manifesto 26/10

SERBIA

E' crisi umanitaria ma l'Europa fa finta di niente

- GIACOMO SCOTTI -

L e sanzioni imposte alla Jugoslavia da lunghi anni, le guerre condotte in Croazia, in Bosnia e nel Kosovo, i catastrofici bombardamenti aerei della Nato protrattisi per 78 giorni su tutte le città della Serbia, del Kosovo ed anche nel Montenegro, che hanno distrutto - tra l'altro - i più importanti stabilimenti industriali, riportando il livello produttivo dell'economia e i suoi risultati alla situazione di mezzo secolo addietro, hanno provocato un disastro umanitario: più di due milioni di abitanti della federazione serbo-montenegrina vivono in condizioni di assoluta miseria. Quanto agli altri, basti dire che coloro i quali hanno la fortuna di lavorare, ricevono salari o stipendi inferiori ai 100 marchi tedeschi.

I medici jugoslavi hanno lanciato l'allarme ricordando che negli ultimi dieci anni in Serbia e Montenegro nascono bambini al di sotto del peso medio raggiunto nei precedenti periodi. Le bambine sono diminuite mediamente di cento e i maschietti di 300 grammi di peso. Risulta ridotto anche il diametro del cranio dei neonati, di mezzo centimetro. E' stato reso noto anche questo dato: il 10 per cento dei ragazzi di età scolare a Belgrado soffre di disturbi asmatici.

Le cucine per i poveri gestite dalla Croce Rossa raggiungono 100mila persone, ma scarseggiano i generi alimentari; nella sola capitale Belgrado sono registrate più di 400mila persone in condizioni di povertà assoluta e bisognose di essere assistite dalle cucine popolari, ma gli aiuti umanitari disponibili bastano a sfamare appena un terzo di questo esercito di poveri. Con l'arrivo delle giornate fredde, purtroppo, la situazione umanitaria si va aggravando, è in pericolo la stessa esisten- za di decine di migliaia di vecchi e bambini, le categorie più a rischio. La penuria degli aiuti umanitari costringe la Croce rossa jugoslava a una selezione dei bisognosi, per cui essi vengono forniti soltanto ai bimbi fino a un anno, alle famiglie con un solo genitore, agli ammalati e handicappati, ai poveri privi di qualsiasi provente e ai profughi.

Già grave prima dei bombardamenti della Nato, la posizione dei profughi in Serbia si è fatta dopo ancora più drammatica. Stando alle informazioni fornite dalla Croce rossa, in Jugoslavia hanno trovato rifugio, accanto ai 700.000 "vecchi" profughi fuggiti dalla Bosnia-Erzegovina e dalla Croazia, ben 250.000 nuovi disperati fuggiti dal Kosovo: serbi, turchi, rom, gorani. Essi sono ospitati in gran parte proprio nelle città che hanno subito le maggiori distruzioni sotto i raid aerei.

Gli eventi degli ultimi anni hanno profondamente influito sull'abbassamento del tenore di vita della popolazione che nei precedenti quarant'anni di socialismo autogestionario aveva raggiunto un livello culturale, sociale ed economico fra i più alti in Europa orientale. Oggi, come accennato, la paga media di un occupato è inferiore alle centomila lire, calcolando il cambio alla borsanera. I beneficiari degli assegni familiari non hanno riscosso un centesimo né lo scorso anno né durante il '99. Le miserrime pensioni vengono versate con sei e più mesi di ritardo. Negli ultimi tre mesi il governo ha "pagato" in buoni, validi per saldare le fatture della luce elettrica e comprare carbone e legna da ardere.

Stando ai dati del sindacato dei pensionati, la spesa mensile indispensabile per la sopravvivenza di due anziani, ammonta a 2.700 dinari, vale a dire a circa 200.000 lire. Ma più della metà dei pensionati in Serbia, e sono circa due milioni, è costretta a vivere con mille dinari che si traducono in poco più di 70.000 lire al mese. Più del 60 per cento dei pensionati jugoslavi non sono in grado di comprare neppure il cibo per sfamarsi.

A causa di ciò, e per l'impossibilità assoluta di acquistare i medicinali, anche i più comuni, la mortalità fra la popolazione anziana in Serbia è salita a livelli più che preoccupanti. Batte ancora da qualche parte il cuore umanitario dell'Europa?