INTRODUZIONE ALLE MINIERE
 In questa sezione noi alunni ci occuperemo delle miniere di Oltre il Colle, grazie ad un’ articolata ricerca che coinvolge materiale informativo, illustrativo e interviste a ex minatori, che hanno operato per anni nella nostra zona. La miniera è stata per un lungo periodo una fonte di occupazione e reddito per la Valle Serina, sino a quando nel 1980, dopo anni di crisi, si è avuta la chiusura definitiva.

LE MINIERE DELL’ARERA

Le Alpi Orobie sono state interessate da attività minerarie grazie alla disponibilità di manodopera, energia combustibile e la vicinanza alle industrie di trasformazione. Nel XIX secolo il progresso tecnico rese accessibili nuove aree minerarie e nuovi mercati ; molte attività si fermarono e altre furono attivate, grazie alle quali ci fu lavoro e prosperità. Ciò vale principalmente per le miniere di calamina.
Nuovi impieghi dello zinco determinarono grande richiesta di questo minerale, per la produzione di ottone e oggetti zincati importanti per la loro resistenza alla corrosione e per l’invenzione di nuove leghe.
Grazie allo sfruttamento minerario, Oltre il Colle ebbe un periodo di sviluppo. Le nuove attività industriali fecero diminuire i fenomeni di emigrazione e quando i cantieri minerari si fermarono il turismo sostituì l’industria, affiancando le attività agricole mai scomparse.
PERIODO ROMANO

La tradizione vuole che la “coltivazione” del piombo e dello zinco nella bergamasca risalga all’epoca romana, ai tempi in cui venivano utilizzati i condannati “ad metalla” ossia per i lavori minerari. I romani conoscevano e coltivavano le cosiddette “calamine” del bergamasco e la nostra valle era “rinomata” come produttrice di minerali di zinco. Con la calamina i romani producevano e vendevano l’ottone. A prova di quanto detto vi è la seguente citazione di Plinio “Fit aes lapide aeroso quem  vocant calmiam. Celebritas in Asia et quondam in Campania, nunc Bergomatum agro, extrema parte Italiae.”
Nel 1911 Umberto Savoia professore presso il Reggio Politecnico di Milano confermò che presso San Pietro D’Orzio a Vaccareggio erano presenti strette gallerie (30 x 40 cm) scavate tutte a mano e dotate di incavature con lumi. Durante gli scavi fatti dalla società Vieille Montagne, in queste gallerie si ritrovarono scalpelli, cunei, lumi in terra cotta e in metallo, questo materiale è stato preso in possesso dall’ingegnere Luigi Noble e secondo gli storici dell’epoca era uguale a quello usato dai romani.

IL PERIODO MEDIEVALE
Le testimonianze che riguardano il lavoro eseguito in epoca medievale sono scarse. Si parla di lavori condotti dai Pisani, così come vi sono notizie sullo sfruttamento delle calamine da parte della Serenissima che aveva conquistato, nel 1428, la parte orientale della Lombardia tra cui Bergamo e Brescia.
L’accorta Repubblica  esportò l’ottone prodotto con i minerali di zinco al di fuori del suo territorio, facendo concorrenza alle analoghe produzioni orientali sul mercato di Costantinopoli.
Tracce di lavori antichi erano sparse un po’ dovunque: sui contrafforti della Presolana, nelle miniere della Costa Jels ed in Val del Riso , nelle miniere di Dossena Gialla e di S. Pietro d’Orzio e Dossena. Tutti questi lavori , secondo Umberto Savoia, erano stati abbandonati a partire dal XVIII secolo. Bisogna attendere così la prima decade del 1800; nel 1810, in piena avventura napoleonica, un chimico belga, tale Dony, ottenne da Napoleone un brevetto per produrre per via termica lo zinco metallico ed aprì una fabbrica a Liegi. Questa impresa, nel 1837, prese il nome di Vieille Montagne e qualche decennio più tardi divenne una delle società protagoniste delle attività estrattive dello zinco nella bergamasca .
L’OTTOCENTO
Nel 1855 si costituì in Bergamo una Società Montanistica che, forse allettata dal ritrovamento di qualche pezzo di galena assieme al minerale di zinco, aveva intenzione di compiere ricerche per l’estrazione di argento. Esse furono iniziate nel 1868, per iniziativa di un banchiere francese Gamier e del genovese Mozzoni che richiesero ed ottennero, tramite l’avvocato Sileoni, permessi nei comuni di Gorno, Oneta ed Oltre il Colle. Nel 1870 i due banchieri fallirono ed il Sileoni dovette vendere minerali e lavoro a un inglese Richardson. Nel 1877 scoprirono la miniera di Grina Golla Splazzi, poi ceduta a Richardson, che ne ottenne la concessione. Nel 1876, intanto, altri intraprendenti inglesi ,Francis e Goudal Gibson, in società con i banchieri livornesi Modigliani, iniziarono lavori molto importanti scoprendo nel 1877 le miniere di monte Trevasco, Arera, Vaccareggio, Dossena Gialla e S. Pietro d’Orzio. Si era in un periodo di grande ricerca dei metalli in conseguenza della guerra franco - prussiana nel 1870 e si era nel pieno delle grandi costruzioni ferroviarie russe e americane.
L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO IN MINIERA
Le miniere erano in quel tempo gestite con metodi manuali. In questo ciclo di lavorazione furono impiegate donne e fanciulli, addetti alla cernita del minerale e al trasporto dai cantieri alti alla carreggiabile . La roccia estratta dai minatori , veniva portata a spalla da donne e ragazzi sui piazzali situati all’imbocco delle gallerie , dove  altro personale era addetto allo spezzettamento con martelli e alla cernita della calamina, mentre il materiale non produttivo veniva gettato nelle discariche .Altre donne, soprattutto quelle più robuste, erano addette al trasporto del materiale, che avveniva con gerletti portati a spalla, i quali potevano contenere fino a 40 chili di minerale per viaggio.
Era un lavoro duro e difficile per tutti : per i minatori che lavoravano in galleria con poca aria e luce , per i bambini , costretti dopo i  12 anni a guadagnarsi da vivere , per le donne , che spesso alternavano i lavori in  miniera con quelli agricoli e domestici.
FINE OTTOCENTO
Alla fine dell’ottocento la proprietà delle miniere cambiò a causa di una crisi economica derivata dal ribasso dei prezzi; le miniere vennero rilevate dalla English Crown Spelter Company.
Seguirono alcuni anni in cui le miniere vennero date in concessione a varie società ed altre ne vennero aperte, alla fine del secolo la produzione complessiva delle miniere di zinco bergamasche raggiunse le 26000 tonnellate di materiale, con una forza lavorativa di 1780 operai.
IL NOVECENTO
La storia delle nostre miniere lungo questo secolo è legata agli avvenimenti storici che hanno sconvolto l’Europa .
Nei primi anni del novecento fu installato ed utilizzato con successo un nuovo forno seguito poco tempo dopo da un secondo.
La produzione di minerali ebbe fasi alterne fino alla diminuzione legata allo scoppio della prima guerra mondiale: infatti le società appartenevano a nazioni coinvolte nel conflitto.
Ciò nonostante la English Crown Spelter Company e la Vieille Montagne riuscirono in breve tempo a superare le difficoltà, difficoltà che si ripresentarono quando diminuì il personale ed anche gli esplosivi da utilizzare in miniera .
Nel novembre 1918 la grande guerra finì e ritornarono i reduci. Furono molti i disoccupati, alcuni emigrarono ma i più riuscirono a trovare lavoro nell’ agricoltura e nella miniera
Nel 1922 la English Spelter Company cedette alla Vieille Montagne le miniere della Val del Riso.
L’avvento del fascismo favorì la cosiddetta autarchia: i minatori vennero incentivati con ogni mezzo ad acquisire nuovi metodi di lavoro più efficienti e spesso lo fecero con risultati interessanti.
Il fascismo nel 1927 istituì la legge mineraria, che prevedeva la creazione di servizi sociali per malattie e invalidità e strumenti di controllo sul posto di lavoro. La legge tutelò le attività delle donne e vietò il lavoro minorile.
Pian piano vennero introdotte macchine che alleggerirono il lavoro e nuove tecniche di esplorazione. Una grave crisi, nel 1931 , portò ad un massiccio licenziamento di minatori.
L’Italia entrò in guerra il 10 giugno del 1940. Come in ogni guerra vennero divorate enormi risorse e grandi quantità di minerale.
Nel 1940 i tedeschi invasero il Belgio e la situazione della Vieille Montagne (società belga) diventò critica al punto che fu costretta a cedere le sue attività all’A.M.M.I. (Azienda minerali metallici italiani).
L’azienda non apportò mutamenti al lavoro, anzi essendo produttrice di zinco e piombo, minerali strategici, ottenne di esentare i propri dipendenti dal servizio militare.
DALL’ 8 SETTEMBRE AI GIORNI NOSTRI
Con la caduta del fascismo e l’armistizio dell’8 settembre le cose cambiarono. I tedeschi per mantenere in attività le miniere in Germania, decisero di deportare là metà dei minatori, che erano specializzati nella lavorazione del minerale. Purtroppo non tutti tornarono. Quelli rimasti continuarono a lavorare tra mille difficoltà. La miniera era passata nel frattempo sotto il controllo della S.A.P.E.Z (società per azioni piombo e zinco.) Il numero degli occupati subì continue oscillazioni di riferimento al prezzo dello zinco. Nel frattempo si era costituita una commissione che si fece interprete dei bisogni dei minatori. Vennero adottate precauzioni per ridurre gli incidenti (caschi protettivi, mascherine) e si fecero campagne per prevenire le malattie professionali anche con l’aiuto dei parroci locali, che dal pulpito tentarono di sensibilizzare i minatori, purtroppo con risultati sempre modesti.
Quando i problemi della industria dello zinco, si acuirono per eccesso di offerta, anche l’azienda cercò di trasformarsi con numerosi interventi finanziari ed operativi. La società (prima AMNI poi AMMI  SpA ), fu incorporata dalla ITALMINIERE, intervenne l’EGAM e infine fu ceduta alla SAMIN.
Nel 1969-70 con la chiusura di cantieri alti alla “Plassa” alla Parina e allo smantellamento della teleferica che portava il minerale in Val del Riso, iniziò la lenta agonia della miniera. Vennero introdotti nuovi macchinari ( potenti perforatrici ad acqua ) e numerosi vagoncini elettrici efficienti e silenziosi.Venne aperta anche la strada di collegamento con Ponte Nossa, dove era stato aperto un grande stabilimento per il trattamento dello zinco. Fu in parte realizzata anche una galleria di collegamento con la Val del Riso, ma fu tutto inutile .
Le prime lettere di licenziamento arrivarono nel 1980, seguirono allarme, manifestazioni e scioperi. Nel 1982 tutto era finito. Dopo oltre cent’anni la Val Parina era restituita alla natura. La miniera tra poco sarà solo un ricordo, lentamente i vecchi minatori non ricorderanno più e le nuove generazioni non sapranno mai se qualcuno non si affretterà a conservarle.
IL LAVORO DELLE DONNE
Le donne erano addette alla cernita (scelta )del minerale. Il lavoro cominciava già nei piazzali antistanti la miniera, qui alcuni uomini rompevano con grosse mazze i pezzi più grossi, e successivamente intervenivano le donne che con martelli liberavano il più possibile, il minerale dallo sterile. Chine o sedute su rozzi sgabelli spezzettavano il minerale (“ganga “) e lo ammucchiavano vicino alle stazioni di partenza.
Non c’erano grandi precauzioni: con il sole, il vento o il freddo, il lavoro proseguivano  8 o più ore al giorno per una paga scarsa ma importante per la famiglia.
COME SI SONO FORMATI I GIACIMENTI?
 Gli strati di calcare metallifero delle nostre montagne, hanno una lunghezza che varia dai sessanta ai cento metri ed uno spessore da dieci centimetri a un metro. Si formarono durante il periodo Triassico, più di duecento milioni di anni fa e si trovano tra il Ladinico e il Carnico. Il Carnico è di color grigio-verde ed è attraversato da qualche venetta di pirite.
Nel Ladinico non si trovano minerali. Questi strati metalliferi si sono formati in fondo al mare con sostanze calcaree (gusci...) che si sono allora depositate. Molti studiosi sono giunti alla conclusione, che nel fondo marino, a quell’ epoca, si verificarono eruzioni vulcaniche che avrebbero fatto affluire nelle acque, assieme alle lave, solfuri di piombo e zinco che si depositarono tra il calcare.
Conosciamo poi il destino dei nostri depositi: sollevati e strizzati dall’avvicinarsi della zolla Africana, vennero alla luce anche grazie all’erosione avvenuta in questi milioni di anni.

MUSEO MINERALOGICO di OLTRE IL COLLE
 
 
A  Zorzone, presso le ex scuole elementari in via Funivia,  è stato allestito un museo mineralogico con il contributo di chi in miniera  ha lavorato davvero.
Il museo risulta articolato in due sezioni ; al piano terra si trova la sezione dei minerali mentre al piano sottostante, é stato allestito in due spazi il museo della miniera ; nello spazio minore è ricostruito un tratto di galleria mineraria con il simulacro di un minatore al lavoro sul “fronte” della galleria .
Vastissima la raccolta di minerali (più di mille pezzi diversi ) provenienti dalle locali miniere delle Valli Seriana e Brembana e da tutto il mondo. Sono ordinati per tipo e provenienza.
Fra essi hanno particolare interesse mineralogico i seguenti minerali locali:
 
Pirite
SFALERITE
VULFENITE
EMIMORFITE
IDROZINCITE


Auricalcite

Linarite




GALENA
PLATTNERITE
SMITHSONITE
BOURNONITE
MALACHITE

 
 
e di altre località:

CRISTALLI DI FLUORITE
CRISTALLI DI CALCITE
BISSOLITE
QUARZI
ROSE DEL DESERTO
PIRITE
EMATITE
AMETISTA
STILBITE
ANTIMONITE

Il museo è aperto :
luglio : feriali su prenotazione  / festivi ore 16-18
agosto : dall’1 al 20 ore 16-18 .

Da settembre a giugno il museo è aperto su prenotazione ;
Municipio , via Perletti, 4                   Tel.034595015
Conservatore del museo                     Tel.034595313