Regioni ed Enti Locali: normativa e politiche insediative in
Lombardia: la L.R. n.77 del 12 Dicembre 1989.
La L. R. n.77 del 12 Dicembre 1989 a "tutela
delle popolazioni appartenenti alle etnie tradizionalmente nomadi
e seminomadi" traccia alcune linee guida sui i temi dell'insediamento,
dell'intercultura e dell'avviamento professionale riguardanti
il nomadismo Zingaro nella nostra Regione.
Richiamandosi al rispetto delle dichiarazioni
internazionali per i diritti dell'uomo e della Costituzione, nella
legge si riconosce il diritto al nomadismo, la tutela del patrimonio
culturale e dell'identità dei gruppi Rom e Sinti, entro azioni
specifiche da attuare per il miglioramento della salute, del benessere
sociale e verso l'acquisizione di una progressiva autonomia e
autosufficienza delle medesime popolazioni.
In essa Vengono indicati obiettivi generali
quali l'approfondimento del patrimonio culturale e delle tradizioni
zingare, la salvaguardia della specificità linguistica, la partecipazione
dei Rom e Sinti alla predisposizione di interventi di politica
sociale che li riguardano, la sensibilizzazione della società
civile lombarda e degli enti locali per una adeguata accoglienza.
Le politiche d'intervento contemplano il sostegno
finanziario per la realizzazione di campi sosta o di transito
in singoli comuni od associati, attraverso il reperimento di aree
da destinare a zone per attrezzature di uso pubblico tra i piani
regolatori generali dei comuni.
Di particolare interesse è la possibilità di
sostenere progetti abitativi in zone residenziali intese a favorire
la sedentarizzazione comunitaria.
L'ubicazione dei campi o villaggi è previsto
debba essere individuata dai Comuni in modo da evitare qualsiasi
forma di emarginazione urbanistica, facilitando l'accesso ai servizi
e la piena partecipazione dei Rom e Sinti alla vita sociale.
Altre condizioni riguardano iniziative nel
campo scolastico, professionale e la tutela dei minori, per le
quali viene previsto un capitolo di spesa corrente.
L'istituzione di una Consulta Regionale e di
un Comitato Tecnico Scientifico, promuovono infine l'avvio di
indagini conoscitive intese alla individuazione della consistenza
delle popolazioni nomadi, della loro distribuzione e mobilità
sul territorio lombardo, con il compito inoltre di predisporre
specifici atti e provvedimenti di competenza degli organi regionali.
I Comune che, nell'arco di un decennio, hanno
chiesto di accedere ai finanziamenti in conto capitale per la
realizzazione di aree sosta sono stati i seguenti:
- Milano: campo di via Idro e via Chiesa Rossa
- Casal Maggiore (Cremona)
- Mantova
- Gussago (Brescia)
- Chiari (Brescia)
- Romano di Lombardia (Bergamo)
- Trescore Balneario (Bergamo)
- Treviglio (Bergamo)
- Brescia
Altri Comuni che hanno fatto richiesta di
finanziamento regionale aggiuntivo per la realizzazione di aree
attrezzate a sosta sono:
- Cremona
- Mantova (realizzazione seconda area)
- Casazza (Bergamo)
- Bergamo
- Saronno (Varese)
- Pavia
- Garbagnate Milanese
Con Deliberazioni n.4748/90, 16232/91 e 07577/95
la Regione Lombardia ha posto a bilancio la somma complessiva
di £.9.755.000.000 così ripartita:
- '90 3 miliardi
- '91 3 miliardi
- '95 3,755 miliardi
Alcuni Comuni hanno realizzato o prevedono di realizzare
sul proprio territorio piccole aree sosta attrezzate senza far
ricorso necessariamente ai finanziamenti regionali (ad es. Rho,
Caselle Lurani, Buccinasco, Voghera, Vidigulfo, Gambolò, Magenta,
Lissone).
Questo è dunque il contenuto di massima della
Legge Regionale varata, oltre un decennio fa, sull'onda di analoghe
iniziative che hanno riguardato in quel periodo c.ca la metà delle
Regioni del territorio nazionale, in molti casi con forti similitudini
e analogie nei contenuti.
Infatti, uno dei nodi più spinosi a cui si
è rivolta l'attenzione dei legislatori è la tipologia dell'habitat,
ovvero delle politiche sociali e tipologie insediative che sottendono
ai progetti di accoglienza delle popolazioni zingare.
Partendo dall'analisi del contesto e dei gruppi
si è andata affermando in modo deciso una modalità di insediamento
comunitario, soprattutto nel Nord Italia, che riprende e fa propria
la nozione di "campo" o "area di sosta".
I "campi" realizzati in Lombardia presentano
una standardizzazione delle caratteristiche tecniche progettuali
e sono definiti dal legislatore quali "spazi ricettivi all'area
aperta", provvisti di piazzuole per la "sosta" e servizi igienici
costituiti per lo più da un "blocco centrale" destinato ad uso
comune.
Nonostante la possibilità di edificare insediamenti
stabili a carattere residenziale o semiresidenziale, gli Enti
Locali non hanno avviato alcun piano urbanistico specifico per
favorire qualitativamente la tendenza alla sedentarizzazione di
molti gruppi Rom, variando solo taluni aspetti minimali di carattere
strutturale e progettuale (sostituzione dei blocchi servizi centrali
con quelli unifamiliari, piazzuole di più ampie dimensioni con
ridimensionamento dello spazio comune ecc.).
Il tema della sedentarizzazione, occorre dirlo,
è da sempre destinato a suscitare polemiche e facili generalizzazioni,
di fronte a cui sembra opportuno poter contestualizzare le diverse
ipotesi e proposte d'intervento, calibrandone attentamente l'impatto
col territorio e le aspettative espresse dai gruppi Zingari interessati.
La varietà del tipo di habitat degli Zingari rispecchia generalmente
la varietà dei luoghi di soggiorno e delle situazioni transitorie,
determinate in massima parte dall'ambiente che ne ha condizionato
la scelta: azioni di rigetto delle popolazioni locali, ma anche
regolamenti varianti secondo il luogo e secondo l'epoca, che obbligano,
limitano, proibiscono.
Se le politiche attuali nei confronti dei Rom
e dei Sinti tendono a "sedentarizzarli", per lungo tempo li hanno
piuttosto respinti obbligandoli al "nomadismo" o viceversa assimilati,
anche attraverso la riduzione in schiavitù.
L'adattamento all'ambiente passa comunque storicamente
attraverso un habitat diversificato e spesso provvisorio (tende,
kampine, caravan, baracche, prefabbricati, case).
Essere "sedentarizzato" è un fatto "oggettivo"
e non "soggettivo" nella cultura zingara, in cui cioè viene mantenuta
viva una visione del mondo strettamente legata a una "condizione
dello spirito" nomade, insieme alla necessità di affrontare continue
situazioni impreviste.
La dimensione del "viaggio", le "tradizioni"
interagiscono nella vita sociale e culturale sia abitando in una
casa che in una roulotte.
Per gli Zingari il passaggio da una condizione
"precaria" (roulotte/baracca) ad una più stabile (abitazione mista)
è un progresso relativo mediato da una esperienza storica millenaria:
è il risultato di un compromesso momentaneo, che le circostanze
possono repentinamente cambiare.
E' oltremodo una risposta collettiva
alla frantumazione del gruppo in alloggi sociali (di edilizia
popolare), culturalmente inadatti e tendenti a smembrare il nucleo
dell'identità sociale zingara: la famiglia allargata.
Se, come appare quantomeno dai dati raccolti
nella provincia milanese, c.ca i 2/3 degli Zingari presenti sono
"sedentarizzati", occorre precisare ulteriormente che una parte
importante di gruppi Zingari nomadi e non (Lovara / Kalderas -
Caminanti siciliani) a loro volta non lo sono.
Per loro, Zingari o viaggianti, accanto alla
funzione sociale il viaggio ha anche una funzione economica altrettanto
importante, non trascurabile nemmeno per l'ambiente circostante.
Caratteristica essenziale dell'esercizio dei
mestieri è l'indipendenza, che necessita di interstizi adeguati
per i frequenti spostamenti periurbani che hanno preso ormai il
sopravvento sul "nomadismo rurale".
Le attività professionali, in linea di principio,
si organizzano e vengono condotte nel quadro del gruppo familiare
concepito come vera e propria unità economica di base.
D'altra parte in tutti i paesi d'europa esiste
un regolamento restrittivo o addirittura non esistono aree appositamente
attrezzate per la libera circolazione e, inoltre, vi sono limitazioni
o proibizioni di lavorare sul posto che determinano una inevitabile
caduta economica e un riflusso verso forme di assistenza passivizzante.
Molti dei mestieri esercitati dagli Zingari
sono utili e dinamici (come non pensare ad esempio alla raccolta
di materiale da riciclare, al piccolo commercio, ai mercati, alle
fiere e manifestazioni musicali) ma necessitano di spazi adeguati.
Emblematica a questo proposito è la crisi profonda
patita dalle attività di molti Sinti Giostrai per la mancata applicazione
della Legge Nazionale 337/68 (Legge Corona) che riconosceva lo
spettacolo viaggiante anche per la sua positiva funzione sociale
e imponeva ai comuni la costruzione di plateatici attrezzati.
Gli Enti Locali svolgono dunque un ruolo di
collegamento fondamentale tra le popolazioni presenti sul territorio
e le istituzioni regionali.
La concretezza delle scelte insediative dipendono
in larga misura da essi e sull'abitazione, sulla sicurezza di
poter costruire un rapporto stabile col territorio si dovrebbero
concentrare le sinergie istituzionali per puntare a realizzare
il miglioramento delle condizioni di alloggio dei gruppi zingari,
poiché da esse discendono in larga parte anche i miglioramenti
delle condizioni di salute, della scolarizzazione, dello sviluppo
economico e culturale.
Dalla nostra analisi emerge, viceversa, come
molte delle aree destinate alle abitazioni dei Rom e Sinti nella
Provincia di Milano e in Regione non sono mai state implementate
nei progetti di riqualificazione urbana dei Quartieri in cui sono
o erano presenti, sovente anche da decenni.
Frequentemente si è fatto ricorso alla bonifica
di aree periferiche, di "risulta", site tra scampoli di terreno
e arterie rumorose e trafficate, zone industriali prive di servizi,
corsi d'acqua a rischio di esondazione, ferrovie, cimiteri.
Nonostante un campo "spontaneo" di Rom e Sinti
rifletta una disposizione spaziale complessa delle famiglie, che
tiene conto dei rapporti parentali, sociali ed economici e dell'adattabilità
dello spazio nel tempo, sono stati pensati generalmente solo grandi
"campi sosta" (tralasciando i "campi di transito"), ignorando
i piccoli insediamenti a misura della famiglia allargata (4 o
5 nuclei per un totale di 20 - 25 persone) attorno a cui poter
realizzare agglomerati residenziali o semiresidenziali.
Questo dato è oggi alla base del malessere
e del disagio manifestato innanzitutto dai Rom e da molti cittadini
che nutrono timore e sospetto verso simili insediamenti, verso
cui cresce il rigetto e l'emarginazione.
I campi sosta sono generalmente mal impostati:
la progettazione prevede un allineamento utilitaristico di roulottes,
una sorta di parcheggio, provvisto di guardiania, a quello che
dovrebbe essere un luogo di residenza.
Viceversa, i terreni di piccole dimensioni,
oltre a trovare una più facile collocazione nel contesto urbano,
si inseriscono meglio nell'ambiente sociale, umano e geografico
di città e paesi, permettendo il raggruppamento della famiglia
allargata e un'autonomia semplice e rispettosa del contesto in
cui sono inseriti.
Possiamo affermare, alla fine del nostro ragionamento,
che su questo tema vi è ancora molto da fare, a partire da un
ripensamento profondo della L. R., in gran parte vecchia e superata
ancorché non applicata nelle sue parti più propositive.
Ma occorre anche evidenziare come, nel frattempo,
si sia strutturata anche una cultura e una modalità politica trasversale
agli schieramenti, ai partiti e movimenti locali, che produce
dei processi di forte disuguaglianza sociale, precludendo o comunque
ostacolando fortemente la possibilità di costruire positivi processi
di integrazione.
E' dunque indispensabile che l'Ente Regione,
in primis, riprenda un ruolo attivo di monitoraggio e coordinamento
delle politiche sociali rivolte alla minoranza zingara, fornendo
tuttavia strumenti legislativi chiaramente enunciati e, se così
ci è permesso di esprimerci, "cogenti" nei confronti di quelle
realtà locali che ignorano o fingono di ignorare l'esistenza di
una parte della propria popolazione, contestualmente all'erogazione
di adeguate e puntuali risorse finanziarie.
Occorre passare dunque dalla gestione di situazioni
congiunturali, lasciate solo alle dispute accese delle Amministrazioni
Comunali, all'adozione di un piano globale, di uno sforzo di riflessione
legislativo, urbanistico, architettonico e culturale in grado
di competere contro l'attuale esclusione sociale della maggioranza
delle comunità zingare presenti in Lombardia.
Regione e Provincia debbono quindi saper ripensare,
insieme agli Enti Locali, a politiche non solo di accoglienza
ma di pieno riconoscimento dei diritti di queste popolazioni,
riprogettando lo spazio urbano e lo spazio abitabile alla luce
anche delle specificità culturali, sociali ed economiche dei Rom
e dei Sinti che li vedano realmente partecipi. Il rapporto degli
Zingari col territorio varia in funzione della diversità culturale
dei vari gruppi e quindi necessita di una precisa e profonda conoscenza
dei fattori interni al gruppo che sottendono alle scelte abitative,
alle attività economiche, alle modalità di integrazione e convivenza
sociale, al modo di vita itinerante o sedentarizzato che va necessariamente
discusso e confrontato con loro stessi.
Maurizio Pagani - Vice Presidente
Opera Nomadi Sezione di Milano
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