OREFICERIA BARBARICA

In Europa le invasioni barbariche pongono in crisi l'impero romano d'occidente. Quella dei barbari fu una minoranza incapace di imporre una modifica razziale profonda e permanente; fu costretta ad adattarsi, ad amalgamarsi. I nomadi divennero stanziali.

Il nuovo si manifestò anche nell'arte; l'oreficeria "barbarica"; è il documento più tangibile dell'arte in questi popoli, è il compromesso artistico tra l'arte primitiva dei barbari ed i filoni provenienti dall'arte classica e dal bizantino.

La caduta dell'impero occidentale aveva già trovato l'oreficeria orientata verso il colore, la decorazione pittorica. Sbalzo a rilievo molto basso, uso disorganico di paste vitree e gemme, incisioni geometriche; invece del volume la superficie, alla superficie si sostituisce la linea. A questi caratteri già presenti nel tardo impero i barbari aggiungono i loro apporti. Ne risulta un'oreficeria policroma, ma con una particolare policromia, senza regole, senza periodicità, senza riposo. Lamina continua accanto a traforo, superficie variopinta dove possono trovarsi smalti verdi e rossi, ambra, rubino, ametista, pietre dure in generale, il vetro lucido, topazio, lapislazzuli, con appena una sottile parte di oro come separazione; gemme non sfaccettate. Filigrana a triangoli, a cuori, a cerchi, a fasci di linee rigide. Nei motivi decorativi si stenta a riconoscere l'ispirazione animale o vegetale. E' decorazione pura, senza un racconto e tecnicamente non curata, non finita, rozza, grossolana.

Oreficeria barbarica è stata rinvenuta in Italia nelle necropoli longobarde del VII e VIII secolo a Bolsena, Nocera Umbra, Testona, Castel Trosino, Cividale, Benevento nel Monastero di Santa Giulia. Nella cattedrale di Monza è conservato il tesoro di Teodolinda.

Popoli guerrieri estendono l'oro e l'argento alla decorazione di scudi, faretre, selle; per l'agemina usano anche altri metalli. Nelle collane coesistono pendenti nuovi e quelli di stile classico. I barbari convertiti si ornano di croci a braccia eguali, con motivi sbalzati; in principio è presente l'intreccio animalistico, poi la serena treccia mediterranea tra il VI e il VII secolo. Successivamente i motivi mediterranei compaiono anche nell'oreficeria d'oltre alpe: viticci, palmette, acanto.

La più ampia varietà di tipi appartiene alla fibula per uomo e per donna. Serviva ad allacciare la sopravveste sul davanti o a coppia sulle spalle un'ampia tunica, secondo la moda celtica.

Insieme a lingotti, stampi, monete d'Ag sono numerosi gli oggetti d'oreficeria di fattura locale accanto ad altri provenienti dai popoli meridionali fino alla Crimea, al Mar Nero, all'Asia gravitante sul Mediterraneo.

La volontà di proteggere questi tesori dai rischi; di avvenimenti non prevedibile né evitabili, ci consente di scoprire accanto all'influenza dell'arte dei popoli orientali e meridionali periferici dell'impero romano l'apporto originale di rielaborazione degli orafi nordici.

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