il manifesto - 05 Ottobre 2002 ECONOMIA pagina 10

articolo

Usa senza lavoro, borse senza fondo
Diminuiscono gli occupati, crollano le quotazioni. La Deutsche Bank annuncia una minirecessione in Germania
MAURIZIO GALVANI
Disoccupazione stabile negli Stati uniti: un tasso del 5,6% di senza lavoro a settembre contro il 5,7% di disoccupati registrati ad agosto. Quello che scende, invece, è il numero degli occupati; meno 43 mila unità a settembre contro un aumento di 107 mila nuovi posti di lavoro ottenuti ad agosto. Questi risultati non sono paradossali, piuttosto discrepanze dovuto al modo con il quale il Dipartimento al lavoro costruisce le sue statistiche. Considerando - che nella casistica del tasso di disoccupazione - vengono conteggiati i capofamiglia mentre, per i nuovi occupati, la regsitrazione viene effettuata sui libretti paga. Tuttavia una cosa si può ricavare da questi dati: gli Usa non recuperano e l'offerta di posti di lavoro è ancora troppo bassa per poter parlare di fine della recessione. Infatti, il rapporto tra tasso di occupati/popolazione risulta fermo al 63 per cento, molto al di sotto delle aspettative che collocano per gli analisti di mercato questo dato - almeno per la fine dell'anno - a 69%. Se appunto si volesse confermare un trend che porta alla fuoriuscita dalla crisi. Da marzo del 2001, negli Stati uniti hanno perso il lavoro circa un milione e ottocentomila persone ed il numero totale di disoccupati assomma a circa otto milioni di statunitensi. Inoltre, sta progressivamente aumentando il numero di coloro che smettono di cercare un posto di lavoro («discouraged workers»). A fine settembre, ammontano a 387 mila unità rispetto ai 280 mila registrati nel mese precedente.

I dati pubblicati ieri sono solo parzialmente una sorpresa, visto che la lenta crescita del pil Usa nel secondo trimestre del 2002, la caduta degli ordinativi industriali, lo scivolone della fiducia dei consumatori e le perdite in borsa non potevano dare un risultato migliore. Piuttosto inaspriscono un dibattito in corso (si parla sempre più di dimissioni di Alan Greenspan dalla presidenza della Fed) sulle misure che sarebbe necessario prendere, in particolare, da parte della banca centra statunitense. Alla Fed viene attribuita la responsabilità di non avere ritoccato i tassi di interesse (dopo averli ridotti per ben 11 volte in un anno) a metà settembre. E Greenspan si trova di fronte all'ennesimo dilemma di «wait and see (aspettare e vedere)» come sostiene il presidente della Banca centrale europea, Wim Duisemberg oppure agire subito con un nuovo ritocco a ribasso del costo del denaro.

In giornata la borsa di New York - in un primo momento - aveva reagito bene ai dati forniti dal Dipartimento al lavoro ed aveva aperto le contrattazioni con un buon rimbalzo positivo. Nel corso delle negozazioni, però, le cose sono notevolmente cambiate a causa soprattutto dei brutti andamenti dei profit warning di alcune grandi compagnie (Schering-Plough, Boeing, Emg, la Eli Lilly e la Merck, la Morgan Stanley).

Un disastro che si era già annunciato sul Vecchio Continente dove, in una sola seduta, sono stati bruciati circa 94 miliardi di capitalizzazione e non solo sulla scia dei risultati di Wall Street. La Deutsche Bank aveva, ad esempio, ammesso che in Germania si preannunciava una minirecessione. A Milano, per le perdite del comparto bancario ed assicurativo, il Mibtel ed il Numtel (new economy) hanno chiuso con un meno 2,40% ed un meno 2,71. A Parigi, l'indice Cac dei principali titoli ha chiuso la giornata con un -3,33% ed anche a Londra l'indice Ftse 100 ha concluso le contrattazioni a meno 1,71%. A Francoforte, la borsa già alle ore 19,00 cedeva quasi il 3% e sulla scia di New York, alle 20,00, chiudeva a meno 3,50%.

Wall Street intanto registrava altri pesanti scivoloni e, a due ore dalla chiusura, il Dow jones perdeva il 2,71% (pari a 7507,81 punti) mentre il Nasdaq segnava un meno 2,11%. Il gelo in borsa era anche provocato dalla notizia che una corte di giustizia chiamava la Philips Morris a pagare una penale di 28 miliardi di dollari, per una causa intentata da una donna morta di cancro per le sigarette.