ITINERARI
storie di viaggio dentro al
mondo
Prima di passare alla quarta parte dei nostri racconti, introduco questo breve intermezzo sui gitani e sui rom. All’inizio delle interviste abbiamo pensato di inserire nel nostro piccolo universo anche i nomadi ma poi ci siamo resi conti che occorreva un’attenzione maggiore e più esclusiva. Sono state così raccolte solo poche testimonianze, non sufficienti per un disorso approfondito. Due sono state raccolte a Lleida. Sono due donne che raccontano. E’ interessante il fatto che si tratta di due famiglie miste. Nel primo è una donna spagnola che si è sposata con un gitano, nel secondo caso è il contrario, è una donna gitana che si è sposata con un contadino.
Iniziamo con il primo racconto.
“Ho quattro fratelli; io sono la seconda figlia. I miei genitori sono
zingari. Mio marito ha tre fratelli. I suoi genitori, consanguinei, vivono
entrambi a Lerida. Sono originari di Huesca (Barbastro), ma vivono qui
da 30 anni. In casa siamo in cinque più la nonna: tre bambine, mio
marito, sua madre e io. Siamo tutti cattolici. Ci siamo sposati secondo
la legge gitana. In un modo molto bello, è un’usanza che mi piace
molto. Le ragazze arrivano al matrimonio “assolutamente” vergini, come
deve essere. I ragazzi intorno ai 20 anni invece è raro che
non abbiano mai avuto delle relazioni. Il matrimonio gitano è molto
bello. La promessa, lo sforzo di comportarsi bene. I giovani restano fidanzati
per 8 o 9 mesi. Se le cose non vanno bene durante il corteggiamento non
succede nulla, lo interrompono. Il matrimonio non viene accordato tra le
famiglie.”
“Preferiscono avere bambini o bambine?”
“E’ lo stesso; prima si preferivano i maschi ma dal momento che nascono
non ha più importanza. Prima di averli però molti sperano
che sia un maschio.”
“Come vi trovate?”
“Per quanto ci riguarda le cose vanno bene. Il fatto è che spesso
si vedono dettagli, si sentono cose non molto piacevoli. Gli zingari non
sono tutti uguali. I miei familiari sono persone gradevolissime. Però
c’è questa idea generalizzata. Ci sono zingari che, per il loro
modo di vestire, si mettono più in mostra. Conosco brava gente sia
tra le persone ricche che tra quelle povere. Le mie cognate non sembrano
zingare. In paese ci dicono: “con voi si sta bene, con gli zingari no”,
per esempio nel Barbastro. Dipende dalle zone: in parte della Catalogna
e dell’Aragona non ci sono problemi per noi ma in altre zone è
diverso.”
“In che senso?”
“A livello del paese. A Lèrida viviamo con 37 vicini con i quali
andiamo molto d’accordo. Ma sono sicura che se succedesse qualcosa noi....
Bisogna andarci con i piedi di piombo. Quando mi sposai, nessuno avrebbe
scommesso sul mio matrimonio. Allora tra i vicini ci furono dei commenti;
a mia suocera alcuni dissero che ci saremmo separati. La gente ci fissa.
Vuole vedere quello che succede se si è sposati con uno zingaro.
Vuole vedere se resistiamo a stare insieme. La mia famiglia lo ha accettato
bene, non si immischiano nelle nostre usanze, ci rispettano. Sono culture
diverse, tutti gli altri fanno fatica a capirlo soprattutto oggigiorno
perché le ragazze di oggi vogliono essere molto libere e in questa
cultura ci sono cose che non si possono fare. A conoscerla a fondo è
una cultura giusta, ha molti aspetti positivi.
Sto molto meglio adesso che appena sposata. All’inizio ho fatto
fatica ad abituarmi, soprattutto con mia suocera, ma questo adesso è
acqua passata. Educhiamo le nostre figlie molto bene. Sono sicura che non
fanno cose strane. La relazione con i ragazzi è l’unica cosa che
cambia: non c’è relazione con i ragazzi. E’ dimostrato che è
meglio che gli zingari si sposino con gli zingari, anche se capita che
si separino anche loro. Suppongo che ciò avvenga in tutte le culture.
Una ragazza presa a caso è molto difficile che si adatti a questa
vita. Non potrà dire: “Senti, stasera vado a cena con le mie amiche.”
Non è questa l’usanza. La nostra è una vita normale ci sono
solo alcuni punti che cambiano. I gitani la pensano in modo diverso dagli
altri: se in TV ci sono scene di sesso, cambiamo canale, non è gradevole
vedere quelle scene davanti ai figli. Sono piccole cose da vivere giorno
per giorno. Dipende anche dalle famiglie. Ci sono famiglie che la pensano
più all’antica. Quelli del Tarradelles (insediamento zingaro
in baracche) sono più all’antica. Anche all’interno della stessa
cultura ci possono essere delle differenze. Esistono vari livelli dentro
le stesse culture. Le radici e le usanze sono le stesse ma ci sono piccole
cose che cambiano. A Vascongadas la gente è molto diversa. Se vai
lì ci resti male. Le donne non si sono modernizzate, indossano gonne
lunghe, sono vestite in modo diverso, più antico. Dovranno certamente
soffrire di più per adattarsi. A Vascongadas sono nomadi. Sono diversi.
Non vogliono adattarsi o non ci riescono, oppure c’è qualcosa che
glielo impedisce. Supponendo che vogliano mettere su una casa, non è
facile che qualcuno gliela affitti a causa del loro aspetto.
Le usanze gitane e il loro modo di vedere la vita sono buoni. Gli altri
immaginano gli zingari che ballano, che suonano la chitarra e che non lavorano.
Ma c’è anche tra loro (gli altri) gente che passa tutto il suo tempo
seduta davanti alla televisione senza fare niente. Le usanze si assomigliano,
è l’aspetto che cambia.”
“Ci sono però anche casi in cui gli zingari abbandonano il lavoro,
questo fatto da l’impressione che non riescano a sentirsi legati ad un
orario?”
“Non conosco casi di zingari ai quali non piaccia lavorare. Sono
una minoranza molto ridotta. L’amministrazione dovrebbe controllare meglio
chi aiutare e chi no.”
“Qualche volta vi siete sentiti discriminati per il fatto di essere
zingari?”
“Noi no. Nel Barbastro (Huesca) invece sono molto razzisti, c’è
molta gente dell’OPUS. Quando andiamo lì per vendere, siccome non
sembriamo zingari, siamo ben accetti ma se lo sapessero, credo che molta
gente non comprerebbe da noi. A Lèrida è giunta molta gente
che è tornata al luogo di origine perché dove stava non era
ben accetta. Il razzismo c’è dappertutto. Fino a che non conosci
una persona hai paura, però dal momento che impari a conoscerla...”
“Qual è la situazione della donna gitana?”
“Oggi non sono più soggette all’opinione del marito anche se
ci sono alcuni casi. Ci sono anche state ragazze che si sono sposate e
il giorno successivo se ne sono andate.
Io vivo con mio marito da 20 anni. Se un uomo non si comporta bene
con la moglie o con i figli, tutti gli altri zingari si alleano e lo minacciano.
Ci sono casi eccezionali. I bambini e gli anziani sono molto rispettati.
“Che lingua parlate tra di voi?”
“Il Castigliano. Non siamo catalani; gli zingari che sono catalani
parlano il catalano.”
“Che tipo di amici avete?”
“Misti, paesani e zingari. Anche mio marito ha frequentato questa scuola
e ancora oggi incontra i suoi vecchi compagni e si salutano. In genere
le amicizie sono sempre miste.”
“E il tempo libero?”
“Questa usanza si è persa un poco. Tutto si perde. Ci riuniamo
in casa in occasione di compleanni. In estate andiamo in qualche piscina,
facciamo una bella mangiata! Niente di speciale.”
“Partecipate alle feste che vengono organizzate a Lèrida?”
“Porto le bambine alle fiere. Se c'è qualche occasione che ci
piace, ci riuniamo tutti quanti e andiamo. Quando usciamo lo facciamo da
soli o con altri zingari.”
“Quali usanze mantenete?”
“Si perde tutto. L’usanza di prendersi cura dei vecchi in casa, il
matrimonio, direi che sono queste le usanze un po' diverse dalle vostre
e che continuano. Le cose non si mescolano, si perdono. Quando eravamo
appena sposati il giorno di S. Giovanni ci riunivamo. Ora la gente va più
per conto suo. La famiglia è più ristretta. La gente ha più
preoccupazione di vivere bene, il che è normale.”
“Come si trasmettono le usanze?”
“Le vivono già da piccoli. Le bambine vedono sin da piccole
come funziona la casa. In casa c’è sempre molta gente. Noi siamo
molto uniti e questo è già qualcosa che si trasmette. Loro
vedono le usanze della nostra casa e quelle della casa di mia madre. La
maggiore sta prendendo la patente di guida. Alcune ragazze si riuniscono
in una casa e ballano.”
“Parlano il catalano?”
“Mi sembra di sì Rispondono al telefono in catalano. La maggiore
ha quattro amiche e basta. La piccola molti, quelli della scuola. Andavano
all’ “esplai” ma si stancarono e non fecero grandi amicizie con gli altri
bambini e bambine, però non per il fatto di essere zingari.”
“A scuola hanno partecipato alle attività extra scolastiche?”
“No, abbiamo paura. Stiamo tutto il giorno in strada. Paura che succeda
loro qualcosa in generale, niente di specifico. Se qualcosa non viene permesso
ad una, non lo è neppure all’altra, la cosa essenziale è
non fare discriminazioni tra le figlie).”
“Che cosa le piace di più della scuola?”
“Che in questa scuola ci sono pochi alunni in ogni classe così
possono essere seguiti meglio.”
“Che cosa le piace di meno?”
“Non lo so. Cambierei l’immagine della scuola. Qui vengono solo bambini
dei dintorni, i paesani se ne sono andati. Questo fatto pregiudica la scuola.
La maggior parte degli scolari ora sono zingari. Io sono andata ad un collegio
di suore, qui a Lerida, e mi sentivo discriminata per il fatto di non essere
del posto, per il fatto che ero castigliana. Ora questo non succede più.”
“Che futuro desidera per le sue figlie?”
“Il migliore. Qualunque sia, l’importante è che sia buono. Che
facciano la loro vita. Che si possano difendere.”
“Che desideri avrebbe?”
“Salute, lavoro, avere unione e felicità.”
Ecco ora il secondo racconto.
“Da quanto tempo vive a Lleida?”
“Sono nata qui; anche mio marito è nato qui. Io ho sempre vissuto
qui, mio marito veniva da Tarragona. Per tre anni sono vissuta a Terrasa,
ma per lo più sono sempre stata qui. Mio padre non l’ho conosciuto,
mia madre è morta, era di Lèrida. I genitori di mio marito
erano di Tarragona, dove sono sempre stati. Ora sono morti. Noi siamo sette,
tre fratelli vivono a Barcellona, a Sabadell, una sorella vive qui, un’altra
è morta e un’altra ancora vive in Francia. Io sono la più
piccola di tutti.”
“Tutte femmine?”
“No, tre fratelli e tre sorelle.”
“E lei quanti figli ha?”
“Otto. 21 anni la maggiore, la seconda 20, l’altra 18, Asunciòn
17, Carmen 14, Jesus 13, Alex 10 e la piccolina 7. La mia figlia più
grande è rimasta vedova e sta cercando una casetta, già siamo
troppi in casa. Noi siamo tre poi c’è mia cognata che è pazza,
mia figlia e i suoi tre figli.”
“Lei e suo marito vi siete sposati secondo la legge o in qualche altro
modo?”
“Secondo la legge gitana e in Comune.”
“Per lei è meglio avere figli maschi o femmine?”
“A me piacciono di più le bambine, a mio marito no. Io sono
contenta delle mie figlie. Mia figlia ha ereditato qualcosa del padre,
sua figlia è stata operata al cuore, è sorda e muta; vive
a Tarradellas.”
“Come vede la situazione attuale della sua famiglia?”
“In generale bisogna tirare avanti, se mi deprimessi la casa andrebbe
a picco. Mio marito è ammalato, schizofrenia, cuore; anche mia cognata
è ammalata. Jesus è quello che mi fa soffrire di più,
sta male di nervi.”
“Che pensa della situazione in generale delle donne gitane e della
sua in particolare?”
“Le donne che non sono zingare hanno più libertà, noi
siamo più schiavizzate. Gli zingari hanno delle brutte usanze. Il
“fazzoletto” tutti devono vederlo, è una vergogna, dovrebbero toglierlo.
Le mie figlie ci sono passate, la maggiore è scappata, lei non è
molto cattolica. Lascia le cose dappertutto. Ha avuto la meningite da piccola,
è molto nervosa.”
“In che lingua parlate?”
“In castigliano, il “calo” (lingua zingara) è passato ormai.
Mio marito parla catalano e i ragazzi lo capiscono.”
“Come si trova nel quartiere?”
“Non credevo che al funerale di mio genero venisse tanta gente, è
venuto tutto il paese; noi non siamo cattivi, non litighiamo con nessuno,
neanche mio marito. Solo il bambino ha già avuto tre denuncie per
il cane. Tutti gli abitanti del paese sono buoni. C’è solo una ricca
vedova che è razzista con gli zingari, me l’hanno detto ma io non
litigo con nessuno, non mi piacciono i litigi. Tutto il paese è
venuto alla sepoltura, a offrire quello di cui c’era bisogno e ogni volta
mi fa piacere. Lo stesso a mio marito, quando lo portiamo all’aperto, subito
viene qualcuno ad offrirgli un sigaro. E’ gente buona.”
“Uscite? Quali attività vi piace fare?”
“Io non esco perché in casa ho molti problemi, le mie figlie
vanno al cinema. Io proprio non posso, con mio marito, mia cognata, i nipoti.
La mattina devo rifare i letti, pulire per terra, fare da pranzo, arrivano
i bambini. Non c’è mai il tempo per me. Mia madre era molto
all’antica, appena mi sono sposata è venuta a stare con me; se arrivavo
tardi perché ero andata al cinema non mi faceva entrare in casa:
Se mi truccavo mi diceva che mi avrebbe mascherato con una padella. Era
molto all’antica. Mi sono sposata a 21 anni e sono sempre stata una schiava
in casa, per il marito, per i figli e adesso anche per la cognata. Vedo
anche che mia cognata va molto d’accordo con mio marito.”
“Usanze zingare.”
“Per quanto riguarda le ragazze, non mi piace che escano; Carmen ha
14 anni, quasi 15. In casa va bene, mi piace che vengano le loro amiche.
Se esce, il marito comincia a borbottare: “dov’è la ragazza?”. Questo
anche se le sue amiche sono ragazze bravissime. Io le dico: “ quando ti
sposerai farai quello che vorrai.” Non dovrebbe essere così.
Le mie sorelle non fanno lo stesso, si riuniscono, vanno al cinema. Se
viene mia sorella da Barcellona e vanno al cinema, a volte dice: “porto
anche la bambina”, ma noi non la lasciamo andare. Con i maschi facciamo
quello che fate voi, ma con le femmine no.”
“Avete appreso qualche nuova usanza?”
“Io faccio sempre le stesse cose, mi piace che i ragazzi vadano a scuola,
che imparino; io so qualcosa, me lo insegna mia figlia, la maggiore. A
volte i bambini mi fanno delle domande ma io rispondo che chiedano alla
sorella. La maggiore si sta laureando.”
“Quali usanze considera più importanti e perché?”
“Nessuna delle usanze gitane mi piace. A volte vengono in aiuto amiche
della maggiore, del “pirmi” (aiuto economico che si da alle famiglie senza
mezzi). Io le vedo, vanno avanti e indietro. Da noi per primi vengono sempre
i mariti; mio marito, un momento che non mi vede, comincia subito a chiedere
ai figli se mi hanno visto. Siamo schiave.”
“Ha molto rispetto per gli anziani?”
“Questo sì, credo che voi questo non lo fate. Noi non li porteremmo
mai all’ospizio. Mia madre morì a 81 anni ma sempre l’abbiamo accudita.
Noi rispettiamo molto gli anziani; cosa darei ora affinché mia madre
fosse di nuovo qui con me. Non ti rendi conto di questo fino a che non
ti viene a mancare, mi aiutava molto. Le mie figlie non possono, sono ancora
piccole; la maggiore si è sposata a 13 anni e ha una bambina; l’altra
ha 16 e ha due figli, una dei quali è una pazza, sordomuta, che
pena!”
“I figli fanno qualche attività extrascolastica?”
“No.”
“E la scuola?”
“Quelle fuori Lèrida no, ho paura.”
“Di che cosa ha paura?”
“Di tutto, possono succedere molte cose. Anche in questo gli altri
paesani sono diversi. Le mie figlie no, loro li lasciano andare (i propri
figli), dicono anche a me di lasciarli andare perché non succede
nulla.”
“Come si trovano i figli a scuola?”
“Molto contenti.”
“Parlano catalano?”
“Sì.”
“I loro amici sono zingari o no?”
“No, non mi piacerebbe che si relazionassero con gli zingari.”
“Perché?”
“Cercano problemi, mio marito non è uno zingaro.”
“Però si comporta come uno zingaro?”
“E’ che sa cosa è successo. La figlia maggiore era la preferita
di casa, a 13 anni è scappata con uno che la mise incinta e poi
la lasciò. La riprendemmo in casa ma ora mio marito ha molta paura.
Questa paura gli è rimasta da allora.”
“Così suo marito è quasi del tutto un gitano? Appena
sposati suo marito aveva usanze paesane?”
“Non molto e ora le dico il perché: prima di sposarsi con me
mio marito aveva un’altra moglie e quattro figli. La moglie lo lasciò
e si mise con suo fratello con il quale ebbe due figli. Così lui
cominciò la sua brutta vita, il bere, la depressione.”
“Come l’hanno presa i suoi quando hanno saputo che si sposava con un
contadino?”
“All’inizio nessuno mi parlava, anche mio fratello maggiore smise di
parlarmi. Però non mi pento, è stato molto buono con me,
si è fatto in quattro per i suoi figli e per me, sembra strano che
sia stato con un’altra donna.”
“Vede mai i figli avuti dal suo primo matrimonio”?
“Un figlio è morto per droga e le figlie non le vuole vedere,
dice che sono false come la madre. Io mi sono sposata con lui a 21 anni,
ho avuto 8 figlie e gli sono stata sempre fedele, in tutto. Se lo avessi
saputo prima non mi sarei sposata con lui, lo seppi dopo, quando era giù
tutto fatto. Mio marito mi disse: “se lo avessi saputo ti saresti sposata?”
Non sono pentita, lo amo molto.”
“Cosa è che le piace di più della scuola?”
“Il fatto che così i figli non mi danno fastidio e che impareranno
delle cose per il loro futuro. Ho sempre lottato perché andassero
a scuola.”
“Cambierebbe qualche cosa della scuola?”
“Della scuola no, va bene che imparino a leggere e a scrivere, potranno
trovare un lavoro.”
“Che futuro desidera per i suoi figli?”
“Un futuro migliore del mio; che lavorino, è la cosa migliore
che c’è.”
“La donna zingara può lavorare?”
“No, se il marito non glielo permette. Io sono stata per sette anni
alla Mutua di Tarrassa, mi volevano molto bene, mio marito non voleva.
Avevo problemi alla colonna vertebrale, ho una malattia alle gambe, la
poliomielite. Ma mi piace lavorare.”
“Voi quali entrate avete?”
“Riceviamo una pensione di mia cognata, una di mio marito. Io prendo
un sussidio; con questo pago la luce, la casa, il telefono, il cibo, i
bambini: non mi avanza ma è abbastanza. Quando ricevo il doppio,
compro le scarpe per i bambini.”
“Mi piacerebbe che potesse parlarmi un po’ di più di ogni cosa
che mi ha detto; perché non le piacerebbe che ci fossero altri bambini
zingari a scuola?”
“Perché sono più sfrontati. Quando andavo nella scuola
dove c’erano ragazzi gitani, venivano con gli occhi neri, si picchiavano
tra di loro, sono cattivi. I miei possono andare dappertutto. Ci sono alcuni
zingari che non meritano nulla, ma questo è colpa dei genitori,
non meritano né casa né altro. I ragazzi non li lavo tutti
i giorni, due volte alla settimana. Il più sporco è il maggiore,
faccio fatica a vestirlo, ho un problema alla mano, non posso fare forza
e a volte devo vestirlo, mettergli le scarpe perché non vuole farlo
da solo.”
“Avete vissuto qualche episodio di razzismo?”
“Sì, noi siamo quelli che vivevano ad Aitona, è uscito
su tutti i giornali. Il primo giorno tornarono i bimbi dalla scuola dicendo
che erano gli unici ad esserci andati, lo stesso successe il secondo giorno.
Io il primo giorno non feci supposizioni, poi venne la televisione, i giornali.
“Finché i bambini zingari andranno a scuola, noi non ci andremo”.
Siamo dovuti andar via da. Non ci sono più stati episodi di razzismo,
solo ad Aitona. Dovemmo lasciar tutto. Penso che sono razzisti e basta.
Sono anche stata al collegio delle suore di Aitona, perché avevano
una mensa; mi dissero con disprezzo che non c’era posto. E’ stato l’unico
posto.”
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