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DENUNCIA ALLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

RIGUARDANTE INADEMPIMENTI DEL DIRITTO COMUNITARIO

(Italia  - paragrafo 3 dei decreti ministeriali 25.6.1985 e 27.8.1987,

 mantenuti in vigore dall’art. 2 del D.M. 28.8.1995, n. 548)

 

1.            Cognome e nome del denunciante:             MARSIGLIO Giorgio

 

2.            Eventualmente rappresentato da:                   ----------------

 

3.            Cittadinanza:                                                 italiana

 

4.            Indirizzo:                                                        vedi testo cartaceo - ITALIA

 

5.            Telefono/posta elettronica:                           vedi testo cartaceo / oscarito@omnimail.sm

 

6.         Settore e sede di attività:                                 privato cittadino                      

 

7.                  Stato membro o organismo pubblico

      che, secondo il denunciante, non ha

ottemperato al diritto comunitario:                  ITALIA

 

8.                  Descrizione circostanziata dei fatti

       contestati:

 

8.1       La direttiva comunitaria 1999/5/CE (c.d. direttiva R&TTE) ha posto regole chiare e semplici per la commercializzazione delle apparecchiature radio e delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni. Al tempo stesso ha escluso dalla propria applicazione le normali apparecchiature radio di sola ricezione utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva.[1] Questo con intenti liberalizzatori (come vedremo al punto 8.15), non intendendo aggiungere ulteriore disciplina a quella già esistente e dettata dalle direttive LVD ed EMC.

 

In Italia le citate direttive hanno portato alla disapplicazione della normativa nazionale in materia di prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiocomunicazioni, dettata dai due decreti del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni 25.6.1985 e 27.8.1987.

Tale disapplicazione, però,  non è stata totale in quanto di tali decreti è tuttora vigente un paragrafo (il numero 3) riportante "prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili in Italia dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva". Prescrizioni che - solo in Italia - si aggiungono a quelle dettate per gli altri Stati UE dalle citate direttive comunitarie.

 

            Come dimostreremo, tali prescrizioni violano il diritto comunitario in quanto costituiscono mezzo di discriminazione arbitraria e di restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri, a danno dei consumatori finali .

 

Con la presente denuncia andremo pertanto ad illustrare ed argomentare i motivi di illegittimità delle ulteriori prescrizioni nazionali italiane; prescrizioni limitative non solo della libertà di commercio ma anche della libertà di di espressione e d'informazione.

 

Precisiamo che oggetto della normativa nazionale non sono né gli apparecchi trasmittenti come nemmeno gli apparecchi ricetrasmettitori. Non sono oggetto nemmeno i ricevitori c.d. scanner  i quali – pur se esclusivamente ricevitori – possono essere utilizzati non solo sulle gamme d’onda attribuite alla BC, ma anche su bande di frequenza riservate ad altri servizi.

 

Trattasi di una normativa che lo Stato italiano applica ad apparecchi regolarmente muniti di marcatura CE; non andremo pertanto ad esaminare marchi e modelli immessi nel mercato comunitario in spregio alla normativa dell’Unione. Argomento della normativa nazionale italiana (e della presente denuncia) sono invece i normalissimi ricevitori radio presenti in ogni famiglia (per uso domestico oppure in versione autoradio, oppure ancora abbinati ad altri supporti quali registratori, sveglie, lettori CD, walk-man, MP3, cuffie stereofoniche, telefoni cellulari ecc.) i quali, oltre che essere sintonizzabili sulle gamme d'onda tipiche degli home services, hanno la caratteristica di ricevere quei programmi che molte emittenti curano per gli ascoltatori residenti fuori dei confini nazionali (external services). Non sarà invece oggetto della presente denuncia la parte della normativa italiana relativa ai ricevitori televisivi, in quanto essa non prevede restrizioni dei canali ricevibili rispetto a quelli trasmessi dalle stazioni emittenti.

 

8.2       Con D.P.R. 27.1.2000, n. 64 (allegato 1)[2] l’Italia ha approvato il Regolamento recante norme per il recepimento di decisioni della CEPT in materia di libera circolazione di apparecchiature radio. Ai sensi dell’art. 1 di tale decreto, i cittadini dei Paesi CEPT possono “detenere ed usare le apparecchiature radio, portatili o veicolari, solo riceventi, per i servizi di radiodiffusione, di radiodeterminazione e di radioamatore, nonché per il servizio mobile a scopo di teleavviso personale”.

 

Il successivo articolo 2, primo comma, afferma però che nei confronti dei cittadini dei Paesi CEPT - in visita od in transito in Italia – che detengano ed usino le apparecchiature radio (comprese quelle solo riceventi per i servizi di radiodiffusione) “è fatta salva la normativa in materia di prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiocomunicazioni” (già in vigore, pertanto, nei confronti dei cittadini residenti in Italia).

 

Ma qual è questa normativa? A tale proposito, anticipiamo che - fino al 1995 - gli apparecchi radioricevitori commercializzati in Italia dovevano riportare un bollino di omologazione, indicante i decreti del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni 25.6.1985 e 27.8.1987.

 

8.3       Con riferimento al diritto comunitario, la direttiva R&TTE (riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità) all’articolo 8 (libera circolazione degli apparecchi) dispone che “gli Stati membri non vietano, limitano o impediscono l'immissione sul mercato e la messa in servizio sul loro territorio di apparecchi recanti la marcatura CE (...) che ne indica la conformità con tutte le disposizioni della presente direttiva."

 

            Dal 1995 i ricevitori BC in vendita in Italia riportano – in rilievo sull’esterno dell’apparecchiatura oppure su una placca di identificazione – non più il bollino con citati i due D.M. del 1985 e del 1987 bensì il marchio “CE”. Sembrerebbe allora che l’omologazione ai due decreti ministeriali sia stata sostituita da quella indicata mediante la marcatura CE prevista dalla direttiva R&TTE. Questa conclusione è però errata (come vedremo oltre al punto 8.8) non solo per l’evidente anacronismo (1999 come anno di adozione della la direttiva e 1995 invece come inizio dell’apposizione del marchio di conformità): il combinato disposto dell’art. 1 comma 4 con l’allegato I della direttiva ha infatti escluso la propria applicazione “alle apparecchiature radio di sola ricezione utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva”.

 

            E’ necessario allora individuare con esattezza la normativa in materia di prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiocomunicazioni, alla quale fa rinvio il citato D.P.R. 27.1.2000 n. 64 di recepimento delle decisioni CEPT.

 

8.4       Nel c.d. "Codice postale 1973” (Testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156) era contenuto l’articolo 398 (Prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni). Tale disposizione subordinava anche il semplice utilizzo di apparecchi radioelettrici al rispetto delle norme stabilite per la prevenzione e per la eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni (come vedremo oltre nel punto 8.9, l'art. 398 è stato abrogato e sostituito dall’art. 210 del Codice delle Comunicazioni elettroniche, adottato nell’anno 2003).

 

Riportiamo di seguito il testo dell’articolo, come successivamente modificato dalla legge 22 maggio 1980, n. 209:

 

Art. 398 (Prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni) E’ vietato costruire od importare nel territorio nazionale, a scopo di commercio, usare od esercitare, a qualsiasi titolo, apparati od impianti elettrici, radioelettrici o linee di trasmissione di energia elettrica non rispondenti alle norme stabilite per la prevenzione e per la eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni.

All'emanazione di dette norme, che determinano anche il metodo da seguire per l'accertamento della rispondenza, si provvede con decreto del Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in conformità alle direttive delle Comunità europee (…).

 

            Le norme sui radiodisturbi – preannunciate dall’art. 398 - giunsero a distanza di tempo con il Decreto del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni 25.6.1985 (Disposizioni per la prevenzione e la eliminazione dei radiodisturbi provocati dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva) pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 171 del 22 luglio 1985 (allegato 2)[3].

 

Da allora sono sorti i seguenti problemi d’interpretazione:

 

    l’oggetto del provvedimento: il codice postale 1973 aveva previsto l’emanazione di un decreto contenente disposizioni aventi lo scopo di “prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni”. Nel decreto del 1985, invece, esse sono divenute disposizioni destinate a “la prevenzione e l'eliminazione dei disturbi radioelettrici provocati dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva”;

 

    le norme tecniche: l’articolo 1 del decreto dispone che l’allegato A al decreto riporti “le norme per la prevenzione e per la eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni, provocati dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva, nonché per l’immunità degli stessi ricevitori dai disturbi”. Nell’allegato invece troviamo:

 

-         requisiti minimi nei confronti dei disturbi

-         requisiti minimi per l’immunità

-         relativi metodi di misura

-         prescrizioni relative alle frequenze (paragrafo 3)

 

Osserviamo che - nonostante la chiarezza della rubrica dell’articolo 398 del codice – tanto il decreto del 1985 quanto il successivo del 1987 (vedi infra) contengono nei propri allegati un paragrafo non previsto (il numero 3), riportante “prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili in Italia dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva (allegato 3).[4]

 

Cosa c’entrino i limiti delle bande di frequenze captabili da semplici ricevitori con la prevenzione dei disturbi radioelettrici, è veramente un mistero. Mistero reso ancora più fitto dal fatto che l’articolo 398 del Codice 1973 richiedeva soltanto la prevenzione e l’eliminazione dei disturbi e nient’altro. Parimenti, nemmeno il preambolo al decreto ministeriale faceva il benché minimo riferimento ad una necessità di porre limiti alle frequenze ricevibili.

 

Vediamo ora tali limiti, riportati nella tabella I del paragrafo 3 del decreto:

 

 

Gamma                limiti di frequenza                              tolleranze (kHz)

                                                                             Limiti:   inferiore          superiore

 

onde lunghe          148,5   -   283,5  kHz                         0 /  -20             20 / 0

 

onde medie            526,5  -  1606,5 kHz                         0 /  -20             50 / 0

 

onde corte              3950   -   26100 kHz                        0 / -160           300 / 0

 

onde metriche         87,5   -    108    MHz                       0 / -300           500 / 0

 

 

            Al decreto del 25 giugno 1985 se ne aggiunse un altro in data 27 agosto 1987 (Revisione della normativa per la prevenzione e la eliminazione dei radiodisturbi provocati dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva) (allegato 4)[5], pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 31 agosto 1987. Quest’ultimo provvedimento non ha apportato, però, alcuna apertura sui limiti delle bande di frequenza sintonizzabili (anzi, mediante la disapplicazione dei limiti di tolleranza interni, consente addirittura una restrizione delle gamme d’onda sintonizzabili mediante i semplici ricevitori a batteria). Ecco perché detto decreto era indicato, assieme al precedente, nel bollino di omologazione applicato ai ricevitori BC.

 

8.5       Il preambolo del D.M. 25.6.1985 riconosceva “la necessità di stabilire, in attesa della emanazione delle direttive comunitarie, le norme tecniche cui devono rispondere i ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva per la prevenzione e l'eliminazione dei disturbi alle radioricezioni ed alle radiotrasmissioni e per l'immunità dai disturbi sugli stessi ricevitori e di determinare il metodo da seguire per l'accertamento della rispondenza alle norme stesse”.

 

Tra le direttive emanate successivamente ai due decreti in esame, prendiamo in esame la direttiva EMC (1989/336/CEE - Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica), recepita dall’Italia con decreto legislativo 4.12.1992, n. 476. Questa direttiva è stata poi modificata e integrata dalle successive 1992/31, 1993/68 e 1993/97. Il legislatore italiano ha infine recepito tutto il complesso normativo mediante il decreto legislativo 12.11.1996, n. 615 (che ha abrogato il d.lgs. 476/1992).

 

Al punto 8.17 l’argomento verrà esaminato anche alla luce della recente direttiva 2004/108/CE, non ancora recepita dall’ordinamento italiano.

 

Preliminarmente, è necessario verificare se la direttiva EMC sia relativa alla materia disciplinata dai due decreti ministeriali adottati negli anni 1985 e 1987. Per fare ciò, ci aiutiamo con alcune delle definizioni contenute nell’articolo 1 di tale direttiva:

 

·        perturbazioni elettromagnetiche: i fenomeni elettromagnetici che possono disturbare il funzionamento di un dispositivo, di un apparecchio o di un sistema. Una perturbazione elettromagnetica può essere costituita da un rumore elettromagnetico, da un segnale non desiderato o da una alterazione del mezzo stesso di propagazione.

 

Con il decreto 476/1992 di recepimento della direttiva EMC il legislatore italiano ha adottato invece la seguente definizione:

"disturbi elettromagnetici", i fenomeni elettromagnetici che possono alterare il funzionamento di un dispositivo, di un'apparecchiatura o di un sistema.

 

La recente direttiva 2004/108, invece, recita:

 perturbazioni elettromagnetiche”, ogni fenomeno elettromagnetico che può alterare il funzionamento di un'apparecchiatura. Una perturbazione elettromagnetica può essere costituita da un rumore elettromagnetico, da un segnale non desiderato o da una alterazione del mezzo stesso di propagazione;

 

·         immunità: l'idoneità di un dispositivo, di un apparecchio o di un sistema a funzionare in presenza di una perturbazione elettromagnetica senza alterazioni della qualità.


Il decreto 476/1992:

immunità”, l'idoneità di un dispositivo, di un'apparecchiatura o di un sistema a funzionare in presenza di disturbi elettromagnetici senza pregiudizio per le sue prestazioni.

 

La direttiva 2004/108:

"immunità", l'idoneità di un'apparecchiatura a funzionare senza alterazioni in presenza di una perturbazione elettromagnetica.

 

·         compatibilità elettromagnetica: l'idoneità di un dispositivo, di un apparecchio o di un sistema a funzionare nel proprio campo elettromagnetico in modo soddisfacente e senza produrre a sua volta perturbazioni elettromagnetiche inaccettabili per tutto ciò che viene interessato da tale campo.

 

Il decreto 476/1992:

compatibilità elettromagnetica”, l'idoneità di un dispositivo, di un'apparecchiatura o di un sistema a funzionare nel proprio ambiente elettromagnetico in modo soddisfacente senza introdurre disturbi elettromagnetici inaccettabili per tutto cio' che si trova in tale ambiente.

 

La direttiva 2004/108:

"compatibilità elettromagnetica", l'idoneità di un'apparecchiatura a funzionare nel proprio campo elettromagnetico in modo soddisfacente e senza produrre perturbazioni elettromagnetiche inaccettabili in altre apparecchiature in tale campo.

 

            Termini diversi (disturbi - o perturbazioni - elettromagnetici anziché disturbi radioelettrici) da quelli dei due decreti ministeriali del 1985 e 1987, però ricompresi l’uno nell’altro.

 

E’ la direttiva che si attendeva? Certamente sì, e su questo concorda l’Esecutivo italiano il quale (con l’allora Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni) nel successivo decreto ministeriale 28 agosto 1995, n. 548 (Regolamento concernente la prevenzione e l’eliminazione dei disturbi radioelettrici provocati dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva) (allegato 5)[6] pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 28 dicembre 1995, all’art. 1 afferma che “la compatibilità elettromagnetica dei ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva è accertata mediante le procedure indicate dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 476(che è appunto il decreto legislativo che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva EMC).

 

La normativa di cui alla direttiva EMC è quindi subentrata a quella dettata dai due decreti ministeriali, sostituendo alla normativa nazionale quella comunitaria. Tale disapplicazione non è stata però integrale: infatti, per quanto riguarda le prescrizioni relative alle frequenze, la premessa al decreto 548/1995 afferma:

 

considerato che le disposizioni relative alle frequenze di cui al paragrafo 3 dell'allegato A al decreto ministeriale 25 giugno 1985 ed al paragrafo 3 dell'allegato 1 al decreto ministeriale 27 agosto 1987 non sono state modificate dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 476;

 

considerato che sussiste l'esigenza di mantenere le prescrizioni relative alle frequenze dettate dai menzionati decreti 25 giugno 1985 e 27 agosto 1987”.

 

8.6       Ma con quali obiettivi la Commissione europea aveva adottato la direttiva EMC? Nei consideranda posti in premessa alla direttiva medesima, viene affermata la regola in virtù della quale “il diritto comunitario allo stato attuale prevede che, in deroga ad una delle regole fondamentali della Comunità che è la libera circolazione delle merci, si ammettano ostacoli alla circolazione comunitaria risultanti dalle disparità delle legislazioni nazionali relative alla commercializzazione dei prodotti, qualora tali disposizioni possono essere riconosciute come necessarie al fine di soddisfare esigenze imperative; che pertanto l'armonizzazione legislativa nel caso in questione deve limitarsi unicamente alle disposizioni necessarie per soddisfare gli obiettivi di protezione in materia di compatibilità elettromagnetica; che tali obiettivi devono sostituire le disposizioni nazionali in materia…”.

 

            Quali sarebbero, invece, le “esigenze imperative” individuate dallo Stato italiano? Lo abbiamo appena letto nel D.M. 548/1995 in un’affermazione del tutto autoreferenziale: “sussiste l’esigenza di mantenere le prescrizioni relative alle frequenze” che possiamo ascoltare con i ricevitori delle bande della radiodiffusione circolare.

 

A quanto richiesto in conclusione del precedente punto 8.3, possiamo rispondere che la disciplina italiana relativa ai radiodisturbi, contenuta nei due decreti ministeriali del 1985 e 1987, è stata disapplicata e sostituita da quella contenuta nella direttiva EMC; non però le “prescrizioni relative alle frequenze” dei ricevitori di radiodiffusione sonora, mantenute in vigore dal D.M. 548 del 1995 mediante l’art. 2, comma 1 il quale recita: “Le prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili in Italia dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva sono quelle indicate nel paragrafo 3 dell'allegato A al decreto ministeriale 25 giugno 1985 e nel paragrafo 3 dell'allegato 1 al decreto ministeriale 27 agosto 1987, citati nelle premesse.”

 

8.7       Per quale motivo, allora, nei negozi italiani sono in libera vendita gli apparecchi ricevitori delle bande di radiodiffusione, muniti non più del bollino riportante l’indicazione dei due decreti ministeriali del 1985 e 1987 bensì del marchio CE?

 

La risposta la troviamo nello stesso articolo 2 del D.M. n. 548/1995 e precisamente al comma 2, il quale dispone che “la rispondenza dei ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva a quanto previsto al comma 1 è attestata mediante una dichiarazione di conformità a tale decreto, rilasciata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Unione europea e riportata nel manuale d'uso degli apparecchi stessi.”

 

Il legislatore italiano ha, per così dire, “sdoppiato” l’omologazione dei ricevitori BC commerciabili in Italia: all’esterno il marchio CE attestante la conformità alla direttive comunitarie, all’interno una dichiarazione di conformità riferita invece alle prescrizioni dell’art. 2, comma 1, del D.M. n. 548/1995 (mutuate, a loro volta, da quelle del paragrafo 3 dei due decreti del 1985 e 1987). A tale proposito, rinviamo agli esempi elencati al successivo punto 8.19.

 

L'ulteriore omologazione richiesta dall’Italia quindi, pur se “nascosta”, esiste ancora!

 

8.8       Ma, allora, cosa attesta il marchio CE che troviamo apposto sui radioricevitori BC di ultima fabbricazione? Solamente la conformità alla direttiva LVD del 19 febbraio 1973 (Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative al materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni limiti di tensione) ed alla direttiva  EMC del 3 maggio 1989 (Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative alla compatibilità elettromagnetica), e nient’altro.

 

Quanto sopra, però, è sufficiente negli altri Paesi europei ma evidentemente non in Italia, con la conseguenza che nella mia Patria è vietato l’utilizzo di quei ricevitori BC sintonizzabili su frequenze le quali, pur se adibite in conformità ai trattati internazionali ai servizi broadcasting (home oppure external service) negli altri Stati – sono poste al di fuori delle gamme d’onda indicate nella tabella ministeriale riportata nel precedente paragrafo 8.4.

 

L’art. 8 del D.M. 25.6.1985 consentì - per un periodo di sei mesi dalla propria entrata in vigore (1.9.1985) - l'immissione in commercio di apparati sprovvisti del numero distintivo attestante il rilascio della certificazione di rispondenza o della dichiarazione di rispondenza; al tempo stesso ammise l'uso di ricevitori non conformi alle norme tecniche di cui all'allegato A (compresa quindi la limitazione delle bande di frequenze ricevibili) solamente per un periodo di dieci anni dall'entrata in vigore del decreto medesimo. E questo – come vedremo negli esempi riportati al punto 8.19  - anche se contrassegnati dal marchio CE!

 

Di conseguenza, stando alla norma ora ricordata, da più di dieci anni non è consentito non solo l’acquisto e l’uso di molti dei nuovi ricevitori c.d. “multi-banda”, ma nemmeno l'utilizzo di quelli vecchi tuttora presenti in molte abitazioni italiane. Specularmente, l’art. 3 del D.M. 548/1995 ribadì quanto già previsto dall’art. 14 del d.lgs. 476/1992, e cioè che “fino al 31 dicembre 1995, è autorizzata l'immissione sul mercato o la messa in servizio degli apparecchi sprovvisti di marcatura CE, conformi alle norme italiane in materia di compatibilità elettromagnetica in vigore alla data del 30 giugno 1992” (detta autorizzazione era stata già disposta con l’art. 14, comma 2, del decreto legislativo n. 476/1992 e confermata dall’art. 20 del decreto n. 615/1996).

 

8.9       Il Codice postale del 1973 è ora quasi completamente sostituito dal vigente “Codice delle comunicazioni elettroniche”, approvato con D.lgs. 1 agosto 2003, n.259. In particolare, il nuovo Codice ha abrogato l’articolo 398 del codice postale del 1973 (esaminato nel precedente paragrafo 8.4) sostituendolo con la seguente disposizione:

 

Art. 210 (Prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni).

"1. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 12 novembre 1996, n. 615 e dal decreto legislativo 9 maggio 2001, n.269, è vietato immettere in commercio o importare nel territorio nazionale, a scopo di commercio, usare od esercitare, a qualsiasi titolo, apparati od impianti elettrici o linee di trasmissione di energia elettrica non rispondenti alle norme stabilite per la prevenzione e per la eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni.

2. L'immissione in commercio e l'importazione a scopo di commercio dei materiali indicati nel comma 1 sono subordinate al rilascio di una certificazione, di un contrassegno, di una attestazione di rispondenza ovvero alla presentazione di una dichiarazione di rispondenza.

3. Con decreto del Ministro [delle Comunicazioni], di concerto con il Ministro delle attività produttive, è effettuata la designazione degli organismi o dei soggetti che rilasciano i contrassegni o gli attestati di rispondenza previsti dal comma 2.”

 

            L'incipit di questa norma conferma la permanenza in vigore delle più severe disposizioni sanzionatorie introdotte nell'ordinamento dai decreti di attuazione delle direttive comunitarie EMC e R&TTE. Ciò ha reso l'art. 210 una disposizione di carattere residuale, posta a sanzione – in combinato disposto con il successivo art. 212 - dei comportamenti che violano le norme sui radiodisturbi (provocati, si badi bene, dagli apparati od impianti elettrici e non più da quelli radioelettrici), lasciando invece alle disposizioni dei due decreti di attuazione delle direttive comunitarie la tutela dei ben più rilevanti requisiti di protezione in materia di compatibilità elettromagnetica e requisiti essenziali delle apparecchiature radio e delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni.

 

L'art. 212 (Sanzioni) dispone quanto segue:

1. Chiunque contravvenga alle disposizioni di cui all’articolo 210 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30,00 a euro 600,00.

2. Qualora il contravventore appartenga alla categoria dei costruttori o degli importatori di apparati o impianti elettrici o radioelettrici, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100,00 a euro 200,00, oltre alla confisca dei prodotti e delle apparecchiature non conformi alla certificazione di rispondenza di cui all’articolo 210.

 

            Le novità più rilevanti introdotte dal vigente art. 210 del nuovo Codice, rispetto all’abrogato articolo 398 del vecchio codice, sono le seguenti:

 

        è venuta meno la competenza ministeriale ad emanare norme contro i radiodisturbi, mentre rimane quella di designare gli organismi notificati, in attuazione del criterio del "nuovo approccio" di cui alla Risoluzione 7 maggio 1985 del Consiglio europeo[7];

 

        è sparito ogni riferimento agli apparati o impianti radioelettrici.

 

            La differenza da ultimo indicata ha definitivamente eliminato ogni dubbio su quale fosse il vero obiettivo (tradito invece dalla normativa ministeriale del 1985 e 1987) del divieto sancito dal vecchio articolo 398: la pura e semplice “prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni”, allo scopo quindi di tutelare (e non di penalizzare) i BCL (broadcasting listeners:  termine coniato dagli appassionati del radioascolto per indicare gli ascoltatori delle stazioni di radiodiffusione).

 

Abbiamo perciò acquisito i seguenti fondamentali passaggi logici:

 

·        gli apparati od impianti riceventi non sono più ritenuti in grado di disturbare le radiotrasmissioni e le radioricezioni,

 

·        il Potere esecutivo non è più competente ad emanare norme contro i radiodisturbi.

 

8.10     Giunti a questo punto del ragionamento, è giusto dire che - grazie all'entrata in vigore nel 2003 del più liberale art. 210 del "Codice delle comunicazioni elettroniche" - in Italia le leggi o, comunque, le norme di rango primario non pongono limitazione alcuna al diritto al radioascolto (salva la previsione del canone di abbonamento alle radioaudizioni, al pagamento del quale sono comunque dal 1° gennaio 1998 dispensate le sole utenze familiari ai sensi dell’art. 24, comma 14, della legge 27.12.1997, n. 449).

 

In realtà, però, il vulnus del diritto al radioascolto delle emittenti radiofoniche del mondo (e, come vedremo ai paragrafi 8.13 e 8.14, anche del diritto comunitario) permane in tutta la sua gravità: è rimasta infatti in vigore la norma limitatrice delle frequenze sintonizzabili dai ricevitori BC, posta dall'Esecutivo italiano mediante una norma di rango secondario.

 

Infatti, riassumendo il ragionamento sviluppato fino a questo punto, rileviamo che:

 

·        il Ministro delle Poste e Telecomunicazioni emanò – in data 25.6.1985 e 27.8.1987 – due decreti contenenti disposizioni a scopo di prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni;

 

·        i due decreti contenevano anche delle prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili in Italia dai ricevitori di radiodiffusione sonora, restrittive rispetto alle gamme d’onda sintonizzabili da molte marche, presenti sul mercato mondiale, di ricevitori delle stazioni broadcasting;

 

·        anche se la direttiva comunitaria 1989/336/CEE (c.d. “direttiva EMC”, regolarmente recepita dall’ordinamento giuridico italiano) ha sostituito la disciplina relativa ai radiodisturbi precedentemente contenuta nei due decreti ministeriali del 1985 e 1987, le prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili dai ricevitori di radiodiffusione sonora sono state invece mantenute in vigore dal D.M. 548 del 28.8.1995, che ha adottato un "regolamento concernente la prevenzione e l’eliminazione dei disturbi radioelettrici provocati dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva". E’ da osservare che tale rubrica è ingannevole, in quanto nel decreto non è affatto contenuta una disciplina dei radiodisturbi, "liquidata" dall'art. 1 con un semplice rinvio (peraltro obbligato) al decreto legislativo 476 di attuazione della direttiva EMC (vedi supra ai paragrafi 8.5 e 8.6). In realtà il vero scopo del decreto 548/1995 consiste nella permanenza in vigore dei §§ 3 dei due decreti ministeriali del 1985 e 1987, come chiarito dall’articolo  2 del decreto medesimo.

 

8.11     Si potrebbe osservare - per tentare di comprendere l'operato dell'Esecutivo italiano e cercare quindi di dare un’interpretazione che conservi la norma da esso dettata - che forse le "esigenze imperative" richieste dalla direttiva EMC (ricordate al paragrafo 8.6) si potrebbero rinvenire nei piani nazionali di ripartizione delle frequenze. Tali documenti vengono adottati dagli Stati in ossequio alle disposizioni adottate in sede ITU in materia di attribuzione di bande di frequenze e, per gli Stati europei, con la finalità di conseguire una maggiore armonizzazione come raccomandato dalla CEPT.

 

Nel mondo delle comunicazioni elettroniche, infatti, non tutto viene disciplinato a livello comunitario: un settore strategico, dove gli Stati dell’Unione agiscono individualmente gelosi della propria sovranità, è proprio quello dell’assegnazione delle frequenze. Naturalmente si ricerca un coordinamento, ma esso non è assicurato dalla UE, bensì da altri organismi internazionali quali l’UIT (e le sue WRC-Conferenze mondiali delle radiocomunicazioni e RRC-Conferenze regionale sulle radiocomunicazioni) e la CEPT che in tale settore esercita un ruolo di rilievo.

 

Conferma della rivendicazione da parte degli Stati della propria sovranità in materia è, ad esempio, il punto 8 dell’Introduzione al Piano italiano di ripartizione delle frequenze. In esso, infatti, si dispone che “nel caso di nuove primarie esigenze civili o militari che non possano essere soddisfatte con le attribuzioni di frequenze previste nel presente piano, o in occasione di eventi eccezionali, specifiche assegnazioni di frequenze in deroga al piano stesso possono essere effettuate tramite particolari accordi tra Ministero delle comunicazioni e Ministero della difesa”.

 

Al successivo punto 8.12 vedremo quali servizi, diversi da quello di radiodiffusione, vengono irradiati sulle frequenze la ricezione delle quali non è consentita dai due decreti ministeriali italiani del 1985 e 1987 successivamente confermati dal successivo decreto 548/1995.

 

Per l'Italia il vigente piano è stato approvato con D.M. Comunicazioni 8 luglio 2002[8] modificato con successivi decreti 20 febbraio 2003 e 1° aprile 2004, il quale riporta – per il servizio di radiodiffusione – all’incirca le stesse frequenze di cui al paragrafo 3 dei due decreti ministeriali del 1985 e 1987.

 

E’ ragionevole, però, affermare che anche i fabbricanti, gli importatori ed i possessori di ricevitori BC debbano sottostare alle stesse limitazioni previste per chi invece trasmette su tali bande di frequenze? La risposta è no, per il semplice motivo che tale piano (come peraltro quelli che l'hanno preceduto) riguarda le sole emissioni o ricetrasmissioni su tali frequenze, e non anche la mera attività di ricezione. E’ sufficiente, a tale proposito, leggere la seguente definizione contenuta nel glossario allegato al D.M. 8.7.2002: “ (Servizio di radiodiffusione) Servizio di radiocomunicazione le cui emissioni sono destinate ad essere ricevute direttamente dal pubblico in generale. Questo servizio può comprendere emissioni sonore, emissioni televisive o altri generi di emissione.” Il piano disciplina l'uso in tempo di pace delle bande di frequenze in ambito nazionale, con la finalità di attribuire le bande oggetto del piano ai diversi servizi, di indicare l’autorità governativa preposta alla gestione delle frequenze nonché le principali utilizzazioni civili. E non vi è dubbio che i servizi indicati nel piano non siano di semplice ricezione (a parte, ovviamente, la radioastronomia e la radiogoniometria).

 

E’ ben evidente che il piano nazionale delle radiofrequenze di ogni Stato indichi come utilizzabili (a scopo di emissione) solo quelle frequenze che tengono conto sia delle locali caratteristiche topografiche e di propagazione, sia delle assegnazioni fatte a beneficio di altri Stati. In altre parole il piano nazionale dell’Italia, appartenente alla c.d. “Regione 1” (Europa ed Africa) non può certo assegnare ai propri servizi di radiodiffusione le frequenze di bande utilizzate in altre regioni e zone le caratteristiche delle quali, inoltre, non sono adatte alla posizione geografica del nostro Paese, ma altrettanto certamente non può vietarne l’ascolto.

 

Il rispetto dei trattati internazionali posti a disciplina delle radiodiffusioni, infatti, è volto ad impedire reciproche interferenze tra le stazioni radio e, quindi a tutelare il loro diritto di trasmissione: diritto il quale, è appena il caso di ricordarlo, sarebbe vano se poi fosse impedito il complementare diritto all’ascolto.

 

8.12          Nella vigenza del Codice postale 1973, l'utilizzo di apparecchi ricevitori della radiodiffusione – con frequenze non previste dai due D.M. del 1985 e 1987 - era vietato ai sensi dell'art. 398, costituendo infatti "uso o esercizio" di "apparati o impianti" radioelettrici non rispondenti alle norme stabilite per la prevenzione e per la eliminazione dei disturbi alle radiotrasmissioni ed alle radioricezioni: questo in virtù del fatto che tali norme (dettate dai due D.M. del 1985 e 1987 e mantenute in vigore dal successivo D.M. 548/1995) si estendono  anche oggi (in modo surrettizio, come abbiamo visto al punto 8.6) alle limitazioni delle frequenze sintonizzabili dai ricevitori BC. Ricordiamo in proposito l’art. 8 del D.M. 25.6.1985 (esaminato al termine del precedente punto 8.8) che consentì l'uso di ricevitori non conformi alle norme tecniche di cui all'allegato A (compresa quindi la limitazione delle bande di frequenze ricevibili) solamente per un periodo di dieci anni dall'entrata in vigore del decreto medesimo.

 

                Anche se non si ha notizia di un'effettiva applicazione di sanzioni per il solo fatto di aver ascoltato, con dei normalissimi ricevitori BC, frequenze il cui ascolto non è consentito dalla normativa italiana (frequenze lecitamente utilizzate invece - è fondamentale ricordarlo - dai servizi di broadcasting di altri Stati), per detta violazione era comunque prevista la sanzione dettata dal successivo art. 399 (come sostituito dall'art. 4, l. 22 maggio 1980, n. 209) il quale prevedeva che "chiunque contravvenga alle disposizioni di cui al precedente articolo 398 è punito con sanzione amministrativa da lire 15.000 a lire 300.000". Tale disposizione normativa prevedeva inoltre che qualora il contravventore fosse appartenuto "alla categoria dei costruttori o degli importatori di apparati o impianti elettrici o radioelettrici si applica la sanzione amministrativa da lire 50.000 a lire 100.000, oltre alla confisca dei prodotti e delle apparecchiature non conformi alla certificazione di rispondenza di cui al precedente articolo 398."

 

L'adozione della direttiva comunitaria EMC - come ricordato in precedenza al paragrafo 8.5 - ha sostituito la disciplina relativa ai radiodisturbi, precedentemente contenuta nei due decreti ministeriali del 1985 e 1987. L'attuazione di  tale direttiva è stata accompagnata dalla previsione di specifiche sanzioni, disapplicando così quella comminata dall'art. 399 del Codice 1973; successivamente, l'emanazione del "Codice delle comunicazioni elettroniche" (mediante l’eliminazione nell'art. 210 di ogni riferimento agli apparati o impianti radioelettrici) ha posto fine all'equivoco sulla presunta possibilità (per gli apparati od impianti riceventi) di disturbare le radiotrasmissioni e le radioricezioni.

 

Comunque, anche se non più assistita da specifica sanzione (anomalia non rara nell’ordinamento giuridico italiano), è sempre in vigore la disposizione (art. 2 del D.M. 28.8.1995, n. 548, esaminato nei precedenti punti 8.6 e 8.7) che ha mantenuto in vigore le "prescrizioni relative alle frequenze", con la conseguenza che alle Autorità italiane è consentito impedire non solo la commercializzazione ma anche il semplice utilizzo dei ricevitori delle stazioni di radiodiffusione non conformi alle limitazioni sulle frequenze poste dai due D.M. del 1985 e 1987. Se il divieto di utilizzo può sembrare una “grida” di manzoniana memoria, esplica invece i propri effetti il divieto di commercializzazione: ciò costringe, infatti, le case produttrici più rinomate ad apportare modifiche ai prodotti destinati al mercato italiano per potersi fregiare della "dichiarazione di conformità" da inserire nel manuale d'uso degli apparecchi (vedi al punto 8.19), mentre spinge quelle più piccole (o più spericolate) semplicemente a far finta di nulla. Ricordiamo che alle “apparecchiature radio di sola ricezione utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva” non è applicabile l’art. 8 (libera circolazione degli apparecchi) del D.lgs. 269/2001 di attuazione della direttiva R&TTE citato al paragrafo 8.3.

 

Assistiamo pertanto ad un caso di eccessività del mezzo utilizzato rispetto al fine perseguito, in quanto la pur legittima tutela della riservatezza dei contenuti di alcune trasmissioni (quali quelle non rivolte alla generalità degli ascoltatori) non può certo arrivare al sacrificio di un diritto soggettivo qual è quello al radioascolto delle stazioni di radiodiffusione di altri Paesi, degno di protezione ai sensi dell'art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana.

 

A tale proposito, osserviamo che il piano nazionale italiano di ripartizione delle frequenze (di cui al precedente punto 8.11) per le seguenti frequenze utilizzate anche dalle stazioni broadcasting che trasmettono da Nazioni poste tra i Tropici del Cancro e del Capricorno

 

(kHz)       2300-2495 (banda dei 120 metri)

                                3200-3400 (banda dei 90 metri)

                                4750-5060 (banda dei 60 metri),

 

prevede pochissimi servizi, sia fissi che mobili (gestiti dal Ministero della Difesa oppure dal Ministero delle Comunicazioni),  diversi da quello di radiodiffusione.

 

Infatti, le utilizzazioni civili gestite dal secondo Ministero sono le “stazioni di nave”, le “reti fisse ad uso pubblico” e la “ricerca spaziale”. Quest’ultima (su kHz 5003-5005) - quale stazione a statuto di servizio secondario – non deve causare disturbi pregiudizievoli a quella primaria che, nel caso specifico, riguarda le “frequenze campione e segnali orari” cui è stata attribuita la banda di frequenze kHz 4995-5005. E proprio quello delle “standard time and frequency stations” viene definito dal piano nazionale italiano quale il “servizio di radiocomunicazione che assicura, per fini scientifici, tecnici e di altra natura, l'emissione di frequenze specifiche, di segnali orari, o dell'insieme dei due, di elevata e data precisione” precisando chequeste emissioni sono destinate alla generale ricezione.”

 

Trattasi pertanto di servizi che non possono essere invocati dall’Esecutivo italiano a giustificazione di “esigenze imperative”, richieste invece dalla direttiva EMC. Questo per quanto riguarda i servizi civili; per quelli militari (non descritti, come è ovvio, nel piano italiano delle radiofrequenze), se qualche remoto problema effettivamente sussistesse,  sarebbe più nei confronti delle interferenze causate dalle emissioni delle stazioni broadcasting della fascia tropicale del mondo, che non della possibilità di ascolto da parte dei semplici possessori di una radiolina multibanda!

 

La normativa italiana che pone limitazioni alla frequenze ricevibili dai ricevitori della radiodiffusione è pertanto illegittima, tanto nei confronti delle norme costituzionali quanto di quelle di rango primario. Ma, come vedremo nel prossimo punto, l’illegittimità si pone anche nei confronti delle norme comunitarie.

 

8.13            Prendiamo ora in esame alcuni paragrafi dell’art. 95 del Trattato di Roma, che riteniamo siano stati violati dalla normativa statale italiana di cui al D.M. 548 del 28.8.1995. Tali disposizioni sono dedicate alle misure di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri e aventi per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno:

 

4. Allorché, dopo l'adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti di cui all'articolo 30 o relative alla protezione dell'ambiente o dell'ambiente di lavoro, esso notifica tali disposizioni alla Commissione precisando i motivi del mantenimento delle stesse. (L'art. 30 del Trattato lascia impregiudicata la possibilità per i singoli Stati membri di imporre divieti o restrizioni all'importazione, all'esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Lo stesso articolo ammonisce  però che tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri.)

 

5. Inoltre, fatto salvo il paragrafo 4, allorché, dopo l'adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre disposizioni nazionali fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell'ambiente o dell'ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico a detto Stato membro insorto dopo l'adozione della misura di armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste alla Commissione precisando i motivi dell'introduzione delle stesse.

 

6. La Commissione, entro sei mesi dalle notifiche di cui ai paragrafi 4 e 5, approva o respinge le disposizioni nazionali in questione dopo aver verificato se esse costituiscano o no uno strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati membri e se rappresentino o no un ostacolo al funzionamento del mercato interno. (…)

 

9. In deroga alla procedura di cui agli articoli 226 e 227, la Commissione o qualsiasi Stato membro può adire direttamente la Corte di giustizia ove ritenga che un altro Stato membro faccia un uso abusivo dei poteri contemplati dal presente articolo.

 

            Dalle suddette disposizioni normative enucleiamo i seguenti principi:

 

·        uno Stato membro dell'Unione europea può mantenere o introdurre disposizioni che prevalgano sulla norma armonizzata comunitaria solo e in quanto ciò sia giustificato da importanti esigenze, indicate nello stesso Trattato, oppure se inerenti alla protezione dell’ambiente genericamente inteso oppure dell’ambiente di lavoro;

 

·        vi è l'obbligo di notificare tali disposizioni nazionali alla Commissione europea, fornendo le motivazioni del mancato recepimento delle norme armonizzate comunitarie;

 

·        la Commissione verifica se le disposizioni nazionali costituiscano uno strumento di discriminazione arbitraria oppure una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati membri e se rappresentino un ostacolo al funzionamento del mercato interno;

 

·        la Commissione, come pure un qualunque altro Stato membro dell'Unione, può adire la Corte di Giustizia nel caso si presumi un abuso dello Stato che non abbia recepito le norme armonizzate comunitarie.

 

8.14     Con riferimento a quanto è stato ora illustrato, possiamo affermare che l'Italia ha scelto di mantenere le proprie disposizioni nazionali (cioè le prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili in Italia dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva, introdotte nell'ordinamento con i due D.M. 25.6.1985 e 27.8.1987 e mantenute in vigore dal D.M. 548 del 28.8.1995). Per farlo, però, ha dovuto surrettiziamente trasferire tale normativa dal settore della “prevenzione ed eliminazione dei disturbi radioelettrici(divenuto di competenza comunitaria con il nome di <compatibilità elettromagnetica>) ad altro non meglio identificato e sorretto da una altrettanto non precisata “esigenza di mantenere le prescrizioni relative alle frequenze, evitando in tal modo il controllo comunitario (vedi infra alla lettera a).

 

Crediamo, però, che tale “esigenza” non sia certo da considerarsi “importante”, come richiesto invece dall’art. 95 del Trattato di Roma, come altrettanto non sia da ritenersi “imperativa”, come invece preteso dai consideranda posti in premessa alla direttiva EMC. Possiamo invece affermare quanto segue:

 

a.           è stato eluso il divieto posto dall'art. 5 della direttiva EMC: modificando l’impostazione precedentemente adottata con i due DD.MM. del 1985 e 1987, il Governo italiano ha preso atto che le limitazioni delle frequenze nulla hanno a che vedere con la protezione dai radiodisturbi (e quindi con la compatibilità elettromagnetica: in tal caso, infatti, uno Stato membro non avrebbe potuto impedire  l'utilizzo di apparecchiature provenienti dall'estero). Se è vero che così è stato evitato l'intervento preventivo della Commissione europea, in quanto la materia delle frequenze radio non è di competenza comunitaria, è altrettanto vero, però, che la normativa dettata dall’Italia per tale materia causa un serio ostacolo alla libera circolazione di quelle merci particolari che sono i ricevitori di radiodiffusione. Riportiamo il testo dell'articolo citato:

 

        (Articolo 5)

Gli Stati membri non ostacolano, per motivi concernenti la compatibilità elettromagnetica, né l'immissione sul mercato né l'entrata in servizio sul proprio territorio degli apparecchi che sono contemplati nella presente direttiva e che soddisfano le disposizioni della presente direttiva.

 

     Infatti, come vedremo infra alla lettera b), l’Esecutivo italiano non ha potuto evitare né la violazione dell’art. 6 della direttiva EMC né, tanto meno, dell’art. 95 del Trattato.

 

b.        è stato violato l’art.  6 della medesima direttiva EMC, in quanto le limitazioni delle frequenze

       non rientrano certo tra le “misure speciali” contemplate da tale disposizione normativa.

 

      (Articolo 6)
1. Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione in uno Stato membro delle misure speciali seguenti:
a) le misure concernenti l'entrata in servizio e l'utilizzazione dell'apparecchio, prese per un luogo particolare, per rimediare ad un problema di compatibilità elettromagnetica già esistente o prevedibile;
b) le misure concernenti l'installazione dell'apparecchio, prese per proteggere le reti pubbliche di telecomunicazione o le stazioni riceventi o emittenti utilizzate per motivi di sicurezza.
2. Fatto salvo quanto disposto dalla direttiva 83/189/CEE, gli Stati membri informano la Commissione e gli altri Stati membri delle speciali misure prese in virtù del paragrafo 1.
3. Le misure speciali ritenute giustificate formano oggetto di informazioni appropriate nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee a cura della Commissione.

 

                E’ opportuno evidenziare che la lettera b) di tale articolo consente sì l’adozione di misure per la protezione di stazioni emittenti “utilizzate per motivi di sicurezza” (tra le quali potrebbero rientrare quelle riportate nel piano italiano di ripartizione delle frequenze, in precedenza descritte al punto 8.12), però questo va a  riguardare solamente l’installazione (e non l’utilizzazione) dell’apparecchio.

 

c.         sussiste il contrasto con il criterio del c.d. nuovo approccio dettato nel 1985 dall’Unione europea, strettamente legato al concetto di “norma armonizzata”, al quale si attiene anche la direttiva EMC. Caratteristica principale della norma armonizzata è, come noto, sostituire alla normativa dettagliata la semplice indicazione degli obiettivi ai quali i fabbricanti devono adeguarsi: per il settore delle comunicazioni elettroniche tali obiettivi sono stati individuati  nella  conformità degli apparecchi ricevitori ai requisiti essenziali individuati – come ricordato in precedenza  al punto 8.8 – con le seguenti direttive:

 

·        direttiva LVD: protezione della salute e della sicurezza dell'utente o di qualsiasi altra persona,

 

·        direttiva EMC:  protezione per quanto riguarda la compatibilità elettromagnetica.

 

      Il rapporto    con    una    norma    armonizzata,  quindi,  non   è   di   puntuale corrispondenza ma di semplice compatibilità. 

 

        Riteniamo  giusto che  l’ultima  parola      sulla   opportunità  o  meno  di  adottare una certa soluzione tecnica – spetti sempre all’autorità politica. Un conto però è la scelta tra l’adozione o la non adozione di una regola tecnica formulata da organismi del settore; tutt’altra cosa è invece dettare tale regola con un testo normativo -  come è stato fatto invece con i due decreti del 1985 e 1987 -  che mascheri mediante motivazioni pseudotecniche quella che altro non è che una  scelta politica, cioè la limitazione nella possibilità di sintonizzare alcune frequenze radio, normalmente adibite alla trasmissione di normalissime emissione radiofoniche broadcasting! Ma, come abbiamo illustrato ai punti 8.11 e 8.12, non vi sono motivazioni tali da consentire una qualsivoglia limitazione del diritto al radioascolto.

 

 

8.15     Gli apparecchi di telecomunicazione, di norma,  sono interessati anche da una terza direttiva comunitaria: la 1999/5/CE, meglio nota come direttiva R&TTE. Essa però, come già ricordato sin dall’esordio della presente denuncia, non si applica alle “apparecchiature radio di sola ricezione utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva”. Questo per una scelta ben precisa, operata  in origine dagli stessi organismi comunitari.

 

   Ma perché    l’Unione    europea    ha    escluso   proprio   i   ricevitori    broadcasting dall’applicazione di tale direttiva, confermando così una scelta già operata in precedenza con la direttiva 1998/13? A tale proposito,  utilissima è la lettura di alcuni dei consideranda posti in premessa al testo della direttiva R&TTE.  Da essi ricaviamo che:

 

    il diritto comunitario prevede che gli ostacoli alla libera circolazione delle merci all’interno della Comunità derivanti da divergenze delle legislazioni nazionali relative alla commercializzazione dei prodotti possono giustificarsi solo nella misura in cui i requisiti a livello nazionale siano necessari e proporzionati; che, pertanto, l’armonizzazione delle legislazioni deve limitarsi alle disposizioni necessarie a determinare i requisiti essenziali relativi alle apparecchiature radio e alle apparecchiature terminali di telecomunicazione (punto 12 delle premesse);

 

    i requisiti essenziali per una data categoria di apparecchiature radio o apparecchiature terminali di telecomunicazione dovrebbero dipendere dalla natura e dalle esigenze della categoria stessa; che tali requisiti debbono essere applicati con discernimento, per non frenare l’innovazione tecnologica o la risposta alle esigenze di una libera economia di mercato (punto 13 delle premesse).

 

Riassumendo, per il diritto comunitario:

 

-         i requisiti nazionali devono essere necessari e proporzionati;

-         le norme armonizzate devono riguardare solo i requisiti essenziali;

-         anche i requisiti  essenziali   devono essere applicati con discernimento.

 

In quanto applicativi del principio generale di “libera circolazione delle merci” tutelato dall’art. 95 del Trattato di Roma (esaminato al punto 8.13), i sopraesposti principi possono a buon diritto essere di riferimento anche per i radioricevitori BC, pur se esonerati dall’applicazione della direttiva R&TTE. Ecco perché possiamo con sicurezza affermare che le limitazioni alle frequenze, dettate dai due DD.MM. italiani del 1985 e 1987, non sono affatto requisiti necessari e proporzionati!  

 

E’  legittimo   allora  ritenere   che le normalissime radio presenti in ogni abitazione siano  state esonerate dall’applicazione di tale direttiva per un unico e semplicissimo motivo: si è ritenuto di lasciare tale settore completamente libero, non ritenendo evidentemente giustificabile alcun controllo o limitazione!

 

Anche nella direttiva LVD detti princìpi trovano applicazione. Infatti:

 

·         nei consideranda troviamo affermato che “sul piano comunitario, deve esistere la libera circolazione del materiale elettrico quando quest'ultimo risponde ad alcune esigenze in materia di sicurezza riconosciute in tutti gli Stati membri”;

 

·         all’art. 3 viene affermato che “Gli Stati membri adottano ogni misura opportuna affinché non si creino ostacoli, per ragioni di sicurezza, alla libera circolazione all'interno della Comunità del materiale elettrico se, alle condizioni previste dagli articoli 5, 6, 7 o 8, esso è conforme alle disposizioni dell'articolo 2” (non compromette, in caso di installazione e di manutenzione non difettose e di utilizzazione conforme alla sua destinazione, la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni).

 

Per la direttiva EMC si veda quanto ricordato in precedenza al punto 8.6.

 

8.16          Al paragrafo 8.11 abbiamo affermato che non è ragionevole che i fabbricanti, gli importatori e, soprattutto, i possessori di ricevitori BC debbano sottostare alle stesse limitazioni previste per gli utilizzatori delle bande di frequenze, in quanto tali limitazioni vanno a disciplinare le emissioni o le ricetrasmissioni su tali frequenze, e non la semplice attività di ricezione.

 

Riteniamo che non vi sia dubbio alcuno sulla profonda differenza di comportamento tra colui che trasmette abusivamente su bande riservate disturbando servizi diversi da quello di radiodiffusione e colui che invece ascolti casualmente detti servizi not broadcasting cercando, ad esempio, una lontana stazione del Sud America.

 

            Lo Stato italiano, pur di mantenere in vita la disciplina dei limiti delle bande di frequenza, ha inventato un’esigenza assolutamente immotivata (in quanto l’Esecutivo italiano non ha invocato e tanto meno dimostrato né le “esigenze importanti” di cui all’art.30 e neppure le “prove scientifiche” di cui all’art. 95, punto 5 del Trattato) e quindi totalmente ingiustificata. Tutto ciò mediante lo strumento della normazione secondaria, impedendo così il ricorso alla Corte costituzionale (possibile nell'ordinamento giuridico italiano solo per le leggi e gli atti aventi forza di legge).

 

Ma di quali stazioni di radiodiffusione è vietata la ricezione in virtù del disposto dei due D.M. adottati nel 1985 e 1987, come supra ricordato al punto 8.12? Esse sono:

 

Ø      nella gamma delle onde medie (tra i 1630 ed i 1730 kHz): le emittenti pirate e clandestine europee e le emittenti regolari degli Stati Uniti;

 

Ø      nella gamma delle onde corte (bande dei 160, 120, 90 e 80 metri, e cioè dai 1830 ai 3800 kHz): le emittenti regolari, pirate e clandestine di Europa, Asia e Sud-America;

 

Ø      nella gamma della modulazione di frequenza: le emittenti della Russia e paesi dell’est (65,8-74 MHz) e dell’Asia (es. il Giappone) (a partire dai 76 MHz). Nel ricordare che in gran parte del mondo la banda di trasmissione in FM è quella degli 87,5-108 MHz, osserviamo che - se è pressoché impossibile sintonizzare dall’Italia le emittenti sopraindicate - è altrettanto vero che un giornalista oppure un turista italiani non potrebbero, una volta tornati in Patria, usare il radioricevitore acquistato per l’ascolto in loco di tali emittenti.

 

            Osserviamo che la storia delle moderne democrazie insegna che le emittenti clandestine dei paesi a regime dittatoriale possono contare (per far conoscere la situazione di oppressione che affliggono le loro Patrie) solamente sull’ascolto da parte degli organi di informazione del mondo libero; le emittenti pirate invece, proprio grazie alla messa in onda delle loro trasmissioni politiche e culturali così come di musica di etichette non commerciali, possono avviare un circuito informativo alternativo rafforzando così la libertà di pensiero.

 

8.17          Le direttive LVD (73/23/CEE)  ed EMC (89/336/CEE) sono state – come è noto – abrogate e sostituite rispettivamente dalle nuove direttive 2006/95/CE e 2004/108/CE. Le esaminiamo allo scopo di verificare se le nuove disposizioni abbiano apportato elementi utili al ragionamento sino ad ora sviluppato nella presente denuncia.

 

            Per quanto riguarda la nuova direttiva in materia di “bassa tensione”, si tratta di un documento di mera “codificazione”, senza pertanto modifiche sostanziali. Ad ogni modo, rileviamo che il punto 6 dei consideranda e l’art. 3 ripropongono quanto già esposto supra al punto 8.15.

 

            Per quanto riguarda invece la nuova direttiva EMC (che ha abrogato la precedente con efficacia 20 luglio 2007), osserviamo che i consideranda puntualizzano quanto segue:

 

punto 2  anche la ricezione di emissioni di radiodiffusione deve essere garantita dalle pertubazioni

elettromagnetiche: di conseguenza gli apparecchi BC sono ritenuti meritevoli di tutela, senza esclusione di alcuna tra le gamme d’onda adibite al servizio broadcasting;

 

punto 3  viene confermata la libertà di circolazione degli apparecchi elettrici ed elettronici;

 

punto 4:    gli obblighi imposti agli operatori economici devono essere applicati “in modo equo ed efficace”;

 

punto 5:    la regolamentazione della compatibilità elettromagnetica è finalizzata al “funzionamento del mercato interno”.

 

            L’articolato vero e proprio della direttiva 2004/108 invece dispone:

 

art. 4 (libera circolazione delle apparecchiature): la libertà di circolazione può essere limitata solamente  da alcune misure speciali, esclusivamente inerenti a motivi di compatibilità elettromagnetica o di sicurezza;

 

art. 15 (disposizioni transitorie): viene incidentalmente riaffermata la tutela della libertà di circolazione per le apparecchiature conformi alla direttiva EMC, con esclusione di limitazioni motivate diversamente (come quello - nel caso del mercato italiano -  di mantenere le prescrizioni relative alle frequenze di cui al Regolamento introdotto con il decreto ministeriale 28 agosto 1995, n. 548).

 

            La nuova direttiva ha pertanto confermato, se non addirittura rafforzato, il principio di

libertà di circolazione che assiste i radioricevitori della radiodiffusione!

 

Informiamo che solamente in data 27 luglio 2007 il Consiglio dei Ministri italiano ha esaminato – in via preliminare – lo schema di decreto legislativo, da sottoporre ai pareri prescritti, per il recepimento della nuova direttiva in tema di compatibilità elettromagnetica.

 

8.18            Vediamo  ora  un  esempio  di  quanto  possa essere assurda la normativa italiana e di quali problemi abbia creato nella circolazione di quelle particolari merci che sono gli  “apparecchi ricevitori della radiodiffusione”. Lo facciamo prendendo a paradigma un modello fuori produzione del quale ci interessa il  modo in cui il suo produttore abbia dovuto adeguarsi alla nostre leggi.

 

Il  catalogo  2003-2004  dei  prodotti  Sony  riportava  a pag. 158 il ricevitore multibanda ICF-SW 77 (allegato 6)[9]. Le  sue specifiche tecniche (allegato 7)[10] indicano i seguenti campi di frequenza:

 

-         onde lunghe 150-529 kHz

 

-    onde medie 530-1620 kHz

 

-         onde corte  1,62 - 29,99 MHz

 

Viene  spontaneo  domandarsi   quale  omologazione italiana potesse aver mai ricevuto un apparecchio con caratteristiche tali da farlo diventare quasi uno scanner delle bande di radiodiffusione? Osserviamo allora che una nota del produttore ricorda che le “caratteristiche e specifiche possono variare a seconda del Paese”. E, infatti,  leggendo le caratteristiche tecniche (allegato 8) contenute nell’apposito libretto allegato al catalogo italiano, alla pagina 41 riscontriamo invece i seguenti campi di frequenza:

 

¨      onde lunghe  150-285 kHz

 

¨      onde medie  530-1620 kHz

 

¨      onde corte    3,850-26,100

 

purtroppo più consoni alle limitazioni imposte dalla normativa italiana.

 

            Sorge allora il facile sospetto che il modello venduto in Italia fosse differente da quello disponibile in altri Paesi; sospetto divenuto certezza consultando  il resoconto del test di laboratorio di  Radio Netherlands, effettuato nell’anno 1992 (allegato 9). [11]

 

Apprendiamo così che l’ICF-SW 77 veniva venduto in più versioni a causa di limitazioni locali, in particolare in Arabia Saudita ed in Italia; non manca poi un amaro commento di meraviglia per come tali limitazioni potessero essere  ancora in vigore, senza che il produttore avesse mai protestato per esse. Questo nel 1992, ma evidentemente la situazione è rimasta poi invariata.

 

8.19          Abbiamo già visto (vedi al precedente punto 8.7) che i manuali operativi degli apparecchi -venduti  per le vie ufficiali in Italia - riportano la dichiarazione di conformità citando il decreto 548/1995 oppure  il famigerato paragrafo 3 degli allegati ai due decreti 1985 e 1987: vediamo ora alcuni esempi in concreto.

 

A)            Riportiamo ora un elenco – meramente indicativo – di marche e modelli, i manuali d’uso dei

quali riportano la dichiarazione di conformità richiesta dalla normativa italiana:

 

¨      Kenwood  KRF-V6080D (allegato 10) (estratto) (per visualizzare il testo completo http://www.kenwood.it/risorse/manuali/home/none/Sintoamplificatori%20AV/KRF-V6080D.pdf)

¨       Kenwood  Z 638 (allegato 11) (estratto) http://www.kenwood.it/risorse/manuali/car/none/Sintolettori%20CD%20e%20DVD/Z638.pdf

¨       Majestic RP 903 (allegato 12)

¨       Panasonic RF-2400 (estratto) (allegato 13) http://www.panasonic.co.uk/customer-support/download-centre.asp[12]

¨       Irradio R6-WR (allegato 14) (http://www.melchioni.it/audiovideo/upload/R6-WR_I_UK.pdf)

¨       Irradio RF-38 (allegato 15) (estratto)( http://www.melchioni.it/audiovideo/upload/RF-38.pdf)

¨       Irradio RF-51 (allegato 16) (estratto)( http://www.melchioni.it/audiovideo/upload/RF-51_I_UK_E.pdf)

¨       Irradio RS-60D (allegato 17) (estratto)( http://www.melchioni.it/audiovideo/upload/RS-60D_I_UK_E.pdf)

¨       Irradio XRD-1391M (allegato 18) (estratto)( http://www.melchioni.it/audiovideo/upload/XRD1391M-MANUAL_rev05-2006.pdf)

¨      Grundig Music Boy 40 (allegato 19)

¨       Philips AE 6775 (allegato 20) (http://www.p4c.philips.com/files/a/ae6775_00/ae6775_00_dfu_ita.pdf)

¨       Sony CFS – B15 (allegato 21) (estratto) (http://pdf.crse.com/manuals/3859932531.pdf)

¨      Sony ICF – SW 11 (allegato 22) (http://pdf.crse.com/manuals/3048851121.pdf)

¨       Sony ICF – SW 12 (allegato 23) (http://pdf.crse.com/manuals/3859292121.pdf)

¨       Sony SHR M1 (allegato 24) (http://pdf.crse.com/manuals/3048846311.pdf)

 

 

B)             Riportiamo adesso alcuni modelli predisposti anche per la sintonia delle frequenze riservate alle stazioni emittenti in DAB:

 

¨       Kenwood  XXV-01D (allegato 25) (estratto) http://www.kenwood.it/risorse/manuali/car/none/Sintolettori%20CD%20e%20DVD/XXV-01D.pdf)

 

Il  modello è contrassegnato dalla marcatura  CE ed il relativo manuale d’uso è disponibile anche in lingua italiana, corredato della  dichiarazione di conformità prevista dal D.M. 28.8.1995, n. 548. Notiamo che – curiosamente - non sono riportate le frequenze DAB. Ricordiamo ad ogni modo che, ovviamente, sia i DD.MM. 25.6.1985 e 27.8.1987 così come il D.M. 548/1995 sono antecedenti all’avvio della sperimentazione del Digital Audio Broadcasting. E’ stata comunque emanata una specifica normativa, riportata al successivo punto 8.21.

 

¨         Morphy Richards 27024 (estratto) (allegato 26)

 

http://www.morphyrichards.co.uk/index.pl?REFID=mruk&ORGRP=R11&ORCAT=SR03&ORPGM=subCategoryOverview&ORPGT=perl&ORLID=ENG (descrizione prodotto nel sito del produttore)

http://www.thiecom.de/morphy-richards-drm-radio.htm (ulteriore descrizione, da altro sito)

http://www.thiecom.de/ftp/morphyrichards/drmradio/information/morphyrichards-drm-radio.pdf (manuale d’uso scaricato da altro sito in quanto non disponibile nel sito del produttore.

 

Questo modello (di produzione britannica), regolarmente dotato di marcatura CE ma senza alcun manuale d’uso in lingua italiana, è utilizzabile anche sulle piattaforme  digitali DAB e DRM. In particolare, l’apparecchio sintonizza le stazioni in DRM anche su alcune gamme di frequenza in onde corte (2.300 - 3.950 MHz e > 26.100 MHz) vietate dalla normativa specifica italiana oggetto della presente denuncia.

 

            Detto modello, inoltre, opera anche su alcune frequenze ricomprese nelle bande VHF-III e UHF L ­­non ricomprese  nelle gamme indicate dalla normativa italiana riportata al punto successivo (174-223 MHz, > 230 MHz  e > 1479,5 MHz).

 

            Si potrebbe ipotizzare che la ditta britannica ancora non commercializzi direttamente i propri prodotti nel mercato italiano, a causa delle limitazioni poste dalla normativa specifica del mio Paese.

 

¨       Morphy Richards 27015 (estratto) (allegato 27) http://www.morphyrichards.co.uk/wizz400/downloads/InstructionBooklets/IB27015.PDF

 

            Identico ragionamento può farsi anche per tale modello della stessa ditta, pur se  limitatamente alla banda VHF-III e per le frequenze superiori ai 230 MHz.

 

¨      Sony XDR-S1 (allegato 28) http://pdf.crse.com/manuals/3265723431.pdf

 

Anche questo modello, con manuale in italiano corredato della dichiarazione di conformità ex D.M. 548/1995, riporta delle frequenze DAB  ­­non ricomprese nelle gamme indicate dalla normativa italiana riportata al punto successivo (174-223 MHz, > 230 MHz  e > 1479,5 MHz).

 

¨       Sony XDR-S20 (allegato 29) http://pdf.crse.com/manuals/2655096431.pdf

 

Identico ragionamento può farsi anche per questo modello, pur se  limitatamente alla banda VHF-III e per le frequenze superiori ai 230 MHz.

 

C)        Per quanto riguarda invece il seguente gruppo di modelli (quasi tutti di marca Sony) rileviamo che nei manuali d’uso è stata evidenziata una differenziazione tra i modelli destinati all’Italia e quelli invece commercializzati negli altri Paesi. Differenziazioni dovute alle diverse gamme d’onda sintonizzabili dagli apparecchi, sempre per colpa della dichiarazione di conformità richiesta dalla normativa italiana ex D.M. 548/1995.

 

¨      Sony ICF – SW 35 (allegato30) http://pdf.crse.com/manuals/3042774031.pdf

 

¨       Sony ICF – SW 40 (allegato 31) http://pdf.crse.com/manuals/3860716431.pdf

 

¨       Sony ICF – SW 7600 GR (manuale in lingua danese) (allegato 32)

         ftp://ftp.vaio-link.com/pub/manuals/consumer/ICF-SW7600GR_da.PDF

 

Sony ICF – SW 7600 GR (manuale in lingua inglese) (allegato 33)  http://pdf.crse.com/manuals/3227586011.pdf

 

Pur se non relativi al mercato italiano e quindi non direttamente interessati alla sua normativa di carattere restrittivo,  abbiamo citato due manuali del modello 7600 GR per evidenziare  che  quello acquistabile in Danimarca riporta – relativamente alla FM, alle onde corte ed addirittura alle onde lunghe – delle frequenze di gran lunga più ampie non solamente di quelle destinate ai mercati dell’Arabia Saudita e della Malesia ma anche di quelle consentite dai decreti ministeriali oggetto della presente denuncia. Arriviamo quindi all’assurdità che un consumatore italiano corra il rischio di acquistare in un Paese comunitario un prodotto ivi legittimamente commercializzato, illegittimo però una volta ritornato in Patria!

 

¨       Sony ICF – C111 (allegato 34)  http://pdf.crse.com/manuals/3227587121.pdf

 

¨      Sony ICF – C115 (allegato 35)  http://pdf.crse.com/manuals/3247336111.pdf

 

¨       Irradio RD-40 (allegato 36) (estratto)( http://www.melchioni.it/audiovideo/upload/RD-40_I_UK.pdf)

 

D)        Di seguito riportiamo invece un elenco - sempre indicativo - di marche e modelli  i cui manuali d’uso (redatti in lingua italiana) non riportano la dichiarazione di conformità richiesta dalla normativa italiana:

 

¨      Sony ICF – SW 07 (allegato 37) http://pdf.crse.com/manuals/3865472151.pdf

¨      Sony ICF – SW 1000 (allegato 38) http://pdf.crse.com/manuals/3800621271.pdf[13]

¨       Sony XDR-S50 (allegato 39)  http://pdf.crse.com/manuals/2698587512.pdf (frequenze DAB)

¨       Philips DA 1000 (allegato 40) http://www.p4c.philips.com/files/d/da1000_00/da1000_00_dfu_ita.pdf

¨      Eton E1 (allegato 41) (estratto)

(http://www.etoncorp.com/upload/contents/307/ml/eu/E1_manual_eton_Ita_lowres.pdf)

 

La presenza di manuali in lingua italiana per i modelli sopradescritti ci porta ancora ad ipotizzare che le ditte produttrici (tutte di rilievo nel mercato mondiale e quindi presumibilmente non interessate  ad immissioni di merci in forma abusiva) non commercializzino in via diretta i propri prodotti nel mercato italiano, a causa delle limitazioni poste dalla normativa specifica del mio Paese.

 

F)        Infine, elenchiamo alcuni modelli di case produttrici i cui manuali d’uso riportano la dichiarazione di conformità richiesta dalla normativa italiana ex D.M. 548/1995, pur se operative anche su gamme d’onda non consentite dallo stesso decreto ministeriale:

 

¨       Panasonic RF-B33[14] (allegato 42) (estratto) http://www.panasonic.co.uk/customer-support/download-centre.asp[15]

¨       Panasonic RF-B55[16] (allegato 43) (estratto) http://www.panasonic.co.uk/customer-support/download-centre.asp[17]

¨       Irradio XRD-1521 Blue[18] (allegato 44) (estratto) http://www.melchioni.it/audiovideo/upload/XRD-1521BLUE_I_UK_rev.pdf)

 

 

Possiamo pertanto dire che trattasi di dichiarazioni di conformità impossibili, forse anch’esse dettate dall’esigenza di non escludersi dal mercato italiano.

 

8.20          Si può certamente osservare che – se proprio si deve parlare di limitazione al diritto al radioascolto – essa comunque riguarda delle frequenze ove operano stazioni broadcasting le quali, quando non impossibili, sono comunque molto difficili da captare da parte dell’ascoltatore italiano. Se questo è vero, è altrettanto vero, però, che esistono appassionati (oltre ai BCL anche i cosiddetti SWL, ascoltatori delle trasmissioni dei radioamatori e delle emissioni radio in genere effettuate sulle onde corte) che con particolari impianti sono in grado di ricevere le stazioni lontane (le stazioni c.d. DX). Inoltre, detta limitazione mette in dubbio la legittimità del diritto per gli organi di informazione italiani di sintonizzare tali emittenti così come, per turisti e giornalisti, di acquistare in Italia un ricevitore idoneo all'ascolto delle emittenti locali quando poi si recheranno all'estero o, ancora più assurdo (come abbiamo visto al precedente punto) di utilizzare in Italia un ricevitore BC regolarmente commercializzato all’estero.

 

Affermiamo che - anche quando un’Autorità lecitamente vietasse un’emissione radiotelevisiva e sempre legittimamente ne perseguisse gli autori – non altrettanto legittimo sarebbe il divieto di ascoltare tali emissioni. Perciò, anche nei casi (assolutamente da circoscrivere in democrazia) ove venisse lecitamente vietata la parola diffusa per mezzo della radio e della televisione, mai dovrà esserne vietato l’ascolto. Ma questo è proprio ciò che accade in Italia, ove – a causa della normativa nazionale dei due D.M. del 1985 e 1987 che pone arbitrariamente dei limiti alle frequenze sintonizzabili e che è stata confermata dal D.M. 548/1995 (vedi punto 8.12) – i consumatori italiani sono impossibilitati non solo ad acquistare legittimamente in Italia i ricevitori di radiodiffusione liberamente commercializzati negli altri Paesi dell’Unione, ma addirittura ad utilizzare nel proprio Paese quegli stessi ricevitori BC che sono stati regolarmente acquistati all’estero.

 

            Ad ogni modo, ci si potrebbe chiedere se sia utile darsi tanta pena per l’illegittimità di disposizioni normative che limitano l’ascolto di trasmissioni su gamme d'onda che (come quelle in onde corte) sono ormai in fase di abbandono da parte delle emittenti broadcasting. Queste ultime, infatti, hanno cominciato a privilegiare altre piattaforme quali il satellite oppure internet oppure ancora (restando nell’ambito delle trasmissioni via etere) stanno implementando sistemi di trasmissione digitale quali il DRM ed il DAB e le loro versioni evolute. Inoltre sono in commercio anche software per l’ascolto delle stazioni radio tramite il PC (ad esempio i ricevitori SDR).

 

            Ebbene, potrebbe bastare la risposta che quella che appare come una battaglia di retroguardia (la tutela della libertà al radioascolto in gamme d'onda ormai in via di abbandono da parte delle stazioni di radiodiffusione circolare) valga comunque la pena di essere combattuta, in quanto un limite ora non contrastato potrà in futuro essere preso a giustificazione per nuovi limiti nei confronti di quei mezzi che sempre più il mondo dell'informazione vedrà nascere in avvenire (ad esempio restringendo l'accesso alla rete Internet, come sta avvenendo nella Repubblica Popolare Cinese).

 

8.21     Nel limitarci al campo specifico delle radiodiffusioni, ricordiamo che anche per le nuove tipologie di trasmissioni digitali le relative frequenze debbano essere comunque previste da un provvedimento normativo adottato dai singoli Stati membri (piano nazionale delle frequenze o altro) e che in un prossimo futuro potrebbe accadere che proprio alcune trasmissioni con standard DAB o DRM provenienti da altre parti del mondo vengano irradiate su frequenze non consentite in Italia, con la conseguenza che le Autorità italiane potrebbero in futuro impedire la commercializzazione di alcuni modelli di tali ricevitori!

 

A tale proposito osserviamo quanto segue:

 

·         il Decreto del Ministero delle Comunicazioni 14.11.2001[19] (Approvazione del programma per lo sviluppo in Italia della radiodiffusione sonora in tecnica digitale), riferendosi alla Conferenza CEPT di <Wiesbaden 1995>, al punto 3 indicava che il DAB può operare indifferentemente in  banda VHF-III o UHF-L indicando gli intervalli 174  – 240 e 1452 – 1468 MHz,

 

·         il Piano nazionale italiano delle radiofrequenze[20] (anch’esso adottato dall'Esecutivo) prevede che “la banda di frequenze 223-230 MHz  … è riservata all'introduzione del sistema di radiodiffusione sonora numerica di terra (T-DAB) in accordo con gli Atti finali della riunione di pianificazione di Wiesbaden 1995” mentre "nella banda di frequenze 1.452-1.492 MHz è prevista, a partire dal 1 gennaio 2003, l’introduzione del sistema di radiodiffusione sonora numerica di Terra (T-DAB) in accordo con gli Atti finali delle riunioni di pianificazione (Wiesbaden 1995 e successive[21])",

 

·         la delibera n. 249/02/Cons[22] (Approvazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora in tecnica digitale – PNAF DAB T) dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni afferma, nelle premesse (citando proprio il Piano nazionale generale), che sono disponibili “per tale servizio, 20 blocchi di frequenze, di cui 4 nella banda VHF-III 223-230 MHz  e 16 nella banda UHF – L 1452 - 1479,5 MHz”.

 

             L’ITU (una sede pertanto mondiale, diversamente dalla CEPT), in vista ed in occasione della Conferenza regionale delle radiocomunicazioni del 2006 (RRC-04 e RRC 06) ha proposto un nuovo accordo ed un nuovo piano per le frequenze della banda VHF-III (174-230 MHz) e – innovativamente - per le bande VHF – IV/V (470-862 MHz).[23]

 

Pur essendo prematuro dare un giudizio, assistiamo quindi alle prime incertezze sulle frequenze realmente disponibili per lo standard DAB: incertezze che già adesso (come ipotizzato supra  alla lettera b del precedente punto 8.19) potrebbero provocare ripercussioni sulla commercializzazione in Italia dei nuovi ricevitori digitali.

 

                Anche se relativo all’aspetto “attivo” (e quindi delle stazioni emittenti) delle trasmissioni digitali, cogliamo l’occasione per ricordare che codesta Commissione – in sede di propria comunicazione del 29 settembre 2005 – ha   raccomandato che “gli Stati membri hanno l'obbligo di fare in modo che l'RRC-06 non crei ostacoli indebiti alla rigorosa applicazione della direttiva quadro e della direttiva autorizzazioni, relative ai servizi di comunicazione elettronica, né delle altre norme comunitarie in vigore per quanto riguarda la futura attribuzione e assegnazione di frequenze del dividendo digitale.”[24]

 

8.22     Al punto 8.14 (lettera a) abbiamo descritto come la Commissione europea non abbia potuto rivendicare la competenza comunitaria su quanto disciplinato dal D.M. 548/1995: il  motivo è da rinvenire nel fatto che l'Italia ha posto delle restrizioni alla produzione ed all'ingresso nel territorio nazionale di molti ricevitori delle onde corte regolarmente venduti in altri Stati dell'Unione per dei motivi diversi dalla compatibilità elettromagnetica (di competenza comunitaria), e cioè per le limitazioni alle frequenze sintonizzabili dai ricevitori di radiodiffusione (di competenza nazionale, come descritto al punto 8.11).

 

            Ma, anche se di competenza nazionale, tali limitazioni sono assolutamente immotivate (come pensiamo di aver dimostrato nei precedenti punti 8.14, 8.15 e 8.16) in quanto non giustificate da  alcuna esigenza che possa definirsi “importante” o “imperativa” come nemmeno  dalla necessità di rispettare requisiti “necessari e proporzionati” oppure “misure speciali”.

 

8.23     Al punto 8.8 abbiamo ricordato che il marchio CE apposto sui radioricevitori BC attesta la conformità alle direttive LVD ed alla direttiva  EMC allo scopo di soddisfare due requisiti essenziali: sicurezza (come richiesto dalla direttiva LVD) e protezione (perseguita invece dalla direttiva EMC). Qualora vengano adottate legislazioni nazionali, i requisiti tecnici ivi contenuti dovranno esigere il rispetto di tali requisiti essenziali, ma non potranno richiederne di ulteriori (art. 6 vecchia Direttiva EMC; art. 3 vecchia Direttiva LVD)

 

Al tempo stesso, in applicazione del principio generale di “libera circolazione delle merci” tutelato dall’art. 95 del Trattato di Roma,  i principi di necessarietà e proporzionalità delle norme nazionali – dettati dalla direttiva R&TTE -  possono a buon diritto essere di riferimento anche per i radioricevitori BC (pur se esonerati dall’applicazione della direttiva).

 

Ecco allora aprirsi la possibilità del  ricorso per dichiarazione di inadempimento da parte della Commissione europea e adire così la Corte di giustizia (come garantito dagli articoli 95 § 9 e 226 del Trattato di Roma), in quanto il diritto nazionale italiano in materia di prescrizioni delle frequenze ricevibili (il paragrafo 3 dei decreti ministeriali 25.6.1985 e 27.8.1987, mantenuti in vigore dall’art. 2 del D.M. 28.8.1995, n. 548) ha violato gli obblighi del Trattato, operando una discriminazione arbitraria ed una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri degli apparecchi ricevitori di radiodiffusione sonora a danno dei consumatori finali .

 

 Il sottoscritto - presentando questa denuncia - chiede pertanto a codesta On.le Commissione di mettere in mora lo Stato italiano, richiedendo allo stesso di conformarsi al diritto comunitario.

 

9.         Se possibile, menzionare le norme del diritto comunitario (trattati, regolamenti, direttive, decisioni ecc.) che, secondo il denunciante, lo Stato membro ha violato:

 

·        art. 30 del Trattato che istituisce la Comunità europea

·         art. 95, §§4 e 5, del Trattato

·         art. 6 della vecchia direttiva EMC

·         art. 4 della nuova direttiva EMC

·         art. 3 della vecchia direttiva LVD

·         art. 3 della nuova direttiva LVD

 

10.            Menzionare l’eventuale finanziamento comunitario (se possibile, con i riferimenti) di cui lo Stato membro in causa beneficia o potrebbe beneficiare, in relazione ai fatti contestati:

 

nessuno

 

11.            Eventuali contatti già presi con i servizi della Commissione (se possibile, allegare copia della corrispondenza):

 

-          scambio di mail nelle date 18 febbraio – 10 giugno 2004 con la Direzione Generale Imprese (Centro di documentazione – vedi testo cartaceo) (allegato 45)

-          successione di mail nelle date 29 giugno – 3 luglio – 22 settembre 2004 con la Direzione Generale Imprese (vedi testo cartaceo) (allegato 46)

 

12.            Eventuali contatti già presi con altre istituzioni od organi comunitari (per esempio, commissione per le petizioni del Parlamento europeo, mediatore europeo). Se possibile, indicare il riferimento attribuito da tali organi alla lettera del denunciante: nessuno, in quanto non si tratta di cattiva amministrazione da parte di istituzioni od organi dell'Unione, così come nemmeno di materia di competenza del Parlamento europeo.

 

13.            Contatti già presi con le autorità nazionali a livello centrale, regionale o locale (se possibile, allegare copia della corrispondenza):

 

-          scambio di mail nelle date 7-13 gennaio con il Ministero delle Comunicazioni italiano (Ufficio Relazioni con il Pubblico) (allegato 47)

 

13.1          iniziative di tipo amministrativo (per esempio, esposto presso le competenti autorità nazionali a livello centrale, regionale o locale o presso il mediatore nazionale o regionale): nessuna.

 

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) italiana ha il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali dei cittadini.

 

Con riferimento alle garanzie per gli operatori, spetta all’Autorità l’elaborazione e l’approvazione dei Piani nazionali di assegnazione delle frequenze, l’accertamento relativo alla costituzione e al mantenimento di posizioni dominanti, la corretta applicazione della disciplina antitrust.

 

Con riferimento invece agli utenti, compito dell’Autorità è soprattutto quello di assicurare la prestazione dei servizi essenziali a tutti gli utenti. Tale tutela viene assicurata anche  mediante la segnalazione al Governo dell’opportunità di interventi, anche legislativi, in  relazione alle innovazioni tecnologiche ed all’evoluzione, sul piano interno de internazionale:  non è prevista però la possibilità di imporre alcuna modifica.

 

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, invece, esercita i propri poteri in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza e di abuso di posizione dominante così come in materia di divieto delle operazioni di concentrazione. Anche a detta Authority spetta un  potere di segnalazione, al Parlamento ed al Governo, individuando i casi di particolare rilevanza nei quali norme di legge o di regolamento o provvedimenti amministrativi di carattere generale determinino distorsioni della concorrenza o del corretto funzionamento del mercato senza che siano giustificate da esigenze di interesse generale. Anche in questo caso  non vi è possibilità di imporre alcuna modifica.

 

13.2     azioni o ricorsi dinanzi ai dei tribunali nazionali o altri procedimenti avviati (per esempio

              arbitrato o conciliazione): nessuno.

 

            Gli atti nei confronti dei quali si presenta denuncia sono decreti ministeriali con forza di regolamento, quindi fonti normative di rango secondario. Anche se sostanzialmente normativi, trattasi quindi di atti riconducibili alla più ampia categoria degli atti amministrativi e assoggettati al regime giuridico di questi ultimi (poiché emanati da organi del Potere esecutivo).

 

            Avverso tali decreti ministeriali è esperibile pertanto unicamente il ricorso giurisdizionale amministrativo (T.A.R. - Consiglio di Stato). Questi decreti, però, non sono impugnabili autonomamente: caratterizzati infatti dall'astrattezza e dalla generalità,  non sono idonei a ledere direttamente una situazione giuridica soggettiva come nemmeno a legittimare un interesse all'impugnazione. Bisogna pertanto attendere l'emanazione di un provvedimento amministrativo in attuazione dei decreti ministeriali, per poi impugnarlo unitamente ai decreti medesimi.

 

            Pur se operante con efficacia erga omnes, l'annullamento delle norme regolamentari –

dettate dai decreti ministeriali oggetto della presente denuncia - è pertanto molto difficile da

ottenere.

 

              Ricordiamo che è invece possibile ottenere - in via incidentale - dall'Autorità Giurisdizione Ordinaria la disapplicazione delle norme regolamentari: come è noto, però, nell'ordinamento giuridico italiano la decisione sul punto rimarrebbe circoscritta al caso concreto senza passare in giudicato.

 

14.            Indicare qui di seguito e allegare gli eventuali documenti giustificativi ed elementi probanti a sostegno della denuncia, comprese le disposizioni nazionali pertinenti:

 

Allegato 1:              D.P.R. 27.1.2000, n. 64

 

Allegato 2               Decreto del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni 25.6.1985

 

Allegato 3:              allegato A, paragrafo 3 del D.M. 25.6.1985

 

Allegato 4:              Decreto del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni 27 agosto 1987

 

Allegato 5:              Decreto del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni 28 agosto 1995, n. 548

 

Allegato 6:              pag. 158 del catalogo  Sony 2003-2004  (ricevitore multibanda ICF-SW 77)

 

Allegato 7:              specifiche tecniche del ricevitore multibanda ICF-SW 77

 

Allegato 8:              caratteristiche tecniche del ricevitore multibanda ICF-SW 77

 

Allegato 9:              resoconto del test di laboratorio di  Radio Netherlands

 

Allegato 10:            manuale d’istruzioni Kenwood  KRF-V6080D (estratto)

 

Allegato 11:             manuale d’istruzioni Kenwood  Z 638 (estratto)

 

Allegato 12:             manuale d’istruzioni Majestic RP 903

 

Allegato 13:             manuale d’istruzioni Panasonic RF-2400 (estratto)

 

Allegato 14:             manuale d’istruzioni Irradio R6-WR

 

Allegato 15:             manuale d’istruzioni Irradio RF-38 (estratto)

 

Allegato 16:             manuale d’istruzioni Irradio RF-51 (estratto)

 

Allegato 17:             manuale d’istruzioni Irradio RS-60D (estratto)

 

Allegato 18:             manuale d’istruzioni Irradio XRD-1391M (estratto)

 

Allegato 19:             manuale d’istruzioni Grundig Music Boy 40

 

Allegato 20:                 manuale d’istruzioni Philips AE 6775

 

Allegato 21:             manuale d’istruzioni Sony CFS – B15 (estratto)

 

Allegato 22:             manuale d’istruzioni Sony ICF – SW 11

 

Allegato 23:             manuale d’istruzioni Sony ICF – SW 12

 

Allegato 24:             manuale d’istruzioni Sony SHR M1

 

Allegato 25:             manuale d’istruzioni Kenwood  XXV-01D (estratto)

 

Allegato 26:             manuale d’istruzioni Morphy Richards 27024 (estratto)

 

Allegato 27:            manuale d’istruzioni Morphy Richards 27015 (estratto)

 

Allegato 28:             manuale d’istruzioni Sony XDR-S1

 

Allegato 29:            manuale d’istruzioni Sony XDR-S20

 

Allegato 30:             manuale d’istruzioni Sony ICF – SW 35

 

Allegato 31:                 manuale d’istruzioni Sony ICF – SW 40

 

Allegato 32:             manuale d’istruzioni Sony ICF – SW 7600 GR (manuale in lingua danese)

 

Allegato 33:             manuale d’istruzioni Sony ICF – SW 7600 GR (manuale in lingua inglese)

 

Allegato 34:             manuale d’istruzioni Sony ICF – C111

 

Allegato 35:             manuale d’istruzioni Sony ICF – C115

 

Allegato 36:             manuale d’istruzioni Irradio RD-40 (estratto)

 

Allegato 37:             manuale d’istruzioni Sony ICF – SW 07

 

Allegato 38:             manuale d’istruzioni Sony ICF – SW 1000

 

Allegato 39:                 manuale d’istruzioni Sony XDR-S50 (frequenze DAB)

 

Allegato 40:             manuale d’istruzioni Philips DA 1000

 

Allegato 41:             manuale d’istruzioni Eton E1 (estratto)

 

Allegato 42:             manuale d’istruzioni Panasonic RF-B33 (estratto)

 

Allegato 43:             manuale d’istruzioni Panasonic RF-B55 (estratto)

 

Allegato 44:             manuale d’istruzioni Irradio XRD-1521 Blue (estratto)

 

Allegato 45:             scambio di mail nelle date 18 febbraio – 10 giugno 2004 con la Direzione Generale Imprese (Centro di documentazione –           vedi testo cartaceo)

 

Allegato 46:   successioni di mail nelle date 29 giugno – 3 luglio – 22 settembre 2004 con la Direzione

Generale Imprese. (vedi testo cartaceo)

 

Allegato 47:   scambio di mail nelle date 7-13 gennaio con il Ministero delle Comunicazioni italiano

(Ufficio Relazioni con il Pubblico)

 

 

15.            Riservatezza:

 

“Autorizzo la Commissione a indicare la mia identità nei Suoi contatti con le autorità dello Stato membro contro il quale è presentata la denuncia.”

 

 

16.       Luogo, data e firma del denunciante/del rappresentante:

 

(vedi testo cartaceo) 31 agosto 2007                                                                Giorgio Marsiglio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Nota esplicativa da riprodurre sul modulo di denuncia)

 

Ogni Stato membro è responsabile dell’applicazione del diritto comunitario (attuazione entro i termini, conformità e corretta applicazione) nel rispettivo ordinamento giuridico interno. A norma dei trattati, la Commissione delle Comunità europee vigila sulla corretta applicazione del diritto comunitario: di conseguenza, se uno Stato membro non lo rispetta, la Commissione dispone di poteri propri (il ricorso per inadempimento) per cercare di porre fine all’infrazione e, se necessario, adisce la Corte di giustizia delle Comunità europee. In seguito a una denuncia oppure in base a presunzioni d’infrazione da essa individuati, la Commissione prende le iniziative che ritiene giustificate.

 

S’intende per inadempimento la violazione da parte degli Stati membri di obblighi derivanti dal diritto comunitario. L’inadempimento può consistere in un comportamento attivo od in un’omissione. S’intende per Stato lo Stato membro che viola il diritto comunitario, qualunque sia l’autorità – centrale, regionale o locale – responsabile dell’inadempimento.

 

Chiunque può chiamare in causa uno Stato membro presentando denuncia presso la Commissione contro un provvedimento (legislativo, regolamentare o amministrativo) o contro una prassi imputabile a tale Stato, che il denunciante ritenga contrari ad una disposizione o ad un principio del diritto comunitario. Il denunciante non deve dimostrare un interesse ad agire in tal senso, né deve provare che l’infrazione denunciata lo riguarda a titolo principale e in forma diretta. Si rammenta che, per essere ricevibile, la denuncia deve riguardare una violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro. Si precisa inoltre che è facoltà dei servizi della Commissione valutare se dare seguito o meno ad una denuncia, in base alle regole e alle priorità stabilite dalla Commissione stessa per l’avvio e la prosecuzione dei procedimenti d’infrazione.

 

Chiunque ritenga che un provvedimento (legislativo, regolamentare o amministrativo) o una prassi amministrativa sia contrario al diritto comunitario, prima di presentare denuncia alla Commissione o in parallelo con tale presentazione è invitata a rivolgersi alle autorità amministrative o giudiziarie nazionali (compreso il mediatore nazionale o regionale) o seguire procedure di arbitrato e di conciliazione. La Commissione consiglia di avvalersi di questi strumenti di tutela amministrativa, giudiziaria o di altro tipo previsti nel diritto interno prima di presentare una denuncia, dati i vantaggi che possono derivarne per il denunciante.

 

In genere, esperendo i mezzi di tutela disponibili a livello nazionale, il denunciante può far valere i propri diritti in forma più diretta e specifica (procedimento d’ingiunzione, annullamento di una decisione nazionale, risarcimento del danno) piuttosto che in seguito all’esito favorevole di un procedimento d’infrazione avviato dalla Commissione. Infatti, detto procedimento può richiedere talvolta un certo tempo prima di giungere a una conclusione poiché, prima di adire la Corte di giustizia, la Commissione è tenuta a seguire una fase di contatti con lo Stato membro interessato, per tentare di ottenere la cessazione dell’infrazione.

Inoltre, la sentenza con la quale la Corte constata l’inadempimento non produce effetti sui diritti del denunciante, poiché non è intesa a decidere su di una situazione individuale. Essa si limita a imporre allo Stato membro di conformarsi al diritto comunitario. Le domande di risarcimento provenienti da privati devono essere rivolte alle autorità giudiziarie nazionali.

 

A favore del denunciante sono previste garanzie amministrative esposte qui di seguito:

 

a)         Dopo che la denuncia è stata registrata presso il segretariato generale della Commissione, se viene ritenuta ricevibile, Le viene attribuito un numero ufficiale. Subito dopo viene inviata al denunciante una lettera in attestante la ricezione della denuncia e che comunica il numero attribuito; numero che è bene menzionare in ogni corrispondenza successiva. L’attribuzione di un numero ufficiale ad una denunzia non implica necessariamente l’avvio di un procedimento d’infrazione contro lo Stato membro in causa.

 

b)         Qualora i servizi della Commissione decidano d’intervenire presso le autorità dello Stato membro contro il quale è stata presentata la denuncia, lo faranno rispettando la scelta del denunciante di cui al punto 15 del presente modulo.

 

c)         Nei i limiti del possibile, la Commissione decide sul merito della pratica (avvio di un procedimento d’infrazione oppure archiviazione) entro i dodici mesi successivi alla data di registrazione della denuncia presso il segretariato generale.

 

d)         Il servizio competente, qualora intenda proporre alla Commissione di decidere l’archiviazione della denuncia, ne informa previamente il denunciante. Inoltre, i servizi della Commissione tengono informato il denunciante sull’andamento dell’eventuale procedimento d’infrazione.

 

            L’uso del presente modulo non è obbligatorio. Una denunzia può essere presentata con semplice lettera alla Commissione, ma è nell’interesse del denunciante includervi il massimo d’informazioni pertinenti. Il presente modulo può essere inviato per posta normale al seguente indirizzo:

                                                Commissione delle Comunità europee

                                                 (alla cortese attenzione del Segretario generale)

                                                Rue de la Loi, 200

                                                B-1049 Bruxelles

                                                BELGIO

            È ammesso anche il recapito a mano presso uno degli uffici di rappresentanza della Commissione negli Stati membri. Il presente modulo è disponibile anche su supporto informatico, sul “server” Internet dell’Unione europea (http://europa.eu.int/comm/sg/lexcomm).

            Perché una denuncia sia ricevibile, deve riguardare una violazione del diritto comunitario commessa da uno Stato membro.

            Il denunciante è invitato ad informare la Commissione di ogni cambiamento d’indirizzo e di ogni altro fatto che possa incidere sul trattamento della denuncia.

            Si noti che, in determinati casi, ai fini del trattamento della denuncia, può risultare indispensabile che i servizi della Commissione indichino l’identità del denunciante.

 

 



[1]              E’ necessario puntualizzare che il termine “apparecchiature”, precedentemente riferito dalla direttiva R&TTE alle normali radio sintonizzabili sulle gamme d’onda dedicate alla radiodiffusione (broadcasting o  BC) e spesso con caratteristiche di “portabilità” (portable radio), è stato ora sostituito dalla nuova direttiva 2004/108/CE in “apparecchio”, riservando invece  il termine “apparecchiatura” agli apparecchi o impianti fissi.

[2]                  Consultabile all’indirizzo http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/2000/lexs_363756.html.

[3]                 Consultabile all’indirizzo  http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1985/lexs_291897.html.

[4]              Il testo integrale del D.M. (in versione pdf), comprensivo degli allegati, è disponibile mediante il link riportato sulla pagina web  http://web.tiscali.it/oscarito curata dal sottoscritto.

[5]                 Consultabile all’indirizzo http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1987/lexs_299817.html.

[6]                 Consultabile all’indirizzo http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1995/lexs_334336.html.

[7]                 Consultabile al sito http://eur-lex.europa.eu/Notice.do?val=117475:cs&lang=it&list=365054:cs,365015:cs,117475:cs,118607:cs,115567:cs,116372:cs,115216:cs,116360:cs,115215:cs,116359:cs,&pos=3&page=2&nbl=29&pgs=10&hwords.

 

 

 

[8]                 Consultabile all’indirizzo http://www.urpcomunicazioni.it/ultimissime/nuovo_pnrf.htm

[9]              Il catalogo 2004 già non lo riportava più; rimane invece la descrizione nel sito internet della ditta produttrice.

[10]             Si possono leggere all’indirizzo:

http://www.sony.it/view/ShowProduct.action?product=ICF-SW77&site=odw_it_IT&pageType=TechnicalSpecs&imageType=Main&category=RAD+Worldband+Receiver#tab

[11]              The set is being sold in around 6 versions, depending on local restrictions. The full coverage version offers continuous AM coverage from 150 kHz up to 30 MHz, plus FM from 76 to 108 MHz. The set can receive signals in AM, USB, LSB (...)  Now in some countries, such as Saudi Arabia, SSB coverage and a portion of frequencies between 285 and 531 kHz and above 26100 kHz is blocked out. Sets sold in Italy have some restrictions built in to them too. What with 1992 round the corner, it makes you wonder how long such restrictions can remain in force. But still, Sony's not to blame for this.”

Il testo è consultabile all’indirizzo http://www.radionetherlands.nl/features/media/productreviews/receivers/icfsw77.html, alla voce tuning.

[12]             Inserire nel campo “Enter Model Number” la sigla  rf 2400.

[13]             Questo modello riporta le differenziazioni imposte dal mercato italiano: evidenziamo in particolare la funzione di scan tuning, preclusa al consumatore italiano. Anche in questo caso evidenziamo l’assurdità che un consumatore italiano acquisti legittimamente in un Paese comunitario il prodotto, non potendolo però utilizzare una volta rientrato in Patria!

[14]             Questo modello opera anche su frequenze in onde medie (tra i 1630 ed i 1730 kHz) ed in onde corte (tra i 2.300 ed i 3.850 MHz), non consentite dai decreti ministeriali italiani.

[15]             Inserire nel campo “Enter Model Number” la sigla  rfb33.

[16]             Come nota 14, con l’aggiunta di frequenze non consentite nelle onde lunghe (tra i 283,5 ed i 513 KHz).

[17]             Inserire nel campo “Enter Model Number” la sigla  rfb55.

[18]             Questo modello, invece, ha in dotazione la c.d. “banda OIRT” (65,8 – 74 MHz), la organizzazione radiotelevisiva dell’ex blocco sovietico, ora in avanzata fase di dismissione. Ricordando quanto indicato nella tabella riportata al precedente punto 8.4 (onde metriche) , anche queste banda di frequenze non è consentita dai decreti ministeriali italiani.

[19]                 Consultabile all’indirizzo  http://www.urpcomunicazioni.it/normativa/radiotv/rtv_dm1101.htm

[20]                 Consultabile all’indirizzo  http://www.urpcomunicazioni.it/ultimissime/nuovo_pnrf.htm di cui alla nota 6.

[21]             Il riferimento è alla Conferenza di Maastricht 2002.

[22]                 Consultabile all’indirizzo http://www.agcom.it/provv/d_249_02_CONS.htm.

[23]             Vedi in proposito nel sito dell'European Radiocommunications Office (ERO), all'indirizzo http://www.ero.dk/AD0A1D8A-68DF-4F3B-851A-FF9A17547768?frames=no&

e dell’Ufficio federale delle Comunicazioni della Confederazione elvetica agli indirizzi

¨       http://www.bakom.ch/themen/radio_tv/01107/01108/01407/index.html?lang=it&download=M3wBPgDB/8ull6Du36WenojQ1NTTjaXZnqWfVqHahmfhnapmmc7Zi6rZnqCkkIN1fHd8bKbXrZ6lhuDZz8mMps2gpKfo.pdf e

¨       http://www.bakom.ch/themen/radio_tv/01107/01108/01407/index.html?lang=it&download=M3wBPgDB/8ull6Du36WenojQ1NTTjaXZnqWfVqHahmfhnapmmc7Zi6rZnqCkkIN1fHd9bKbXrZ6lhuDZz8mMps2gpKfo.pdf.

[24]                 Consultabile all’indirizzo  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2005/com2005_0461it01.doc