice
paziente: ho bisogno di aiuto, questo è sicuro
computer: cosa intendi come aiuto
paziente: forse potrei riuscire ad andare d'accordo con mia madre
computer: parlami di tua madre

Una conversazione di questo tipo porta a domandarsi se si può realmente ritenere se è il computer che pensa veramente, o piuttosto sono le persone che possono sostenere una conversazione senza bisogno di pensare!

In effetti, il programma Eliza non era molto convincente; tuttavia, ai primordi dei computer domestici molte persone erano convinte che un computer fosse un "cervello" elettronico e quindi non facevano molto caso alla piega bizzara che ben presto delineava la "seduta". D'altra parte, il test di Turing non prevedeva l'ingenuità della persona incaricata di saggiare la macchina: doveva essere un operatore esperto.
Dopo Eliza sono stati realizzati molti programmi per simulare l'intelligenza; sebbene alcuni siano progettati per argomenti ben definiti (per es. teatro di Shakespeare), nessuno è stato in grado di ingannare un giudice esperto.

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