Scuola e istituzioni.
Il panorama scolastico
nei comuni della Provincia appare assai differenziato, sia per
le strategie adottate spontaneamente dai singoli Istituti e dai
Docenti, sia, soprattutto, poiché la situazione scolastica di
una comunità zingara va compresa entro un contesto politico e
sociale non solo attuale ma determinatosi, in molti casi, nel
corso di alcuni decenni di storia vissuta nel comune di residenza
medesimo.
La scolarizzazione dei minori Rom e Sinti è
infatti una questione di carattere certamente pedagogico, ma anche
il risultato di complessi rapporti con i poteri pubblici, le istituzioni
sociali e le comunità autoctone, dove la condizione del "gruppo"
prevale sull'individuo e le relazioni tra genitori, bambini e
scuola sono spesso permeate da una conflittualità latente.
La scolarizzazione è, ancora in molti casi,
un processo che viene dopo il superamento di difficoltà economiche
e il mantenimento di un luogo di sosta precario o provvisorio.
Ma è anche il piano di un confronto difficile
tra valori culturali endogeni, che riproducono lo stile di vita
sociale e culturale del gruppo, ed esogeni o funzionali, tesi
cioè a sviluppare l'adattamento all'ambiente circostante.
In modi diversi Rom e Sinti hanno dimostrato
di adattarsi meglio ai cambiamenti presenti, di altre frange di
popolazione.
La loro flessibilità economica, la mobilità
geografica, l'educazione familiare, lo stile di vita comunitario
vincolano l'individuo a una rete di mutua sicurezza che gli dà
una solida identità.
In questo senso è importante parlare di processo
di istruzione e non di educazione: è sempre la famiglia (estesa),
infatti, l'entità a cui è affidata la formazione e l'educazione
dei bambini, essendo la scuola un'istituzione avvertita dagli
zingari come fondamentalmente etnocentrica ed estranea alla propria
cultura.
I genitori Rom mostrano di percepire come l'impatto
formativo che la scuola cerca di esercitare sui propri figli possa
in realtà "alienarli" dalla cultura di appartenenza.
Vi è una evidente contrapposizione tra due
logiche educative, quella formale della scuola, in cui predomina
l'insegnamento verbale, gli orari, la divisione per classi d'età
e quella informale della famiglia zingara, in cui il bambino impara
vivendo con gli altri, nell'ascoltare e nel fare accanto agli
adulti, non per imposizione ma spinto dalla sua naturale curiosità
di conoscere e di sperimentare e dall'ambizione di essere approvato
dalla comunità (Karpati).
L'approccio interculturale di molti operatori
scolastici tende certamente a conoscere, valorizzare, rispettare
le culture diverse, ma, invero, tale pedagogia, deve essere mediata
dall'interculturalità dell'ambiente: occorre cioè che il bambino
sia riconosciuto nel contesto sociale con tutta la sua originalità
e ricchezza.
E' evidente lo scarto che separa ancora i bambini
zingari da tale auspicabile situazione.
A parte alcune peculiari situazioni "sperimentali"
(Rho, Senago, Garbagnate, Limbiate ecc.), dove da lungo tempo
vivono in modo semi stanziale comunità di Rom e Sinti italiani,
la presenza di alunni zingari nelle scuole dell'obbligo è notevolmente
inferiore alle aspettative anche se, sovente, non dobbiamo scambiare
gli effetti di questa situazione generale per le cause del fallimento
scolastico.
Saper utilizzare l'alfabeto è un conto, e tutti
vorrebbero saperlo fare; voler mandare i figli a scuola è un altro
conto (Piasere) e pone in modo forte il problema dell'acculturazione
attraverso la scolarizzazione e il suo rifiuto.
Alcuni dei temi affrontati in queste riflessioni
hanno subito in questi ultimi anni delle trasformazioni positive.
Per esempio, c'è un'enfasi maggiore sulla prescolarizzazione e,
inoltre, si è sviluppata la formazione degli insegnanti e il ricorso
all'impiego di Mediatori Culturali Rom.
Ma occorre comunque tener sempre presente che
ogni valutazione sulla scolarizzazione è contemporaneamente una
valutazione di politica generale. L'intercultura trova la sua
strada in classe attraverso l'intercultura nel mondo in genere.
Molto scarsa è anche la richiesta di scuola
materna, a causa della riluttanza delle madri zingare a separarsi
dai bambini più piccoli e d'altra parte emerge come sia necessario
impostare un rapporto corretto con il gruppo, rassicurando i genitori
sul trattamento che avranno i bambini, dimostrando che non c'è
atmosfera ostile intorno a loro.
Tenuto conto del bi - trilinguismo (romanès,
dialetto italiano, italiano, lingua straniera), intrinseco alle
competenze comunicative dei bambini Rom, è importante promuovere
la conoscenza e la frequenza alla scuola materna, per favorire
esperienze sociali e migliori competenze linguistiche.
La scuola elementare è l'ambito nel quale,
negli ultimi anni, sono stati raggiunti i maggiori risultati e
dove più attiva è la presenza di alunni Rom e Sinti e di esperienze
innovative, quali ad esempio l'inserimento di Mediatori Linguistico
/ Culturali zingari.
La dispersione scolastica raggiunge invece
punte altissime nella scuola media, verso la quale le famiglie
zingare non si sentono obbligate alla frequenza o per cui, se
non esercitano una professione (ad es. giostraio) non ne riconoscono
l'utilità.
Inoltre la scuola media presenta una struttura
certamente più rigida, negli orari e nella minore flessibilità
degli insegnanti, i ragazzi non trovano un adeguato sostegno allo
studio individuale, ha costi rilevanti, spesso al di sopra delle
possibilità delle famiglie.
Nonostante tutte le difficoltà rilevate, l'istruzione
deve rimanere un interesse centrale, perché può trasmettere un'immagine
positiva agli stereotipi negativi predominanti, accrescere l'autonomia
personale e fornire i mezzi di adattamento all'ambiente in mutamento
come mezzo di difesa da pericoli di assimilazione.
Opera Nomadi Sezione di Milano Maurizio Pagani
/ Giorgio Bezzecchi
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