Ottiolu.net - La Storia della Baronia di Posada (1431-1869)

      La Storia della Baronia di Posada
 

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 Storia della Baronia di Posada > Aragona e Arborea > 3

 

L'imprevista ribellione di Mariano si presentava come alquanto spinosa per la Casa iberica, che non desiderava perdere la corona di Sardegna e purtuttavia non avrebbe potuto gestire l'isola in aperto conflitto con l'ultimo, autorevole, Giudicato. Non avrebbe voluto sconfiggerlo, eppure occorreva riprendere in mano la situazione.

 

Vista la parata, quindi, il re Pietro IV (detto "il cerimonioso" ma anche "il crudele") si organizzo' in tutta fretta e sbarco' precipitosamente al salvataggio con una spedizione che gli riconquisto' di nuovo Alghero, dove la popolazione stava semi-spontaneamente aprendo le porte a Mariano, e vi fece insediare una comunita' di fidati catalani (che sarebbe poi rimasta li' per sempre); esibita espressivamente la sua potenza, dopo poco le ostilita' cessarono grazie agli Accordi di Alghero del 1354.

 

Gli accordi contenevano importanti concessioni. Nel febbraio 1355, dopo il riordino della classe nobiliare, il re istitui' un parlamento che, come in Catalogna, era composto da nobili, ecclesiastici, rappresentanti delle citta' e, fatto senza precedenti, uno "stamento" di Sardi, in rappresentanza delle popolazioni rappacificate.

 cruz de Iñigo Arista

E' questo forse il primo di una serie di atti che rivelano la necessita' di passare attraverso un sia pur moderato riconoscimento della specialita' dell'Isola per poterla governare da stranieri.

 

Come Dio volle, si giunse alla Pace di Sanluri del luglio 1355 (che ratificava gli Accordi di Alghero) con la quale il castello ed il contado di Posada, insieme agli altri possedimenti di Gallura, sarebbero stati affidati alla gestione della Casa di Arborea per i cinquanta anni a venire.

 

Le clausole contenute nell'Accordo di Alghero, pero', non furono rispettate, ed i catalani rimasero nel dominio della zona, malgrado un sempre piu' sensibile malcontento popolare, provocato dalla misura delle tasse (aumentate in proporzione dello spopolamento, come si diceva, perche' quelli rimasti dovevano far fronte alle stesse esigenze fiscali precedenti) ma non solo.

 

La vita quotidiana era segnata infatti da frequenti spiacevoli episodi come le invasioni, le predazioni, le razzie operate da altre genti che profittavano con cinismo dell'animo non belligerante di questi villaggi di contadini.

 

Spesso gli invasori provenivano da altre aree mediterranee, e sbarcavano su queste coste magari nottetempo, quando la veduta panoramica offerta dal Castello della Fava non poteva essere d'apprezzabile aiuto alle sentinelle (la torre di avvistamento di San Giovanni e' di molto successiva); del resto la lontananza di queste genti da una mentalita' guerresca non aiutava nella difesa.

 

Nacque cosi' un proverbio,
tuttora in uso perche' mai ne e' declinato il significato
nell'inconscio di queste popolazioni, e che recita:
"furat chie benit dae su mare"
(ruba chi viene dal mare).

 

Ed anche gli Aragonesi, che nulla facevano per contrastare il fenomeno, parevano aver essi stessi "rubato" il Castello, che sarebbe spettato gli Arborensi.


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