Da "Liberazione" dell'11 gennaio
E in Europa disoccupazione record. Ocse e Istat: crisi senza precedenti
America alla fame
Gemma Contin
Un bambino su sei è denutrito. C'è bisogno di "assistenza umanitaria"
Occupazione in calo, disoccupazione in aumento. Stando alle rilevazioni dell'Ocse e, per quanto riguarda casa nostra, dell'Istat, nell'Occidente industrializzato gli ultimi mesi del 2002 sono stati un tracollo.
Negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione, invariato al 6% in dicembre, ha evidenziato però un calo di posti di lavoro di 101.000 unità che segue la flessione di 80.000 occupati già verificata in novembre. E' il maggior calo occupazionale dal febbraio scorso, che porta così a una perdita netta di 181.000 impieghi su base annua.

Il dato è un colpo mortale ai falsi ottimismi dell'amministrazione americana: peggiore delle stime. Il "consensus" degli analisti alle promesse di Bush, in tema di politiche del lavoro, aveva infatti previsto un aumento di posti di 13.000 unità: poche, ma pur sempre in crescita. L'ulteriore taglio, invece, con 104.000 posizioni lavorative in meno nel solo comparto delle vendite al dettaglio, oltre a "gelare" le illusioni di una ripresa centrata sui consumi interni (che per crescere hanno bisogno di redditi da spendere e quindi di posti di lavoro in grado di generarli), riflette la strategia delle aziende a stelle e strisce, impegnate a ridurre i costi in sostanza tagliando le teste.

Gli effetti della recessione si fanno sentire sulle famiglie, sugli anziani e sui bambini. I bisognosi negli Usa sono aumentati del 20%. Quasi 12 milioni di bambini non hanno risorse sufficienti a sfamarsi e sono costretti a ricorrere alle mense dei poveri e alla distribuzione di aiuti alimentari.

Stando ai dati diffusi dalla Cbs, ripresi da uno studio commissionato dalla Conferenza dei sindaci americani, nella rilevazione condotta in 25 grandi città l'emergenza cibo è cresciuta del 19% nel 2002 e assieme all'emergenza casa sarà un dato che continuerà a crescere anche nel 2003. «L'alto costo degli alloggi - dice la ricerca - e la diffusione di lavori malpagati, oltre alla recessione economica, sono le ragioni più rilevanti di questo incremento dei bisogni».

La Conferenza dei sindaci ha fatto appello a provvedimenti federali, chiedendo che vengano stanziati i fondi per affrontare un vero e proprio "programma anti-fame". «Il governo federale "deve" farsi carico di stanziare maggiori risorse per la casa - dicono i sindaci - e per l'avviamento al lavoro».

Ed è proprio su questo fronte che sta franando anche l'Europa. In novembre il tasso dei senza lavoro era al 7%, con una crescita dello 0,2 rispetto a ottobre. Nella zona euro i disoccupati sono l'8,4%, con un incremento di mezzo punto nell'ultimo mese. Francia e Germania hanno visto crescere la percentuale dei loro workless rispettivamente dall'8,5 all'8,8 e dal 7,9 all'8, 4%. La crisi tedesca non si attenua e registra 4.197.000 persone fuori da fabbriche e uffici.

In Italia l'Istat ha reso noto i dati di ottobre. Sono 36.000 i posti di lavori persi nella grande industria e nei servizi (con più di 500 dipendenti) e seguono una lunga serie di decrementi di occupazione "regolare" a vantaggio di quella precaria, con "travasi" che consentono di tenere in equilibrio il tasso di disoccupazione ma che in termini percentuali riducono l'occupazione nelle grandi imprese su base tendenziale del 3,4% nell'industria e dello 0,9 nei servizi. Il dato armonizzato con il resto d'Europa dice che nei primi dieci mesi del 2002 la diminuzione nell'industria è stata del 3,8% al lordo della Cassa integrazione e del 4,3 al netto. I più colpiti sono stati i lavoratori della produzione di energia, acqua e gas, con una perdita del 7,2%, mentre si è perso il 5% degli occupati nella produzione di mezzi di trasporto e il 3,7 nelle raffinerie di petrolio e nella produzione di gomma e materie plastiche.

In regresso anche il potenziale retributivo. Secondo l'Istat si è registrato infatti, nel mese di ottobre, un incremento medio del costo del lavoro del 2, 5% su base annuale, che non riesce a compensare salari e stipendi del tasso di "inflazione reale" del 2,9%, rilevato dallo stesso Istituto centrale di statistica ma fortemente contestato da sindacati, associazioni dei consumatori ed Eurispes.

Inevitabili le tensioni sul rapporto euro/dollaro, a causa dei dati provenienti da Oltreoceano. Dopo aver oscillato tra un minimo di 1,047 e un massimo di 1,057 dollari per un euro, in serata il cambio si è attestato a 1,055 a favore della moneta europea, guardata con ansia dalle imprese italiane che temono ulteriori rallentamenti nelle esportazioni.