Dal "manifesto" del 7 febbraio 2001
Il metallo della menzogna
" Igenerali della Nato? L'ultima verità che vorranno ammettere in
Europa è che l'impiego dell'uranio impoverito nei loro arsenali possa provocare danni e
morti, sia di civili sia di militari amici o nemici. E' già pianificato nella loro
strategia e produzione per i prossimi 50 anni. I generali della Nato si preoccupano
soltanto del modo più efficiente per ottenere vittorie di guerra. Che siano gli altri a
bonificare i disastri provocati. Anni di ricerche e diagnosi comparate effettuate dalla
guerra del Golfo alla sindrome balcanica mi portano a sostenere conclusioni diametralmente
opposte". Così esordisce nell'intervista a il manifesto lo scienziato Garth
Nicolson, presidente dell'Institute for Molecular Medicine, in California. Dal 1992 ha
dedicato la sua ricerca alla "sindrome del Golfo" e al ruolo svolto da agenti
chimici, nervini e biologici su decine di migliaia di reduci e famiglie Usa. Come biologo
ha meritato premi e riconoscimenti a livello internazionale, ma è osteggiato in patria
perché si è opposto a tesi scientifiche del governo americano che miravano ad occultare
la verità sulla sindrome del Golfo e su quella dei Balcani. E aggiunge preoccupato:
"Ora la presenza di U-236, seppure in tracce minime in Kosovo rilevate ed analizzate
recentemente in laboratori svizzeri, cambia completamente il quadro della situazione per i
rischi di malattie già emerse in Europa tra i militari dei contingenti occidentali
europei e tra la popolazione civile dell'intera Jugoslavia. E' tutto molto serio e grave.
La contaminazione presente va ad aggiungersi ai danni che può provocare un quantitativo
di particelle di soli 5 millesimi di grammo di ossido di uranio per l'alta tossicità e
avvelenamento del metallo pesante, come nel caso del piombo, nelle falde acquifere. La
popolazione intera della Jugoslavia in Bosnia, Serbia e Kosovo rischia gravi conseguenze
in seguito a ingestione o respirazione di queste particelle di metallo pesante. Se si
depositano nel sistema renale possono provocare carcinoma cellulare renale". "Ma
la gravità molto più importante - prosegue Nicolson nell'intervista a il manifesto -
è dovuta all'irresponsabilità politica e militare di chi sapeva e non ha,
immediatamente, preso precauzioni e bonificato l'intero territorio bombardato dalla Nato.
Sono quasi trascorsi due anni e la contaminazione è già dilagata. E' importantissimo che
perlomeno si giunga ad un accordo internazionale che, immediatamente ponga tutti i paesi
dinanzi alla responsabilità di modificare i danni provocati all'intera pop
olazione civile jugoslava, ignara dell'utilizzo da parte della Nato sia di uranio
impoverito sia dell'U-236 presenti nei loro arsenali. La radioattività di particelle di
ossido di uranio aggiunta alla tossicità di tracce di plutonio avrà conseguenze
preoccupanti".
Lei da oltre otto anni dedica la sua ricerca scientifica alla Sindrome del Golfo. Esistono paralleli con la "sindrome dei Balcani" che, come in Iraq, ha probabilmente prodotto casi di leucemia e cancro per i soldati in Bosnia e Kosovo e per i civili? Qual è insomma il ruolo dell'uranio impoverito impiegato dalla Nato?
Le mie ricerche in tanti anni, contrariamente a quanto sostenuto dai generali del
Pentagono e della Nato, portano ad un collegamento fra i casi di leucemia e cancro esplosi
sia in Iraq, sia in Europa per le forze armate. Dirò di più: non si è ancora affrontato
il ruolo della contaminazione ambientale provocata dai bombardamenti Nato, delle
conseguenze e del ruolo per la popolazione civile che vive ora su un territorio
contaminato da organofosfati, agenti chimici ancora più dannosi scagionati dalle
esplosioni di raffinerie petrolchimiche. Non è un caso che, a dieci anni dalla guerra nel
Golfo, non si possa sapere ancora con esattezza il numero dei morti occidentali per la
"sindrome del Golfo". E' un dato segreto. Le stime approssimative pervenuteci
sono di 15mila sino a 25mila morti per malattia, dopo il Golfo. Per il Pentagono è
"Post-traumatic Syndrom" senza una patologia esatta. E non a caso. Di fatto, in
Kuwait e in Iraq, dove le forze della Coalizione depositarono 470 tonnellate di uranio
impoverito, subito dopo la guerra verificai direttamente il territorio contaminatissimo
con materiale altamente radioattivo, e per proteggere la popolazione civile seppellirono i
contenitori del "metallo del disonore" ad una profondità di 60 piedi, coprendo
il tutto con sabbia e pietre. La zona venne circondata da filo spinato perché non ci si
avvicinasse e per impedire che i venti trasportassero particelle contaminate altrove. Il
pericolo di contaminazione a causa di questi depositi di uranio impoverito venne preso
molto sul serio dai kuwaitiani. Seppellirono ogni frammento di ossido di uranio rinvenuto.
In Iraq invece non è stato possibile fare altrettanto a causa delle sanzioni e della
disastrosa situazione economica. Ora le morti per cancro, malattie infettive mai
registrate prima del 1991, bambini nati deformi sono causati anche da altri fattori che
non sono presenti nei Balcani: il ruolo degli agenti nervini presenti nel territorio
ambientale, in aggiunta ad organofosfati, cocktail di vaccinazioni multiple - naturalmente
per i soli militari americani - effettuate in tre giorni invece di un anno e mezzo,
fattori ambientali biologici che hanno predisposto il terreno per carenze di difesa
immunologica e maggiore predisposizione per il processo di malattie infettive o peggio
croniche e letali. L'assorbimento per ingestione o inalazione di particelle di ossido di
uranio nell'ambiente contaminato ed esposto alla radioattività, qualora depositato nella
zona polmonare provoca infiammazioni chiamate fibrosi pneumatitis:
vale a dire formazioni di noduli fibrosi che avvolgono il quantitativo di ossido di uranio
depositato. Queste particelle minime di ossido di uranio quando entrano in circolo nel
sistema corporeo, arrivano principalmente nelle ossa e secondariamente nel sistema renale.
Questo perché le particelle di uranio seppur impoverito contengono un numero
considerevole di isotopi radioattivi che a contatto con il sistema osseo possono irradiare
il midollo spinale. Da quel momento esiste a livello del midollo spinale il rischio di
contaminazione radioattiva. Ciò determina una predisposizione, in tempi veloci per la
formazione di forme cancerogene maligne sia del sangue sia delle ossa. Nel caso di
leucemie esplose in Europa per i militari, la necrosi cellulare ha raggiunto il sistema
dei linfomi. Ma è una situazione che varia da individuo a individuo. Esiste anche una
predisposizione genetica che concorre ad accelerare il processo di degenerazione
cellulare, cui sopraggiunge l'effetto di contaminazione provocata dall'uranio impoverito.
Qual è il dosaggio minimo oltre il quale subentra il rischio di contaminazione radiologica?
E' un'informazione non ancora a disposizione a livello di scientificità, ciononostante ci si basa su dati relativi a minatori che lavorano da anni nelle miniere a sud degli Stati uniti: lì gli effetti inalati ed assorbiti di alcuni dosaggi minimi di polvere d'uranio hanno causato forme di malattie croniche, ma non sono soggetti a controlli metodici.
Nel suo ultimo rapporto "Role of Chemical, radiological e biological in war and health" del 2000 lei indica che bastano 5 millesimi di millimetro di ossido di uranio per provocare danni al sistema polmonare, osseo e renale. Qual è il periodo d'incubazione perché il soggetto contaminato avverta sintomi degenerativi?
Dalle analisi in laboratorio sui reduci della guerra nel Golfo, il periodo di incubazione va da sei mesi a due anni. Dipende anche dal sistema immunitario e di predisposizione genetica. Uno studio effettuato in Gran Bretagna e pubblicato sulla rivista scientifica Lancet pone la correlazione delle malattie della sindrome del Golfo, dalla molteplicità di vaccini in aggiunta alla contaminazione di radioattività sprigionata dalle particelle di ossido di uranio. Non so se i militari italiani abbiano ricevuto vaccini, ma le forze americane in Bosnia sicuramente: le stesse patologie della sindrome del Golfo sono quelle dei Balcani.
Quali i rischi per le popolazioni civili che si affacciano sull'Adriatico. La Nato rassicura che nessuna forma di contaminazione radioattiva è provocata dall'uranio impoverito.
Dopo i bombardamenti, l'intero territorio circostante è contaminato. Per la
popolazione civile i maggiori rischi provengono, facendo riferimento al Golfo, da
conseguenze di contaminazione chimica che, oltre all'uranio impoverito, vede presente
nell'area gli organofosfati, il benzene, in un ambiente già altamente tossico ad alta
radioattività in seguito ai bombardamenti, di raffinerie di depositi e raffinerie
petrolchimiche come in Serbia. La nube tossica che si sprigiona dagli organofosfati e
dagli altri composti chimici è ancora più pericolosa e reca danni peggiori degli
organofosfati dell'Iraq. Gli agenti chimici tossici hanno ormai contaminato fiumi,
torrenti, l'atmosfera e le coltivazioni. Un fattore, per conseguenza importantissimo per
la popolazione civile non ancora affrontato, saranno le conseguenze di tutto ciò sui
disordini e disequilibri del sistema immunologico e di eventuale alterazione genetica che
gli agenti alpha delle particelle di ossido di uranio provocano nel sistema
ematologico ed osseo dell'organismo.