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L'occhio è l'organo esterno del senso della vista.

Fa parte dell'apparato visivo, è assai complesso e di straordinaria importanza: è il principale mezzo di conoscenza del mondo esterno (già Aristotele affermava che la vista è il senso più importante di tutti).

Esistono anche altri significati che, in quanto strettamente legati, sono trattate in questa voce (vedi Altri significati).

Indice

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Anatomia [modifica]

Anatomia animale [modifica]

Insetti e crostacei [modifica]

Negli insetti e nei crostacei gli occhi sono composti, in quanto costituiti da più occhi semplici o ommatidi.
Quando il pigmento isola tra loro i singoli ommatidi, ogni retinula è impressionata soltanto dai raggi di luce che giungono a colpirla direttamente attraverso la cornea dell'ommatidio, raccogliendo una limitata porzione dell'immagine.
L'immagine completa si ottiene dal mosaico creato da ogni singolo occhio, si ha così una visione per apposizione. Quando manca il pigmento, i raggi emanati da ciascun punto dell'oggetto stimolano le retinule di più ommatidi e ciascuna di queste raccoglie i raggi provenienti da più punti, in questo caso si ottiene una maggiore fusione delle singole immagini: si ha una visione per sovrapposizione.

Anatomia umana [modifica]

Gli occhi sono pari e simmetrici, posizionati nelle due cavità orbitarie del cranio (testa).

L'occhio è costituito da:

  • bulbo oculare o occhio propriamente detto
  • una serie di organi accessori
    • gli annessi
    • l'apparato muscolare estrinseco

L'apparato muscolare estrinseco ha il compito principale di coordinare il movimento dei due bulbi oculari, che deve essere sincrono nei due occhi.

Collegato all'occhio si riconosce un apparato lacrimale, che svolge attività meccaniche e attività protettive.


 


Occhio esterno [modifica]

Rovesciando le palpebre, si potrà vedere uno spazio delimitato dalla congiuntiva, al punto di riflessione di questa membrana si trova il fornice congiuntivale.
A livello della commessura mediale si potranno rilevare i condotti lacrimali.

Tramite palpazione si possono ottenere alcuni elementi peculiari dell'occhio: il grado di consistenza del bulbo, la motilità, il grado di tensione, ecc.

Il bulbo oculare [modifica]

Il bulbo o globo oculare ha una forma sferoidale, nella quale si riconosce un polo anteriore ed uno posteriore.
A livello del polo posteriore si diparte il nervo ottico da un'area molto limitata da una fitta corona di altre emergenze nervose, che costituiscono i fasci più esterni di questo nervo.

Sezionando il bulbo lungo l'asse antero posteriore, si potrà vedere come esso sia suddiviso in due camere, una anteriore e una posteriore, seguite dal corpo vitreo e nel fondo da una serie di membrane, presenti anche ai lati.
La camera anteriore è delimitata verso l'esterno dalla cornea, caratteristicamente trasparente, mentre posteriormente è limitata dal cristallino (lente biconvessa) e dalle estroflessioni della corona ciliare.
La camera posteriore è di dimensioni più piccole, ed è compresa tra l'iride e le formazioni che vincolano il cristallino alla corona ciliare. Posteriormente si trova il corpo vitreo (o umor vitreo) del bulbo, che costituisce il più vasto mezzo diottrico del bulbo, senza alcuna importanza in relazione alla convergenza.
Le membrane che avvolgono il bulbo sono:

  • la retina o superficie altamente differenziata , che contiene le cellule primarie della sensibilità alla luce, i coni e i bastoncelli
  • la coroide o uvea, superficie devoluta essenzialmente all'irrigazione vasale del bulbo
  • la sclera o sclerotica, che compare anche all'esame esterno dell'occhio, di colore biancastro costante su tutta la superficie dell'occhio, nei suoi 5/6 di superficie disponibile; è di natura fibrosa.

Parte posteriore [modifica]

Apparato muscolare [modifica]

Si parla di muscolatura estrinseca e muscolatura intrinseca. Sulla sclera si attaccano i muscoli che muovono l'occhio (muscoli estrinseci), in tutto 6, 4 retti e 2 obliqui:

Gli altri muscoli dell'occhio sono:

Fisiologia [modifica]

Ciascuna parte dell'occhio ha una sua caratteristica fisiologica.
Nello svolgere la sua funzione, l'occhio si comporta come la camera di una macchina fotografica, originando la formazione dell'immagine posteriormente, a livello della retina, eccitando la sensibilità delle cellule presenti che, attraverso il nervo ottico, raggiungono i centri gnistici e mnemonici a livello corticale: mediante associazione diretta si giunge a dare un nome a quanto si vede.

Prendendo in esame un bastoncello e la sua peculiare struttura, cerchiamo di spiegare il funzionamento fisiologico dell'occhio. In una situazione di oscurità (al buio) troviamo la rodopsina (pigmento visivo del bastoncello) collegata ad una proteina, la trasducina, collegata a sua volta ad un enzima; all'interno della cellula i canali per il Na sono aperti grazie alla presenza del GMP c, e il potenziale di membrana si aggira intorno ai -50mv, determinando a livello del terminale sinapsico, data la presenza di un potenziale elettrotonico, il rilascio del neurotrasmettitore. Quando però la rodopsina si collega con un fotone (alla luce), si generano dei fenomeni a cascata: si attiva la trasdudina che attiva l'enzima, che scinde il GMP, la cui diminuzione massimale chiude i canali del Na. Con la chiusura dei canali del Na e con l'iperpolarizzazione della cellulla cessa anche il rilascio del neurotrasmettitore.

Nell'occhio, l'iperpolarizzazione della cellula corrisponde alla creazione di potenziale d'azione che viene propagato nelle cellule accessorie bipolari e gangliari i cui assoni costituiscono il nervo ottico.

Astigmatismo [modifica]

L'astigmatismo è causato dall'eccessiva asimmetria della curvatura dei componenti del diottro oculare in toto (cornea,cristallino,sclera posteriore). Tale asimmetria genera una proiezione spaziale dei punti immagine non più sferica, come avviene nella miopia, ma conica. I punti vengono percepiti come delle linee perpendicolari tra loro che formano una struttura detta conoide di Sturm. La prima linea corrisponde al punto con massimo potere diottrico, ed è in genere verticale. La seconda linea ha minor potere diottrico, ed è orizzontale. Fra queste due linee si trova un cosiddetto punto di minor confusione verso il quale le linee convergono anteriormente e posteriormente diventando sempre più piccole.

Si può avere:

-astigmatismo regolare: se i meridiani che attraversano il globo oculare hanno diverso raggio di curvatura, ma lungo lo stesso meridiano la curvatura non cambia

-astigmatismo irregolare: se è presente una differenza di curvatura anche sullo stesso meridiano

Si parla anche di astigmatismo secondo regola quando il meridiano con potere diottrico maggiore è il verticale come fisiologicamente avviene a causa della lieve asimmetria della curvatura corneale e di astigmatismo contro regola quando il meridiano con potere diottrico maggiore è quello orizzontale.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

 

Un laser a eccimeri è un dispositivo che produce luce laser nella regione dell'ultravioletto, impegato nella chirurgia oftalmica e nella produzione di semiconduttori.

Il termine eccimero è la contrazione di dimero eccitato e si riferisce al materiale con cui la luce laser viene prodotta.

Il primo laser a eccimeri è stato inventato nel 1971 da Nikolaj Basov, V. A. Danilyčev e Ju. M. Popov presso l'isituto di Fisica "Lebedev" di Mosca. Utilizzava un dimero di xeno (Xe2) eccitato con un fascio di elettroni per stimolare un'emissione di luce coerente alla lunghezza d'onda di 172 nm. I successivi miglioramenti della tecnica hanno visto l'impiego di alogenuri dei gas nobili, tra cui il bromuro di xeno (XeBr).

L'emissione di luce laser è resa possibile dal fatto che una molecola di eccimero possiede uno stato eccitato di legame ed uno stato fondamentale di non-legame, questo perché i gas nobili sono normalmente inerti e non formano legami chimici con altri elementi. Tuttavia, quando vengono eccitati (tramite una scarica elettrica o un fascio di elettroni) gli atomi dei gas nobili possono legarsi temporaneamente in dimeri (molecole composte da due atomi di gas nobile) o complessi con atomi di alogeni. Tali dimeri e complessi cedono il loro eccesso di energia emettendo un fotone e tornando nel loro stato fondamentale, dove nell'arco di pochi picosecondi si dissociano nuovamente in atomi isolati.

La maggior parte dei laser a eccimeri funziona con alogenuri di gas nobili. La lunghezza d'onda della luce laser prodotta dipende dalla molecola usata; in genere la luce prodotta ricade nelle frequenze dell'ultravioletto.

Eccimero lunghezza d'onda
F2 157 nm
ArF 193 nm
KrF 248 nm
XeBr 282 nm
XeCl 308 nm
XeF 351 nm
CaF2 193 nm
KrCl 222 nm
Cl2 259 nm

I laser a eccimeri funzionano generalmente a impulsi, con una frequenza di circa 100 Hz ed una durata dell'impulso di circa 10 ns, vi sono anche modelli che operano a 200 Hz e 30 ns.

L'elevata energia della luce ultravioletta li rende utili in chirurgia (in special modo quella oftalmica), nella litografia, nella produzione di semiconduttori e in applicazioni dermatologiche.

Sono dispositivi piuttosto grossi e ingombranti, questo è uno svantaggio in campo medico; tuttavia il progredire della tecnica sta riducendo le dimensioni dei dispositivi.

Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Laser_a_eccimeri"
Gli occhiali sono un oggetto personale di uso comune composti da una montatura e da due lenti atte a correggere imperfezioni della vista dovute a vizi refrattivi o a insufficienze nella funzionalità oculare.

Indice

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Storia [modifica]

L'apostolo degli occhiali di Conrad von Soest (1403)
L'apostolo degli occhiali di Conrad von Soest (1403)

La nascita dell'occhiale è incerta, anche se si fa risalire la stessa alla fine del XIII secolo, secondo alcune fonti ad opera di Salvino Degli Armati in Firenze, altre citano invece Alessandro Della Spina in Pisa, ma i documenti più antichi risalgono alla Repubblica della Serenissima. I mestieri degli abili artigiani veneziani erano divisi in Arti e ogni arte possedeva il proprio statuto registrato in appositi Capitolari dove gli articoli venivano chiamati capitoli. Il Capitolare più antico risale al 1219 (Arte dei sarti) mentre fu registrato solo nel 1284 quello dell'Arte dei cristalleri (artigiani del Quarzo o cristallo di rocca), anche se questi erano operativi già da tempo. Poiché era fatto obbligo agli appartenenti all'arte di giurare sul Vangelo il rispetto dello statuto, nella prima stesura del Capitolare in latino si evidenzia la proibizione di vendere il vetro dichiarandolo cristallo. È probabile che qualche cristallere spinto dal basso prezzo del vetro e dalla maggior facilità di lavorazione commerciasse questo spacciandolo per cristallo. Particolarmente importante per la nostra ricostruzione risulta il Capitolare del 2 aprile 1300, dove al capitolo XL(40) vengono indicati una serie di oggetti tra i quali figurano le lenti d'ingrandimento e per la prima volta le lenti per occhiali ( roidi de botacelis et da ogli e lapides ad legendum). Faranno seguito un nuovo capitolare nel 1301 e successivi fino al 1330, passando dal latino al volgare e assumendo la dizione: rodoli de vero per ogli per lezer.

Ritratto di Francisco De Quevedo y Villegas
Ritratto di Francisco De Quevedo y Villegas

Già dal 1100 la Serenissima cogliendo l'importanza di mantenere segreta l'arte della produzione del vetro confinò le fornaci sull'isola di Murano con la scusa della pericolosità di queste nell'ambito di una città costruita prevalentemente con il legname del Cadore e della Carnia, e pertanto vietava espressamente ogni fonte di traffico a forestieri e veneziani sia interna che esterna. Si evidenzia perciò che la produzione di lenti a Venezia era oramai fortemente presente.

Il 23 febbraio del 1305 si registra una predica presso la chiesa di Santa Maria Novella in Firenze ove il domenicano beato Giordano da Pisa o Rivalto comunica al popolo che "non è ancora venti anni che si trovò l'arte di fare gli occhiali che fanno vedere bene, ch'è una delle migliori arti e delle più necessarie che 'l mondo abbia, ed è così poco che si trovò: arte novella che mai non fu... io vidi colui, che prima le trovò, e fece e favellaigli." Di qualche anno dopo è il documento della Cronaca del convento domenicano di S.Caterina (Pisa), ove risiedeva il beato Giordano in cui si ricorda frate Alessandro della Spina morto nel 1313 "modesto e buono, il quale quello che fatto vedeva sapeva egli rifare. Gli occhiali (ocularia) che altri per primo aveva fatto e non voleva comunicarne il segreto, fece egli ed a tutti comunicò lieto (ylari) e volonteroso" .

Questi due documenti saranno il principio di un falso settecentesco ad opera di Francesco Redi in Lettera attorno all'invenzione degli occhiali scritta nel 1678, di Leopoldo del Migliore nel suo libro del 1684 Firenze città nobilissima illustrata, e del Domenico Maria Manni nel suo trattato del 1738 Degli occhiali da naso, inventati da Salvino degli Armati, ove per campanilismo nei confronti della città di Pisa saranno costruiti una serie di documenti, lapidi e busti per attestare la paternità dell'invenzione dell'occhiale alla città di Firenze.

Furono smascherati da Isidoro del Lungo in Arch. Stor. It. LXXVIII, 1920 La vicenda di un'impostura erudita e Alessandro Volpi accademico della Crusca nel 1909.

La probabile verità fu che Giordano da Rivalto presi i voti nel 1280 presso il convento di S.Caterina, si trasferì a Bologna per approfondire i suoi studi prima di raggiungere Parigi dalla quale rientrò nel 1302. Durante il soggiorno a Bologna ebbe modo di conoscere i confratelli veneziani che avevano la loro sede nel cuore pulsante della città, presso la chiesa di San Giacometto a Rialto, e ebbe modo di conoscere e parlare a colui che inventò l'occhiale ma non di conoscerne il segreto della produzione, in quanto vietatissimo dalla Serenissima. Al suo rientro a Pisa il beato Giordano aveva 40 anni (si apprestava pertanto all'età della presbiopia), e frate Alessandro visto un paio di questi portato dal beato Giordano, fu capace di riprodurre, e perciò fu il primo a divulgare in Toscana l'arte della costruzione degli occhiali.

L'applicazione razionale di questo ausilio si deve a F.C. Donders, oftalmologo olandese, che per primo prescrisse lenti con potere corrispondente alla correzione del difetto visivo.[1]

Adattamento [modifica]

Immagine della città di Seattle attraverso lenti di rifrazione
Immagine della città di Seattle attraverso lenti di rifrazione

Sono predisposti da un tecnico chiamato ottico su indicazione del medico oculista.

Se dotati di lente abbrunata, vengono chiamati "occhiali da sole". Quelli in commercio in Italia devono riportare obbligatoriamente il marchio CE seguito dall'indicazione del grado di schermatura dai raggi ultravioletti (che va da zero a cinque, a volte indicata con degli asterischi) o almeno dalle diciture "100% UV" e "UV 400".

Esistono in commercio numerosi casi di contraffazione dei marchi di garanzia, ed è bene ricordare che occhiali da sole di bassa qualità, specie se usati in condizioni estreme (come sui ghiacciai), possono generare gravi danni alla retina o portare alla cecità temporanea.

Alcuni occhiali forniti di lenti speciali (diversamente colorate o polarizzate, oppure a "LCD shutter") consentono una visione tridimensionale di immagini bidimensionali (stereoscopia).

L' ottica è la parte della fisica che descrive il comportamento e le proprietà della luce e l'interazione della luce con la materia. L'ottica affronta quelli che sono chiamati i fenomeni ottici, da un lato per spiegarli e dall'altro per ottenere risultati sperimentali che le consentano di crescere come disciplina fenomenologica e modellistica.

L'ottica di solito studia il comportamento delle radiazioni con le frequenze del visibile, dell'infrarosso e dell'ultravioletto; tuttavia si incontrano fenomeni analoghi nelle frequenze dei raggi X, delle microonde, delle onde radio (o radiofrequenze) e di altre gamme della radiazione elettromagnetica. L'ottica può quindi essere considerata come una parte dell'elettromagnetismo. Vi sono poi fenomeni ottici che dipendono dalla natura quantistica della luce e che richiedono strumenti e risultati della meccanica quantistica.

L'ottica, però costituisce un settore piuttosto separato dalle comunità della fisica. Possiede sue associazioni, sue conferenze e una sua propria identità. Gli aspetti più strettamente scientifici del settore spesso vengono fatti cadere sotto i termini di Scienza Ottica o Fisica Ottica, mentre gli studi di ottica applicata sono fatti afferire all'Ingegneria Ottica. Inoltre le applicazioni dell'Ingegneria Ottica ai sistemi di illuminazione vengono assegnate all'Ingegneria dell'illuminazione. Ciascuno di questi settori disciplinari tende a differenziarsi dagli altri nelle applicazioni, nelle competenze tecniche e negli albi professionali.

Dati gli estesi interventi della scienza della luce nelle applicazioni del mondo reale, l'area della Scienza Ottica e dell'Ingegneria Ottica presenta marcate caratteristiche interdisciplinari. Sono numerose le aree disciplinari nelle quali si incontrano forti influssi e apporti determinanti della Scienza Ottica: ingegneria elettrica, fisica, psicologia, medicina, scienze della terra, ecc.

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Storia [modifica]

Le prime teorie sul funzionamento dell'occhio, sulla luce e sulle immagini risalgono all'antica Grecia, in particolare a Pitagora che, nel VI secolo a.C., sosteneva che l'occhio inviasse raggi visuali, pensati come rette, a esplorare l'ambiente esterno. Diversamente da lui la pensavano gli atomisti e Democrito in particolare: la loro teoria consisteva in simulacri o idola emessi dagli oggetti e ricevuti dall'occhio.

Intorno al 300 a.C. Euclide, sostenendo le teorie di Pitagora, riorganizzò le teorie dell'ottica in un trattato, nel quale spiegò anche le leggi della riflessione: diede di fatto vita all'ottica geometrica.

Nei secoli successivi venne sviluppata l'ottica geometrica, sia nel mondo occidentale (in particolare da Claudio Tolomeo nel II secolo) sia in quello islamico, ad esempio con i notevolissimi contributi di Ibn Sahl e di Alhazen. È di quest'ultimo l'idea che ogni punto emette infiniti raggi luminosi, ma solo il cono di raggi che convergono nell'occhio determinano la visione. Le sue teorie vennero portate in occidente nel XIII secolo dal monaco polacco Vitellione.

Grazie al lavoro di Alhazen, l'abate Francesco Maurolico di Messina riuscì a dare una spiegazione al funzionamento dell'occhio, di come le immagini vengono focalizzate sulla retina attraverso il cristallino. Keplero, nel 1604, riprese il lavoro dell'abate nel suo Paralipomena ad Vitellionem (Il seguito del Vitellione), esponendo quella che è, con pochi cambiamenti, l'ottica geometrica moderna. Il Paralipomena venne integrato (sempre da Keplero) nel 1610 con la Dioptrice, nella quale inserì la parte dell'ottica riguardante le lenti.

Successivamente Snell ricavò sperimentalmente le leggi sulla rifrazione, contemporaneamente a René Descartes che tentò di spiegarle ipotizzando la luce come corpuscoli in rapido movimento.

Nel 1665, il gesuita Francesco Maria Grimaldi osservò (nel suo Physico-Mathesis de lumine, coloribus et iride) il fenomeno della diffrazione. Queste diede luogo ad un dibattito che durò secoli sulla natura corpuscolare o ondulatoria della luce: la prima sostenuta da Isaac Newton nell'opera Opticks (1704), la seconda da Christiaan Huygens nel Traité de la lumière (Trattato sulla luce, 1690), dove sosteneva che la luce consistesse nel movimento ondulatorio dell'etere.

Inizialmente fu la teoria corpuscolare ad avere il sopravvento, fino a che gli esperimenti sull'interferenza di Thomas Young nel 1801, seguiti dagli studi di Augustin-Jean Fresnel e la misurazione della velocità della luce da parte di Foucault, non portarono abbondanti prove sulla validità della teoria ondulatoria.

Nel 1873 Maxwell dimostrò per via teorica la natura elettromagnetica della luce, confermata dall'osservazione di onde elettromagnetiche diverse dalla luce da parte di Heinrich Rudolf Hertz nel 1887.

Pochi anni dopo (nel 1900) Max Plank costrinse ad una nuova svolta le teorie dell'ottica, dimostrando che le radiazioni elettromagnetiche dovevano essere emesse sotto forma di quantità finite di energia, i quanti. Di lì a cinque anni Albert Einstein dimostrò che la luce si comporta come minuscoli corpuscoli, chiamati fotoni.

Sempre Einstein, nello stesso anno (1905) sviluppò la teoria della relatività, rendendo superflua l'ipotesi dell'esistenza dell'etere.

La risoluzione del problema della luce come particella o come onda si risolse pochi anni dopo con lo sviluppo della meccanica quantistica, che spiegò come la luce si comporta sia da particella che da onda elettromagnetica.

Ottica nella vita quotidiana [modifica]

Schema concettuale della dispersione ottica
Schema concettuale della dispersione ottica

I fenomeni ottici fanno parte delle esperienze quotidiane: arcobaleni, aloni solari, apparizioni della fata Morgana, altri miraggi, le meno usuali manifestazioni del raggio verde e dell'aurora boreale.

Ottica senza immagini [modifica]

Una nuova forma di ottica è l'ottica senza immagini il cui principale elemento attualmente utilizzato sono il concentratore non focalizzante destinato a convogliare la radiazione solare nelle cucine dei Paesi tropicali e la fibra ottica destinata al trasporto dati od all'acquisizione d'immagini in endoscopia con l'uso di una fibra priva d'immagine per ogni pixel

Questa nuova branca sarà destinata in futuro alla realizzazione di computer ottici molto più potenti degli attuali

Cataratta

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

 
Immagine della cataratta nell'occhio umano
Immagine della cataratta nell'occhio umano

La cataratta è un processo di progressiva opacizzazione del cristallino legato a fenomeni di ossidazione delle proteine costituenti il suo tessuto, normalmente trasparente.

Si tratta di una patologia tipica della senescenza, ma che può interessare anche età meno avanzate, specie se legata a fattori secondari (diabete, flogosi, cause iatrogene, congenite).
Il processo di opacizzazione può interessare il nucleo della lente, le porzioni corticali od entrambi; la forma "nucleare", frequentemente legata all'invecchiamento può, nelle fasi iniziali, determinare la comparsa di una refrazione miopica, a causa dell'aumento dell'indice di refrazione del nucleo stesso: capita spesso che il paziente presbite noti un effettivo miglioramento nella visione da vicino, al punto da riuscire, a volte, ad abbandonare l'uso di occhiali nella visione per vicino.
La cataratta totale rende praticamente ciechi ed è necessario intervenire chirurgicamente, sostituendo il cristallino opacizzato con una lente artificiale intra-oculare, posizionata dietro all'iride.

La visione oculare con la cataratta
La visione oculare con la cataratta


L'intervento richiede sempre l'apertura chirurgica del bulbo, anche se l'ampiezza del taglio si è andata progressivamente riducendo negli anni, grazie anche alla produzione di cristallini artificiali espandibili, che vengono inseriti nell'occhio con un iniettore.
Diversamente dal tipo di intervento che si eseguiva anni fa, attualmente il nucleo del cristallino viene frantumato dal chirurgo mediante una sonda ad ultrasuoni ("facoemulsificazione"), il che ha comportato la riduzione dei tempi d'intervento; tuttavia, quanto più la cataratta è "matura", più il nucleo lenticolare diviene duro ed il chirurgo impiega più tempo nel processo di facoemulsificazione.

Glaucoma is a group of diseases of the optic nerve involving loss of retinal ganglion cells in a characteristic pattern of optic neuropathy. Although raised intraocular pressure is a significant risk factor for developing glaucoma, there is no set threshold for intraocular pressure that causes glaucoma. One person may develop nerve damage at a relatively low pressure, while another person may have high eye pressure for years and yet never develop damage. Untreated glaucoma leads to permanent damage of the optic nerve and resultant visual field loss, which can progress to blindness.

Glaucoma has been nicknamed "the silent sight thief".[1] Worldwide, it is the second leading cause of blindness.[2] Glaucoma affects one in two hundred people aged fifty and younger and one in ten over the age of eighty.

Contents

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[edit] Risk factors

A normal range of vision. Courtesy NIH National Eye Institute
A normal range of vision. Courtesy NIH National Eye Institute
The same view with advanced vision loss from glaucoma.
The same view with advanced vision loss from glaucoma.

People with a family history of glaucoma have about a six percent chance of developing glaucoma. Diabetics and African Americans are three times more likely than caucasians to develop primary open angle glaucoma. Asians are susceptible to angle-closure glaucoma, and Inuit have a twenty to forty times higher risk than caucasians of developing primary angle closure glaucoma. Women are three times more likely than men to develop acute angle-closure glaucoma due to their shallower anterior chambers. Use of steroids can also cause glaucoma.

There is increasing evidence of ocular blood flow to be involved in the pathogenesis of glaucoma. Current data indicate that fluctuations in blood flow are more harmful in glaucomatous optic neuropathy than steady reductions. Unstable blood pressure and dips are linked to optic nerve head damage and correlate with visual field deterioration.

A number of studies also suggest that there is a correlation, not necessarily causal, between glaucoma and systemic hypertension (i.e. high blood pressure). In normal tension glaucoma, nocturnal hypotension may play a significant role. On the other hand there is no clear evidence that vitamin deficiencies cause glaucoma in humans, nor that oral vitamin supplementation is useful in glaucoma treatment (Surv Ophthalmol 46:43-55, 2001).

Those at risk for glaucoma are advised to have a dilated eye examination at least once a year.[3]

[edit] Diagnosis

Screening for glaucoma is usually performed as part of a comprehensive eye examination performed by ophthalmologists and optometrists. Assessment for glaucoma consists of two branches of tests: structural and functional. Structural analysis investigates glaucomatous changes in the eye's anatomical and physiological properties, whereas functional analysis involves psychometric testing to evaluate how glaucomatous disease has affected the eye's ability to function normally. Specific examples are as follows:

[edit] Structural tests

For the latter three the quantified results are then statistically compared to age-matched population norms, and to subsequent scans of the same patient over time.

[edit] Functional tests

  • Automated perimetry: Each area in the patient's visual field is psychometrically tested to see how bright a given spot in that field must be for the patient to detect it. Thus a map can be made of the patient's sensitivity over their visual field and statistically compared to age-matched population norms and to subsequent tests of the same patient over time. Obviously the reliance on patients' response and attention is a factor in itself, one disadvantage of such subjective testing. The Medmont M700[15] is an example of standard automated perimetry, using a white spot over a white background. Newer instruments such as the Humphrey Matrix FDT[16] use frequency-doubling technology to assess the function of a smaller subset of retinal cells, revealing glaucomatous visual field damage somewhat earlier than with standard perimetry.[17][18][19][20][21]
  • Visually-evoked potential: to analyse the electrical activity of the visual cortex, assessing the function of the visual system "upstream" from the measured areas on the visual cortex. This has the advantage of assessing visual function without relying on subjective patient input. The EPIC-4000[22]is one example.

[edit] Treatment

Although intraocular pressure is only one major risk factors of glaucoma, lowering it via pharmaceuticals or surgery is currently the mainstay of glaucoma treatment. In Europe, Japan, and Canada laser treatment is often the first line of therapy. In the U.S., adoption of early laser has lagged, even though prospective, multi-centered, peer-reviewed studies, since the early '90s, have shown laser to be at least as effective as topical medications in controlling intraocular pressure and preserving visual field. Some studies suggest that acupuncture can be very helpful in the treatment of Glaucoma. [23] [24]

[edit] Drugs

Intraocular pressure can be lowered with medication, usually eye drops. There are several different classes of medications to treat glaucoma with several different medications in each class.

Each of these medicines may have local and systemic side effects. Adherence to medication protocol can be confusing and expensive; if side effects occur, the patient must be willing either to tolerate these, or to communicate with the treating physician to improve the drug regimen.

Poor compliance with medications and follow-up visits is a major reason for vision loss in glaucoma patients. Patient education and communication must be ongoing to sustain successful treatment plans for this lifelong disease with no early symptoms. Ophthalmologists have debated whether glaucoma eye drops should initially be started in both eyes or in just one eye (a binocular or monocular trial), but it appears either strategy is reasonable when properly interpreted. [25]


The possible neuroprotective effects of various topical and systemic medications are also being investigated.

[edit] Commonly used medications

[edit] Cannabis

Studies in the 1970s showed that marijuana, when smoked, lowers intraocular pressure.[26] In an effort to determine whether marijuana, or drugs derived from marijuana, might be effective as a glaucoma treatment, the US National Eye Institute supported research studies from 1978 to 1984. These studies demonstrated that some derivatives of marijuana lowered intraocular pressure when administered orally, intravenously, or by smoking, but not when topically applied to the eye. Many of these studies demonstrated that marijuana — or any of its components — could safely and effectively lower intraocular pressure more than a variety of drugs then on the market. In 2003, the American Academy of Ophthalmology released a position statement asserting that "no scientific evidence has been found that demonstrates increased benefits and/or diminished risks of marijuana use to treat glaucoma compared with the wide variety of pharmaceutical agents now available."[26]

The first patient in the United States federal government's Compassionate Investigational New Drug program, Robert Randall, was afflicted with glaucoma and had successfully fought charges of marijuana cultivation because it was deemed a medical necessity (U.S. v. Randall) in 1976.[27]

[edit] Surgery

Conventional surgery to treat glaucoma makes a new opening in the meshwork. This new opening helps fluid to leave the eye and lowers intraocular pressure.
Conventional surgery to treat glaucoma makes a new opening in the meshwork. This new opening helps fluid to leave the eye and lowers intraocular pressure.
Main article: Glaucoma surgery

Surgery is the primary therapy for those with congenital glaucoma.[28] Both laser and conventional surgeries are performed. Generally, these operations are a temporary solution, as there is no cure for glaucoma as of yet.

[edit] Canaloplasty

Canaloplasty is an advanced, nonpenetrating procedure designed to enhance and restore the eye’s natural drainage system to provide sustained reduction of IOP. Canaloplasty utilizes breakthrough microcatheter technology in a simple and minimally invasive procedure. To perform a canaloplasty, a doctor will create a tiny incision to gain access to a canal in the eye. A microcatheter will circumnavigate the canal around the iris, enlarging the main drainage channel and its smaller collector channels through the injection of a sterile, gel-like material called viscoelastic. The catheter is then removed and a suture is placed within the canal and tightened. By opening the canal, the pressure inside the eye will be relieved.

[edit] Laser surgery

Laser trabeculoplasty may be used to treat open angle glaucoma. It is a temporary solution, not a cure. A 50 μm argon laser spot is aimed at the trabecular meshwork to stimulate opening of the mesh to allow more outflow of aqueous fluid. Usually, half of the angle is treated at a time. Traditional laser trabeculoplasty utilizes a thermal argon laser. The procedure is called argon laser trabeculoplasty or ALT. A newer type of laser trabeculoplasty uses a "cold" (non-thermal) laser to stimulate drainage in the trabecular meshwork. This newer procedure is call selective laser trabeculoplasty or SLT. Studies show that SLT is as effective as ALT at lowering eye pressure. In addition, SLT may be repeated three to four times, whereas ALT can usually be repeated only once.

Laser peripheral iridotomy may be used in patients susceptible to or affected by angle closure glaucoma. During laser iridotomy, laser energy is used to make a small full-thickness opening in the iris. This opening equalizes the pressure between the front and back of the iris, causing the iris to move backward. This uncovers the trabecular meshwork. In some cases of intermittent or short-term angle closure this may lower the eye pressure. Laser iridotomy reduces the risk of developing an attack of acute angle closure. In most cases it also reduces the risk of developing chronic angle closure or gradual adhesion of the iris to the trabecular meshwork.

[edit] Trabeculectomy

The most common conventional surgery performed for glaucoma is the trabeculectomy. Here, a partial thickness flap is made in the scleral wall of the eye, and a window opening made under the flap to remove a portion of the trabecular meshwork. The scleral flap is then sutured loosely back in place. This allows fluid to flow out of the eye through this opening, resulting in lowered intraocular pressure and the formation of a bleb or fluid bubble on the surface of the eye. Scarring can occur around or over the flap opening, causing it to become less effective or lose effectiveness altogether. One person can have multiple surgical procedures of the same or different types.

[edit] Glaucoma drainage implants

There are also several different glaucoma drainage implants. These include the original Molteno implant (1966), the Baerveldt tube shunt, or the valved implants, such as the Ahmed glaucoma valve implant and the later generation pressure ridge Molteno implants. These are indicated for glaucoma patients not responding to maximal medical therapy, with previous failed guarded filtering surgery (trabeculectomy). The flow tube is inserted into the anterior chamber of the eye and the plate is implanted underneath the conjunctiva to allow flow of aqueous fluid out of the eye into a chamber called a bleb. The Express mini-implant is currently being used as a modification of the standard trabeculectomy technique, and is a non-valved conduit between the anterior chamber and the space under the scleral flap[29].


 

  • The first-generation Molteno and other non-valved implants sometimes require the ligation of the tube until the bleb formed is mildly fibrosed and water-tight[30]This is done to reduce postoperative hypotony -- sudden drops in postoperative intraocular pressure (IOP).
  • Valved implants such as the Ahmed glaucoma valve attempt to control postoperative hypotony by using a mechanical valve. Studies show that in severe cases of glaucoma, double plate Molteno implants are associated with lower mean IOP in the long term compared to the Ahmed glaucoma valve [31]
  • Second and third generation Molteno implants incorporate a biological valve and studies show considerable improvement in postoperative outcome over the older style Ahmed and Molteno implants.

The ongoing scarring over the conjunctival dissipation segment of the shunt may become too thick for the aqueous humor to filter through. This may require preventive measures using anti-fibrotic medication like 5-fluorouracil (5-FU) or mitomycin-C (during the procedure), or additional surgery.

[edit] Major studies

  • Advanced Glaucoma Intervention Study (AGIS) - large American National Eye Institute (NEI) sponsored study designed "to assess the long-range outcomes of sequences of interventions involving trabeculectomy and argon laser trabeculoplasty in eyes that have failed initial medical treatment for glaucoma." It recommends different treatments based on race.
  • Early Manifest Glaucoma Trial (EMGT) -Another NEI study found that immediately treating people who have early stage glaucoma can delay progression of the disease.
  • Ocular Hypertension Treatment Study (OHTS) -NEI study findings: "...Topical ocular hypotensive medication was effective in delaying or preventing onset of Primary Open Angle Glaucoma (POAG) in individuals with elevated Intraocular Pressure (IOP). Although this does not imply that all patients with borderline or elevated IOP should receive medication, clinicians should consider initiating treatment for individuals with ocular hypertension who are at moderate or high risk for developing POAG."
  • Blue Mountains Eye Study "The Blue Mountains Eye Study was the first large population-based assessment of visual impairment and common eye diseases of a representative older Australian community sample." Risk factors for glaucoma and other eye disease were determined.

[edit] Origin of the word "glaucoma" and history of its discovery

In the Hippocratic Aphorisms the term glaucoma was used to describe blindness in the elderly with a glazed appearance of the pupil. The implied meaning is that of a clouded or blue-green hue of the cornea in end stage forms that may result in corneal edema and/or coinciding cataract. The Hippocratic writings make no clear distinction between cataract and glaucoma. Both Classical and Alexandrian Greeks did not recognize the specific disease which we now call glaucoma. Homer's glauk-opis Athene could be a "bright-eyed" or a "greyeyed" goddess. Gk. for "owl" was glauk- from its bright, staring eyes.

The definition of glaucoma has changed drastically since its introduction around the time of Hippocrates in approximately 400 BC. The first recognition of a disease associated with a rise in intraocular pressure and thus corresponding to what is now known as glaucoma occurred in the Arabian writings, “Book of Hippocratic treatment”, of At-Tabari (10th century). In European writings, it was Richard Bannister (1622), an English oculist and author of the first book of ophthalmology in English, who recognized glaucoma as a disease with four features: increased intraocular pressure, long duration of the disease, the absence of perception of light and the presence of a fixed pupil. However, throughout the 18th century the term glaucoma was still merely a label applied to an inflamed eye wherein the pupil appeared greenish-blue and the visual prognosis was bad, but the tension of the eye was not stressed.

It was only after the careful description by Antoine-Pierre Demours (1818) that the central concept of a rise in intraocular pressure became fully established. G.J. Guthrie (1823) and William McKenzie, a Scottish clinician (1835) confirmed these findings. Donders (1862) described an incapacitating increased eye tension occurring without any inflammatory symptoms as "simple glaucoma". In 1973 Drance provided for the first time the definition of glaucoma as an optic neuropathy caused by increased intraocular pressure and other associated risk factors.

[edit] Classification of glaucoma

Glaucoma has been classified into specific types:[32]

[edit] Primary glaucoma and its variants (H40.1-H40.2)

  • Primary glaucoma
  • Primary open-angle glaucoma, also known as chronic open-angle glaucoma, chronic simple glaucoma, glaucoma simplex
  • Low-tension glaucoma
  • Primary angle-closure glaucoma, also known as primary closed-angle glaucoma, narrow-angle glaucoma, iris-block glaucoma, acute congestive glaucoma
  • Variants of primary glaucoma

[edit] Developmental glaucoma (Q15.0)

  • Developmental glaucoma
  • Primary congenital glaucoma
  • Infantile glaucoma
  • Glaucoma associated with hereditary of familial diseases

[edit] Secondary glaucoma (H40.3-H40.6)

  • Secondary glaucoma
  • Inflammatory glaucoma
  • Uveitis of all types
  • Fuchs heterochromic iridocyclitis
  • Phacogenic glaucoma
  • Angle-closure glaucoma with mature cataract
  • Phacoanaphylactic glaucoma secondary to rupture of lens capsule
  • Phacolytic glaucoma due to phacotoxic meshwork blockage
  • Subluxation of lens
  • Glaucoma secondary to intraocular hemorrhage
  • Hyphema
  • Hemolytic glaucoma, also known as erythroclastic glaucoma
  • Traumatic glaucoma
  • Angle recession glaucoma: Traumatic recession on anterior chamber angle
  • Postsurgical glaucoma
  • Aphakic pupillary block
  • Ciliary block glaucoma
  • Neovascular glaucoma
  • Drug-induced glaucoma
  • Corticosteroid induced glaucoma
  • Alpha-chymotrypsin glaucoma. Postoperative ocular hypertension from use of alpha chymotrypsin.
  • Glaucoma of miscellaneous origin
  • Associated with intraocular tumors
  • Associated with retinal deatchments
  • Secondary to severe chemical burns of the eye
  • Associated with essential iris atrophy

[edit] Absolute glaucoma (H44.5)

  • Absolute glaucoma

[edit] See also

  • List of eye diseases and disorders
  • Ocular hypertension
  • Glaucoma valves
  • Mansour F. Armaly
  • Laszlo Z. Bito
  • Charles D. Phelps
  • American Glaucoma Society
  • Diabete

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    Diabete è un termine derivato dal greco διαβαίνειν, che significa passare attraverso e identifica alcune malattie caratterizzate da poliuria (abbondante produzione di urina) e polidipsia (abbontante ingestione di acqua).

    Etimologia [modifica]

    Si è universalmente accettato che il termine greco sia stato utilizzato in idraulica, indicando principalmente il sifone attraverso cui passa l'acqua. Quindi il termine medico alluderebbe al frequente passaggio di urina provocato dalla malattia.

    A questa spiegazione si è opposto Émile Benveniste, facendo osservare come il verbo greco significhi, sì, attraversare, ma non è stato mai riferito ai liquidi, perché ha il senso proprio di tenere le gambe allargate, divaricate, tanto è vero che con diabetes si indicano anche vari strumenti: compasso, livella perpendicolare, il sifone stesso, fatto appunto a U.
    E da quest'ultima accezione si è tratto il metaforico malattia, perché, come lo strumento che, applicato ad un vaso, quando il recipiente è pieno fino all'orlo, fa colare il liquido, così il diabete causa l'impulso intrattenibile ad urinare: metafora spiegata in questi termini dal medico greco Soranus, quando la voce entrò nel vocabolario greco (sec. II d.C.).

    Tipologie [modifica]

    • Diabete mellito - le urine contengono grandi quantità di zucchero; ne fanno parte:
      • il diabete tipo I, a patogenesi autoimmune
      • il diabete tipo II, familiare non autoimmune
    • Diabete insipido - viene eliminata con le urine solo acqua, ma pochissimi soluti.

    Ipertensione arteriosa sistemica

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    L'ipertensione arteriosa è un aumento a carattere stabile della pressione arteriosa nella circolazione sistemica.

    Per pressione massima si intende la pressione sistolica, cioè quella sviluppata durante le sistole cardiaca, mentre per pressione minima si intende la pressione diastolica, cioè quella sviluppata durante la diastole cardiaca.

    In base alle ultime linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità si parla di:

      massima (mmHg) minima (mmHg)
    Pressione ottimale <120 <80
    Pressione normale <130 <85
    Pressione normale alta 130-139 85-89
    Ipertensione lieve 140-159 90-99
    Ipertensione moderata 160-179 100-109
    Ipertensione grave >180 >110
    Ipertensione sistolica isolata >140 <90

    Quando la pressione sistolica e la pressione diastolica non possono essere ricondotte ad una sola categoria, si considera la categoria più alta. La valutazione deve essere fatta tenendo conto dell'età del soggetto, poiché la pressione arteriosa tende a crescere con l'età: nei pazienti anziani viene considerata normale una pressione sistolica di 140/150 mmHg

    Quando l'aumento è a carattere instabile o momentaneo si parla di semplice reazione pressoria.

    Ci sono due forme di ipertensione arteriosa:

    • ipertensione essenziale, forma primitiva, o idiopatica;
    • ipertensione secondaria.

    Nel caso di ipertensione essenziale, non si riconosce una causa specifica del rialzo pressorio, per cui la terapia sarà solo sintomatica, mentre nel caso di ipertensione secondaria, se la causa può essere trattata e risolta, si induce anche la risoluzione dell'ipertensione.

    Indice

    [nascondi]

    Cause di Ipertensione Arteriosa Secondaria [modifica]

    • Causa renale: può risultare da due meccanismi:
      • alterata secrezione di molecole vasoattiva da parte del rene, in seguito a modificazioni del tono arteriolare sistemico o renale (ad esempio, in seguito a stenosi dell'arteria renale o a involuzione fibrotica del parenchima renale)
      • aumento del volume plasmatico in seguito alla disfunzione nel mantenimento nell' omeostasi corporea di liquidi e sali
    • Causa endocrina: in seguito a iperaldosteronismo primario o secondario, ipercortisonemia, in presenza di feocromocitoma, di acromegalia o iperparatiroidismo

    Complicanze [modifica]

    La malattia ipertensiva è responsabile della diminuzione delle aspettative di vita dei pazienti affetti. I disturbi provocati dall'ipertensione gravano sugli organi vitali: cervello, cuore, retina, vasi arteriosi e rene.

    Effetti sul cuore [modifica]

    In un primo tempo si ha ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro, in seguito il ventricolo sinistro si dilata e sopraggiunge l'ipertrofia eccentrica, con possibile scompenso emodinamico. Inoltre l'aumento della massa cardiaca espone a maggior rischio di ischemia cardiaca e morte cardiaca improvvisa.

    Effetti sul sistema nervoso centrale [modifica]

    Sclerosi vasale, microaneurismi con possibile rottura ed emorragia intracranica, mal di testa, vertigini, sincope.

    Effetti sulla retina [modifica]

    Restringimento e sclerosi arteriolare diffusa, con aree ischemiche, microaneurismi e dilatazione capillare. Questo comporta diminuzione del visus.

    Effetti sui reni [modifica]

    Progressiva sclerosi dei vasi intrarenali con diminuzione della filtrazione glomerulare e conseguente riduzione della funzionalità dell'organo, fino all' insufficienza renale

    Effetti sui vasi arteriosi [modifica]

    Aterosclerosi e microaneurismi.

    Epidemiologia [modifica]

    Su scala planetaria, l’ipertensione risulta la terza causa di inabilità dopo la malnutrizione e il tabagismo, e precede in tale classifica la penuria di risorse idriche e la sedentarietà. Le stime più recenti indicano che in Italia il 21 per cento degli uomini e il 24 per cento delle donne presentano valori di pressione arteriosa al di sopra del normale, il che significa circa oltre 10 milioni di persone.

    Diagnosi [modifica]

    Cardiologia

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    La cardiologia è una branca della medicina che si occupa dello studio, della diagnosi e della cura (farmacologica e/o invasiva) delle malattie cardiovascolari acquisite o congenite; queste ultime, in genere, sono trattate dalla cardiochirurgia.

    La cardiologia è una disciplina che negli anni più recenti si è molto evoluta e al suo interno si sono sviluppate specialità come l'emodinamica e l'elettrofisiologia.

    Oltre che della cura di malattie cardiovascolari, angina pectoris, infarto miocardico, aritmie e scompenso, il cardiologo si occupa della prevenzione cardiovascolare e della riabilitazione del paziente sottoposto ad intervento cardiochirurgico.

    Le malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte al mondo (40 % del totale) anche se il trend appare in lieve ma costante riduzione.[citazione necessaria]

    La malattia cardiaca più diffusa è la cardiopatia ischemica nelle sue forme cliniche principali: angina pectoris e infarto miocardico.

    Dermatologia

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    La dermatologia (dal greco derma, pelle) è la branca della medicina che si occupa della pelle e dei tessuti connessi (peli e capelli, unghie, ghiandole sudorifere ecc.). Un medico specializzato in dermatologia è un dermatologo. I dermatologi sono medici specializzati nella diagnosi e trattamento di malattie e tumori della pelle e dei suoi annessi. Il primo trattato di dermatologia, De morbis cutaneis, è attribuito al medico forlivese Girolamo Mercuriali.

    La pelle costituisce l'organo più esteso del corpo e ovviamente il più visibile. Sebbene alcune malattie dermatologiche riguardino esclusivamente la pelle, molte altre sono la manifestazione di un disturbo sistemico, ovvero che interessa diversi tessuti o organi del corpo. Di conseguenza la formazione del dermatologo deve comprendere reumatologia (molti disturbi reumatici possono manifestarsi con segni e sintomi a livello della cute), immunologia, neurologia (es. le "sindromi neurocutanee", come la neurofibromatosi e la sclerosi tuberosa), infettivologia ed endocrinologia. Lo studio della genetica sta assumendo progressivamente maggior rilevanza.

    Storicamente la venereologia, che si occupa di diagnosticare e trattare le malattie sessualmente trasmissibili, è nata e si è affinata come branca della dermatologia.

    La dermatologia comprende molti aspetti sia medici che chirurgici; ad esempio la terapia chirurgica dei tumori cutanei (compresa la chirurgia micrografica di Mohs), la chirurgia laser, la terapia fotodinamica, i trattamenti estetici basati sull'impiego di tossina botulinica e sui riempitivi a base di acido jaluronico (filler), la scleroterapia e la liposuzione, i peeling chimici. Tra i dermatologi, ve ne sono alcuni particolarmente esperti in alcuni specifici aspetti della branca specialistica: Il dermopatologo è un dermatologo esperto nella lettura ed interpretazione dei preparati istologici. Il dermatologo pediatrico è esperto nella diagnosi e nella cura delle malattie dermatologiche dei bambini. L'immunodermatologo è esperto nella diagnosi e nella cura delle malattie della pelle ad eziopatogenesi immunopatologica, come ad esempio le malattie bollose (pemfigo), il lupus eritematoso etc. Anche l'angiologia e la flebologia fanno parte del bagaglio culturale del dermatologo.

    Il Diabete Mellito o DM (classificazione ICD-10 E10-E14) comprende un gruppo di disturbi metabolici accomunati dal fatto di presentare una persistente instabilità del livello glicemico del sangue, passando da condizioni di iperglicemia, più frequente, a condizioni di ipoglicemia.

    Sebbene il termine diabete si riferisca nella pratica comune alla sola condizione di diabete mellito (chiamato così dagli antichi greci per la presenza di urine dolci), esiste un'altra condizione patologica detta diabete insipido. Tali malattie sono accomunate dal solo fatto di presentare abbondanti quantità di urine, non presentando infatti cause, né altri sintomi, comuni.

    Indice

    [nascondi]

    Etimologia [modifica]

    Il termine diabete fu coniato da Areteo di Cappadocia (I sec. dC). In greco antico la parola diabainein significa letteralmente "sifone attraverso il quale passa l'acqua" (dià: attraverso; baino: vado), in riferimento a quello che è il sintomo più appariscente: l'eccessiva produzione di urina. Nel Medioevo la parola fu "latinizzata" in diabètés.
    Il suffisso mellito (dal latino mel:miele, dolce) è stato aggiunto per il fatto che il sangue e le urine dei pazienti diabetici avevano un sapore dolce, caratteristica peraltro conosciuta da lungo tempo dai Greci, Cinesi, Egiziani e Indiani. Nel 1776 fu confermato che il sapore dolce era dovuto a un eccesso di qualche tipo di zucchero nelle urine e nel sangue delle persone affette da DM.

    Nel Medioevo in tutta Europa i medici facevano diagnosi di DM assaggiando letteralmente le urine dei pazienti, questa pratica può essere ancora apprezzata in una grande varietà di opere d'arte del periodo Gotico.

    Charles Best (a sinistra) e Sir Frederick Banting (a destra) insieme a uno dei loro celebri cani
    Charles Best (a sinistra) e Sir Frederick Banting (a destra) insieme a uno dei loro celebri cani

    Cenni storici [modifica]

    Sebbene il DM sia stato scoperto in tempi antichi, e trattamenti di varia efficacia siano stati messi in atto sin dal Medioevo, la sua reale patogenesi è rimasta completamente oscura fino al XX secolo.

    La scoperta del ruolo del pancreas nel DM è da ascriversi a Joseph von Mering (1849-1908) e a Oskar Minkowski (1858-1931), ricercatori europei che nel 1889 osservarono che nel cane privato sperimentalmente del pancreas prima della morte insorgevano i segni e i sintomi del DM. Nel 1910 Sir Edward Albert Sharpey-Schafer da Edimburgo (1850-1935) suggerì che le persone affette da DM in realtà fossero carenti di una particolare sostanza prodotta dal pancreas: egli la battezzò insulina poiché prodotta dalle isole di Langerhans localizzate appunto nel pancreas. Sir Frederick Grant Banting (1891-1941) e Charles Herbert Best (1899-1978) fecero nel 1921 un ulteriore passo avanti rispetto agli studi precedenti: cambiarono la storia della medicina e salvarono la vita a milioni di persone scoprendo che la condizione di DM nel cane pancreasectomizzato poteva essere risolta somministrando insulina estratta dalle isole di Langerhans di un cane sano. Il primo paziente fu trattato, da loro e dal loro staff, nel 1921 e nel 1923 Banting et al ricevettero il Premio Nobel per la Fisiologia o Medicina.

    La distinzione tra quelli che attualmente sono riconosciuti come DM di tipo 1 e DM di tipo 2 è stata fatta nel 1935 da Sir Harold Percival Himsworth (1905-1993) e pubblicata nel gennaio 1936.

    Classificazione [modifica]

    I tipi di diabete mellito vengono classificati in base all'eziologia di stampo immunologico.
    Esiste, invece, un profondo disaccordo sulla genetica del DM, ma certi aspetti sembrano chiariti: entrambi i due tipi principali di diabete sono correlati alla presenza di antigeni HLA.

    Nel corso degli ultimi anni i due tipi di diabete mellito hanno avuto nomi diversi, basati su concetti molto approssimativi, quali l'età di insorgenza più frequente (DM giovanile e DM senile) e la responsività all'insulina (DM insulino dipendente e DM non insulino dipendente).
    Essendoci frequentemente quadri, per esempio, di DM senile a insorgenza giovanile, o di DM non insulino dipendente in terapia con insulina, per migliorare la chiarezza espositiva nel 1999 l'OMS ha definito i due DM semplicemente come tipo 1 e di tipo 2.

    1. Diabete Mellito di tipo 1 ha patogenesi immunitaria. Fattori genetici sono correlati, ma l'insorgenza ha una variazione stagionale e può seguire, tra l'altro, il morbillo, l'epatite o le infezioni da coxackievirus. Si teorizza che tali infezioni realizzino una risposta autoimmunitaria con la comparsa di linfociti T citotossici che completino la distruzione delle cellule ß del pancreas, producenti insulina.
      La presenza di HLA B8 o B15 aumenta di circa tre volte il rischi di sviluppare diabete I, gli antigeni DR3 e DR4 aumentano tale rischio di 4-5 volte e un'associazione di quesi antigeni (per esempio B6/B15) fino a dieci volte. Tuttavia lo stato omozigote per un allele non fa aumentare ulteriormente il rischio.
      È stata dimostrata l'importanza delle posizioni 45 e 57 della catena DQb nella suscettibilità al diabete I.
      L'eziologia genica è però, sottolineiamo ancora, incerta: l'indice di concordanza per i gemelli monozigoti con meno di 40 anni è inferiore al 50%. Inoltre non c'è prevalenza nella trasmissione verticale.
    2. Diabete Mellito di tipo 2 ha patogenesi non immunitaria. È correlato alla presenza di geni in prossimità del sito HLA sul cromosoma 6. È detto anche non chetosico.
      Ha basi genetiche più salde della I forma, sebbene la modalità di tramissione non sia nota. Questo diversamente dalla specifica variante
      • MODY, costituito da cinque sottotipi (1-5) di alterazioni genetiche determinanti deficit nella funzione delle cellule ß. La trasmissione è autosomica dominante con penetranza completa. Pertanto il 50% dei figli di un genitore diabetico affetto da MODY svilupperanno la malattia. L'associazione è col gene della glucochinasi localizzato sul cromosoma 7p, anomalia non presente nei restanti casi di diabete II. Nel diabete MODY non è stata individuata alcuna associazione col sistema HLA, né ha un'eziologia autoimmunitaria.
    3. Diabete Mellito secondario ad altre patologie;

    Epidemiologia [modifica]

    Il DM costituisce una delle più frequenti cause di morte nel mondo occidentale, secondo l'OMS almeno 171 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di DM. La prevalenza di DM a livello globale è aumentata in maniera preoccupante negli ultimi vent'anni e si stima che questo trend non subirà modificazioni nel prossimo futuro. La percentuale di popolazione mondiale affetta viene stimata intorno al 5% (con una lieve maggiore prevalenza nel sesso femminile - m:f = 1:1,25); in Italia la percentuale di individui affetti da tale patologia è mediamente del 3% (nelle fasce di età inferiori ai 35 anni è dello 0,5%, al di sopra dei 65 supera il 10%). Circa il 90% della popolazione diabetica è affetta da DM di tipo 2.

    L'OMS stima che nei prossimi vent'anni ci sarà un fortissimo incremento di prevalenza di DM negli USA, in Medio Oriente e nel Sud-Est asiatico mentre in Europa l'incremento sarà modesto.

    Patogenesi [modifica]

    Metabolismo del glucosio [modifica]

    Il glucosio rappresenta la più importante fonte di energia per le cellule del nostro organismo e proprio per questo, oltre ad essere utilizzato immediatamente, viene anche immagazzinato in riserve di glicogeno. Il glucosio, dunque, dal sangue (nel quale viene disciolto dopo il processo di digestione degli alimenti) deve essere trasportato all'interno delle cellule per essere utilizzato e immagazzinato.

    L'insulina è il principale ormone che regola l'ingresso del glucosio dal sangue nelle cellule (principalmente le cellule muscolari e adipose; non nelle cellule del Sistema Nervoso), il deficit di secrezione insulinica o l'insensibilità alla sua azione sono proprio i due meccanismi principali attraverso cui si espleta il DM. La gran parte dei carboidrati nel cibo viene convertita entro un paio di ore in glucosio. L'insulina è prodotta dalle cellule ß del pancreas come esatta risposta all'innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue (per esempio dopo un pasto), le cellule ß del pancreas sono infatti stimolate dagli alti valori di glicemia e inibite dai valori bassi.

    Se la disponibilità di insulina è insufficiente (deficit di insulina) o se le cellule rispondono inadeguatamente ad essa (insulinoresistenza) o se l'insulina prodotta è difettosa, il glucosio non può essere efficacemente utilizzato dal nostro organismo: la conseguenza di ciò è di uno stato di carenza di glucosio con elevati valori di glicemia (di glucosio ce n'è in abbondanza nel torrente sanguigno ma non può essere utilizzato).

    Quando la glicemia a digiuno supera i 126 mg/dl si parla di DM, mentre per valori compresi tra 101 e 125 mg/dl si parla di "alterata glicemia a digiuno" (fattore di rischio per la futura comparsa di DM). Il glucosio compare nelle urine (glicosuria) per valori di glicemia maggiori di 180 mg/dl.

    Resistenza all'insulina [modifica]

    La ridotta capacità dell'insulina di agire in maniera efficace sui tessuti bersaglio (muscoli e fegato) è la caratteristica principale del DM di tipo 2. Si tratta di una resistenza "relativa" in quanto livelli sovrafisiologici di insulinemia provocano una normalizzazione della glicemia. Si ritiene che questo tipo di resistenza sia dovuto a difetti post-recettoriali, per la precisione sembra coinvolto il gene IRS-1, indispensabile per la sintesi delle proteine IRS coinvolte in una serie di vie metaboliche che in ultima istanza promuovono l'ingresso del glucosio nelle cellule diminuendo così la glicemia.

    La resistenza cronica all'insulina è definita come un fabbisogno giornaliero di insulina superiore a 200 Ui per parecchi giorni in assenza di infezione o chetoacidosi.
    Le cause più comuni sono rappresentate dall'obesità e da anticorpi antinsulina di tipo IgG. La conseguenza più importante è il mancato controllo della glicemia.
    In quasi tutti i pazienti diabetici, entro i 60 giorni dall'inizio della terapia insulinica, si sviluppano anticorpi. Si pensa che il loro legame all'insulina sia la causa più importante di severa resistenza, ma la correlazione fra il titolo anticorpale e la resistenza non è sempre stretta.

    Studi recenti individuano come una precoce terapia insulinica possa scongiurare una progressione delle due forme di diabete.
    Non si vuole qui dimenticare, però, l'importanza fondamentale di una dieta priva di zuccheri.

    Alterazioni della secrezione insulinica [modifica]

    Nel momento in cui si instaura una insulino-resistenza si ha inizialmente un aumento compensatorio di secrezione di insulina da parte delle cellule ß pancreatiche tuttavia la patologia ha un decorso ingravescente che porta a una vera e propria insufficienza dei meccanismi di compenso. L'iperglicemia cronica, inoltre, altera ulteriormente la funzionalità delle cellule pancreatiche secondo un fenomeno di tossicità glucidica.

    Aumento della produzione epatica di glucosio [modifica]

    Come si vedrà in seguito, il DM provoca un aumento di corpi chetonici in circolo, ciò metabolicamente equivale allo sviluppo di una ingannevole condizione di "digiuno cronico" (anche se il paziente si nutre normalmente): in condizioni di digiuno si assiste a un aumento della glicogenolisi (liberazione di riserve glucidiche) e gluconeogenesi (sintesi ex-novo di glucosio). Tutto ciò provoca a un ulteriore peggioramento dello stato di iperglicemia.

    Clinica [modifica]

    Segni e sintomi [modifica]

    Diabete Mellito di tipo 1 [modifica]

    Il DM di tipo 1 esordisce in circa la metà dei casi in età inferiore ai 20 anni (proprio per questo in passato veniva chiamato "diabete giovanile") e più frequentemente nel corso della pubertà. Sintomi di presentazione: poliuria, polidipsia (secondaria alla poliuria), polifagia paradossa (il paziente mangia molto ma dimagrisce), spesso il sintomo di esordio è costituito dalla chetoacidosi diabetica (vedi in seguito). Spesso si ha una interruzione dei sintomi subito dopo la fase di esordio. Questa fase, nota come luna di miele, dura per alcuni mesi, dopodiché i sintomi si presentano nuovamente e permangono stabilmente dando luogo, definitivamente, allo stato di diabete. La spiegazione di questo fenomeno è da ricercarsi nell'iperproduzione compensatoria di insulina da parte delle cellule β.

    Diabete Mellito di tipo 2 [modifica]

    Il riscontro di DM di tipo 2 è molto spesso casuale nel corso di esami di laboratorio a cui il paziente si sottopone per altri motivi, questo perché la patologia si instaura molto lentamente e occorre molto tempo prima che la sintomatologia possa divenire clinicamente manifesta; d'altro canto in molti pazienti sintomi di iperglicemia e glicosuria non compaiono mai. Nel caso di DM conclamato, la sintomatologia delle due forme di DM (tipo 1 e tipo 2) è molto simile.

    Criteri Diagnostici [modifica]

    Per confermare un sospetto clinico di DM, è necessario che sia soddisfatto uno dei seguenti criteri varati dall'OMS:

    1. glicemia a digiuno superiore a 126 mg/dl (o 7 mmol/l);
    2. glicemia superiore a 200 mg/dl (o 11,1 mmol/l) 2 ore dopo aver assunto per os 75 g di glucosio (test di tolleranza al glucosio);
    3. glicemia random maggiore di 200 mg/dl (o 11,1 mmol/l).

    La positività a uno dei suddetti test va confermata con l'esecuzione di almeno un altro dei due rimanenti, questo per porre con certezza pressoché assoluta diagnosi di DM.

    Complicanze [modifica]

    Complicanze acute metaboliche [modifica]

    Aspetto microscopico di un glomerulo in corso di glomerulosclerosi diabetica
    Aspetto microscopico di un glomerulo in corso di glomerulosclerosi diabetica
    Esame del fundus oculare in un paziente affetto da retinopatia diabetica
    Esame del fundus oculare in un paziente affetto da retinopatia diabetica

    Chetoacidosi diabetica. Si tratta di una concentrazione eccessiva di corpi chetonici nel sangue dovuta alla carenza di insulina e al conseguente eccesso di glucagone tipica del DM di tipo 1 e scatenata da forti stress (infezioni, traumi, interventi chirurgici). In condizioni normali i trigliceridi vengono immagazzinati nelle VLDL (particolari lipoproteine con funzione di trasporto); nelle condizioni di digiuno e di eccesso di glucagone accompagnato a deficit di insulina si attiva la via di formazione dei corpi chetonici: il passaggio di questi nel sangue è alla base dell'acidosi metabolica (fino a valori di pH prossimi a 7,0) che si può sviluppare nei pazienti affetti da DM. Presenti: livelli molto elevati di iperglicemia ( tra i 500 e i 700 mg/dl)e glicosuria con notevole disidratazione, dolori addominali, anoressia, vomito, nausea. In questa fase non va commesso un errore molto comune: pensare di trovarsi di fronte a una patologia gastroenterica e conseguentemente sospendere la somministrazione di insulina. Ciò potrebbe portare il paziente a una condizione di coma chetoacidosico potenzialmente mortale.

    Coma iperosmolare non chetosico. Caratteristico del DM di tipo 2, si osserva per lo più in pazienti anziani nei quali la condizione diabetica è aggravata da eventi ricorrenti (per es. infezioni o ictus cerebrale) e la capacità di bere è menomata così da rendere impossibile il compenso della diuresi osmotica. Sintomi: stato confusionale fino a coma e, se non trattato, morte (che comunque sopraggiunge anche nella metà dei pazienti tempestivamente trattati). Sempre presente glicosuria abnorme (sopra i 1000 mg/dl).
    La chetoacidosi è assente, perché forse la concentrazione di insulina nella vena porta è sufficientemente alta da prevenire la piena attivazione della chetogenesi epatica. I livelli sierici degli acidi grassi liberi sono generalmente più bassi che nella chetosi del DM I. Nella terapia di tale forma di coma occorrono parecchi litri di soluzioni saline isotoniche, seguiti da ipotoniche e poi da soluzioni glucosate al 5%, quando la glicemia raggiunge livelli normali. Anche l'insulina è necessaria, ma a dosi più basse rispetto al coma chetoacidosico del DM I.

    Complicanze a lungo termine [modifica]

    1. Macroangiopatia diabetica: tendenza a sviluppare più precocemente e più intensamente di fenomeni di aterosclerosi, l'eccesso di glucosio nel sangue favorisce la glicazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL) che è alla base dell'aterosclerosi;
    2. Microangiopatia I77.9 diabetica: nel rene (glomerulopatia diabetica), nella retina (retinopatia diabetica) e nel sistema nervoso periferico (neuropatia diabetica);
    3. Ulcera diabetica: frequente lo sviluppo di piaghe in prossimità degli arti inferiori dovuto a sfregamenti (es. scarpe troppo strette), per questo il diabetico deve curare moltissimo la propria igiene.

    Trattamento [modifica]

    Le linee guida per attuare una razionale terapia in caso di DM non complicato prevedono l'adozione da parte del paziente di uno stile di vita (dieta ed esercizio fisico) adeguato e funzionale al trattamento farmacologico impostato.

    Senza voler prescindere dall'importanza di una dieta priva di zuccheri, studi recenti individuano come una precoce terapia insulinica possa scongiurare una progressione del diabete in una percentuale maggiore che non gli ipoglicemizzanti orali.

    Stile di vita [modifica]

    Spesso i presidi dietetici e l'esercizio fisico sono l'unico aiuto possibile per i pazienti affetti da alcune forme di DM di tipo 2. D'altro canto, persino nella terapia del DM di tipo 1, un trattamento farmacologico non ha senso se non associato a un adeguato stile di vita.

    Dieta [modifica]

    Un regime dietetico in cui i rapporti tra carboidrati, proteine, acidi grassi saturi e insaturi siano ben controllati è fondamentale affinché la terapia farmacologica riesca a controllare efficacemente la glicemia.

    1. Contrariamente a quanto avveniva in passato, non si prescrivono più regimi nutrizionali ipoglucidici, ma si ritiene che l'apporto di carboidrati debba costituire il 50-55% del totale giornaliero di calorie, l'apporto di grassi circa il 30% (cercando di ridurre i grassi saturi a meno del 10%) e l'apporto proteico intorno al 10-20% (non più di 0,8-1 gr/kg/die).
    2. L'alcool va assunto in quantità modesta se il paziente è ben compensato; è assolutamente sconsigliato nei pazienti in sovrappeso, con livelli di glicemia non ottimali nonostante la terapia, nei pazienti con ipertrigliceridemia.
    3. Ultimamente si è dimostrato che le fibre, in quantità di 20-30 gr/die, sono utilissime nel controllo glicemico, dei trigliceridi, del peso corporeo attraverso un aumento del senso di sazietà. Un diabetico deve quindi incrementare l'assunzione di frutta, verdura e cereali (soprattutto integrali).

    Esercizio fisico [modifica]

    Nel trattamento del paziente diabetico deve essere incluso un programma di esercizio fisico, a meno che non sia controindicato per la coesistenza di altre patologie. L'esercizio non solo riduce l'intolleranza al glucosio (migliorando la sensibilità all'insulina) e diminuisce i fattori di rischio cardiovascolari ma ha anche il non trascurabile effetto di mantenere il peso corporeo entro limiti auspicabili. Inoltre, se ben strutturato, l'esercizio fisico ha anche dei favorevoli effetti psicologici. Quindi è consigliabile soprattutto per i ragazzi di età compresa tra i 10 e i 18 anni fare almeno 2 ore di sport al giorno, sono preferibili degli sport dove la fatica sia continua: atletica e nuoto rispetto ad altri, quali il calcio, che rischiano di far salire la glicemia a causa dello sforzo non continuo. Dopo uno sport sarebbe indicato diminuire l'insulina (rapida), basandosi sulle indicazioni del proprio medico curante.

    Farmacologico [modifica]

    Siringhe da insulina per il diabete (campioni dimostrativi)
    Siringhe da insulina per il diabete (campioni dimostrativi)

    Insulina [modifica]

    Nel DM di tipo 1 nel quale esista carenza assoluta di insulina e nel DM di tipo 2 resistente alla terapia dietetica e agli antidiabetici orali questo ormone deve essere somministrato come terapia sostitutiva. Oggi si usano insuline umane ricavate per sostituzione aminoacidica dell'insulina suina o prodotte da ceppi di Escherichia coli con opportuni inserimenti genetici.

    Esistono diversi tipi di preparazioni insuliniche classificate in base alla loro durata d'azione:

    TIPO Agente ritardante AZIONE (ore)
    inizio picco durata
    Ad azione rapida
    • Insulina umana regolare o solubile
    - 0,5 1,5 6-7
    Analoghi ad azione rapida
    • insulina lispro
    - 0,1 0,75 4-5
    Ad azione intermedia
    • insulina umana NPH
    • insulina umana lenta
    protamina / zinco 1-3 4-7 10-16
    A lunga durata d'azione
    • insulina umana ultralenta
    Zinco 4,5 8-10 16-20
    Analoghi ad azione ritardata
    • insulina glargine
    Punto isoelettrico: 7,4 1,5 - >24

    Lo schema terapeutico più vantaggioso prevede tre iniezioni (preferibilmente nel tessuto sottocutaneo dell'addome) di insulina regolare da somministrare prima dei pasti, cui è utile associare prima di cena o prima di coricarsi un'insulina ad azione intermedia per coprire il fabbisogno notturno. Le insuline ad azione rapida permettono un più efficace controllo della glicemia postprandiale ma risultano meno efficaci nel mantenimento della glicemia nel corso dell'intera giornata; le insuline ad azione intermedia non sono risultate soddisfacenti per via del rischio concreto di ipoglicemie durante le prime ore della notte e di iperglicemia al risveglio.

    Riassumendo, le varie preparazioni servono a rendere più flessibile la terapia, adattandola alle differenti richieste metaboliche dei pazienti.

    Antidiabetici orali [modifica]

    Sono disponibili 3 categorie di ipoglicemizzanti orali:

    1. Insulino-stimolanti
    2. Insulino-sensibilizzanti
    3. Inibitori delle a-glicosidasi intestinali

    Per una opportuna descrizione del meccanismo d'azione degli antidiabetici orali, consulta le voci relative.

    Follow up [modifica]

    Il controllo della terapia è obbligatorio nel DM in quanto il paziente tende a non rendersi conto dell'eventuale inadeguatezza della terapia o della dieta, essendo il DM patologia che decorre asintomatica per lungo tempo. Classicamente il follow-up lo esegue il paziente stesso attraverso il glucometro: effettuando una serie di dosaggi del proprio livello glicemico durante tutta la giornata (eventualmente anche durante la notte), verifica che i valori siano correttamente mantenuti dalla terapia in atto.

    Non solo il paziente deve poter verificare la correttezza del regime terapeutico e del proprio stile di vita ma anche il medico ha l'obbligo e il diritto di verificare l'efficacia dei presidi messi in atto; proprio per questo al controllo glicemico quotidiano si associa un controllo di tipo ambulatoristico-strumentale della emoglobina glicata e delle proteine plasmatiche glicosilate (riunite sotto il termine "fruttosamina"). Questi dosaggi si basano sul legame irreversibile glucosio-emoglobina e glucosio-proteine plasmatiche che avviene proporzionalmente al livello glicemico. L'emoglobina ha una lunga emivita (circa 120 giorni) e si è visto che la sua glicosilazione rispecchia l'andamento glicemico delle ultime 6-8 settimane. Per quanto riguarda la fruttosamina, essa riflette l'andamento metabolico degli ultimi 10 giorni.

    Trattamento Chirurgico[1] [modifica]

    Una scoperta abbastanza recente che sta suscitando interesse da parte della comunità scientifica è rappresentata dal un miglioramento del DM2 dopo interventi di chirurgia bariatrica, con le seguenti percentuali:

    • Procedure restrittive: miglioramento del diabete mellito di tipo 2 nel 40-70% dei casi (Bendaggio gastrico: 48%; Gastroplastiche: 72%).
    • By-Pass Gastrico: miglioramento nell’84% dei casi.
    • Diversione Biliopancreatica: miglioramento nella quasi totalità dei casi.

    La chirurgia bariatrica quindi, un strumento chirurgico di dimagrimento, può avere effetti positivi sulla cura del diabete.

    La posizione dell'American Diabetes Association è che gli interventi chirurgici per trattare l'obesità possono in alcune situazioni essere favorevoli a miglioramenti nel diabetico.
    Tuttavia gli studi di lunga durata rimangono limitati, poiché i pazienti diabetici sono ad elevato rischio per la mortalità cardiovascolare postoperatoria.

    Note [modifica]

    Infezione

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

     
    Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici - Leggi le avvertenze

    Con il termine infezione si intende la penetrazione e la moltiplicazione di microrganismi (virus, batteri, miceti, protozoi, metazoi) in un macrorganismo (pianta, animale, uomo). L'infezione è la premessa per una malattia infettiva.

    Classificazione clinica di infezioni
    Classificazione clinica di infezioni

    Se un'infezione si evolve in una malattia infettiva dipende da vari fattori:

    • dalle caratteristiche dell' Agente Eziologico ( microrganismo ) caratteristiche come:
    • dall'immunità basilare
    • dall'immunità soggettiva momentanea

    dell'individuo colpito

    • Dalle caratteristiche ambientali :

    In questa sezione rientrano ad esempio situazioni climatiche, ma anche situazioni socio economiche dell'area in cui microrganismo e ospite si trovano.

    Indice

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    Evoluzione delle infezioni [modifica]

    Un'infezione si evolve in diversi modi:

    • infezione muta senza evidenti sintomi oppure
    • infezione abortiva con leggeri sintomi oppure
    • infezione manifesta con sintomi clinicamente marcati.

    Solo l'ultima delle tre elencate è chiamata malattia infettiva.
     

    Classificazione clinica delle infezioni [modifica]

    Infezione primaria
    Infezione primaria

    Le infezioni si classificano clinicamente secondo:

    Risposte immunitarie ad un'infezione [modifica]

    Gli effetti di una risposta immunitaria sono molto diversi se un infezione con un determinato germe:

    • accade la prima volta (infezione primaria) o se
    • si ripete entro un certo tempo (infezioni ripetute)

    Di solito, dopo una fase manifesta, in un'infezione primaria si sviluppa una certa immunità contro il germe responsabile. Da infezioni ripetute con lo stesso tipo di germe non si sviluppa più una malattia infettiva, ma l'infezione rimane muta, non apparente.
     

    Infezione primaria [modifica]

    Infezione ripetuta
    Infezione ripetuta

    Se un determinato microrganismo invade per la prima volta un macrorganismo, il sistema immunitario è confrontato con un "problema mai avuto". Dapprima mette in moto:

    • difese di emergenza non molto specifiche;
    • e poi i raffinati sistemi specifici che riescono ad identificare un determinato tipo di microrganismo e a marcarlo con degli anticorpi. Di seguito cellule specializzate neutralizzano e smaltiscono i germi (microrganismi)
       

    Malauguratamente questo processo richiede tempo (da giorni a settimane). Se il microrganismo è molto contagioso e patogeno, l'individuo colpito perde la vita prima. Se invece resiste finché si sono formati anticorpi specifici, il sistema immunitario lo guarisce. Un'infezione primaria può quindi diventare critica.
     

    Infezioni ripetute [modifica]

    Un'infezione susseguente (ripetuta), con lo stesso germe o non si nota neppure o a malapena: gli anticorpi ancora in circolazione e le cellule di memoria (stoccati nei linfonodi) per la loro rapida produzione identificano e marcano i microrganismi entro poche ore. Così possono essere distrutti e smaltiti dalle cellule specializzate in questo mestiere primo che possono danneggiare l'organismo. Questa si chiama "immunità".
     

    Vaccinazione attiva [modifica]

    Vaccinazione attiva e passiva
    Vaccinazione attiva e passiva

    In una vaccinazione attiva si "infetta" un macrorganismo con un determinato microrganismo (o pezzetti di questo) resi (per intervento umano) incapaci di moltiplicarsi. Il sistema immunitario fortunatamente non lo sa e mette in moto tutti i processi specifici per identificare e marcare questo germe "eunuco".
    Il paziente sentirà probabilmente leggeri sintomi della reazione immunitaria (mal di testa, sovratemperatura, leggero disagio generale) ma visto che il germe non si propaga non avrà altri sintomi. In breve: la vaccinazione attiva è la simulazione di un'infezione.
     

    Vaccinazione passiva [modifica]

    In una "vaccinazione passiva" si iniettano a scopo terapeutico (non preventivo) degli anticorpi specifici in un organismo. Marcano il tipo di microrganismi per il quale sono destinati (p.es. tetano) e facilitano così la sua neutralizzazione. Per certi germi si può eseguire contemporaneamente una vaccinazione attiva (come prevenzione) e una vaccinazione passiva in caso di una sospettata infezione (p.es. tetano).

    Il latte materno contiene anticorpi delle infezioni e vaccinazioni che la madre ha subito. Durante il periodo di allattamento questo è un ottima protezione contro tante infezioni. Il latte materno contiene quindi un largo spettro di "vaccini passivi".

    Malauguratamente l'effetto di vaccinazioni passive (con anticorpi) garantisce immunità per poco tempo (settimane). Visto che non si formano cellule memoria, l'immunità sparisce con la disintegrazione degli anticorpi in circolazione.

    Prevenzione e cura delle infezioni [modifica]

    La prevenzione e cura delle infezioni è stato per migliaia di anni il nodo cruciale ed irrisolto della medicina. Solo poche generazioni fa si è cominciato a comprendere l'eziologia e il meccanismo di diffusione di quelle malattie che fino ad allora erano state considerate incurabili e che avevano causato milioni di morti come la peste bubbonica, il vaiolo, il tetano, la malaria ed altre. L'importanza anzitutto delle condizioni igieniche venne riconosciuta in tutta la sua portata dal medico ungherese Ignaz Philipp Semmelweis (1818-1865).
     

    Se come testo seguente leggete la "storia della medicina", ricordatevi che questa storia in molti paesi del terzo mondo non è ancora iniziata!

    Condizioni sanitarie ed economiche della popolazione [modifica]

    Il miglioramento duraturo delle condizioni sanitarie di una popolazione, oggi come un tempo non avviene solamente grazie alla medicina (condizione indispensabile, ma di per sé non sufficiente), ma soprattutto grazie ad interventi su larga scala (e quindi per lo più alla volontà politica) in grado di modificare le abitudini igieniche e dare gli strumenti adeguati al maggior numero di persone. Fra le misure di prevenzione efficaci su larga scala si ricordano:

    Antiparassitari [modifica]

    Prevenzione e cura di infezioni
    Prevenzione e cura di infezioni

    Più avanti si riconobbe come misura medica l'importanza della battaglia contro i vari parassiti come artropodi, pulci, pidocchi, vermi intestinali (elminti).

    Vaccinazioni [modifica]

    Rimanevano (alle nostre latitudini) le problematiche (e l'alta mortalità) delle malattie infettive infantili e di diverse malattie come p.es. la tubercolosi e il vaiolo per quanto riguardava gli adulti. In questo settore, la medicina accademica fece un grande progresso con lo sviluppo e l'introduzione delle vaccinazioni non solo degli uomini ma anche del bestiame (e recentemente anche degli animali domestici); questo riduceva notevolmente anche le zoonosi (infezioni tramite gli animali come "vettori").
    La comprensione, la pratica medica negli esseri umani e l'avvio della ricerca scientifica nel campo delle vaccinazioni (da vaccino, ovvero di vacca) si devono al medico inglese Edward Jenner (1749-1823) il quale per questa scoperta venne nominato membro della Royal Society (si ricorda per inciso che il premio Nobel viene assegnato solamente dal 1901).

    Antibiotici (battericidi) [modifica]

    L'efficacia di muffe e piante pare fosse nota già agli albori della civiltà, ma la storia vera e propria degli antibiotici e dellla loro comprensione inizia con la scoperta della penicillina (1928), l'uso di questa muffa permise ad Alexander Fleming (1881-1955) e poi a tutti noi di salvare milioni di vite umane e naturalmente di avviare il filone di ricerca relativo. Lo scienziato scozzese riceve per questo il Premio Nobel per la medicina nel 1945. I primi antibiotici sintetici erano dei sulfonamidi e il noto SALVARSAN contro la sifilide. Più tardi (intorno agli anni 1940) furono scoperti gli "antibiotici" a base di miceti che riuscivano (e riescono) a combattere efficacemente le infezioni batteriche.
     

    Fungicidi, Antiprotozoici, Virostatici [modifica]

    Malauguratamente mancano ancora farmaci altrettanto potenti per le infezioni virali (p.es. epatite), protozoiche (p.es. malaria) e micetiche (p.es. tinea pes). Ci sono una manciata di sostanze note (virostatici, antiprotozoiche, fungicidi) ma con campi d'impiego ridottissimi.
     

    Stimolazione immunitaria [modifica]

    Cominciando pian piano a capire il ruolo del sistema immunitario, si fanno anche piccoli progressi nella sua stimolazione, p.es. con gli interferoni.
     

    Interventi sintomatici e palliativi [modifica]

    Anche le capacità cliniche per interventi sintomatici e palliativi sono notevolmente migliorate e non sono da trascurare: possono spesso prolungare il tempo di resistenza dell'organismo contro una prima infezione e danno così il tempo necessario al sistema immunitario per organizzare delle difese efficaci.
     

    Fonti [modifica]

    Lente a contatto

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

     

    Le lenti a contatto sono dispositivi medici in materiale plastico, a forma di piccola calotta trasparente, che vengono applicati sulla superficie oculare per correggere difetti di refrazione (miopia, ipermetropia, astigmatismo, ecc).

    Presentano molti vantaggi, ma gli occhi di alcune persone non le tollerano soprattutto perché limitano la respirazione della superficie oculare (la cornea è soggetta ad ipossia ossia a mancanza d'ossigeno).

    Lenti a contatto
    Lenti a contatto

    Indice

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    Cenni storici [modifica]

    Adolf Fick, inventore delle lenti a contatto moderne
    Adolf Fick, inventore delle lenti a contatto moderne

    La nascita della lente a contatto si fa risalire a Leonardo da Vinci, che nel 1508 verificò che immergendo l'occhio in una sfera contenente acqua, esisteva un continuo ottico fra la superficie interna della sfera di vetro, e quella esterna della cornea. Successivamente Cartesio, nel 1636 pubblica La diottrica, in cui perfeziona l'idea di Leonardo, spiegando che un tubo riempito d'acqua e appoggiato sulla cornea, avente una lente all'estremità che sia perfettamente sovrapponibile alla cornea stessa, annulla o riduce le anomalie refrattive dell'occhio. Le lenti a contatto modernamente intese vanno fatte risalire alle scoperte di A.E. Fick, E. Kalt, A.E. Muller, rispettivamente in Svizzera, Francia e Germania. Queste lenti erano in materiale vetroso, ad appoggio sulla sclera, di grande diametro e mal sopportate fisiologicamente. Le prime lenti in materiale plastico si devono a due ricercatori americani, Dallos e Fleinbloom. I vantaggi rispetto al vetro sono immediati, diminuendo notevolmente il peso. Le prime lenti a contatto corneali rigide nascono nel 1950, aventi diametro inferiore a quello corneale, progettate da Bier. Agli inizi degli anni '60 due ricercatori cecoslovacchi, Lim e Wichterle progettarono le prime lenti a contatto in gel, le morbide.

    Coefficiente di permeabilità e trasmissibilità all'ossigeno [modifica]

    Il coefficiente di permeabilità è indicato col termine Dk, dove D è è uguale al coefficiente di diffusione di un gas attraverso un materiale e K il coefficiente di solubilità dello stesso. Questa caratteristica, ovvero la capacità di un materiale a trasmettere attraverso esso il gas, è fissa per ogni polimero, ma può variare con la temperatura. Fattore di forte influenza nel passaggio dell'ossigeno è anche lo spessore della lente presa in esame. Una corretta valutazione della permeabilità non può quindi non prescindere da esso. Per definire quindi l'esatto apporto di ossigeno proveniente alla cornea con l'applicazione di lenti a contatto, bisogna parlare di trasmissibilità all'ossigeno, ovvero del valore Dk posto in relazione con lo spessore l: Dk/l.

    Tipi di lenti a contatto [modifica]

    Le lenti a contatto si suddividono correttamente in due grandi famiglie, in base ai materiali utilizzati per la loro costruzione:

    • lenti rigide o polimeri vetrosi
    • lenti morbide o polimeri gommosi

    Lenti rigide [modifica]

    Le lenti a contatto rigide vengono costruite sia con materiale non permeabile all'ossigeno che con materiali permeabili.

    Lenti rigide non gas-permeabili [modifica]

    PMMA [modifica]

    Il PMMA (polimetilmetacrilato) è l'unico materiale non permeabile utilizzato. Si ottiene dall'esterificazione dell'acido metacrilico con l'alcool metilico. Questo materiale è stabile, duro, ha elevata qualità ottica, non è attaccabile da enzimi organici ed è ben tollerato dai tessuti coi quali viene a contatto. Per assenza di polarità, non assorbe acqua e lega scarsamente con le sostanze contenute nel film lacrimale, o lacrima.

    Lenti rigide gas-permeabili [modifica]

    Conosciute commercialmente anche con il nome erroneo di semi-rigide.

    CAB [modifica]

    Il primo materiale utilizzato per la loro costruzione fu il CAB (acetato butirrato di cellulosa). Rispetto al PMMA viene ad incrementarsi la flessibilità del polimero, ma viene a determinarsi anche un'instabilità dimensionale che viene limitata aumentando lo spessore della lente a contatto stessa. Aumentando lo spessore diminuisce la trasmissibilità all'ossigeno.

    Copolimero di silossano [modifica]

    Per migliorare la permeabilità e trasmissibilità dei materiali, al CAB è stato aggiunto un copolimero di silossano. Il silossano è formato da un monomero di silicone, ossigeno ed un radicale. Questo accorgimento ha permesso di aumentare la trasmissibilità all'ossigeno, aumentando allo stesso tempo la stabilità dimensionale.

    Fluoroacrilati [modifica]

    Le lenti rigide gas-permeabili di ultima generazione vedono la scelta di materiali fluorurati, che hanno portato a ridurre il coefficiente di attrito fra palpebra e lente a contatto, aumentando il comfort, diminuito la formazione di depositi proteici, ridotto lo spessore mantenendo la stabilità dimensionale, avendo maggiore durezza.

    Lenti morbide [modifica]

    Le lenti a contatto morbide sono costruite con polimeri aventi la caratteristica fisica della morbidezza. Sono distinti principalmente in materiali idrofili e non idrofili.

    Morbide non idrofile [modifica]

    Lenti al silicone, presentano un alto valore di permeabilità all'ossigeno, ma sono essenzialmente idrofobiche. Per ridurre questa caratteristica deleteria nell'applicazione corneale si è arrivati ad aggiungere HEMA (Idrossimetilmetacrilato), con risultati non pienamente soddisfacenti.

    Morbide idrofile [modifica]

    Commercialmente le più diffuse, sono costituite da polimeri ad alta idrofilia, legate con quantità variabili di acqua. La capacità di trasmettere ossigeno da questo tipo di lenti dipende fondamentalmente dal suo livello di idratazione. La trasmissibilità è comunque modesta, poiché lo spessore di queste lenti influisce negativamente verso l'apporto di ossigeno all'epitelio corneale. Le lenti morbide di ultima generazione, in gel con media-alta idratazione, sopperisce a queste limitazioni agendo proprio sugli spessori. Queste sono le lenti disposable, o a cambio frequente, attualmente le più commercializzate. Le lenti monouso permettono di eliminare il rischio di accumulo di depositi. Vengono cambiate ogni giorno (giornaliere) oppure esistono: quindicinali, o mensili (hanno bisogno di manutenzione ordinaria, conservanti o saponi).

    Lenti terapeutiche [modifica]

    Utilizzate prima o dopo interventi chirurgici sulla cornea o per alleviare i sintomi di una cheratite.

    Manutenzione [modifica]

    La manutenzione della lente a contatto ha lo scopo di mantenere integre nel tempo le caratteristiche chimico-fisiche del materiale.

    Lenti rigide [modifica]

    La manutenzione ordinaria di queste lenti si divide in diversi processi:

    • Pulizia
    • Disinfezione
    • Risciacquo
    • Lubrificazione

    Pulizia [modifica]

    L'azione di pulizia è essenziale per la rimozione dalla superficie della lente di muco e cosmetici, e precede l'azione disinfettante della stessa. La presenza di questi composti diminuisce l'effetto di disinfezione effettuato posteriormente, diminuisce la bagnabilità del materiale ed il comfort d'utilizzo.

    Gli agenti pulenti possono essere di natura anionica, nonionica o anfotera. I secondi sono i tensioattivi maggiormente utilizzati, per la loro caratteristica di emulsionare i lipidi, solubilizzando i depositi e rimuovendo i contaminanti presenti nella lacrima.

    Disinfezione [modifica]

    L'azione di disinfezione ha come scopo principale il prevenire uno stato patologico iniziale proveniente da un agente eziologico presente sulla superficie della lente a contatto.

    Le soluzioni utilizzate per la disinfezione sono composte da uno o più antisettici, quali il benzalconio, il thimerosal e la clorexidina, e da un chelante, quale l' EDTA.

    Risciacquo [modifica]

    L'azione di risciacquo ha la funzione di eliminare gli scarti provenienti dall'azione di disinfezione, mantenere la bagnabilità della superficie e svolgere ruolo di tampone, ovvero di mantenere il livello del PH su valori neutri o lievemente basici (intervallo PH=7,0/7,4). Le soluzioni utilizzate sono prevalentemente saline.

    Lubrificazione [modifica]

    L'azione di lubrificazione è necessaria per mantenere l' idrofilia del materiale, essenzialmente idrofobo. L'azione di ricopertura del film lacrimale protegge inoltre la superficie della lente durante l'applicazione, prevenendo la trasmissione dalle dita di depositi sebacei.

    I componenti maggiormente utilizzati come agenti umettanti sono l' alcool polivinilico, l' ossido di polietilene, l' idrossietilcellulosa e la metil-cellulosa.

    Vantaggi delle lenti a contatto rispetto agli occhiali [modifica]

    Raffronto lenti a contatto morbide e rigide.
    MORBIDE RIGIDE
    Bassa ametropia Ametropia elevata
    Cornea regolare Cornea irregolare
    Forte midriasi Richiesta di alta trasmissibilità all'ossigeno
    Buona lacrimazione Scarsa lacrimazione
    Uso giornaliero saltuario Uso giornaliero permanente
    Attività sportiva Uso sedentario
    Assenza di patologia corneale Cheratocono
    Ipersensibilità alle lenti rigide Scarsa visione con lenti morbide
    Astigmatismo medio-basso Astigmatismo medio e alto

    Link utili [modifica]

    Miopia

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

     
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    La miopia è un'ametropia o un disturbo refrattivo, a causa del quale i raggi luminosi non si focalizzano sulla retina ma davanti ad essa.

    Indice

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    Classificazione della miopia [modifica]

    • miopia semplice
    • miopia congenita
    • miopia di grado elevato o patologica
    • miopia d'indice
    • miopia funzionale
    • miopia transitoria

    La miopia, come tutte le ametropie, si misura in diottrie: per la correzione si può ricorrerere a lenti, grazie alle quali le immagini arrivano a fuoco sulla retina. Infatti, immaginiamo che la retina sia lo schermo sul quale arriva l'immagine proveniente da un proiettore. Nel miope l'immagine è come se risultasse sfocata sullo schermo, per cui è necessario spostare il fuoco all'indietro con un'opportuna regolazione, così che si riesca a vedere nitidamente.

    La lente che permette di quantificare la miopia non è detto però che sia la lente che viene poi effettivamente prescritta, in quanto vengono effettuati piccoli aggiustamenti in base alle esigenze soggettive della persona e alla tipologia del mezzo correttivo (occhiali o lenti a contatto). Si consiglia, pertanto, una visita oculistica.

    Cause [modifica]

    La miopia è dovuta generalmente a una lunghezza eccessiva del bulbo oculare. Un'altra causa può essere un'alterata curvatura delle superfici refrattive dell'occhio. Nelle fasi iniziali e intermedie della cataratta oppure a seguito di alterazioni metaboliche si può manifestare miopia a seguito di alterazione dell'indice di refrazione dei mezzi oculari, in particolare del cristallino. Oltre a questa classificazione prevalentemente ottica possiamo citarne altre in base alla causa ereditaria oppure evolutiva. Una miopia maggiore di 7 diottrie è considerata di grado elevato. Viene definita anche patologica, poiché vi è un maggiore rischio di patologie corioretiniche o oculari quali distacco della retina o glaucoma.

    La visione del miope [modifica]

    I raggi luminosi che passano attraverso i mezzi ottici oculari (cornea, cristallino, ecc.)non vengono messi a fuoco all'interno del bulbo oculare, ma davanti alla retina. La conseguenza è che il punto remoto, cioè il punto più lontano dell'occhio a cui vi è una visione nitida senza l'utilizzo di accomodazione, è posto ad una distanza finita rispetto all'infinito dell'occhio emmetrope. La distanza massima a cui un soggetto riesce a vedere nitidamente è inversamente proporzionale al grado della miopia. Ad esempio, un miope di -2.00D riesce a vedere nitidamente al massimo a 0.5m (50cm) (ossia 1/2). Invece, il soggetto miope sarà in grado di ottenere una messa a fuoco per punti ancora più vicini rispetto ad un soggetto emmetrope.

    Trattamento della miopia [modifica]

    Al termine correzione è preferibile l'utilizzo del termine più idoneo e adatto alle diverse richieste visive. La compensazione della miopia prevede l'utilizzo di lenti concave negative, che riportano il piano immagine sulla retina. Le lenti possono essere oftalmiche e quindi montate su occhiali oppure si possono utilizzare a contatto. La correzione della miopia può anche essere effettuata con tecniche chirurgiche, solitamente tramite laser, che modificano la curvatura della cornea, diminuendo il potere refrattivo della cornea, compensando la miopia. Le tecniche più utilizzate sono la PRK e la LASIK. Altri trattamenti chirurgici in uso oggi sono gli impianti di lenti fachiche e la sostituzione del cristallino.

    Trattamenti alternativi [modifica]

    Tra i metodi di compensazione possiamo citare anche le diverse tecniche per poter rilassare l'accomodazione, ma non correggere la miopia. Infatti, l'occhio può simulare una miopia funzionale. Questo avviene perché la miopia, spesso legata ad un intenso uso degli occhi a distanze ravvicinate (lettura, pc, lavoro) si ha una comorbilità con i deficit accomodativi quali inerzia, eccesso e spasmo. Diverse tecniche permettono di poter rilassare l'accomodazione. Tra di esse, a livello popolare, spicca il Metodo Bates e metodi ad esso ispirati che hanno dato risulati a lungo termine ma ancora non sono stati testati ed approvati dalla medicina ufficiale. Con questi metodi è possibile migliorare le capacità di visualizzazione e migliorare il riconoscimento in caso di immagini sfuocate, incrementando l'acutezza visiva.

    Collegamenti esterni [modifica]

    Strabismo

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    Esempio di strabismo manifesto divergente dell'occhio sinistro, o exotropico
    Esempio di strabismo manifesto divergente dell'occhio sinistro, o exotropico

    Lo strabismo rappresenta una deviazione di allinemento degli assi visivi, causati da un malfunzionamento dei muscoli oculari estrinseci, con conseguente incapacità di rappresentazione binoculare a livello retinico.

    Indice

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    Disparità di fissazione [modifica]

    Una deviazione oculare rappresenta una mancanza di orientamento della fovea verso un oggetto, precludendo la peculiarità dell'allinemento ortoforico.

    La disparità di fissazione è causata da una differenza nel processo di fissazione dei due occhi in convergenza. Quando questa disparità è compresa nell'area di Panum, ovvero in quella porzione di spazio in cui sussiste una tolleranza nel processo di convergenza, non si presentano deviazioni degli assi visivi, quando essa è invece superiore si manifesta eteroforia, ovvero una situazione di strabismo latente, o eterotropia, con strabismo percepibile.

    Classificazione [modifica]

    Lo strabismo è classificabile in due famiglie principali:

    • Eteroforia
    • Eterotropia

    Eteroforia [modifica]

    L' eteroforia o strabismo latente è rilevabile annullando il processo di fusione, e non è compromessa definitivamente la visione binoculare

    Eterotropia [modifica]

    L' eterotropia o strabismo manifesto è la condizione in cui si ha la perdita della visione binoculare, un occhio appare deviato mentre l'altro è allineato con l'oggetto d'interesse.

    Argomenti correlati [modifica]

    Elenco delle specialità della medicina:
    • Allergologia
    • Anatomia patologica
    • Andrologia
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    • Angiologia
    • Auxologia
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      Per chirurgia (gr: cheirourgia da cheir-cheiros, mano ed ergon, lavoro) etimologicamente si intende una attività lavorativa manuale.

      In effetti essa si identifica nella scienza che si occupa di studiare quelle malattie che potendo essere curate con con le proprie mani vengono appunto dette chirurgiche. Considerata una branca dell'arte medica in realtà riveste pari dignità, come testimonia la storia della sua evoluzione, delle contrapposizioni e dei percorsi diversificati rispetto alla medicina nel corso di molti secoli e la definitiva riunificazione in un corso di studi universitari comune che conferisce appunto la laurea in Medicina e Chirurgia.

      Si interessa dei vari aspetti (eziologia, diagnosi, terapia) di tutte le patologie di sua pertinenza e pertanto è detta Chirurgia Generale. Ma anche di molte malattie considerate mediche e che possono diventare chirurgiche per vari motivi: complicazioni, non responsività alla terapia farmacologica, scelte del paziente.

      Nel corso dell'ultimo secolo lo sviluppo delle conoscenze, la specificità di approccio a determinate malattie ed il loro incremento, problemi organizzativi, hanno reso necessario suddividere la Chirurgia Generale in numerose branche specialistiche. Alcune dedicate alla medesima Patologia generale: Chirurgia Oncologica, altre volte a quella specifica d'organo o di apparato: Cardiochirurgia, Chirurgia Toracica, o ancora alla medesima finalità: Chirurgia Plastica e Ricostruttiva, o caratterizzate da tecniche peculiari: Chirurgia Laparoscopica, Chirurgia Robotica, Chirurgia Endoscopica. In alcuni casi esistono, nell'ambito della stessa branca, ulteriori specializzazioni come la Chirurgia della mano nell'ambito di quella ortopedica.

      Scuole di specializzazione in chirurgia e chirurgie specialistiche [modifica]

      Storia della chirurgia [modifica]

      Nel 1761 il grande anatomico forlivese Giovan Battista Morgagni pubblica: “de sedibus et causis morborum per anatomen indagatis” un’opera fondamentale, frutto di studio accurato dei reperti autoptici raccolti in decenni di attività a Bologna, Venezia e soprattutto Padova. Con lui nasce il moderno concetto di malattia.

      La malattia considerata come la rottura del normale equilibrio dell’organismo dovuta ad alterazione della struttura o funzione di uno più organi danneggiati da agenti esterni o interni e che si manifesta con segni e sintomi caratteristici era un concetto fino ad allora sconosciuto, a parte qualche intuizione geniale ma rimasta tale. Con conseguenze negative soprattutto sotto due aspetti: impossibilità di prevenire alcune patologie quali quelle infettive responsabili di epidemie che hanno falcidiato l'umanità e impossibilità di prescrivere terapie causali.

      In realtà per molte patologie il rapporto causa-effetto risultava comunque evidente, come negli episodi traumatici in cui l’evento vulnerante determinava sintomi e segni immediatamente palesi sulle strutture esterne e quindi visibili del corpo: contusioni, ferite, emorragie, fratture. Ma anche su quelle interne, come era possibile osservare nella traumatologia aperta addominale e toracica da sempre molto frequente per gli eventi bellici che hanno ininterrottamente segnato la storia dell’uomo.

      In molti altri casi invece anche se i segni della malattia risultavano evidenti: tumefazioni erniarie, gozzi tiroidei , tumori cutanei, varici e varicoceli, la eziologia rimaneva sconosciuta. In ogni caso sarà stata appunto questa evidenza a sollecitare una risposta terapeutica prima istintiva poi più ragionata che nel corso dei secoli costituirà la base empirica su cui poggia tutta la chirurgia antica.

      Scheletri risalenti all’epoca del neolitico mostrano esiti di fratture consolidate e di trapanazioni craniche con segni di rigenerazione ossea, testimonianza di interventi seguiti da guarigione.

      Cranio con foro da trapanazione
      Cranio con foro da trapanazione

      Così la storia documentata più antica e risalente a circa tremila anni fa ci tramanda una chirurgia in grado di utilizzare tecniche e strumenti sempre più sofisticati, per l'utilizzo delle leghe metalliche, e chirurghi dotati di straordinaria abilità manuale.

      La chirurgia quindi arte atavica ed efficace nella sua praticità ma relegata ad un ruolo subalterno rispetto alla medicina. Così, come è possibile osservare in tutte le antiche civiltà, mentre la figura professionale del medico (che incapace di spiegarsi la malattia e di curarla deve necessariamente attingere a conoscenze filosofiche, astrologiche, religiose, esoteriche per giustificarla in qualche modo) finì con l’identificarsi in quelle '‘nobili’' di sacerdote, astrologo, filosofo o ‘esoteriche’ di mago, sciamano, stregone, all’altro estremo si collocava il chirurgo, capace di guarire alcune patologie e di spiegarne molte, ma relegato tra le categorie ‘volgari’ quelle che praticavano le arti minori, spesso considerate sconvenienti. Un antagonismo evidente già nel giuramento di Ippocrate, che vieterà tassativamente di ‘praticare il taglio della pietra’, la litotomia, ritenuta atto chirurgico indegno di un medico, o che vedrà la Chiesa medioevale avocare a sé la medicina rifiutando in modo assoluto la pratica chirurgica perché cruenta e spregevole, per arrivare alla fine del XVII secolo quando ancora accadeva che un chirurgo, passando a studiare medicina per emancipare la propria condizione, era obbligato a sottoscrivere un atto notarile con il quale si impegnava a non praticare più atti operatori!

      La storia della chirurgia può essere distinta, sia pure arbitrariamente, in tre fasi storiche: