Ottiolu.net       La Storia della Baronia di Posada
  La Baronia di Posada (1431-1869)
  • Aragona e Arborea: 1 - 2 - 3

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ARAGONA E ARBOREA - 2

In questo periodo, nell'Isola che fu indipendente, caduti in mano forestiera gli altri 3, sopravviveva autonomo ormai il solo Giudicato di Antichissimo stemma della Corona di Aragona. Curiosamente, l'albero e' un simbolo capitale anche della Casa di Arborea.Arborea. I Doria lo costringevano a ripetuti interventi bellici in difesa degli interessi dell'Aragona (Bonorva, Sassari), mentre ad Oristano, sede del Giudicato, cresceva il malcontento di Mariano nei confronti del fratello Giovanni (peraltro meglio accetto agli iberici) per questioni ereditarie.

Nel nostro borgo, nel 1352 divenne Castellano (titolare del sorgente feudo di Posada) Pere de So.
Con lui si stabilisce una definizione geografica del territorio feudale che restera' grosso modo immutata per molto tempo.
La Baronia di Posada comincia ad assumere quella consistenza che ne restera' a lungo caratteristica sia politicamente, che socialmente e culturalmente.

L'anno successivo, nel 1353, sull'altra costa, le truppe aragonesi sconfiggono i genovesi nella battaglia di Porto Conte, presso Alghero; qui inizia la particolarissima storia della comunita' catalana algherese, che ancora oggi e' un'isola etnica e linguistica dove tuttora si parla il catalano.
Ma qui iniziano anche i guai per l'Aragona; o forse per la Sardegna.

Il Giudice Mariano IV d'Arborea si attendeva infatti una migliore riconoscenza da parte degli iberici, in cambio dell'aiuto offerto, ed in particolare si sarebbe atteso il dominio su Alghero appena conquistata; sarebbe stata in effetti una equa ricompensa. Il Castello di Monreale - sul sito di San Vero Milis
Da parte Aragonese, invece, non si riconosceva al Giudice altro titolo che quello di un qualunque feudatario, il quale avrebbe quindi fatto soltanto il proprio dovere; se questo argomento non era stato affrontato in precedenza con Pietro III, Mariano IV era pero' ben deciso a restituire dignita' al suo ruolo, e non avrebbe accettato questa oltraggiosa sprezzante ingratitudine.
Attacco' percio' nella Sardegna del Sud, dove espugno' facilmente quasi tutti i villaggi, assediando Cagliari e dovendo contrastare un solo tentativo di resistenza a Quartu, ad opera di un tal Bernardo Cabrera.

Vista la parata, il re Pietro IV sbarco' precipitosamente al salvataggio con una spedizione che gli riconquisto' Alghero, dove fece insediare una comunita' di catalani (che sarebbe poi rimasta li' per sempre), e dopo poco le ostilita' cessarono grazie agli Accordi di Alghero del 1354. Nel febbraio 1355 il re istitui' un parlamento che, come in Catalogna, era composto da nobili, ecclesiastici, rappresentanti delle citta' e, fatto senza precedenti, uno cruz de Iņigo Arista"stamento" di Sardi, in rappresentanza delle popolazioni rappacificate.
E' questo forse il primo di una serie di atti che rivelano la necessita' di passare attraverso un sia pur moderato riconoscimento della specialita' dell'Isola per poterla governare da stranieri.

Come Dio volle, si giunse alla Pace di Sanluri del luglio 1355 (che ratificava gli Accordi di Alghero) con la quale il castello ed il contado di Posada, insieme agli altri possedimenti di Gallura, sarebbero stati affidati alla gestione della Casa di Arborea per i cinquanta anni a venire.

Le clausole contenute nell'Accordo di Alghero, pero', non furono rispettate, ed i catalani rimasero nel dominio della zona, malgrado un sempre piu' sensibile malcontento popolare, provocato dalla misura delle tasse (aumentate in proporzione dello spopolamento, triremi pisane catturano navi di piraticome si diceva, perche' quelli rimasti dovevano far fronte alle stesse esigenze fiscali precedenti) ma non solo.
La vita quotidiana era segnata infatti da frequenti spiacevoli episodi come le invasioni, le predazioni, le razzie operate da altre genti che profittavano con cinismo dell'animo non belligerante di questi villaggi di contadini.
Spesso gli invasori provenivano da altre aree mediterranee, e sbarcavano su queste coste magari nottetempo, quando la veduta panoramica offerta dal Castello della Fava non poteva essere d'apprezzabile aiuto alle sentinelle (la torre di avvistamento di San Giovanni e' di molto successiva); del resto la lontananza di queste genti da una mentalita' guerresca non aiutava nella difesa.

Nacque cosi' un proverbio,
tuttora in uso perche' mai ne e' declinato il significato
nell'inconscio di queste popolazioni, e che recita:
"
furat chie benit dae su mare"
(ruba chi viene dal mare).

continua
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Gianfranco Buttu per
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