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Il seguente articolo è stato pubblicato 
sul numero 9/2003 (pagg. 4-5) del mensile RADIORAMA (Trieste)
 periodico dell'A.I.R. - Associazione Italiana Radioascolto

LA LIBERTA’ DI INFORMAZIONE E LA SENTENZA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE SUL CASO RADIO VATICANA

di Giorgio Marsiglio

Premessa

Come già reso noto da Radiorama (n. 7/2003), il processo alla Radio Vaticana si farà. Accusati di aver irradiato dagli impianti di S. Maria di Galeria radiazioni elettromagnetiche in misura nociva per la salute delle popolazioni del vicino comune di Cesano di Roma e dintorni, tre alti dirigenti della emittente pontificia sono stati ritenuti dalla Corte di Cassazione sottoponibili a processo penale. Questo con la sentenza del 9 aprile 2003, n. 441.(*)

Il Tribunale di Roma (**) dovrà così procedere nei confronti degli imputati, accusati del reato di cui all’art. 674 del codice penale. (1)

Cittadini di uno Stato di diritto, attendiamo con fiducia il processo, certi che in tale sede accusa e difesa potranno esporre con completezza le loro tesi: conosceremo così se le emissioni radio siano state di misura tale da costituire pericolo per la salute e – in tal caso – se i responsabili della emittente pontificia avranno potuto validamente opporre a propria difesa che quando la stazione radio non lontana dalla via Cassia iniziò la propria attività negli anni Sessanta, case nei pressi non ce n’erano, e che pertanto siano state le successive scelte di quel Comune a rendere dannoso ciò che prima non lo era.

I Giudici e la libertà d’informazione

Nell’attesa, a noi appassionati di radioascolto preme però sapere fin da ora una cosa: se cioè la decisione dei giudici della Suprema Corte costituisca ingerenza di uno Stato (l’Italia) nell’esercizio della libera espressione del pensiero - mediante il mezzo radiofonico - di un altro soggetto dell’ordinamento internazionale (che in realtà sono due: la Santa Sede e la Città del Vaticano). (2)

In altre parole, se un’entità ridotta dalle vicende della Storia a meno di mezzo chilometro quadrato e, nonostante ciò, faro al quale volgono lo sguardo della fede miliardi di persone in tutto il mondo, stia rischiando – per la necessità di dover chiedere aiuto al proprio Vicino nell’ubicare le proprie installazioni radio altrimenti troppo grandi per gli incapienti propri confini - di essere assoggettata a verifiche ed ispezioni quasi alla stregua di una radio clandestina.

E’ bene assicurare che la sentenza in esame si premura di affermare che la contestazione - mossa ai responsabili di Radio Vaticana – non riguarda "materie riservate all’autonomia decisionale della Chiesa cattolica in quanto inerenti alla sua missione d’insegnamento e di evangelizzazione".

Quindi i giudici – consapevoli della delicatezza della materia che va a toccare i diritti ecclesiastico ed internazionale – tengono a precisare che materia del processo sarà solamente l’esistenza o meno di un eventuale reato.

Il contenuto degli Accordi Stato - Chiesa

Un passo della sentenza afferma, infatti, che Italia e Santa Sede "hanno stabilito la non intromissione dell’Italia nella sovranità e nella giurisdizione esclusiva della Santa Sede sulla Città del Vaticano e in generale sui territori – quali sono le aree di S.Maria di Galeria e di Castel Romano in cui sono installati gli impianti della Radio Vaticana – appartenenti a tale Stato estero." (3)

Così – anche se costretta a farsi ospitare in Italia per l’esercizio della propria attività – la "voce del Papa" vede confermata la propria libertà di comunicazione.

"Ma" – e questo è il punto decisivo della sentenza della nostra Suprema Corte – è altrettanto vero "che lo Stato italiano non abbia inteso in alcun modo abdicare alla propria sovranità giurisdizionale" senza alcuna dispensa dall’osservanza delle norme penali e di diritto pubblico in genere "la cui indisponibilità resta sempre assoluta in conseguenza della loro obbligatorietà e inderogabilità sul territorio dello Stato."

La Cassazione osserva, inoltre, che sono certamente previsti dagli Accordi Italia - Santa Sede dei casi in cui alcune persone (es. il Papa e pochi altri altissimi dignitari), alcuni luoghi (es. gli immobili sedi di dicasteri pontifici) e infine alcune realtà organizzative tipiche di uno Stato sovrano (Congregazioni, Tribunali e Uffici della Santa Sede, definiti "enti centrali della Chiesa cattolica) sono esclusi dall’applicazione della legge italiana anche se posti nel territorio italiano; tali privilegi (giustificabili perché riferiti a persone, luoghi o realtà senza le quali non vi potrebbe essere indipendenza) non possono però mai estendersi ai casi non previsti dagli Accordi stessi.

La Radio Vaticana non può invocare l’immunità dalle leggi

E tra questi casi la Radio Vaticana – anche se presta un servizio necessario ed utile al Sommo Pontefice - proprio non figura, per esclusione della stessa legislazione della Chiesa, la quale non la ricomprende " tra gli "enti centrali della Chiesa cattolica", così come nemmeno il Centro Televisivo Vaticano, la Libreria Editrice Vaticana e il quotidiano "l’Osservatore Romano.

In altre parole, se alla Radio Vaticana - costretta ad operare su un territorio "prestatole" dall’Italia perché impossibilitata a farlo nel proprio – l’Italia deve garantire la più ampia indipendenza proprio perché "voce" di un soggetto dell’ordinamento internazionale, al tempo stesso la Radio vaticana deve comportarsi da soggetto responsabile che – proprio per la ristrettezza del territorio riconosciutole – deve stare attento alle conseguenze del proprio operato. Proprio come chiunque di noi, che – bruciando delle cose nel proprio cortile – deve ovviamente stare attento a che il fumo non crei danni al di là del recinto.

Il reato contestato

Per comprendere appieno questo ragionamento, è necessario ricordare che il reato di "getto pericoloso di cose" (4), esteso anche all’inquinamento elettromagnetico grazie alla giurisprudenza, è suddiviso in una condotta (es. l’emissione non consentita) e in un evento (es. il dar luogo alla situazione dannosa o pericolosa di inquinamento elettromagnetico).

Ecco perché nel caso di Radio vaticana interviene la giustizia italiana: la Radio è situata certamente in una località esclusa dalla giurisdizione (per capirci, Santa Maria di Galeria non è all’estero - è comunque in Italia - però gode di un’immunità identica a quella delle Ambasciate, e pertanto le forze di polizia italiana non possono entrarvi) (5), ma l’eventuale situazione dannosa si sarebbe comunque verificata nelle località circostanti, dove la sovranità italiana non trova limitazione alcuna.

Conclusioni

E’ opportuno (oltre che doveroso) che la Radio vaticana – che più volte ha affermato il proprio rispetto delle raccomandazioni internazionali in materia di emissioni elettromagnetiche assai prima che l’Italia si desse una normativa in merito - affronti il processo in modo diretto, tralasciando di invocare scappatoie le quali, oltre che inconsistenti giuridicamente, non sarebbero comprese dall’opinione pubblica.

La libertà di comunicazione è stata assicurata alla Santa Sede; si assicuri ora il rispetto della sovranità italiana (che naturalmente non vuol dire proclamarsi colpevoli anche quando ci si ritenga innocenti).

Indubbiamente la mancanza di territorio e di alture elevate penalizza una delle emittenti radio più prestigiose e più seguite al mondo; ma la soluzione ai problemi deve essere cercata nella direzione opposta all’elevazione della potenza di emissioni: ad esempio la stazione relay. Il prestigio internazionale della Chiesa cattolica e di questo Papa dovrebbero essere di aiuto nel reperirne qualcuna.

Gli sviluppi della vicenda giudiziaria:

9 maggio 2005: la sentenza di I grado (condanna)

4 giugno 2007: la sentenza di appello (assoluzione)

13 maggio 2008: la nuova sentenza della Corte di Cassazione (annullamento con rinvio)

14 ottobre 2009: la nuova sentenza della Corte d'Appello (prescrizione ed estinzione del reato)

24 febbraio 2011: l'ultima sentenza della Corte di Cassazione (prescrizione del reato con risarcimento alle parti civili)

Il punto di vista della Radio Vaticana

Note

[*] All'atto del deposito delle proprie motivazioni in data 21 maggio 2003, la sentenza ha assunto il numero 22516 mediante il quale essa ora è rinvenibile nelle pubblicazioni e nelle banche dati. Il testo integrale della sentenza può essere consultato nel sito della "Università degli Studi Roma Tre".

[**] Il testo della sentenza del 19 febbraio 2002, pronunciata dal Tribunale di Roma ed annullata con rinvio dalla sentenza di Cassazione commentata in questo articolo, può essere consultata nel sito "elettrosmog.com".

[1] (Getto pericoloso di cose). Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a lire quattrocentomila.

[2] Anche dopo il dissolvimento dello "Stato della Chiesa" e la perdita del potere temporale dei Papi, la Santa Sede o Sede Apostolica (termini che individuano il Papa e gli organi centrali della Chiesa cattolica) ha mantenuto la propria personalità nell’ordinamento internazionale. Pur senza territorio, essa ha così continuato a nominare e ricevere ambasciatori, e a stipulare trattati o concordati con altri Stati. Con i Patti Lateranensi stipulati nel 1929 anche l’Italia ha riconosciuto la Santa Sede, ed inoltre è stato costituito un ulteriore soggetto internazionale: lo "Stato della Città del Vaticano".

La Città del Vaticano ha risolto – per la Santa Sede –la difficoltà di continuare ad esistere senza un territorio, dove poter ubicare in piena indipendenza la propria organizzazione e svolgere la propria attività (compresa quella radiofonica); tale territorio ospita pertanto due apparati amministrativi dei quali uno piccolo e semplice (Vaticano) e l’altro vasto e complesso (S. Sede e Chiesa). I due soggetti trovano il comune riferimento nella persona del Romano Pontefice, che è al contempo il massimo esponente della Santa Sede e Sovrano dello Stato della Città del Vaticano.

E’ chiaro che agli Stati del mondo interessi intrattenere rapporti diplomatici non tanto con il piccolo statovaticano, bensì con il Papa ed i suoi collaboratori; al tempo stesso solo uno Stato (quindi con un territorio, una popolazione ed un governo) avente una propria amministrazione postale o di radiodiffusione è ammesso ad organizzazioni quali l’Unione Postale Universale (UPU) o l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) o la Conferenza Europea delle Poste e delle Telecomunicazioni (CEPT).

Ecco perché i due soggetti si dividono la rappresentanza internazionale del Papa: è la Santa Sede, infatti, che ha il proprio osservatore permanente alle Nazioni Unite e che nomina e riceve gli ambasciatori; nelle organizzazioni internazionali - per aderire alle quali è necessario avere una organizzazione amministrativa statuale - troviamo invece la Città del Vaticano. A titolo di esempio, è interessante notare che i francobolli del Papa, dopo anni di dicitura "poste vaticane", dal 1993 significativamente riportano quella più ufficiale "Città del Vaticano".

[3] Proprio per tale obbligo assunto dall’Italia, illegittimo sarebbe stato sospendere l’energia elettrica agli impianti, come minacciato dall’allora Ministro dell’Ambiente nel marzo 2001.

[4] Giustamente ci si potrebbe chiedere che cosa c’entri l’inquinamento elettromagnetico mediante onde radio, con un reato che sembrerebbe più dettato per i maldestri escursionisti della domenica. Sono state le sentenze dei giudici ad interpretare la norma del codice penale come applicabile anche ai casi di inquinamento elettromagnetico. In proposito, molto chiara è la giurisprudenza della Corte di cassazione. Infatti, la sentenza 11 novembre 1999, n. 5592 (Sez. I Penale), risponde alla perplessità di chi si interrogava sulla possibilità classificare come "cose" dei campi elettromagnetici, nonché di individuare una molestia che non fosse fisicamente percepibile, a prescindere dal fatto che fosse indizio di una vera e propria malattia. Ma per i giudici "l’elemento materiale della prima ipotesi contenuta nell’articolo 674 (gettare o versare cose) particolarmente per quanto concerne il "gettare" è di ampia portata e non ne sono prefissate le modalità, cosicché vi era ricomprensibile l’emissione di onde magnetiche attraverso impianti del genere qui contemplato. Né pareva che non potessero qualificarsi come "cose" (termine, questo, utilizzato dal legislatore con voluta genericità) i campi elettromagnetici, visto che il requisito principale appariva l’attitudine ad offendere, imbrattare o molestare le persone e che, comunque, l’energia elettromagnetica ha una sua fisicità, essendo suscettibile di misurazione e utilizzazione. E poiché studi recenti avevano individuato la pericolosità del cosiddetto inquinamento elettromagnetico, l’effetto - giuridicamente rilevante– dell’"offendere" poteva ravvisarsi tanto nel danno all’integrità fisica quanto in quello del decoro personale, cioè nell’attitudine a cagionare lesioni, ma ancor più a determinare una molestia ovvero una situazione di disagio e turbamento della persona.

Dovendosi, poi, tenere conto, che l’ipotesi criminosa in esame ha natura di pericolo e non di danno sostanziandosi quindi dell’astratta idoneità alla provocazione delle conseguenze normativamente previste."

[5] Una volta si parlava di "extraterritorialità", ma l’attuale diritto internazionale preferisce chiamarla "immunità delle sede", proprio perché i fatti che avvengono in quella sede sono comunque avvenuti nel territorio dello Stato ospite.

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