Contando di aver scommesso sul vincitore,
il nostro Barone si schiero' dalla parte di Filippo
V di Spagna ed il riconoscente sovrano lo nomino'
infatti nel 1710 marchese dell'Isola
Rossa.
Purtroppo pero' le avverse fortune di Filippo V portarono
gli austriaci in Sardegna (1708) ed il
Masones, gia' ben compromesso, dovette riparare in Spagna
dove trovo' forse piu' soffice consolazione sposandosi
con una Lima Sotomayor, erede dell'omonimo
ducato.
La famiglia dei Masones si articolo' quindi di parentele
intrecciate e sul feudo di Posada si
aggiunsero altri titoli accessori; il casato crebbe in prestigio, a livello
isolano, in seno alla fazione che sosteneva
Filippo V nelle sue rivendicazioni contro l'antagonista Carlo
III, arciduca d'Austria.
La Sardegna nobile o feudale si era infatti divisa in due partiti di
pressoche' pari proporzioni, ciascuno dei quali auspicava la vittoria
austriaca o quella spagnola.
E tra i filo-borbonici i Mazones si distinguevano per la
partecipazione di alcuni autorevoli personaggi di questo casato,
tanto che questa compagine venne anche chiamata la "factione
de los Mazones"; il conte di
Montalbo ed il duca di Sotomayor,
figlio di Giuseppe Masones, ne erano fra i piu' noti
esponenti.
Nel 1717 il cardinale Giulio
Alberoni, ministro di Filippo V, rioccupo' la
Sardegna forte anche dell'aiuto a distanza del Masones,
che continuava pero' a risiedere nella piu' igienica Spagna.
E' facile immaginare che dalla rocca posadina molti
indigeni dovettero essere chiamati in armi, poiche' in
cio' consisteva appunto il lato pratico dell'appoggio
politico.
Successivamente, pero', con il trattato di Londra del
1718 il Regno di Sardegna venne ceduto ai duchi di Savoia,
principi di Piemonte.
E qui inizia una storia italiana che forse conosciamo
meglio.
I Piemontesi, nella persona di Vittorio
Amedeo II, barattavano in quella occasione il
Regno di Sicilia acquisito col trattato di
Utrecht nel 1713, a seguito
delle paci di Londra e dell'Aja del 1720,
e decidevano di dare finalmente corpo all'invenzione
diplomatica del Papa Bonifacio VIII, rendendo concreto
quel Regnum Sardiniae che mai era stato vivo.
Non si sprecarono pero' a dare immediata attenzione a questa
scomoda "pertinenza" (che pero' valeva bene per
loro, duchi, la dignita' ed il trono di Regno), anzi passarono anni prima che si
decidessero a inviare almeno dei ricognitori per fare...
l'inventario del magazzino.
L'accoglienza in Sardegna di questi nuovi padroni, del
tutto ignoti, non deve poi essere stata delle piu'
calorose.
I pochi resoconti degli "esploratori"
dell'epoca sono infatti costantemente venati di un
accidioso e snobistico disprezzo che rende difficile
valutare con precisione l'effettiva condizione dei luoghi,
che pure di lati negativi avrebbero dovuto mostrarne per
loro conto.
Del resto i Piemontesi fecero di tutto per farsi
benvolere: le prime riforme al sistema amministrativo
dell'Isola demolirono l'una dopo l'altra tutte le
costituite autonomie, a partire da quella del Vicere',
ridotto a mero esecutore delle direttive di un apposito
ministero creato ad hoc.
I Sardi, sennores e vassallos, subito
si mostrarono proporzionalmente entusiasti di tanto
"apprezzamento".
I rapporti con i nuovi venuti ne risentirono pesantemente.
SEGUE