I
danni da fumo
Dott.
Roberto Boffi
Nonostante
l'impegno decennale di molteplici campagne antifumo, a tutt'oggi in
Europa fuma il 25% della popolazione adulta. Questo dato, di per sé
già molto preoccupante, prelude oltretutto al mantenimento di
elevate percentuali di patologie fumo-correlate non solo nel breve ma
anche nel lungo periodo di tempo. Le osservazioni recenti negli adolescenti
confermano inoltre una tendenza per nulla al ribasso nella diffusione
del fumo tra i giovani, con un aumento in particolare delle fumatrici
femmine: gli ultimi dati anche italiani hanno rivelato che il 30% dei
bambini di prima media ha già provato la prima sigaretta, mentre
circa il 50% dei ragazzi dell'ultimo anno delle superiori fuma correntemente.
Solo per cancro del polmone si calcolano circa 500.000 decessi ogni
anno nei Paesi della Comunità Europea, il 90% dei quali sono
dovuti al fumo. Se come d'incanto il fumo non esistesse più,
si potrebbe a pieno titolo affermare che il tumore del polmone cesserebbe
immediatamente di essere uno dei cosiddetti "big killer",
diventando al contrario un tumore piuttosto raro nella popolazione generale.
Una quota del 20% dei fumatori è destinata a sviluppare la bronchite
cronica ostruttiva (BPCO), malattia temibile per le sue implicazioni
pratiche che impediscono un'adeguata qualità della vita a causa
delle continue infezioni respiratorie e delle progressivamente sempre
più frequenti crisi di "fame d'aria"; è stato
inoltre calcolato che il 50% delle cardiopatie ischemiche (dall'angina
pectoris all'infarto del miocardio) è legato al fumo.
Al di là di ogni dubbio vale un recente ed incontrovertibile
dato statistico: l'aspettativa di vita del fumatore è di 10 anni
inferiore a quella del non fumatore, con una globale qualità
di vita oltre tutto nettamente inferiore.
Sono più di 4.000 le sostanze che si creano nella combustione
del tabacco alla temperatura di 800° C. Tra le più importanti
per la loro pericolosità vanno citate la nicotina (considerata
ormai una ²droga² a tutti gli effetti), il condensato (catrame),
con le sue svariate sostanze cancerogene, e il famigerato PM10, cioè
le polveri fini e ultrafini (queste ultime capaci di entrare anche nel
torrente sanguigno) e il monossido di carbonio (CO).
Il monossido di carbonio, essendo un gas inodore, incolore e insapore,
impedisce la normale ossigenazione dei tessuti in quanto si lega avidamente
ai globuli rossi (con un'affinità 250 volte superiore a quella
dell'ossigeno), determinando così una continua intossicazione
del nostro sangue e dei nostri organi e apparati (cuore, cervello, reni,
muscoli) e un conseguente deficit delle nostre "performance".
In particolare, l'estrema sensibilità dell'embrione e del feto
al CO rende la donna in gravidanza particolarmente suscettibile ai danni
da fumo attivo e passivo, e anche il rischio di embolia polmonare associato
a fumo + pillola non va dimenticato, vista la giovane età della
popolazione femminile in questione. Tuttavia si calcola che circa 2/3
delle fumatrici continui purtroppo a fumare anche in gravidanza.
Negli ultimi anni si sono moltiplicati i dati sulla nocività
anche del fumo passivo: è stato dimostrato che il fumo passivo
raddoppia il rischio di tumore polmonare nelle mogli non fumatrici di
fumatori, con un carico relativo di circa 3.000 decessi/anno negli USA.
Il rischio di infarto è analogamente aumentato a causa del fumo
indiretto casalingo, mentre i bambini esposti al fumo passivo presentano
frequenti riacutizzazioni asmatiche, e si stimano tra gli 8.000 e i
26.000 ogni anno i nuovi casi di asma legati al fumo passivo, sempre
negli USA.
Sempre per quanto riguarda i bambini, studi americani hanno dimostrato
che il PM10, contenuto non solo nel fumo attivo ma anche in quello passivo
e in quantità decine di volte superiori a ciò che si può
trovare nelle nostre città più inquinate, danneggia inesorabilmente
la crescita dei polmoni dei più piccoli, impedendo in modo statisticamente
significativo il completamento negli anni delle loro capacità
respiratorie.
In conclusione, i danni da fumo, sia attivo che passivo, vengono ormai
universalmente definiti una vera e propria "epidemia", che
colpisce oltre tutto strati di popolazione sempre più giovane;
la quotidiana lotta ai problemi dovuti al tabagismo costituisce tuttora
il più importante campo di azione in cui la prevenzione, oncologica
e non, può e deve intervenire efficacemente.
Domanda: Sono una donna di 35 anni che purtroppo "vanta"
svariati insuccessi nello smettere di fumare, nonostante la consapevolezza
dei pericoli che corro. Cosa posso fare per vincere la mia dipendenza?
Risposta
di Edoardo Rossetti
La dipendenza psicologica ha un ruolo decisivo nel determinare il legame
tra fumatore e sigaretta. Questa forma di dipendenza è dovuta
soprattutto a fattori sociali e culturali, oltre che alla gestualità.
Naturalmente non va sottovalutata però la dipendenza chimica
dalla nicotina col suo effetto anfetaminico, in grado di creare aspettative
di "performance" migliori nell'affrontare la fatica, il lavoro
e lo stress in genere. Dipendenza farmacologica e psicologica coesistono
solitamente nello stesso individuo, ma in proporzioni diverse da un
soggetto all'altro. Pertanto, nei programmi di cessazione è essenziale
una valutazione preliminare dell'atteggiamento personale del fumatore
rispetto al fumo e alla dipendenza che esso provoca. Altrettanto importante
è conoscere le sue motivazioni a smettere di fumare: una risposta
evasiva, se non aggressiva, all'invito a smettere di fumare indica,
per esempio, l'assenza di motivazione, e in questi casi è meglio
non insistere. Il fumatore intenzionato a smettere, invece, può
trovarsi in stadi motivazionali diversi, e il suo percorso psicologico
si svilupperà in senso circolare: inizialmente egli realizzerà
che è presente una via d'uscita, ma saranno possibili ricadute
e nuovi tentativi di cessazione.
E' dimostrato che un semplice colloquio di pochi minuti nello studio
del proprio medico induce già di per sé il 5% dei fumatori
a smettere. Ambulatori specializzati in tabagismo e che si avvalgano
di competenze multidisciplinari (mediche, infermieristiche e psicologiche)
possono poi garantire i risultati migliori, soprattutto nei soggetti
più difficili. In tale progetto sono di fondamentale importanza
l'ascolto e il sostegno del fumatore mediante pratiche di aiuto come
quelle del "Counseling".
Domanda: Ho 64 anni e sono stato fumatore per 50 anni e fino
a 20 giorni fa di una media di 15 sigarette al giorno. Ho smesso di
fumare perché il mio Pneumologo mi ha trovato una bronchite cronica
ostruttiva. Ci sono metodi oltre ai farmaci per aiutarmi a recuperare
più velocemente una buona respirazione?
Risposta
di Liviana Craba
La BPCO, o broncocopneumopatia cronica ostruttiva, è una malattia
che colpisce i bronchi e i tessuti coinvolti negli scambi respiratori,
non permettendo all'ossigeno di raggiungere adeguatamente il circolo
sanguigno. La terapia farmacologia in questi casi è senz'altro
la più importante da eseguire, allo scopo soprattutto di ridurre
i sintomi della patologia e il rischio delle sue riacutizzazioni. Tali
risultati possono essere notevolmente potenziati se ai farmaci viene
affiancata un'adeguata riabilitazione respiratoria, che consiste in
un ciclo di esercizi fisioterapici personalizzati al paziente, i quali
attraverso un programma di riallenamento progressivo dei muscoli respiratori
mirano a ripristinare una più idonea meccanica ventilatoria polmonare.
Insieme a queste procedure terapeutiche, sono da consigliare anche un
corretto regime alimentare e un'adeguata attività fisica, sempre
con l'obiettivo di ridurre la disabilità psico-motoria e di ottenere
un conseguente miglioramento della qualità della vita.
Domanda: Sono una donna di 32 anni in buona salute, ma il fumo dei
miei colleghi al lavoro mi provoca spesso tosse e lacrimazione agli
occhi. Di quali sistemi potrei avvalermi per dimostrare la mia esposizione
al fumo passivo?
Risposta
di Roberto Mazza
Si è negli ultimi tempi sempre più affermata l'importanza
di poter disporre di un indicatore biologico che rifletta con affidabilità
l'esposizione, sistematica o casuale, di ogni individuo al fumo passivo.
Un interessante ambito di ricerca riguarda la possibilità di
verificare la presenza di nicotina e dei suoi metaboliti nelle persone
attraverso l'analisi gascromatografica del capello. Rispetto ai più
comuni metodi che ricercano nelle urine la cotinina e che permettono
di controllare l'esposizione alla sostanza solo nelle 24/48 ore precedenti
al prelievo, questa metodica consente di ricostruire con un esame non
invasivo la "storia" dell'esposizione alla nicotina delle
persone, in quanto ogni centimetro di capello normalmente "racconta"
fino a un mese di esposizioni. Basta prelevare una piccola ciocca di
capelli tagliandoli vicino alla nuca, e successivamente analizzarla
in laboratorio per ricavarne i dati necessari.
Questa tecnica, tuttora allo stato sperimentale c/o il Laboratorio di
Endocrinologia dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano, ma che mostra
già risultati molto incoraggianti, potrà in un prossimo
futuro costituire senz'altro un efficace strumento a disposizione dei
cittadini per verificare e quantificare la loro esposizione al fumo
attivo e passivo.
Domanda: Sono una donna di 48 anni affetta da asma allergico ed
esposta continuamente al fumo passivo in ambito lavorativo. Le mie ripetute
proteste non hanno finora ottenuto alcun risultato: cosa posso fare
per tutelare i miei diritti?
Risposta
di Milena Calati
Nell'attesa di una legge che definisca in maniera concreta i limiti
invalicabili in cui consentire o meno di fumare negli ambienti indoor,
alcuni ambulatori antifumo si avvalgono già ora dell'apporto
di un Consulente Legale, così da aiutare i fumatori passivi che
lo richiedano, con consigli adeguati ed eventuale compilazione di personalizzate
"lettere di diffida" da poter utilizzare, da parte della persona
sottoposta ai danni del fumo altrui, a scopo disincentivante, informativo
ed educazionale sui suoi "affumicatori". Tali lettere possono
essere fondamentalmente di tre tipi, citando ognuna studi scientifici,
normative e sentenze diverse a seconda della categoria di fumatore passivo
a cui il soggetto appartiene: i dipendenti di aziende private, quelli
in enti pubblici e infine le donne in gravidanza, particolarmente a
rischio se esposte al fumo passivo per loro stesse e per il loro futuro
bambino.
Tra i vari obiettivi dei centri antifumo più qualificati vi è
inoltre quello di offrire alle aziende interessate degli strumenti di
azione mirata ad ottenere un'efficace "anti-smoking policy",
con la possibilità di interventi personalizzati per i dipendenti
che lo desiderino, associati a opportune rilevazioni ambientali nei
loro ambienti lavorativi.
Per Informazioni rivolgersi dalle ore 14,00 alle 15,30 il martedì
ed il giovedì alla segreteria dell' "Ambulatorio per i danni
da fumo", c/o l'Unità Operativa di Pneumologia e Fisiopatologia
Respiratoria dell'Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori
di Milano.
Tel.: +39.02.2390.2307
E-mail: roberto.boffi@istitutotumori.mi.it