Dal "manifesto" del 21 ottobre 2001

L'illegittima difesa
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Domenico Gallo

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Partiamo invece dal riconoscimento che l'11 settembre effettivamente si è verificato qualcosa di assimilabile ad un attacco armato per verificare quali ne siano le conseguenze. La prima delle quali è che scatta il diritto di autotutela dell'aggredito, la seconda è che scatta il dovere di intervento del Consiglio di sicurezza, che deve prendere delle misure adeguate per ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.
Nel sistema di sicurezza introdotto dalla Carta delle Nazioni unite, il diritto di autotutela però non comprende il ricorso alla guerra, intesa nella sua accezione propria. E' stato osservato, infatti, in dottrina che: "la Carta di San Francisco, se prevede che l'aggressore possa essere messo in disparte (art. 5) o addirittura espulso (art. 6), non consente nei suoi confronti l'uso indiscriminato della forza, questa, infatti, presupporrebbe la sospensione dell'efficacia della norma di cui all'art. 2 (che interdice il ricorso alla forza nelle relazioni internazionali), mentre tale sospensione non è né esplicitamente, né implicitamente disposta. Il perdurante divieto dell'uso indiscriminato della forza non preclude all'aggredito, com'è chiaro, la possibilità di difendersi efficacemente contro l'aggressore: ma la violenza così spiegata deve essere preordinata ai fini della difesa, quindi esercitarsi in limiti tali da escludere il ricorso alla guerra... Si dovrà trattare, in altri termini, di una legittima difesa in senso stretto, non già di una guerra caratterizzata dalla circostanza che chi la intraprende si trova in situazione di legittima difesa" (A. C. Cialdino, voce "guerra" in Enciclopedia del diritto). L'art. 51, invocato a sproposito per giustificare la guerra, in effetti, consente soltanto la resistenza ad una aggressione armata in atto, come esercizio di un diritto naturale ed insopprimibile. Tale diritto di resistenza militare, peraltro, è stato già esercitato dagli Stati uniti che hanno respinto l'attacco del terzo aereo dirottato, abbattendolo. Inoltre il diritto all'autotutela può essere esercitato dall'aggredito entro stretti confini temporali e funzionali, vale a dire finchè l'attacco è in corso e finchè il Consiglio di sicurezza dell'Onu non abbia esercitato le proprie competenze, adottando delle misure adeguate per ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. In questo caso non si può invocare la tanto lamentata paralisi del Consiglio di sicurezza per allargare le maglie dell'autotutela. Infatti il Consiglio di sicurezza non è stato paralizzato da alcun veto. Tutti i membri, sia quelli permanenti, sia gli altri, hanno convenuto all'unanimità di approvare delle serie misure contro la minaccia del terrorismo, al fine di ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Infatti, il giorno dopo l'evento il Consiglio, con la risoluzione n. 1368, ha statuito l'obbligo di tutti gli stati di perseguire con la massima urgenza i responsabili di atti di terrorismo e ha dichiarato che gli stati c
he danno rifugio o protezione ai terroristi saranno considerati responsabili di tali comportamenti.

In seguito, con la risoluzione n. 1373, il Consiglio di sicurezza ha adottato una serie di stringenti misure volte a prevenire e a stroncare il terrorismo, prevedendo - fra l'altro - il congelamento dei fondi e di ogni risorsa economica che possa essere usata dai terroristi e l'obbligo di tutti gli stati di cooperare e scambiarsi le informazioni utili per la repressione del terrorismo. Inoltre il Consiglio ha istituito una speciale commissione alla quale tutti gli stati, entro 90 giorni, devono riferire le misure adottate per implementare gli obblighi derivanti dalla risoluzione medesima. Poiché il Consiglio di sicurezza ha deliberato le misure necessarie e opportune, è del tutto evidente che non esiste alcuno spazio per l'ulteriore esercizio del diritto di autotutela, ricorrendo alla violenza delle armi. Il fatto poi che i singoli membri del Consiglio di sicurezza e persino lo stesso Segretario Generale delle Nazioni unite si siano dimostrati indulgenti con l'azione militare intrapresa dagli Stati uniti contro l'Afganistan, non cambia questa realtà poiché nessuna interpretazione, per quanto autorevole, può modificare la Carta. "Il sistema di sicurezza delle Nazioni unite è un tessuto compatto che non presenta smagliature attraverso cui possa insinuarsi la guerra". (A.C. Cialdino, cit.) In realtà da quando la Carta delle Nazioni Unite è stata approvata, gli stati hanno costantemente cercato di allargare le maglie di questo sistema per riappropriarsi di quei poteri che la Carta aveva eliso al fine di mantenere la sua promessa di salvare le future generazioni dal flagello della guerra. Così il diritto di autotutela (collettiva) è stato invocato dagli Stati uniti per giustificare il loro intervento nella guerra del Vietnam e dalla Unione sovietica per giustificare l'invasione della Cecoslovacchia e quella dell'Afganistan. Per questo è importante che l'opinione pubblica internazionale si mobiliti e continui a considerare ingiustificato il ricorso alla guerra, anche se fondata sul pretesto della legittima difesa, per impedire che si consolidi una prassi che legittimerebbe di nuovo il ricorso alla guerra come istanza suprema di giustizia nei rapporti fra gli stati, annullando l'unica vera grande conquista di civiltà che il 900 ha consegnato alle generazioni future.